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13 Gennaio 2017. I° Incontro unitario con don Luigi Maria Epicoco

 Un lunghissimo applauso ha espresso il consenso delle centinaia di operatori pastorali che affollavano l’ampio Oratorio ‘San Domenico Savio’ di Rosolini per l’incontro unitario della diocesi di Noto sul tema “Amore sponsale che genera relazione: la profezia del Vangelo nella città degli uomini” alla fine della relazione di don Luigi Epicoco, parroco della parrocchia universitaria dell’Aquila e docente di filosofia. “L’amore è una scienza pratica – ha detto fin dall’inizio commentando il capitolo 13 della lettera ai Corinti – e San Paolo scrive per aiutare a viverlo, Occorre non confondere i discorsi sulle cose con le cose”. 
E ha ricordato il rischio di allora come di oggi: avere carismi, doni, e viverli in modo autoreferenziale, viverli nella faziosità. Chiarendo che i carismi si “hanno”, la carità riguarda il modo di usarli: si diventa santi non per i doni che si hanno ma per come si esercita ciò che si ha. 
Doni, ma anche situazioni che non si scelgono, come una malattia grave. Come si esercita (un dono, il rapporto con una situazione non scelta) e non tanto come si “sopporta”. Chiarendo che la croce – a differenza di come troppo spesso ancora si dice – non è sopportazione dei mali della vita, ma dono che va fino in fondo. 
Ancora: la carità per essere vera deve essere sostanza e forma, senza separazione. Questo fa la qualità dell’amore, che trova la sua misura piena in Gesù Crocifisso, ovvero in Gesù che ama fino a dare la vita. 
Ulteriore passaggio: cosa vuole dire l’invito di papa Francesco ad andare nelle periferie? Per don Epicoco significa ancora una volta un amore vero, un amore con cui non si mette al centro se stessi, un amore grazie al quale ci si fa “periferia” per lasciare che sia l’altro al centro. “Il faraone – ha continuato – da questo punto di vista è dentro di noi, mentre gli altri sono la nostra terra promessa. E Dio ha dato in mano a me il pane per il fratello, come io, che posso assolvere, ho però bisogno di una altro prete per essere assolto. Un tessuto di relazione, in cui abbiamo bisogno gli uni degli altri… questo è la Chiesa e questo resta anche al di là dei suoi limiti e delle sue contraddizioni”. Non secondarie le conseguenze. Prima della collaborazione ci vuole la comunione! E a questo punto è passato a quelle che ha chiamato le “istruzioni d’uso” per un amore così. In primo luogo la pazienza, diversa dalla tolleranza, che conserva un senso di superiorità: la pazienza come attenzione all’altro non riducendolo alle nostre aspettative. 
In secondo luogo la vigilanza sull’invidia, non tanto sul sentirla, ma sull’acconsentire a questa passione triste per il bene degli altri, che facilmente si accompagna alla vanagloria, al dire continuamente “io ho fatto”. E quindi il rispetto, ovvero evitare lo sguardo di giudizio. 
Ancora: “La vera carità non cerca il proprio interesse, non propaga il male con il pettegolezzo, tutto sopporta ovvero ama malgrado tutto; il resto non è amore ma imitazione del demonio”. 
Dopo l’intensa relazione ci si è divisi in gruppi di confronto e sono emerse belle risonanze e intuizioni come l’esigenza di essere meno autoreferenziali tra le parrocchie, di accogliere le culture altre che sono in mezzo a noi, di stare più attenti allo sguardo, di curare il dettaglio (“La vera carità – aveva detto don Epicoco – non è astratta e generale, è sempre attenta a ognuno e cura il dettaglio”), a risvegliare attenzione in parrocchia e sperimentare forme di reti familiari come accaduto con il progetto della Caritas “Rifugiato a casa mia”. 
Concludendo, il vescovo mons. Antonio Stagliano, dopo aver espresso il sentito grazie di tutti e l’impegno a riprendere non solo la relazione, ma anche le indicazioni del sussidio unitario della diocesi che dà molti suggerimenti per un amore vero, ha sottolineato come ognuno deve partire da se stesso, come bisogna essere attenti ad una carità che si riduce a strumentale uso del povero, come sia importante che ogni messa continui nella vita attraverso un impegno che sia di tutta la comunità perché nell’eucaristia si diventa corpo di Cristo. 
Don Epicoco, da parte sua, aveva ricordato come l’amore resta: tutto passa, ma il motivo e il fine più profondo di quanto facciamo, se lo facciamo con amore, mai passerà.
 
