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Messaggio del Sindaco di Noto

Con la Cerimonia di Riapertura della Cattedrale del 18 giugno 2007, viene restituito alla Città e al Mondo intero, in tutto il suo splendore, uno dei monumenti simbolo di Noto e del Barocco mondiale. Un doveroso ringraziamento va rivolto, innanzitutto, a tutte le persone che hanno lavorato nella ricostruzione e che, con sapiente impegno, amalgamando il lavoro di diverse istituzioni (Dipartimento di Protezione Civile, Prefettura, Vescovado, Sovrintendenza, Comune), dei Tecnici e delle Maestranze, sono riuscite a far si che, in un lasso di tempo ragionevole, fosse rimarginata quella gravissima ferita che, con il crollo, venne inferta ai Netini e a tutti i Cittadini del Mondo. La presenza a Noto, in questo giorno Storico per il futuro della Città, delle massime Autorità di Governo, Nazionale e Regionale, di Personalità della Cultura e di tanti Cittadini provenienti da ogni parte del Mondo, ci onora e ci carica di ulteriori, forti, responsabilità. Responsabilità a cui non intendiamo sottrarci, consapevoli che Amministrare una Città, Ò Patrimonio dell’Umanità, d’una grande gioia, ma anche una grande fatica. Dall’evento luttuoso del crollo, questa Città ha saputo, con orgoglio, Risorgere, consapevole dell’importanza della sua storia e degli obbiettivi che l’attendono. Sicuramente, con la Cattedrale riaperta al culto ed ai visitatori, tutto il nostro Centro storico tornerà a pulsare di vita e di speranza. Una nuova, bellissima, pagina nella storia millenaria di Noto potrà essere scritta. Scriviamola assieme.

