Non si poteva non andare a Paganica prima di Natale. Non si possono, infatti, coltivare a distanza i rapporti. Non basta un passo, occorre un cammino. Così in tre siamo andati, sentendoci espressione di una Chiesa che cerca da tempo di ritrovare Gesù lungo le strade della vita e lasciare che Lui ci educhi. Passando dalla Sicilia alle montagne dell’Abruzzo la temperatura era fredda, molto più fredda della nostra, ma era più forte il calore di un’accoglienza straordinaria. Siamo stati accolti a mensa – che una sera diventava la polenta condivisa alla stessa tavola, ma che sempre era intessuta di tanta coralità e squisito affetto -; siamo stati accolti nelle case costruite o riadattate nelle parti meno pericolose da parte di chi non ha voluto perdere le radici: spesso piccole negli spazi, ma molto ampie nell’ospitalità del cuore, cuore attento a noi ospiti come a chi vive situazioni insostenibili perché costretto a convivenze forzate nelle uniformi e anguste abitazioni del Progetto Case, volute dal governo e dalla Protezione civile senza alcun ascolto della gente: case contigue, senza alcuna intimità, senza alcun servizio, senza alcuno spazio di incontro. Piano piano ti accorgi che non c’è ricostruzione, che ci sono stati – oltre i 300 morti del 6 aprile, dovuti più che al terremoto all’incuria umana – altri 1700 morti per malattie a causa della vita disagiata del dopo terremoto; ti accorgi che quanti, dopo aver perso spesso tutti i risparmi di una vita con cui avevano costruito case per sé e i figli e che ora hanno ricostruito in proprio una piccola abitazione per non allontanarsi proprio ambiente, non riceveranno nessuno aiuto. E la parrocchia – l’unica parrocchia di una Paganica passata da 7000 a 10.000 abitanti per la presenza di un insediamento del Progetto Case – resta senza casa canonica, solo da luglio ha come chiesa un prefabbricato in legno donato dal Trentino e dalla diocesi di Bergamo che a stento contiene la gente per la Messa, e un Centro pastorale in parte finito, che ospita le aule del catechismo che vorremo arredare con la colletta di Natale, in parte da finire e servirà per il centro di comunità anch’esso da arredare. E, mentre siamo dalle Clarisse – che ci chiedono della nostra diocesi con un particolare pensiero per le Benedettine – arriva una signora, operata per la settima volta dopo essere stata tratta fuori dalla macerie, che non sa dove andrà nel momento in cui sposandosi la figlia vuole lasciare a lei il piccolo ambiente del Progetto Case. Il terremoto è ancora lì, con le sue ferite, senza umanamente molta speranza di ricostruzione. Eppure, la fede è rimasta intatta, anzi più forte. La sera del nostro arrivo i giovani riempiono la chiesa delle Clarisse per la lectio divina, la domenica la Messa è festosa, bella, intensamente celebrata. E alla fine, mentre si vendono per beneficenza le stelle di Natale, si comunica che le offerte di Natale andranno per gli alluvionati del Veneto, mentre con una fiera del dolce organizzata dai catechisti si è raccolta una somma in parte destinata per ciò che occorre per il catechismo, in parte destinata come segno di amicizia alla Casa don Puglisi. Solo questa parte ammonta ad ottocento euro! Parlando ancora, scopri come da anni la Caritas parrocchiale aiuta, sostiene, promuove segni: dal Centro di ascolto all’accoglienza di rifugiati africani, dal campo per gli immigrati alla cura dei ragazzi di strada di Bucarest… Avendo ben chiaro che la radice e la forza dell’agire sono dati dalla preghiera, dal cammino di fede, che non si tratta di fare filantropia. Ma c’è anche chi con impegno sta avviando un Centro sociale in un prefabbricato perché anziani e giovani possano ancora incontrarsi. E nel freddo della basilica di Collemaggio piena di transenne, davanti al corpo di Celestino V, si alternano i cori per i canti natalizi: cori possenti, cori struggenti quando il canto viene dedicato all’Aquila, alla sua rinascita. Dall’Aquila, della sua anima, della sua presenza nel mondo ci parlerà lo scrittore Goffredo Palmerini, papà del seminarista Federico, nella prossima visita da Paganica alla nostra diocesi. E così il gemellaggio con Paganica cresce silenziosamente e gradualmente, come germoglio di bellezza tra le macerie del terremoto e di una storia pesante, difficile, per tutto il nostro Paese.
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