Per il IV Vangelo, che racconta, al posto dell’istituzione dell’Eucaristia, “l’istituzione” della lavanda dei piedi, il significato dell’Eucaristia è evidente nel gesto di Gesù chino sulle estremità dei discepoli, come un servo. L’Eucaristia è il memoriale del dono totale della vita di Cristo per noi, è l’annuncio della sua morte e della sua risurrezione nell’attesa del suo ritorno definitivo, come ricorda Paolo nella prima lettera ai Corinzi. Per questo è cattedra dell’amore e del servizio e fonte del mutuo nesso-energia di amore per cui ognuno si fa servo degli altri. La Chiesa è la compagine, la congregatio di quanti hanno e fanno memoria di questo amore, di quanti attingono costantemente a questa cattedra. Il con-venire nella chiesa è costituito dall’amore di Dio apparso nel Crocifisso risorto: l’Eucaristia è Sacramentum unitatis. Come si esprime il Vaticano II nella Costituzione Lumen gentium, «Ogni volta che il sacrificio della croce, col quale Cristo, nostro agnello pasquale, è stato immolato (cfr. 1 Cor 5,7), viene celebrato sull’altare, si rinnova l’opera della nostra redenzione. E insieme, col sacramento del pane eucaristico, viene rappresentata ed effettuata l’unità dei fedeli, che costituiscono un solo corpo in Cristo (cfr. 1 Cor 10,17)» (n. 3).
Siamo di fronte all’effetto, potremmo dire, dell’Eucaristia, che è quello di radunare degli uomini e delle donne in una “convocazione santa” (chiesa). I discepoli di Gesù sono i convocati da Dio, perché hanno creduto alla morte e alla resurrezione di Cristo. Come affermava don Giuseppe Dossetti, fondatore di una fraternità segnata dal primato della Parola, della fractio panis e della condivisione con i “minimi”, «L’eucarestia è principalmente l’atto stesso di Cristo nella sua morte e nella sua resurrezione che si fa presente, che si fa presente in sé e nell’assemblea dei fedeli e in ciascuno dei fedeli e, pertanto, produce questo unirsi di ciascuno dei fedeli con Cristo e dei fedeli tra di loro» (Per una chiesa eucaristica).
Il tema della XL Settimana teologica vuole metter a fuoco che cosa unisce la Chiesa e nella Chiesa, che cosa unisce una diocesi, il Vescovo e il suo presbiterio, una parrocchia, una comunità di parrocchie, un gruppo ecclesiale, una fraternità religiosa, qualsivoglia comunità cristiana. Ciò che unisce è l’amore di Dio manifestato in Cristo Gesù. Per questo l’Eucaristia, innanzi tutto ed essenzialmente, è un ricevere questo amore, credere a questo amore, accoglierlo. Tutte le altre cose, dai dogmi, alle scelte pastorali – persino il Carisma sacramentale, il Sacramento dell’ordine, che serve appunto ad ordinare, a riunire, ad armonizzare – sono strumenti (in senso teologico) opportuni perché questo amore ci raggiunga e possa radunare la Chiesa.
La comunità dei discepoli di Gesù è luogo dell’accadimento di questo particolare tipo di amore. Ecco perché, come ci ha ricordato in nostro Vescovo nella sua Prima Lettera pastorale alla chiesa locale di Noto Misericordia io voglio,la parola più grande della Chiesa è la misericordia e il perdono. Le nostre comunità esistono per rendere visibile questo amore strano, anzi a dire di Paolo, questa “pazzia di Dio”, questa “follia della croce” (1Cor 1, 18), questo dono, questo amare senza sottintesi motivi, questo perdonare chi ha sbagliato, questo avere speranza per l’ultimo peccatore.