 
 
 
 
 

Concluse le manifestazioni Lapiriane in occasione del 113° anniversario della nascita di Giorgio La Pira

 Giorgio La Pira torni ad essere presente tra noi come stella capace di ispirare oggi modelli di servizio, perché gli essere umani possano vivere nella pace, nell’armonia, nel progresso, nell’amore”. Con queste parole pronunciate dal nostro vescovo Antonio nell’omelia tenuta nel corso della Celebrazione Eucaristica, si è chiuso, lunedì scorso, 9 gennaio, il convegno per il 113°Anniversario della Nascita di Giorgio La Pira. Prendendo spunto dalla Parola di Dio appena proclamata – Eb 1,1-6; Mc 1, 14-20 – il Vescovo ha affermato che per La Pira l’amore per il prossimo non è stato solo “una riflessione, ma un vissuto. Perché La Pira  non si limita ad amministrare la Città restando nei suoi uffici, ma va per le vie di Firenze per incontrare i poveri”. “Perché, allora -ha proseguito Staglianò- non rendere visibile che il vissuto di amore per la politica ha delle sue radici cristiane?”. Uno stile che può nascere soltanto da un cattolicesimo non convenzionale, ma vissuto. “Il cattolicesimo convenzionale, ha chiarito il Vescovo, è sempre meno cristiano, anche perché è sordo ai suggerimenti della coscienza”. Citando Tommaso Moro, un altro uomo politico, come  La Pira, canonizzato come martire da Pio XI nel 1935, Mons. Staglianò ha messo in evidenza come sia importante, anche in politica, farsi guidare dalla coscienza. Tommaso Moro , rispondendo alla sua coscienza, rifiutò, infatti, di firmare l’atto di supremazia ecclesiastica pretesa di Enrico VIII a proposito del divorzio da Caterina d’Aragona. Entrato in conflitto con il sovrano, subì la pena capitale. Per Tommaso Moro non era un cattolicesimo convenzionale la risposta alle pretese del sovrano, ma la sua coscienza. Quella coscienza, ha concluso Mons. Staglianò, “che deve orientare la buona politica per un migliore servizio alla persona umana”. Che La Pira, ha pregato il Vescovo, “possa essere la stella che ci insegna la via dell’amore fino a impegnare la nostra vita, fino a morire per l’altro”.  Il convegnoiniziato sabato scorso, 7 gennaio, si è concluso, ha detto Don Salvatore Cerruto, Vicario Episcopale per la pastorale sociale, lasciando un segno incoraggiante: l’istituzione di un Forum permanete sull’alimentazione, che ha ottenuto il plauso e l’incoraggiamento da parte del Vescovo. Durante lo svolgimento dei lavori del convegno, dedicato quest’anno al tema sulla “Cura della Casa Comune: alimentazione e ambiente per integrare i popoli e sostenere crescita e sviluppo di pace”, Don Cerruto ha sottolineato come Giorgio La Pira, nel corso della sua vita, pose l’attenzione su tematiche importanti attorno alle quali riuscì a coinvolgere molte Nazioni per arrivare ad una soluzione comune per il bene di ciascun individuo. “Negli scorsi anni – ha spiegato Don Cerruto – è stata posta l’attenzione sulle tematiche della pace e del lavoro; quest’anno, invece, abbiamo voluto rivolgere l’attenzione verso l’ambiente, basandoci su quanto riportato nell’Enciclica “Laudato sì” di Papa Francesco. Giorgio La Pira, nel corso del Convegno delle Città Unite svoltosi a Sofia nel 1972, parlò dell’emergenza ambientale come problema di cui l’umanità si doveva occupare per assicurarsi il proprio futuro. Negli anni ’50 La Pira portò avanti una battaglia per il disarmo nucleare e per scongiurare il rischio della guerra atomica. Papa Francesco, nella ‘Laudato sì’, non ha timore nel presentare i rischi legati al deterioramento dell’ambiente e sottolinea come la Casa Comune debba essere custodita da tutti gli uomini.