Avv. Corrado Valvo, Sindaco di Noto

La riflessione del Vescovo di Noto, Mons. Giuseppe Malandrino

A quasi nove anni dal mio ingresso come Vescovo della Diocesi di Noto, posso rendere grazie di tutto cuore al Signore per avermi consentito di attuare pienamente, sempre con la sua Grazia e con l’intercessione dei nostri Santi Patroni Maria SS. Scala del Paradiso e S. Corrado Confalonieri, quanto allora avevo programmato circa la ricostruzione della Cattedrale netina.
Infatti, nell’omelia che pronunciai allo Stadio Comunale di Noto il 29 agosto 1998, in occasione della celebrazione eucaristica solenne per il mio ingresso, ebbi a dire fra l’altro: «Quale compito il Signore ci assegna da portare avanti insieme, nella storia concreta di oggi e nel luogo specifico della nostra Chiesa particolare? Due priorità si impongono tra loro: la ricostruzione della nostra Cattedrale, senza dimenticare gli altri edifici sacri dissestati della Città di Noto e di tutta la Diocesi, e l’attuazione, già del resto in atto, del nostro ottimo Sinodo diocesano. Per il primo obiettivo occorrerà certamente un impegno ancor più sollecito, sinergico, motivato e generoso, bandendo qualsiasi forma ingiustificata di ritardo, di speculazione e di interesse privato. Pertanto, faccio vivamente appello a tutte le singole persone e a tutte le istituzioni, civili e religiose, perché sappiano superare l’atavica nostra tentazione del “particolarismo” e del tornaconto privato che hanno spesso appesantito e ritardato soprattutto le opere pubbliche, lasciandole spesso “eternamente incompiute”. Senza ombra di dubbio – e ne è testimone il mondo intero – non intendiamo ricostruire una delle tante “Cattedrali nel deserto”, ma una Cattedrale nella Città e nella storia».
Il miglior commento di quelle parole è la sollecita – meno di sette anni! – riapertura della grandiosa Cattedrale di Noto. Ed è un bene evidenziare che si tratta di una ricostruzione tutta in pietra. Oltre il buon Dio, allora, è più che giusto ringraziare anche coloro – istituzioni, direzione dei lavori, impresa, maestranza, singole persone – che, accogliendo il mio appello di allora, hanno veramente contribuito alla ricostruzione della Cattedrale, senza lesinare energie ed impegno, in uno sforzo corale e sentito che trova ora il suo giusto coronamento. Le immancabili difficoltà sono state superate con senso di responsabilità e corale slancio: e, così, la Cattedrale è venuta fuori – ancor più “forte” di prima – come frutto rigoglioso della preghiera e dell’apporto operoso di tutti quanti vi hanno creduto e operato. Ovviamente, sono stati innumerevoli i momenti in cui, soprattutto nelle varie conferenze di servizio, sono dovuto intervenire per offrire una parola di mediazione e d’incoraggiamento; spesso ho dovuto indossare il casco di sicurezza e la tuta di lavoro per entrare nel cantiere. Francamente, ho sempre trovato un pronto e sincero riscontro alle mie sollecitazioni ed esortazioni, con un’alacrità veramente encomiabile da parte dei tecnici ed operai. E, così, questa alacrità in cantiere avrà trovato un buon incoraggiamento dal vedere un Vescovo che, nonostante i suoi 70 e più anni, si arrampicava sui ponteggi metallici fino ad arrivare sulla cima della lanterna della cupola?
Valeva la pena affaticarsi così tanto per la ricostruzione della Chiesa “materiale”? In fondo, la Chiesa non è fatta da tutte quelle “pietre vive” (cfr. 1Pt 2,4?8) che sono i singoli battezzati? Rispondo dicendo che l’impegno profuso per la Cattedrale non ci ha distolto affatto dagli impegni nei confronti delle “pietre vive” che sono tutti i diletti figli dell’amata Chiesa di Noto. Ne sono buona prova, per esempio, la fruttuosa realizzazione della Missione Popolare e Permanente, la Visita Pastorale, le Lettere e i vari Convegni pastorali e, soprattutto, la tenacia per l’attuazione del Sinodo: impegni che hanno comportato non meno fatiche che per la ricostruzione della Cattedrale.
Desidero qui ribadire quanto ho detto e scritto ripetutamente in tutti questi anni. La ricostruzione della nostra mirabile Cattedrale ha un triplice spessore, un vero Trittico: 1) di fede, innanzitutto, perché è “casa di Dio” e, quindi dei suoi figli: per l’ascolto della sua Parola e per la preghiera; 2) di cultura: essendo, certamente, l’espressione più rinomata – una maestosa icona! – del Barocco di Noto, Patrimonio dell’Umanità; 3) di sano e fiducioso meridionalismo: per una valida spinta al superamento dell’atavico e diffuso senso di fatalismo, di rinuncia e di “delega”. Non ritengo, pertanto, del tutto temerario asserire che la ricostruzione della nostra Cattedrale di Noto se non è stato un miracolo, poco ci manca! Difatti, tutta una serie di elementi supporta questa sensazione: il superamento discretamente rapido, delle tante e comprensibili difficoltà per un’opera così imponente; l’uso e la tecnica dei lavori in pietra oggi non certamente diffusi; la durata breve di tutta l’impresa, di appena circa sei anni (2000-2007); la collaborazione – spesso anche vivace e critica – di tutte le componenti (autorità ecclesiastiche e civili, direzione dei lavori, impresa, operai); il contributo economico, questa volta abbastanza puntuale, dello Stato.
Nell’evidenziare il vitale rapporto che intercorre tra Chiesa di pietre “materiali” e Chiesa di pietre “vive”, ci sono state di aiuto e di sprone le parole dell’allora Cardinale Joseph Ratzinger, in occasione del millenario della Cattedrale di Magonza: «Come si rapportano costruzione in pietra e casa fatta di pietre vive? Si addice ai cristiani festeggiare la costruzione di un duomo? E nel caso di risposta favorevole, cosa festeggiamo veramente? Lo Spirito edifica le pietre, non viceversa. Lo Spirito non lo si può sostituire con il denaro o con la storia. Dove lo Spirito non edifica, le pietre diventano mute. Dove lo Spirito non è vivo, non opera e non guida, i duomi diventano musei, monumenti del passato, la cui bellezza rende tristi, poiché è morta. Questo è in un certo senso l’ammonimento che proviene da questa celebrazione per il duomo. La grandezza del
la nostra storia e la nostra potenza finanziaria non ci salvano; entrambe possono diventare macerie in cui noi soffochiamo. Solo la fede può tener vive le cattedrali, e la domanda che il duomo vecchio di mille anni pone a noi oggi è se noi abbiamo la forza della fede per dargli un presente e un futuro» .
In verità, potendo mostrare a Benedetto XVI le foto dell’iter della ricostruzione della Cattedrale di Noto, in occasione della recente Visita ad limina, io stesso mi sono sentito di ricordargli queste stesse verità, quasi a rincuorarci scambievolmente che la Chiesa, a fronte dei recrudescenti e ripetuti attacchi contro di essa, si fonda invincibilmente su Gesù, pietra angolare scartata dai costruttori (cfr Sal. 118,22?23; Mt 21,42). Vorrei concludere con un fiducioso auspicio: abbiamo anche nel nostro caro meridione potenzialità tali, di uomini e cose, che non possono permetterci atteggiamenti gravemente rinunciatari suggeriti spesso da diffuso disfattismo. Senza alcuna presunzione, allora, vorremmo consegnare la ricostruzione della nostra bella Cattedrale alla storia, con una esortazione, ispirata all’icone evangelica del lievito: “parva favilla gran fiamma seconda”. Come avevo sollecitato in quell’Omelia d’inizio del mio ministero episcopale a Noto nel 1998, non abbiamo per nulla dimenticato, né frainteso, nella ricostruzione materiale della Cattedrale, il monito del Crocifisso a S. Francesco d’Assisi: «va’, edifica la mia Chiesa». Adesso, poi, diventa ancor più impellente.

