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AVVENTO 22 – UN’ATTESA #maisenzalaltro

Carissimi,

in questo Avvento di fraternità risuonano ancora forti le parole pronunciate da Papa Francesco in occasione del Giornata mondiale dei poveri, lo scorso 13 novembre: «Se vogliamo che la vita vinca sulla morte e la dignità sia riscattata dall’ingiustizia, la strada è la Sua: è seguire la povertà di Gesù Cristo, condividendo la vita per amore, spezzando il pane della propria esistenza con i fratelli e le sorelle, a partire dagli ultimi, da quanti mancano del necessario, perché sia fatta uguaglianza, i poveri siano liberati dalla miseria e i ricchi dalla vanità, entrambe senza speranza».

“Spezzando il pane della propria esistenza con i fratelli e le sorelle”: ecco come vogliamo vivere questo tempo di Avvento, momento di attesa vigile e premurosa, di preparazione, di accoglienza, di attenzione e condivisione.
Per quest’anno abbiamo pensato a semplici spunti che si collocano nel generale cammino sinodale di Chiesa che stiamo già vivendo. Attraverso queste quattro azioni, quotidiane e feriali, vogliamo dire, insieme: “Mai senza l’altro”, riprendendo il titolo di un testo del gesuita Michel De Certeau, andando a indagare  la dimensione essenziale del riscoprirsi fratelli. Nella prefazione del libro, Enzo Bianchi scrive: «La sofferenza e la fatica della ricerca dell’unione nella differenza permangono, ma la tragedia incombe sull’uomo soltanto quando rinuncia all’altro e se ne separa. Gli altri non sono l’inferno: sono la nostra beatitudine su questa terra».

Le quattro azioni che ogni comunità potrà poi declinare, affidando ciascun gesto alla creatività, sono:

  • il silenzio e la moderazione. Riscoprire l’essenzialità, prendersi maggior tempo per rivolgere lo sguardo a ciò che più conta e in particolar modo alle relazioni, non solo quelle umane, più vicine;
  • recuperare  la bellezza dei rapporti con gli altri  e l’essenzialità della tavola: luogo che raccoglie, riunisce e raduna. Si invitino quindi le famiglie a pregare insieme prima dei pasti, a porre maggiore sensibilità e attenzione a questo momento della giornata, quale spazio in cui guardarsi, aprirsi, ascoltarsi, raccontarsi, ri-trovarsi;
  • ri-scoprire il valore della visita agli affetti più cari (pensiamo ai nonni, in particolar modo, ma anche agli amici dai quali la frenesia delle troppe cose da fare ci tiene lontani e a coloro che fanno più fatica e vivono nella solitudine, affinché  nessuno venga più lasciato indietro e da solo.
  • aprire spazi di condivisione  nei pranzi e nelle cene delle Feste, a cui l’Avvento ci prepara. Aprire le porte della propria casa, aggiungere – come dice una vecchia canzone – un posto a tavola, è come aprire all’altro  gli spazi della propria vita, della propria famiglia, della propria casa, per dare concretezza all’accoglienza di coloro che altrimenti rimarrebbero soli.

Eccoli: questi quattro  piccoli passi che potranno far crescere l’uomo e le nostre comunità credenti, anzi l’uomo nelle nostre comunità.
Anche per questo, sarebbe bello poi condividere queste quattro semplici, rivoluzionarie, azioni attraverso l’invio di foto, video, audio che raccontino come sono stati vissuti.
Questi materiali diventeranno così la cornice narrativa di una Chiesa che ancora oggi si sente visitata dal dono del Natale: «Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio» (Is 9,5).

LA VI GIORNATA MONDIALE DEI POVERI

Così la Caritas si impegna sia nel contrasto alla povertà, sia nella creazione di una rete di relazioni fra le comunità

VI Giornata Mondiale dei Poveri

La solidarietà, per come la concepiamo noi di Caritas, è condividere il poco che abbiamo con quanti non hanno nulla, perché nessuno soffra. Più cresce il senso della comunità e della comunione come stile di vita e maggiormente si sviluppa la solidarietà”.

Oggi 13 novembre è la VI Giornata Mondiale dei Poveri, una “sana provocazione” come dice Papa Francesco: “per aiutarci a riflettere sul nostro stile di vita e sulle tante povertà del momento presente”.

A partire dalla tragica attualità del conflitto in Ucraina, il Santo Padre nel suo messaggio individua due tipi di povertà:

  • la povertà che uccide, figlia dell’ingiustizia dello sfruttamento, della violenza, della distribuzione ingiusta delle risorse. È una povertà imposta dalla “cultura dello scarto” e non lascia scampo;
  • la povertà che libera, risiede invece nell’amore vicendevole che ci fa portare i pesi gli uni degli altri, così che nessuno sia abbandonato o lasciato solo.

Nel discorso del papa le due povertà sono caratterizzate da alcune parole chiave: l’ingiustizia, per la povertà che uccide. L’amore per quella che libera, capace attraverso l’incontro con l’altro di creare relazione.

Ma cosa fa la Caritas? Come si relaziona alla povertà?
Noi di Caritas abbracciamo la povertà che libera. Una carità che parte dall’amore che san Paolo chiama Caritas, quell’amore disinteressato che è l’amore di Dio. E attraverso l’amore creiamo relazioni: sia con le persone sofferenti che hanno bisogno di un aiuto diretto. Sia con le comunità.
La nostra azione si basa su 3 verbi “relazionali” capaci di creare legami: ascoltare, osservare, discernere.

Cosa facciamo in Italia e nel mondo?
Accompagniamo le chiese locali nell’animazione delle comunità alla carità e come segni di vicinanza concreta realizziamo progetti di sviluppo o in risposta alle emergenze. Le nostre progettazioni non vogliono essere solo per i poveri, ma con i poveri, dei poveri inserite in una visione capace di unire le comunità.