8 Gennaio 2017. 50° Anniversario di Sacerdozio di don Umberto Bonincontro

“Ti siamo grati per tutti quei gesti di carità operosa che con intelligenza, capacità comunicativa e organizzativa hai saputo mettere in atto in cinquanta anni di servizio nella comunità a te affidata per edificare una chiesa missionaria”. Con queste parole del nostro Vescovo Antonio si sono conclusi i festeggiamenti per i 50 anni ininterrotti di Ministero Pastorale (1967-2017) di Don Umberto Bonincontro al SS. Salvatore di Modica. Una “festa di famiglia”, come è stata definita dal comitato organizzatore, che in quattro giorni ha visto due momenti di riflessione sul ministero pastorale – Don Mario Gugliotta, Don Ignazio Petriglieri- una veglia di preghiera animata da P. Vittorio Bonfanti , missionario dei Padri Bianchi e un Concerto del Coro polifonico “Claudio Monteverdi” diretto dal M° Orazio Baglieri, all’organo M° Giorgio Cannizzaro. La partecipata solenne celebrazione Eucaristia presieduta dal Vescovo domenica scorsa, 8 gennaio, alla presenza delle autorità civili e militari, ha rappresentato il momento centrale per la comunità parrocchiale e per i tanti amici, provenienti da ogni parte della Diocesi, per manifestare l’affetto, la stima e la gratitudine a Don Umberto per il suo lungo e fecondo servizio pastorale. In un servizio così lungo e intenso, ha detto il nostro Vescovo, il pentimento per i possibili sbagli e per gli inevitabili errori umani, va a braccetto con la gratitudine per il tanto bene seminato. Un impegno iniziato, ha sottolineato  Mons. Staglianò, all’indomani del Concilio Vaticano II che continua, con lo stesso entusiasmo, ancora oggi. Facendo riferimento al teologo luterano tedesco Dietrich Bonhoeffer, protagonista della resistenza al nazismo, morto in un campo di concentramento, il Vescovo ha voluto esaltare la tenacia di Don Umberto che continua a spendersi per la sua comunità dopo ben cinquanta anni di fatiche. “Può darsi che domani abbia inizio l’ultimo giorno – scriveva Bonhoeffer – allora metteremo volentieri da parte il lavoro per un futuro migliore, ma non un attimo prima”. Dopo averlo ringraziato per “il modo di fare signorile”, il nostro Vescovo, rivolgendosi affettuosamente a Don Umberto, ha concluso dicendo “mi sentirei di chiederti di impegnare adesso la stessa creatività pastorale di quel tempo conciliare sulle novità organizzative delle parrocchie di oggi. Penso alle comunità di parrocchie e a quella comunione tra i presbiteri che sarà la condizione indispensabile per la nuova evangelizzazione del presente e del futuro”.

Il Vescovo: pastorale itinerante a Modica

Il nostro Vescovo sta già da diverso tempo insistendo sul rapporto tra la celebrazione dell’Eucaristia e gesti concreti di vicinanza, di solidarietà, di amicizia e di fraternità, in quel rapporto che chiede di vivere l’Eucaristia per le strade del mondo, inserito nella visione di “Chiesa in uscita”, tanto cara al Santo Padre Francesco. Mons. Staglianò, dovendo celebrare l’Eucaristia a Modica, in occasione del 50° anniversario di parrocato di don Umberto Bonincontro presso la Parrocchia del SS. Salvatore, ha voluto portarsi a Modica in notevole anticipo per far visita a delle persone anziane e ammalate, nella fattispecie al papà di don Ignazio Petriglieri, il sig. Vincenzo, e don Carmelo Lorefice, già parroco di San Pietro in Modica.
Il Vescovo ha molto apprezzato l’ironia del sig. Vincenzo che, tra l’ironico e il faceto gli ha anche dato suggerimenti e consigli pastorali per l’evangelizzazione in Modica, insieme alla sua dolce consorte che talvolta tentava di frenarlo nel parlare. Il presule ha avuto modo di elogiare il servizio che il figlio, don Ignazio, svolge in Diocesi.
Molto significativo è stato poi l’incontro con don Carmelo Lorefice. Giungendo lì, il Vescovo gli ha ricordato di come fu proprio lui il primo ad invitarlo, da giovane teologo e non ancora vescovo, a Modica per una tre giorni sulla Teologia trinitaria. I due si sono poi intrattenuti ricordando la figura di don Guglielmo Savarino, sacerdote intellettuale e simpatizzante rosminista. Don Carmelo ne ha elogiato la coerenza, l’onestà e la profondità di pensiero e di intelletto.
Il dialogo è stato molto sereno e bello, in cui si è riflettuto sull’importanza dello studio della Teologia e della Sacra Scrittura. Il Vescovo ha messo a conoscenza don Lorefice della propria intenzione di donare la sua biblioteca personale al Seminario vescovile. Occasione è stata per l’anziano sacerdote per rendere edotto quest’ultimo di aver già fatto questa scelta da diversi anni.
Dopo queste visite il Mons. Staglianò si è recato presso la Parrocchia del SS. Salvatore, dove ha presieduto la Celebrazione, insieme a parte del clero cittadino e moltissimi fedeli. Nella sua omelia ha messo in evidenza che “siamo cattolici per diventare cristiani e siamo cristiani per seguire Gesù nella sua umanità bella e buona di cui il padre si compiace, quella umanità – ha proseguito facendo eco alla Scrittura – che vive in amore corposo di gesti e opere di misericordia corporali”.
Il Vescovo ha ringraziato don Umberto per questi cinquant’anni anni di servizio e testimonianza cristiana, non solo ringraziandolo per l’evangelizzazione che ha svolto attraverso l’uso dei massmedia, in particolare della televisione, ma soprattutto per tanti gesti di carità operosa che ha saputo porre nel territorio di Modica.
 