 

Noto, 27 maggio 2007

Domenica di Pentecoste

+ Giuseppe Malandrino, Vescovo di Noto

 

La testimonianza dei progettisti

L’ingegnere Roberto De Benedictis e l’architetto Salvatore Tringali: “Crediamo che la Cattedrale ricostruita, ancor più bella, riassuma in se la storia della vecchia e la contemporaneità del nostro tempo”.

Dopo il crollo del 13 marzo 1996, l’intera comunità civile e religiosa si diede subito da fare per avviare la ricostruzione dell’edificio Sacro, secondo il principio del dove era e come era. L’incarico progettuale fu affidato, su indicazione del Vescovo Mons. Salvatore Nicolosi, all’arch. Salvatore Tringali, al prof. Antonino Giuffrè ed all’ing. Roberto De Benedictis. Il prof. Giuffrè, sotto i cui insegnamenti è nato il progetto, non potè però parteciparvi per la sua prematura scomparsa. Nel progetto furono coinvolte diverse università, sia italiane che straniere e numerosi tecnici locali, il cui contributo è risultato essere determinante nell’attività di progettazione prima e di esecuzione dopo.

Quando il cantiere fu avviato, nell’ottobre del ’99, sentimmo di avere davanti a noi una montagna da scalare. Con molte incognite, legate ad un lavoro senza precedenti, e poche certezze. Fra queste, i disegni del nostro progetto. Giorno dopo giorno, sono stati quei disegni a rappresentare la bussola di un cammino durato oltre sette anni: i disegni di com’era e di come la Cattedrale avrebbe dovuto essere ricostruita, grazie anche a quella irripetibile campagna di conoscenza che fu lo studio delle macerie crollate e delle parti rimaste in piedi. Fu quello il primo importante contatto con la chiesa, dopo il tragico 13 marzo 1996. Per mesi, infatti, durante le complesse operazioni di sgombero da quelle macerie, potemmo osservare, catalogare, fotografare e disegnare ogni concio e gli elementi rilevanti di quelle strutture, fino a capirne il modo in cui erano state realizzate, pregi e difetti compresi. Ben 5656 elementi furono numerati ed archiviati di quell’ammasso di oltre 3600 metri cubi di macerie che coprivano ogni angolo della chiesa e che formavano un cumulo alto fino a sette metri.

