La danza della creazione

Con un mese di anticipo anche quest’anno si è tenuto a Marina di Modica, nei giorni 11, 12, 13 Luglio  il corso biblico estivo. Il tema su Genesi 1-11 è stato affidato al biblista Jean Louis Ska docente ordinario di Sacra Scrittura presso l’Istituto Biblico di Roma. Nel primo giorno la sua spiegazione sul primo capitolo, riguardante il primo racconto della creazione, è stata molto interessante perché ha messo in luce aspetti nuovi e profondi ai quali magari non si è fatto mai caso pur avendo letto tante volte questo brano, al punto da ricordarlo a memoria. È emersa l’idea di un Dio onnipotente che è più presente nel tempo, piuttosto che nello spazio; un Dio che accuratamente organizza la creazione come realtà dove ogni cosa è al suo posto, dove non c’è violenza perché ognuno ha il suo nutrimento e non si mangia carne alcuna; alla fine di ognuno dei giorni della creazione può dire con soddisfazione che “era cosa buona” (“molto buona” dopo la creazione dell’uomo). Bella infine l’idea del settimo giorno (del riposo e della festa) come giorno che esprime l’eternità di Dio e la sua presenza nella storia e nel tempo. Il secondo giorno l’autore si è soffermato sul secondo racconto della creazione evidenziando come qui l’idea di Dio espressa dall’agiografo è completamente diversa dal Dio del primo racconto. Dio agisce, si sporca le mani per plasmare l’uomo, fa l’agricoltore piantando il giardino in Eden; è più vicino all’uomo e per vederlo felice sperimenta fino a trovare nella creazione della donna la soluzione buona. Il primo peccato, o meglio stato di colpevolezza, consiste nel rifiuto da parte dei progenitori accogliere pienamente la libertà che Dio aveva loro dato. Qui essi scelgono di non scegliere. Il lavoro per l’uomo e le doglie del parto per la donna sarebbero la punizione: ma l’uomo di fatto lavorava la terra, dato che Dio lo aveva posto come custode del giardino dell’Eden, e l’avere figli era segno di benedizione. L’autore pertanto ha voluto spiegare quella che era la realtà della sofferenza di cui l’uomo fa esperienza in questa maniera. Secondo Jean Louis Ska il primo racconto risale all’epoca del ritorno dall’esilio e l’autore (sacerdotale), uomo di cultura, sotto l’influsso dei racconti mitologici dell’area mesopotamica ha voluto rileggere con questo racconto la ripresa del popolo di Israele. Il secondo racconto è una risposta a questa idea di Dio forse diverso del Dio di cui Israele aveva fatto esperienza, con un Dio più vicino al popolo, che agisce nella storia, che si presenta con atteggiamenti più umani. Il terzo giorno il relatore si è soffermato sulla vicenda del diluvio. Anche qui si ripete il medesimo schema. Il racconto cosiddetto “sacerdotale”, appartenente cioè alla redazione che si compone nel post-esilio, presenta Noè, tenendo conto delle mitologie antiche, in particolare quella di Athahasis e di Gilgamesh, sottolineando l’importanza di quello che è accaduto dopo il diluvio, ovvero la costituzione di una generazione di giusti, discendenti da Noè. Il segno di questa decisione divina sarà l’arcobaleno. È il segno di un’alleanza eterna che Dio non vorrà mai infrangere. Il Sacerdotale infatti mette in evidenza la doppia condizione dell’umanità: quella pre-diluviana, caratterizzata dal peccato: «Dio guardò la terra ed ecco essa era corrotta» (Gen 6,12); quella post-diluviana, innestata nella generazione nuova di Noè e dei suoi figli, da cui scaturisce il popolo eletto di Dio. Al racconto sacerdotale sussegue la risposta di completamento di alcuni aspetti che l’Israele del post-esilio, con la costruzione del tempio, riscopre. Si tratta dell’importanza dei sacrifici, mediante i quali il popolo impara a relazionarsi con Dio, sentendo la sua presenza all’interno di una partnership d’amore: «Noè edificò un altare al Signore; prese ogni sorta di animali  mondi e di uccelli mondi e offrì olocausti sull’altare» (Gen 8,20). La benedizione e il sacrificio rappresentano, per Israele che torna dall’esilio, un modo concreto di tornare ad incontrare di Dio ed essere incontrati dalla sua misericordia. Ciò che traspare da questi racconti è dunque l’agire di Dio, che nell’accompagnare l’adam (l’umanità), non dimentica le sue promesse: L’orante di un salmo lo rammenta con incessante ardore: «eterno e per sempre è l’amore del Signore».