Manifestazioni 113° Anniversario della Nascita di GIORGIO LA PIRA

 In occasione del 113° anniversario della nascita di Giorgio La Pira, la Diocesi di Noto, la Parrocchia Chiesa Madre “Madonna del Rosario” di Pozzallo e il Comitato tecnico-scientifico delle manifestazioni Lapiriane presentano il 1° Forum permanente: “Cura della Casa Comune: alimentazione e ambiente per integrare i popoli e sostenere crescita e sviluppo di pace“.
La manifestazione si svolgerà sabato 7, domenica 8 e lunedì 9 gennaio 2017, presso lo Spazio Culturale “Meno Assenza” di Pozzallo (in allegato il programma completo della tre giorni lapiriana).
La prima giornata, sabato 7 gennaio, avrà come tema “I modelli di produzione animale e vegetale a tutela di ambiente, Biodiversità e consumatori; la seconda giornata, domenica 8 gennaio, tratterà “Il Modello Dietetico Mediterraneo come variabile per la prevenzione delle patologie cronico-degenerative”, mentre il terzo giorno, lunedì 9 gennaio, ci sarà il momento più istituzionale, con la commemorazione dell’anniversario della nascita di La Pira al Palazzo di Città, con il rinnovo del gemellaggio tra le città di Pozzallo e di Firenze; poi nella Chiesa Madre di Pozzallo (dove La Pira fu battezzato) una Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo di Noto, mons. Antonio Staglianò, concluderà le celebrazioni. 

NASCE NELLA DIOCESI DI NOTO L’UFFICIO PASTORALE PER LE FRAGILITA’.

 “L’Ufficio Pastorale per le Fragilità si occuperà dell’ Ascolto e dell’accoglienza per coloro che si trovano in situazioni di sofferenza legate a: abusi sessuali, abusi fisici, maltrattamento, adescamento online, nuove dipendenze comportamentali (cyber dipendenza, ludopatie), problemi nelle relazioni familiari, malattia. Alla luce del Motu proprio di Papa Francesco: “Come una Chiesa amorevole” e che invitava i Vescovi ad essere “diligenti nel proteggere che sono i più deboli tra le persone a loro affidate”.
Lo Statuto è stato firmato il 25 dicembre, giorno del Natale, dal Vescovo di Noto, S.E. Mons. Antonio Staglianò, di cui il Direttore è don Fortunato Di Noto, vicario foraneo di Avola, parroco moderatore e fondatore di Meter onlus.
 