La ricostruzione dei pilastri sul lato destro è stata un’altra fase cruciale ed emozionante di tutto il lavoro. La Cattedrale era crollata a causa della cattiva costruzione dei suoi pilastri originari e ricostruirli voleva dire mettere le mani al cuore del problema, accettando la sfida che mai più una cosa del genere avrebbe potuto ripetersi. Per quanto ci è stato possibile, grazie anche al contributo di numerosi consulenti e specialisti, nessuna attenzione è stata risparmiata. Dalla scelta delle cave più idonee, alle prove di laboratorio sulle pietre e sulle malte, fino alla definizione di ogni dettaglio costruttivo, seguendo i disegni del progetto, la costruzione dei nuovi pilastri, a partire dalle loro fondamenta, è stata per tutti, in cantiere, un’operazione di grande importanza sia tecnica che simbolica. Rinasceva la Cattedrale, rinascevano i suoi pilastri.

Assai più difficile, perfino rischiosa, è stata la ricostruzione dei pilastri sul lato sinistro. Essi, infatti erano rimasti in piedi, ma erano costruiti esattamente come i pilastri di destra, con gli stessi difetti che il crollo avevano determinato di questi. Già in fase di progetto le numerose indagini e prove avevano dimostrato essere impossibile il loro consolidamento e fatto optare per la loro demolizione e ricostruzione; ma adesso farlo concretamente era altra cosa. Su di essi infatti poggiava l’altro muro della navata centrale nonché la copertura della navata sinistra e tutto doveva essere fatto mantenendo in equilibrio queste pesanti strutture, senza rischiarne alcuno spostamento, né causarvi lesioni. Puntellando le due arcate laterali di ciascun pilastro con imponenti strutture in acciaio si ottenne, attraverso un sofisticato sistema di sollevamento con pompe idrauliche, di liberarli dai pesi sovrastanti, fino a poterli tagliare e demolire. E poi ricostruirli, anche qui dalle fondazioni, fino al ricongiungimento con le murature sovrastanti. Tutto questo è avvenuto un pilastro per volta, per non rischiare pericolosi stati di equilibrio, con un tempo di quattro mesi per ciascuno dei quattro pilastri e sei per quello sotto la cupola: quasi due anni di lavoro solo per questa fase.
La costruzione della cupola ha coronato ogni sforzo. Sebbene di difficoltà tecniche minori rispetto alla accennata sostituzione dei pilastri non crollati, per la sua complessità geometrica e la precisione richiesta, si sono tuttavia superare non poche difficoltà esecutive, dipendenti soprattutto dalla particolare forma di ciascun blocco che ne costituiva la struttura. In totale, quasi otto mesi di lavoro per collocare oltre 1800 blocchi di diversa grandezza e forma , ciascuno sagomato e tagliato secondo la sua forma. Vederla crescere giorno per giorno è stato un vero privilegio, così come tutta l’opera della Cattedrale ricostruita. Assai interessanti sono stati i lavori di restauro della cappella della Madonna col Bambino (proveniente dalle rovine di Noto antica), delle cappelle del SS. Sacramento e di S. Corrado, quest’ultima restaurata per riaccogliere l’urna sacra del Santo Patrono di Noto, salvata dalle macerie del crollo e conservata per tutto il periodo dei lavori nella Chiesa co-cattedrale di S. Carlo al Corso.

Se con le memoria torniamo a quella montagna da scalare che ci apparve il primo giorno questo lavoro, solo guardando oggi le migliaia di fotografie che documentano le opere fatte in questi anni, ci rendiamo conto dell’impresa che, tutti insieme, in cantiere, abbiamo portato a compimento. E’ per questo che un grande orgoglio ci riempie oggi nel riconsegnare la nuova Cattedrale al Vescovo, Mons. Giuseppe Malandrino, il quale dopo undici anni di vescovado, prende possesso della sua sede naturale.

Grande commozione c’è stata nel rivedere la Cattedrale ricostruita, bianca così come era prima degli interventi degli anni ’50, un bianco quasi metafisico, che ne esalta ancor più le forme barocche; queste sembrano quasi vibrare sotto gli effetti della luce che ne accentua i chiaro scuri, e la fantasia torna, senza rammarico, alla memoria della vecchia Cattedrale andata perduta. Crediamo che la Cattedrale ricostruita, ancor più bella, riassuma in se la storia della vecchia e la contemporaneità del nostro tempo, proiettata nella speranza del futuro migliore.
 

