Grande partecipazione ieri sera in Cattedrale, alla presentazione del libro su Mons. Francesco Guccione, una densa intervista, realizzata da don Salvatore Cerruto, che attraversa in lungo e in largo la sua lunga e avvincente vita. In tanti hanno riempito le navate della Basilica Cattedrale di Noto, manifestando a Mons. Guccione sensi di stima e di affetto per il servizio zelante offerto alla Chiesa di Noto, negli anni in cui è stato vicario generale.
Come da programma, nel corso della serata si sono susseguiti numerosi interventi: in apertura quello del nostro Vescovo, Mons. Antonio Staglianò; a seguire la presentazione del volume da parte di Mons. Rosario Gisana, Vescovo di Piazza Armerina, un intervento di Mons. Corrado Lorefice, Arcivescovo di Palermo e uno del Vescovo emerito di Noto, Mons. Giuseppe Malandrino.
Nel saluto iniziale, il nostro Vescovo Antonio ha evidenziato come la presentazione di questo libro rappresenti un evento squisitamente ecclesiale e non un fatto “privato” o autocelebrativo della figura di Mons. Guccione.
“Che si tratti di un fatto di Chiesa – ha aggiunto il Vescovo – lo dice la persona stessa di Mons. Guccione, il suo ministero sacerdotale, vissuto con piena e generosa dedizione. Così oggi possiamo gustare la bellezza di essere Chiesa e di sentirci famiglia”.
Mons. Staglianò ha poi proposto una suggestiva riflessione sul “tempo”, su come sia difficile poterlo definire, cogliere nel suo inesorabile scorrere. Citando l’opera di Paul Ricoeur “Tempo e racconto”, il Vescovo ha sottolineato come il “tempo” che fugge, può essere fissato per sempre in una “eternità storica”, attraverso il “racconto”.
“Dentro questa dimensione narrativa – ha aggiunto – il ‘tempo’ indefinito e mutevole, può esistere e dispiegarsi. Così grazie a questo libro, noi fissiamo da ora e per sempre, il ‘tempo’ di Mons. Guccione, la sua vicenda, la sua vita sacerdotale che mostra il frutto abbondante di questi anni donati a servizio della Chiesa”.
Nella sua presentazione, il Vescovo di Piazza Armerina, Mons. Rosario Gisana, ha colto la connotazione sacerdotale della vita di Mons. Guccione, il suo modo di essere sacerdote, a partire dal quotidiano confronto con la parola di Dio. “A partire da questa relazione con la persona di Gesù – ha asserito Mons. Gisana – egli ha fondato il suo sacerdozio e la sua relazione con gli altri”.
“Mons. Guccione – ha proseguito Gisana – ha espresso per i fratelli il dono del sacerdozio. Un dono appunto! Non il suo sacerdozio, ma il sacerdozio di Gesù. Il sacerdote è colui che avanza nella conformazione a Cristo, assimilando sempre di più i tratti del ‘Pastore bello’ del cap. 10 del Vangelo di Giovanni. Nella sua vita sacerdotale, non scevra di quei limiti che appartengono alla nostra natura, Mons. Guccione si è impegnato in questo: mostrare cioè sempre l’immagine di Cristo”.
L’Arcivescovo di Palermo, Mons. Corrado Lorefice ha evidenziato la capacità di Mons. Guccione di stare “dentro” la storia, della quale egli ha vissuto i momenti più cruciali: la II guerra mondiale, il fascismo, il Concilio, il post-Concilio. “Guccione ha saputo attraversare questi anni difficili, cogliendone fino in fondo la portata e il significato, attraverso lo sguardo del ‘contemplativo’, che rilegge gli eventi, anche quelli più contraddittori, con lo sguardo luminoso e profondo della fede. Con la sua fortezza d’animo è stato, oserei dire, citando il grande Vescovo Tonino Bello, un ‘contemplattivo’, incarnato nelle pieghe di questa storia, in grado di vivere la pratica dell’‘uomo interiore’ e la testimonianza coraggiosa del Vangelo”.
Il Vescovo emerito, Mons. Giuseppe Malandrino ha voluto concentrarsi sui ricordi legati a Guccione, ponendo l’accento sulla dimensione più umana del suo sacerdozio, ricordandolo come persona straordinariamente comunicativa, capace di un dialogo franco e sempre rispettoso, di un rapporto leale a fraterno con i sacerdoti, “uomo di fede e uomo fedele” ha così concluso.
Infine Mons. Guccione ha espresso il suo vivo ringraziamento per tanta manifestazione di affetto e di amicizia, confidando ai presenti il suo imbarazzo per la pubblicazione di quest’opera, superato dalla consapevolezza che quanto scritto su di lui ritorni a edificazione del popolo di Dio e per il bene della Chiesa. Ha altresì confidato come la frequenza della parola di Dio e la preghiera, in special modo quella del Santo Rosario, siano stati due punti di riferimento imprescindibili della sua vita sacerdotale.