PRIMO IN ITALIA. È, nel panorama della Chiesa Italiana, il primo Ufficio pastorale per le fragilità, istituito nella Diocesi di Noto, fortemente voluto dal Vescovo Staglianò, consapevole che una delle missioni della Chiesa è l’accoglienza degli ultimi e intende rafforzare e rendere operativo l’impegno per la protezione dei minori contro ogni forma di abuso e nell’accoglienza delle fragilità umane in genere, che devono essere appunto accolte, aiutate, comprese e accompagnate in un percorso di sana e seria guarigione per le persone vulnerabili. E’ stato chiesto a don Fortunato Di Noto, parroco e fondatore di Meter onlus di coordinare le attività e avviare i servizi di aiuto, accoglienza e assistenza per coloro che si trovano in situazioni di sofferenza.
 
IL VESCOVO STAGLIANÒ. È lo stesso Vescovo Staglianò, che nel presentare questo nuovo Ufficio Pastorale dichiara, spiega le ragioni e la profondità del servizio per coloro che si trovano in situazioni di sofferenza: “La fragilità diffusa degli umani si può rappresentare con la condizione del cerbiatto ferito che guarda il cacciatore con il fucile puntato per finirlo. L’ufficio diocesano per la fragilità nasce a Natale perché a Natale tutti noi esseri umani fragili veniamo a sapere che esiste uno sguardo totalmente diverso da quello del cacciatore: è lo sguardo del piccolo della grotta di Betlemme che rivela lo sguardo misericordioso del Padre, lo sguardo dell’amore che non giudica per abbattere, ma giudica per aver cura, farsi carico della sofferenza altrui”.
UFFICIO PER LE FRAGILITÀ. L’Ufficio Pastorale per le Fragilità si occuperà dell’ Ascolto e dell’accoglienza per coloro che si trovano in situazioni di sofferenza legate a: abusi sessuali, abusi fisici, maltrattamento, adescamento online, nuove dipendenze comportamentali (cyber dipendenza, ludopatie), problemi nelle relazioni familiari, malattia.
 
L’Ufficio fornirà assistenza spirituale e professionale per affrontare le problematiche subite e le fragilità, pertanto si adopererà per orientare verso strutture e competenze appropriate. L’Ufficio potrà essere raggiunto attraverso il seguente indirizzo email: ufficiofragilita@diocesinoto.it
 
Promuoverà opportune iniziative per l’aggiornamento del clero, dei laici in merito alla pastorale della fragilità; informazione, percorsi di prevenzione e pastorale di prossimità nei Vicariati e nelle Parrocchie; curerà a livello diocesano la Giornata Bambini Vittime e altre iniziative; svolgerà ricerca scientifica e pastorale in materia curando la pubblicazione per favorire la divulgazione e l’acquisizione delle conoscenze.
 
DON DI NOTO. “Con tanta sensibilità il Vescovo Staglianò ha colto e reso operativa una esigenza pastorale tra le vecchie e nuove periferie esistenziali e situazioni di sofferenza. Pensare che è il primo Ufficio Pastorale in Italia è un impegno ulteriore e come tutte le cose nuove sono sicuro che offrirà con intelligenza pastorale un aiuto concreto a chi è nel bisogno, nella sofferenza, a chi subisce ogni forma di abuso ed è ferito. Ringrazio il Vescovo Staglianò per aver dato alla mia persona questa fiducia e questo compito significato, non solo per la nostra Chiesa diocesana”.
 

Seminaristi: Auguri in concerto

Mercoledì scorso, 21 dicembre, la Comunità del Seminario ha incontrato le famiglie dei seminaristi con gli “Amici del Seminario” e i “Benefattori” per i tradizionali auguri di Natale. In una gremita Basilica del SS. Salvatore era idealmente presente tutta la comunità diocesana che con la preghiera accompagna i seminaristi nel percorso che li porterà ad essere totalmente uomini di Dio per il servizio al Suo Popolo. Qualche tempo fa, parlando del sacerdozio in un’udienza, papa Francesco ebbe a dire: «Come si deve fare per diventare sacerdote? Dove si vendono gli accessi al sacerdozio? Non si vendono. È un’iniziativa che prende il Signore: chiama ognuno di quelli che egli vuole che diventino sacerdoti». La gioia di questa chiamata è stata espressa anche quest’anno dai seminaristi attraverso un concerto canoro sulla figura del Battista, chiamato a preparare le vie del Signore. Uno spettacolo coinvolgente, oltre che valido professionalmente – una vera catechesi sui temi dell’Avvento – che ha permesso agli amici e ai benefattori di stringersi attorno ai loro beniamini apprezzandone le tante virtù: sanno cantare, suonare, recitare….oltre che pregare. C’è stato anche il momento commovente e coinvolgente, quando le suore del Seminario, provenienti dal martoriato Congo- la diocesi gemella di Butembo Beni- hanno intonato, nella loro lingua un canto a Gesù Bambino. Un pensiero grato, oltre che al Signore che muove tutte le cose, è andato ai Superiori che sono chiamati ad accompagnare questi nostri candidati al Sacerdozio: Don Luigi Vizzini, rettore; Don Stefano Modica, direttore spirituale; Don Manlio Savarino, vice rettore. La serata ha avuto un piacevole epilogo: un’agape fraterna, il sorteggio dei Bambinelli e la presentazione della Comunità delle Piccole Suore della Presentazione di Maria al Tempio che dallo scorso settembre svolge il servizio presso il Seminario