Comunicato stampa

Si terrà il 18 giugno 2007 alle ore 11.00 la celebrazione eucaristica di apertura e benedizione della Chiesa Cattedrale di Noto. La cerimonia si aprirà con il saluto di S.E. Mons. Giuseppe Malandrino, Vescovo di Noto. La celebrazione eucaristica sarà presieduta da Sua Em.za Card. Giovanni Battista Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi. Nel corso della liturgia il Presidente dell’Assemblea compirà il rito della benedizione dell’acqua e dell’aspersione delle pareti della Cattedrale e del popolo di Dio. L’omelia sarà pronunciata dal Cardinale Giovanni Battista Re. La celebrazione eucaristica vedrà la presenza del Presidente del Consiglio dei ministri, On. Romano Prodi; del Dott. Guido Bertolaso, Capo del Dipartimento della Protezione Civile; di S.E. Mons. Giuseppe Bertello, Nunzio Apostolico in Italia; di S.E. Mons. Angelo Bagnasco, Presidente della CEI, di S.E. Mons. Giuseppe Betori, Segretario Generale della CEI, dell’Episcopato siciliano, del Presidente della Regione Siciliana, On. Salvatore Cuffaro; del Dott. Benedetto Basile, Prefetto di Siracusa in qualità di Commissario straordinario alla ricostruzione; del Sindaco di Noto, Corrado Valvo e di numerose autorità.


«Valeva la pena affaticarsi così tanto per la ricostruzione della Chiesa “materiale”? In fondo, la Chiesa non è fatta da tutte quelle “pietre vive” (cfr. 1Pt 2,4–8) che sono i singoli battezzati? – si chiede il Vescovo di Noto, Monsignor Giuseppe Malandrino -. Rispondo dicendo che l’impegno profuso per la Cattedrale non ci ha distolto affatto dagli impegni nei confronti delle “pietre vive” che sono tutti i diletti figli dell’amata Chiesa di Noto. Ne sono buona prova, per esempio, la fruttuosa realizzazione della Missione Popolare e Permanente, la Visita Pastorale, le Lettere e i vari Convegni pastorali e, soprattutto, la tenacia per l’attuazione del Sinodo: impegni che hanno comportato non meno fatiche che per la ricostruzione della Cattedrale…Desidero qui ribadire quanto ho detto e scritto ripetutamente in tutti questi anni. La ricostruzione della nostra mirabile Cattedrale ha un triplice spessore, un vero Trittico: di fede, innanzitutto, perché è “casa di Dio” e, quindi dei suoi figli: per l’ascolto della sua Parola e per la preghiera; di cultura: essendo, certamente, l’espressione più rinomata – una maestosa icona! – del Barocco di Noto, Patrimonio dell’Umanità; di sano e fiducioso meridionalismo: per una valida spinta al superamento dell’atavico e diffuso senso di fatalismo, di rinuncia e di “delega”».


Se con le memoria «torniamo a quella montagna da scalare che ci apparve il primo giorno di questo lavoro, solo guardando oggi le migliaia di fotografie che documentano le opere fatte in questi anni, ci rendiamo conto della “impresa” che, tutti insieme, in cantiere, abbiamo portato a compimento – sottolinea  l’ingegnere Roberto De Benedictis -. Quando il cantiere fu avviato, nell’ottobre del ’99, sentimmo di avere davanti a noi una montagna da scalare. Con molte incognite, legate ad un lavoro senza precedenti, e poche certezze. Fra queste, i disegni del nostro progetto. Giorno dopo giorno, sono stati quei disegni a rappresentare la bussola di un cammino durato oltre sette anni».


