L’ingegnere Roberto De Benedictis e l’architetto Salvatore Tringali: “Crediamo che la Cattedrale ricostruita, ancor più bella, riassuma in se la storia della vecchia e la contemporaneità del nostro tempo”.
Dopo il crollo del 13 marzo 1996, l’intera comunità civile e religiosa si diede subito da fare per avviare la ricostruzione dell’edificio Sacro, secondo il principio del dove era e come era. L’incarico progettuale fu affidato, su indicazione del Vescovo Mons. Salvatore Nicolosi, all’arch. Salvatore Tringali, al prof. Antonino Giuffrè ed all’ing. Roberto De Benedictis. Il prof. Giuffrè, sotto i cui insegnamenti è nato il progetto, non potè però parteciparvi per la sua prematura scomparsa. Nel progetto furono coinvolte diverse università, sia italiane che straniere e numerosi tecnici locali, il cui contributo è risultato essere determinante nell’attività di progettazione prima e di esecuzione dopo.
Quando il cantiere fu avviato, nell’ottobre del ’99, sentimmo di avere davanti a noi una montagna da scalare. Con molte incognite, legate ad un lavoro senza precedenti, e poche certezze. Fra queste, i disegni del nostro progetto. Giorno dopo giorno, sono stati quei disegni a rappresentare la bussola di un cammino durato oltre sette anni: i disegni di com’era e di come la Cattedrale avrebbe dovuto essere ricostruita, grazie anche a quella irripetibile campagna di conoscenza che fu lo studio delle macerie crollate e delle parti rimaste in piedi. Fu quello il primo importante contatto con la chiesa, dopo il tragico 13 marzo 1996. Per mesi, infatti, durante le complesse operazioni di sgombero da quelle macerie, potemmo osservare, catalogare, fotografare e disegnare ogni concio e gli elementi rilevanti di quelle strutture, fino a capirne il modo in cui erano state realizzate, pregi e difetti compresi. Ben 5656 elementi furono numerati ed archiviati di quell’ammasso di oltre 3600 metri cubi di macerie che coprivano ogni angolo della chiesa e che formavano un cumulo alto fino a sette metri.
La ricostruzione dei pilastri sul lato destro è stata un’altra fase cruciale ed emozionante di tutto il lavoro. La Cattedrale era crollata a causa della cattiva costruzione dei suoi pilastri originari e ricostruirli voleva dire mettere le mani al cuore del problema, accettando la sfida che mai più una cosa del genere avrebbe potuto ripetersi. Per quanto ci è stato possibile, grazie anche al contributo di numerosi consulenti e specialisti, nessuna attenzione è stata risparmiata. Dalla scelta delle cave più idonee, alle prove di laboratorio sulle pietre e sulle malte, fino alla definizione di ogni dettaglio costruttivo, seguendo i disegni del progetto, la costruzione dei nuovi pilastri, a partire dalle loro fondamenta, è stata per tutti, in cantiere, un’operazione di grande importanza sia tecnica che simbolica. Rinasceva la Cattedrale, rinascevano i suoi pilastri.
Assai più difficile, perfino rischiosa, è stata la ricostruzione dei pilastri sul lato sinistro. Essi, infatti erano rimasti in piedi, ma erano costruiti esattamente come i pilastri di destra, con gli stessi difetti che il crollo avevano determinato di questi. Già in fase di progetto le numerose indagini e prove avevano dimostrato essere impossibile il loro consolidamento e fatto optare per la loro demolizione e ricostruzione; ma adesso farlo concretamente era altra cosa. Su di essi infatti poggiava l’altro muro della navata centrale nonché la copertura della navata sinistra e tutto doveva essere fatto mantenendo in equilibrio queste pesanti strutture, senza rischiarne alcuno spostamento, né causarvi lesioni. Puntellando le due arcate laterali di ciascun pilastro con imponenti strutture in acciaio si ottenne, attraverso un sofisticato sistema di sollevamento con pompe idrauliche, di liberarli dai pesi sovrastanti, fino a poterli tagliare e demolire. E poi ricostruirli, anche qui dalle fondazioni, fino al ricongiungimento con le murature sovrastanti. Tutto questo è avvenuto un pilastro per volta, per non rischiare pericolosi stati di equilibrio, con un tempo di quattro mesi per ciascuno dei quattro pilastri e sei per quello sotto la cupola: quasi due anni di lavoro solo per questa fase.
La costruzione della cupola ha coronato ogni sforzo. Sebbene di difficoltà tecniche minori rispetto alla accennata sostituzione dei pilastri non crollati, per la sua complessità geometrica e la precisione richiesta, si sono tuttavia superare non poche difficoltà esecutive, dipendenti soprattutto dalla particolare forma di ciascun blocco che ne costituiva la struttura. In totale, quasi otto mesi di lavoro per collocare oltre 1800 blocchi di diversa grandezza e forma , ciascuno sagomato e tagliato secondo la sua forma. Vederla crescere giorno per giorno è stato un vero privilegio, così come tutta l’opera della Cattedrale ricostruita. Assai interessanti sono stati i lavori di restauro della cappella della Madonna col Bambino (proveniente dalle rovine di Noto antica), delle cappelle del SS. Sacramento e di S. Corrado, quest’ultima restaurata per riaccogliere l’urna sacra del Santo Patrono di Noto, salvata dalle macerie del crollo e conservata per tutto il periodo dei lavori nella Chiesa co-cattedrale di S. Carlo al Corso.
La costruzione della cupola ha coronato ogni sforzo. Sebbene di difficoltà tecniche minori rispetto alla accennata sostituzione dei pilastri non crollati, per la sua complessità geometrica e la precisione richiesta, si sono tuttavia superare non poche difficoltà esecutive, dipendenti soprattutto dalla particolare forma di ciascun blocco che ne costituiva la struttura. In totale, quasi otto mesi di lavoro per collocare oltre 1800 blocchi di diversa grandezza e forma , ciascuno sagomato e tagliato secondo la sua forma. Vederla crescere giorno per giorno è stato un vero privilegio, così come tutta l’opera della Cattedrale ricostruita. Assai interessanti sono stati i lavori di restauro della cappella della Madonna col Bambino (proveniente dalle rovine di Noto antica), delle cappelle del SS. Sacramento e di S. Corrado, quest’ultima restaurata per riaccogliere l’urna sacra del Santo Patrono di Noto, salvata dalle macerie del crollo e conservata per tutto il periodo dei lavori nella Chiesa co-cattedrale di S. Carlo al Corso.
Se con le memoria torniamo a quella montagna da scalare che ci apparve il primo giorno questo lavoro, solo guardando oggi le migliaia di fotografie che documentano le opere fatte in questi anni, ci rendiamo conto dell’impresa che, tutti insieme, in cantiere, abbiamo portato a compimento. E’ per questo che un grande orgoglio ci riempie oggi nel riconsegnare la nuova Cattedrale al Vescovo, Mons. Giuseppe Malandrino, il quale dopo undici anni di vescovado, prende possesso della sua sede naturale.
Grande commozione c’è stata nel rivedere la Cattedrale ricostruita, bianca così come era prima degli interventi degli anni ’50, un bianco quasi metafisico, che ne esalta ancor più le forme barocche; queste sembrano quasi vibrare sotto gli effetti della luce che ne accentua i chiaro scuri, e la fantasia torna, senza rammarico, alla memoria della vecchia Cattedrale andata perduta. Crediamo che la Cattedrale ricostruita, ancor più bella, riassuma in se la storia della vecchia e la contemporaneità del nostro tempo, proiettata nella speranza del futuro migliore.