Una visita inaspettata alla Comunità delle Beatitudini

Una sorpresa particolare è stata quella del Vescovo in visita al Santuario della Madonna della Scala, nel pomeriggio di ieri, 15 dicembre 2016. Sorpresa particolarmente per le suore e i frati della Comunità delle Beatitudini, ormai presenti nel territorio diocesano e al Santuario della Scala da 4 anni. Felici di ricevere il proprio pastore, sono stati un po’ spiazzati “non eravamo pronti a ricevere il Vescovo – hanno detto – ci ha trovati in preghiera”. Mons. Staglianò ha avuto la possibilità di pregare con loro sia il Vespro che la S. Messa nella chiesetta, luogo di numerosissimi pellegrinaggi.
Approfittando della sua presenza lì, accompagnato da don Gianni Donzello, parroco, ha potuto verificare il completamento di alcuni aspetti dei lavori di ristrutturazione dello stabile ormai definitivamente conclusi.
Nella sua omelia durante la Celebrazione eucaristica, mons. Staglianò, particolarmente favorito dallo stile di preghiera della Comunità delle Beatitudini, ha insistito sulla bellezza di concepire la vita umana e dunque quella cristiana come un canto di lode al Signore. “Siamo creati ad immagine e somiglianza di Dio – ha ricordato – quindi nella preghiera e nella lode a Dio altro non manifestiamo che il nostro essere”.
L’occasione è stata significativa per formulare gli auguri del Santo Natale alla Comunità che si sta sempre meglio strutturando anche con la presenza del ramo maschile in aggiunta a quello femminile. Il carisma proprio della Comunità delle Beatitudini è la comunione nei vari stati di vita (consacrati, oblati, laici, famiglie, etc…). Testimonianza di questo carisma – come loro stessi hanno avuto modo di dire – è il canto polifonico, con il quale pregano le ore canoniche e le altre celebrazioni. “Nella polifonia occorrono diverse estensioni vocali – riferiscono – le voci maschili e quelle femminili, quindi è un modo di mettere in pratica la comunione: ognuno con il suo stato, collabora all’unica armonia”. La speranza ci porta a credere che la loro testimonianza di vita di preghiera e di fraternità possa diffondersi e portare copiosi frutti in tutto il territorio della Diocesi attraverso la testimonianza della comunione. La Chiesa è comunione e dare testimonianza della comunione è già, in atto, evangelizzare.
 
 