«Grande commozione c’è stata nel rivedere la Cattedrale ricostruita, bianca così come era prima degli interventi degli anni ’50, un bianco quasi metafisico, che ne esalta ancor più le forme barocche; queste sembrano quasi vibrare sotto gli effetti della luce che ne accentua i chiaro scuri, e la fantasia torna, senza rammarico, alla memoria della vecchia Cattedrale andata perduta – dice l’architetto Salvatore Tringali -. Crediamo che la Cattedrale ricostruita, ancor più bella, riassuma in se la storia della vecchia e la contemporaneità del nostro tempo, proiettata nella speranza per un futuro migliore. E’ per questo che un grande orgoglio ci riempie oggi nel riconsegnare la nuova Cattedrale al Vescovo, Mons. Giuseppe Malandrino, il quale dopo nove anni di vescovado, prende possesso della sua “sede” naturale».      
                                                                    
Noto, 17 giugno 2007   

Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI

 In occasione della solenne cerimonia di riapertura della insigne Cattedrale di Noto, crollata improvvisamente il 13 marzo 1996 e ricostruita dopo anni di intenso lavoro, mi unisco spiritualmente a Lei ed ai Vescovi della Sicilia presenti a così significativo evento religioso e culturale. A ciascuno rivolgo il mio cordiale saluto, estendendolo ai sacerdoti e alle persone consacrate, come pure alle Autorità civili e militari, ed a tutti coloro che prendono parte alla celebrazione. Esprimo sentita riconoscenza a quanti, con la loro tenacia e il loro ammirevole impegno, hanno contribuito alla necessaria e urgente opera di ricostruzione del massimo Tempio della città di Noto, vero capolavoro del barocco siciliano, “patrimonio dell’umanità”. So che quest’opera monumentale ha richiesto il coordinato apporto delle competenti Istituzioni statali e locali, di valenti progettisti e di esperte maestranze. A tutti il mio plauso per l’apprezzata sensibilità dimostrata nei confronti di un intervento tanto imponente e delicato.

Un pensiero speciale rivolgo a Lei, venerato Fratello, per la sollecitudine e la costante dedizione con le quali ha incoraggiato e seguito i lavori sin dai primi momenti del Suo arrivo in codesta Diocesi, proseguendo il cammino intrapreso dal suo predecessore, il Vescovo Salvatore Nicolosi, che tale ristrutturazione aveva fortemente auspicata. A lui indirizzo con affetto uno speciale e beneaugurante saluto.
Non si poteva non solennizzare la ricostruzione della monumentale Cattedrale, che ora torna a risplendere riaffermandosi come riconosciuto gioiello di valore storico e di bellezza barocca tipica del sud-est siciliano. Dedicata a San Nicolò, essa si staglia sulla Città con la sua straordinaria scalinata e ne costituisce il cuore e il centro della vita spirituale. Tempio maestoso, mirabile opera d’arte e singolare testimonianza di fede, la rinata Cattedrale sia per l’intero Popolo di Dio richiamo costante alla propria vocazione e missione. Ammirandolo, tutti i cristiani ricordino l’esortazione dell’apostolo Pietro: “Voi siete pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio” (1 Pt 2, 5). Per questo, al fascino “esteriore” del Duomo restituito al suo splendore, si unisca ora quello “interiore” di coloro che in esso si riuniscono per lodare Dio. In effetti, ciascun credente in Cristo e ogni Comunità ecclesiale sono chiamati a brillare per la santità e per l’amore con cui testimoniano la loro fedeltà evangelica. In definitiva, per la Comunità diocesana di Noto la ricostruita Cattedrale sia, nella sua bellezza, invito a crescere nella comunione e nel fervore apostolico. A tal fine, assicuro volentieri la mia preghiera specialmente perché, attorno al rinnovato Tempio sacro, cresca la Chiesa Netina come edificio spirituale di cui Cristo è salda pietra angolare. E il felice evento della riapertura al culto della Cattedrale possa suscitare nel popolo di Noto, per intercessione della Vergine Santa e del patrono San Corrado Confalonieri, un rinnovato entusiasmo spirituale ed una coraggiosa testimonianza missionaria.
Con tali voti, di cuore invio a Lei, venerato Fratello, a quanti sono affidati alle sue cure pastorali e ai partecipanti tutti alla solenne cerimonia inaugurale l’implorata Benedizione Apostolica, pegno di copiosi favori celesti.
 
