Vale molto una Settimana Teologica: lo possiamo dire alla fine della quarantesima edizione. Per il tema, centrale nella vita cristiana. Per la capacità della teologa Marinella Perrone di una comunicazione comprensibile ma anche capace di far pensare. Per la possibilità, se chi ha partecipato rielabora ciò che vive, di non continuare come prima. Nella consapevolezza del tempo in cui siamo, di un tempo in cui viene meno la frequenza alla messa, di un tempo in cui non vale più la precettistica, di un tempo che può diventare occasione per ripensare e ripensarci a partire dall’eucaristia riproponendola con credibilità. Per questo è necessario che prima del rito ci sia l’eucaristia, ci sia una fede che sa dire grazie: grazie per il filo d’erba come per il grande evento, grazie nel sentirsi creature e non riconoscere altro come Dio, nell’invocare guarigione, nel continuare a dire grazie anche se non tutto è chiaro. Partecipando quindi della tensione di Gesù per il Regno e accettando il tempo intermedio. Senza il rendimento di grazie vita e fede rimangono separati e il rito resta un guscio vuoto. Nel tempo la Cena di Gesù è diventata per noi, da simbolo della sua vita sacramento, grazie all’evangelizzazione che permette di pronunciare quel “per voi e per tutti” che attualizza vita, morte e resurrezione del Signore e la raccorda alla sua vita, al suo sentire, al suo relazionarsi. Così la prima sera. Nel secondo intervento un ulteriore chiarezza. Non si può celebrare la Cena del Signore senza una chiara e comunitaria decisione di vivere come Gesù: nel servizio, nella comune interdipendenza, nel dono. Poiché grazie all’eucaristia diventiamo il corpo di Cristo! Se la messa non opera questa trasformazione, rischia di essere un’operazione simile all’idromassaggio: utile solo per il benessere personale. Ma così viene tradita la consegna del Signore! Ogni messa allora deve generare servizio, senza delega, senza fughe spiritualistiche. Con quella differenza chiara – “fra di voi non così” – dalle logiche del potere. Differenza che i testimoni e i martiri tengono viva e che ogni comunità potrà rielaborare, partendo dalla consapevolezza che il battesimo ci rende tutti corresponsabili della qualità della testimonianza. Terza sera: si celebra «nell’attesa della sua venuta», dando alla speranza il volto dell’attesa del Regno e della perseveranza quotidiana. Con quel raccordo tra rito e vita sottolineato dal nostro Vescovo e con indicazioni pastorali che sarà opportuno riprendere, non solo sulla necessaria continuità da dare alla messa ma anche alla pre-messa, a ciò che precede la celebrazione, da pensare sul modello dell’incontro del Risorto nelle vesti di un pellegrino con i discepoli di Emmaus.
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