Il Vescovo gioca a ping-pong con i detenuti

Nella mattinata di oggi, venerdì 16 novembre, primo giorno della Novena al S. Natale, il nostro Vescovo ha voluto portare alla Casa Penitenziaria di Noto il suo augurio e in dono un tavolo da ping-pong. I detenuti hanno molto apprezzato il dono e invitato il Vescovo a giocare una partita con loro. Dopo una breve visita al presepe, realizzato da due giovani, ospiti della Casa Circondariale, e dal prof. Corrado Perricone, presso il cortile interno della struttura si è tenuta l’attesa sfida a colpi di racchetta. Tra i possibili sfidanti del presule è stato scelto il sig. Concetto, che già due anni addietro aveva vinto contro mons. Staglianò. Sono stati tre set parecchio combattuti, che hanno visto il nostro Vescovo schiacciare numerose battute vincenti, le quali gli hanno assicurato un punto su tre, 21 a 18. La vittoria finale però è stata di Concetto che ha concluso, sebbene con poco scarto, con due set vinti. Al termine della partita, che ha sorriso ad ogni applauso e urlo di incitamento da parte dei numerosi detenuti costituenti il pubblico, il Vescovo ha speso qualche minuto per dire che il tavolo da ping-pong ha voluto essere un dono e non un regalo. Ha spiegato la differenza tra un dono e un regalo. Diversamente dal regalo, che può anche essere freddo e anonimo, spedito senza coinvolgimento del donatore, il dono vive di un lungo processo nel quale chi vuole donare anzitutto pensa il dono da fare, facendo un discernimento su ciò che è utile e può servire, su ciò che è costruttivo e non superficiale. Poi, successivamente, il dono è personalmente consegnato, perché l’atto del donare si compia soprattutto nella gioia che si nota nel volto dell’altro che accoglie il dono. Perciò la partita giocata dal Vescovo non era esterna al dono, ma interiore per la gioia collettiva che questo gesto ha comportato per tutti. La visita del Vescovo di questo Natale 2016 – come molti hanno detto – sarà indimenticabile per quanto è stata singolare. Ha proseguito in un ringraziamento il sig. Agostino, detenuto, dicendo che quando qualcuno viene a visitarli, per loro è sempre una grande gioia. Ha dunque espressamente ringraziato il Vescovo per la frequenza delle sue visite. “Per noi detenuti – ha continuato Agostino – è più difficile essere felici a Natale, perché vorremmo essere con le nostre famiglie, per questo motivo ci facciamo coraggio di riuscire a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno”. In calce ha preso parola il Direttore dicendo di essere felice di aver partecipato a questo momento di gioia che fa vedere trasfigurato quel volto umano che anche un luogo come il carcere ha. “Il carcere è un luogo di rilancio – ha concluso – in cui, sebbene vi si giunga da una vita passata, si è proiettati al futuro e alla crescita”. Alla fine il Vescovo ha invitato tutti a pregare, anche i fedeli musulmani, spiegando che Dio ascolta le preghiere di tutti, sebbene in diversa lingua, cultura e religione. Dio unisce gli esseri umani e non li divide. Si è pregato con il Padre Nostro ma anche con l’Ave Maria, in considerazione della grande devozione che per la Madre di Cristo c’è anche nel Corano. Possa questo Natale darci l’occasione di vivere personalmente questi momenti di vita cristiana.

Il Vescovo celebra San Giovanni della Croce

Nel pomeriggio di ieri, 14 dicembre, in occasione della memoria di san Giovanni della Croce, il Vescovo ha celebrato la S. Messa presso il Carmelo di Noto. San Giovanni è, dall’Ordine carmelitano, considerato il Padre. A far da corona al Pastore della Chiesa locale, don Ottavio Ruta, cappellano del monastero, le monache, una rappresentanza del Seminario vescovile e un ristretto numero di fedeli appartenenti per lo più al Terz’ordine carmelitano. “San Giovanni è un padre per le carmelitane – ha predicato nella sua omelia mons. Vescovo – ma anche per la Chiesa universale”. Ogni santo che la Chiesa venera è “un modo in cui Dio si comunica – ha proseguito – un modo in cui comunica la sua santità, in cui comunica se stesso”. Il presule ha messo in guardia i fedeli su un rischio che comunemente corriamo: “scambiare lo Spirito di Dio che è in noi per il ‘nostro’ spirito proprio. È questa l’aberrazione che ci porta a dimensionare Dio a nostra misura”.
In un secondo passaggio del suo sermone, il Vescovo ha detto che le “guide” della Chiesa sono i santi e i vescovi. I santi, per la loro condotta di vita e i vescovi per i loro insegnamenti. “San Giovanni della Croce – ha concluso – fu così grande sia per la sua vita di fede profonda che per quella fede che ha insegnato al mondo attraverso i suoi scritti”. Mons. Staglianò si è soffermato ulteriormente sull’importanza dell’ascolto della Parola di Dio e sulla quotidiana pratica di meditazione di essa. “La parola di Dio è Dio stesso che ci parla e la fede opera in noi attraverso la Sua Parola. La cosidetta ‘noche’ di san Giovanni della Croce – più nota come ‘notte oscura’ – altro non è stato per lui che il credere fermamente che Dio stesse operando nella sua vita nonostante egli non ne avvertisse la presenza”. La fede è l’opera di Dio nella nostra vita, “la fede, opera oggettivamente nella nostra vita attraverso la carità”.