Dal Vaticano, 15 Giugno 2007
 

Omelia del Card. Giovanni Battista Re

 

1.         Questa splendida Cattedrale, monumento di fede e di arte del 1700, che il 13 marzo 1996 era crollata per un cedimento strutturale, ora è rinata: è stata ricostruita esattamente come era prima, utilizzando la stessa pietra lavorata a mano e in gran parte col medesimo materiale.
Ora è identica nella forma esterna all’originale e, in più, è a forte resistenza sismica e, pertanto, più solida perché dotata di speciali tecniche che possono farla resistere anche ai terremoti. All’interno, poi, artisti di fama internazionale ricupereranno il filo conduttore stilistico della Cattedrale originale, ma con il linguaggio proprio dell’uomo moderno.
Questa Cattedrale, collocata nel cuore di Noto e simbolo dell’identità civile e religiosa di questa città e di questa diocesi, ora riaperta al culto, continuerà ad essere nei secoli luogo di incontro di una comunità che è ad un tempo civile ed ecclesiale, unita nelle gioie e nei dolori, nelle speranze e nelle preoccupazioni.
Il primo sentimento che sgorga dall’animo è quello della gratitudine a coloro che hanno merito per quanto in questi 11 anni è stato realizzato.
Esprimo viva gratitudine innanzitutto al Vescovo di Noto, nominato a questa Sede subito dopo il crollo della Cattedrale.
Un grazie cordiale al Governo Italiano, qui rappresentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, per i fondi messi a disposizione nel corso di questi 11 anni.
Grazie alla Protezione Civile, e in special modo al Dr. Bertolaso e ai suoi collaboratori, per la dedizione con cui hanno aiutato a superare le difficoltà.
Grazie a tutte le Autorità locali: a quanti a Noto, nella Regione e in campo nazionale hanno dato il loro contributo ed appoggio.
Grazie all’Architetto, all’Ingegnere e a quanti hanno studiato e progettato.
Un grazie a quanti hanno realizzato i lavori o in qualche modo hanno dato il loro appoggio.
 
2.         Come sappiamo, la Cattedrale è il punto di riferimento della fede e dell’impegno di vita cristiana di una diocesi, della quale è il centro ecclesiale e spirituale.
Intimamente legata alla persona del Vescovo, la Cattedrale è madre di tutte le chiese della diocesi – e la vostra ne ha di veramente belle – ed espressione dell’unità intorno a Cristo e intorno al Vescovo.
Questa Cattedrale, che esiste sulla piccola chiesa costruita subito dopo il terremoto del 1963 nel nuovo sito della città, ci collega ad una tradizione religiosa che ha radici lontane nel tempo e ci riporta agli albori del cristianesimo. Richiama la storia e ne custodisce le memorie.
Qui vita umana e vita religiosa si sono intrecciate ed i valori religiosi sono stati i motivi ispiratori anche dell’impegno sociale e civile. Molta parte della vostra storia è congiunta da stretti vincoli con questo tempio (e con quelli a cui esso è collegato), perché la fede cristiana è stata fin dall’inizio una componente fondamentale della gente di questa terra.
Collocata nel centro di Noto, questa Cattedrale è segno di una fede che non si estranea dalla storia, ma si è sempre inserita nel tessuto sociale per animarlo alla luce dei valori cristiani.
Collocata al vertice di una grandiosa scalinata, questa Cattedrale, con la sua bella cupola, è un invito a guardare in alto, a guardare oltre i tetti delle case, non per sfuggire alle responsabilità che abbiamo su questa terra, ma per attingere dall’alto luce e forza per i nostri impegni. Il cielo non toglie nulla alla terra: il cielo infonde vigore e dà animo al nostro operare sulla terra.
 
