“CRISTO VA INCONTRO ALLA MORTE CON LIBERTÀ DI FIGLIO”
Tutto l’impegno quaresimale di penitenza e di conversione in questa domenica viene focalizzato attorno al momento cruciale del mistero di Cristo e della vita cristiana: la croce come obbedienza al Padre e solidarietà con gli uomini, la sofferenza del Servo del Signore (cf 1″ lettura) inseparabilmente congiunta alla gloria (2″ lettura). La strada che Gesù intraprende per salvare (= per regnare) si pone in contrasto con ogni più ragionevole attesa perché egli sceglie non la forza e la ricchezza, ma la debolezza e la povertà. Il compendio della celebrazione odierna è offerto già nella monizione che introduce la processione delle Palme: «Questa assemblea liturgica è preludio alla Pasqua del Signore… Gesù entra in Gerusalemme per dare compimento al mistero della sua morte e risurrezione… Chiediamo la grazia di seguirlo fino alla croce per essere partecipi della sua risurrezione».
Riflessione
Gesù prima di morire in croce e di lasciare la terra dopo la sua risurrezione, volle continuare la sua presenza nel mondo con l’istituzione dell’ultima cena. La Chiesa, voluta da Cristo, ha compreso il valore di quel momento e ha iniziato a riunirsi nel giorno del Signore per ascoltare la Parola e realizzare il comando di Cristo: «Fate questo in memoria di me». La “domenica delle palme” o “di passione” fa rivivere tutta la drammaticità del processo e della condanna a morte di Gesù. Prima che tutto questo si realizzi, Gesù si preoccupa di lasciare il segno reale della sua presenza. L’ultima cena è l’ultima Pasqua di Gesù, il banchetto in cui ci si nutre di lui, si fa memoria della sua passione, ci si inebria del suo Spirito e si riceve la garanzia della gloria futura. Se ogni religione prevede un sacrificio dell’uomo a Dio, il cristianesimo si fonda sul sacrificio di Dio all’uomo.
Gesù «prese il pane». Prendere è un gesto profondamente umano, ma ci sono due modi di prendere: con la mano aperta per accogliere il dono, o con la mano chiusa per rapirlo; si tratta di due gesti che sono in discordanza tra loro: uno esprime accoglienza serena e riconoscente, l’altro è un gesto egoistico e violento. Prendere il pane, che nutre il corpo, è figura di ogni dono che l’uomo riceve: «Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?» (I Cor 4,7). Nell’ultima cena Gesù prende il pane e il vino, non il frumento e l’uva, che sono frutti della terra; prende, in altre parole, non i prodotti della natura, ma quelli che l’uomo, con la sua storia e la sua cultura, ha raccolto e lavorato. Tutto ciò che fa parte della natura e della vita dell’uomo è assunto nel corpo di Gesù e viene ridonato a noi come cibo.
Gesù «spezza» il pane per condividerlo. Il dono d’amore diventa capacità di donare, perché uno ama se ha fatto propria l’esperienza di essere amato. L’Eucaristia di cui ci nutriamo ogni domenica dovrebbe irradiare tanto amore da spezzare ogni odio, rancore, e demolire tutti i muri ideologici e materiali che l’uomo costruisce. L’amore ricevuto, infatti, è provocazione continua che apre al dialogo, alla relazione, alla piena condivisione e alla costruzione di un mondo di pace e di giustizia. In tal senso, l’Eucaristia è un cibo necessario a tutti e in ogni celebrazione tutti dovrebbero comunicarsi alla mensa eucaristica, in particolare quanti sono naufraghi nelle difficoltà della vita, proprio come suggerisce l’apostolo Paolo in At 27 ai suoi compagni di sventura:
«”Vi esorto a prendere cibo; è necessario per la vostra salvezza”. E preso il pane, rese grazie davanti a tutti, lo spezzò e cominciò a mangiare. Tutti si sentirono rianimati, e anch’essi presero cibo» (vv. 34-36).
Fonte dal: Sussidio Liturgio-Pastorale “Quaresima-Pasqua 2011”
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