3.         Questa Cattedrale nel cuore della città è invito ad aprire i nostri cuori a Dio per essere pietre vive, edificate attorno a Cristo, pietra angolare, come ci ha ricordato la prima lettura di questa Messa. Ed è invito ad aprirci al riconoscimento di Dio, che – come abbiamo ascoltato nel Vangelo – va adorato in spirito e verità.
Dio occupa poco posto nelle preoccupazioni degli uomini e delle donne di oggi. Purtroppo, non si sa più riconoscere la mancanza di Dio come… una mancanza. Oggi la grande tentazione è di vivere prescindendo da Dio. Le cose terrene si sono fatte affascinanti. La loro attrattiva è diventata sempre più suggestiva. Molte sono le occupazioni urgenti e che assorbono il nostro tempo.
Se, però, ci rendiamo conto che Dio è il nostro Creatore, che Dio è ciò che esiste di più reale, di più importante e di più grande, sorprende che gli uomini e le donne diano tanta importanza a cose in sé piccole e così poca a Dio.
Certo, l’attenzione a Dio nel mondo contemporaneo non si è spenta. Di Dio si parla anche oggi. Ne parlano la teologia, la filosofia, la letteratura, l’arte: accettandolo o rifiutandolo, ma senza potere mai “disfarsi” di lui.
Ne parlano tanti credenti, che a lui si rivolgono e da lui attingono luce, forza e guida nelle decisioni della vita. Ne parlano tanti che lo cercano e magari credono di non credere. Sì, molti cercano Dio con la mente, col cuore, con tutto il proprio essere, perché il cuore umano – come diceva Sant’Agostino – “è inquieto fino a che non riposa in Dio”(Confessioni I,1). La tensione che porta alla ricerca di Dio è ineludibile nel cuore di ogni uomo e di ogni donna.
In pari tempo, dobbiamo riconoscere che per molti Dio è soltanto un’idea astratta, un’ombra, un nome. E, pertanto, molti sono lontani dalla certezza espressa da Santa Teresa d’Avila, la quale esclamava “Dio è tutto!” e giungeva a dire: “Niente ti turbi, niente ti spaventi, tutto passa. A chi ha Dio nulla manca. Dio solo basta”.
Dio è il Padre che ci ama, che ci vuol bene, che ci cerca, che ci perdona; e ci perdona perché ci ama. Si lascia anche respingere, perché rispetta la nostra libertà, ma poi ci attende e torna a cercarci.
Dio è indispensabile a noi esseri umani, perché “in lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo”, secondo l’espressione di San Paolo. Senza Dio non si può realizzare se stessi, né migliorare l’umanità. Paolo VI, nell’Enciclica Populorum Progressio, scriveva che l’uomo può costruire questo mondo senza Dio, ma in tal modo finisce per costruirlo contro se stesso, contro il vero bene dell’uomo.
Quando, infatti, l’uomo perde il senso di Dio, perde anche la consapevolezza del suo destino eterno, perde l’aspetto più bello del vivere, perde la ragione più profonda della sua esistenza, perde il significato più grande del suo donarsi.
Dove Dio non c’è, anche l’uomo smarrisce il suo valore e la sua dignità. Come ha affermato il Santo Padre Benedetto XVI, “dove Dio scompare, l’uomo non diventa più grande; solo se Dio è grande, anche l’uomo è grande”.
Ed un mese fa ad Aparecida, in Brasile, il Papa ha ribadito che dove Dio è assente la società non trova il consenso sui valori fondamentali e non trova la forza per vivere secondo il modello di questi valori, soprattutto quando il rispetto dei valori esige personali rinunce(cfr. Inaugurazione della Conferenza di Aparecida, n. 4).
Perdere il senso di Dio – il Quale “svela pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione”(Gaudium et Spes, 22) – è perdere il senso della dignità della persona umana e dei suoi diritti. L’uomo senza Dio non ha principi che lo illuminano.
Questa stupenda Cattedrale che, mantenendo la sua forma esterna originaria, risorge più splendida di prima, è la casa di Dio piantata in mezzo alle case degli uomini.
In pari tempo essa è anche casa degli uomini e delle donne, perché aperta a tutti. L’augurio è che siano molti ad entrarvi per adorare Dio. Ed uscendo da qui siano accompagnati dalla benedizione del Signore e da sentimenti di attenzione, di solidarietà, di amore per gli altri. Perché riconoscere Dio come Padre che sta nei cieli, ci porta a riconoscere gli altri come fratelli, perché figli dello stesso Padre.
 
Card. Giovanni Battista Re