Ministri: Uomini di fede e di preghiera

Come ogni anno la comunità diaconale, insieme al proprio assistente, don Corrado Lorefice, si è data appuntamento presso la casa Mater Dei a Siracusa dal 24 Agosto al 26 Agosto 2012 per un periodo di Esercizi spirituali.

 
Essa, in un incontro precedente si era interrogata sul tema da trattare e su cui riflettere ed in linea di massima ed era convenuta nell’affidare al predicatore il tema della fede nello specifico del diacono ed anche in considerazione dell’indizione dell’anno delle fede da parte dal Santo Padre Benedetto XVI.
Quindi è stato individuato il Biblista don Angelo Passaro a cui affidare le meditazioni il quale, con sapienza e competenza, ci ha aiutato a percorrere un cammino articolato in quattro riflessioni in cui ha messo in evidenza la relazione tra fede, preghiera e vita ministeriale.
Il brano del Vangelo di Marco sulla professione di fede di Pietro a Cesarea di Filippo, (8,27-33), ha fatto da tema di fondo al fine di fare emergere gli aspetti salienti di un cammino di fede che trova nella sequela e nella preghiera gli elementi costitutivi.
La fede non si acquisisce attraverso conoscenze, ancorché teologicamente profonde, ma è frutto di riconoscimento della messianicità di Gesù attraverso il dono di Grazia, che può essere donato solo dallo Spirito di Dio. Pietro, infatti, riconosce per Grazia che Gesù è il Cristo, ma razionalmente non ammette che il Figlio dell’uomo potesse soffrire. Gesù lo redarguisce e gli ordina di stare retro e di mettersi alla sua sequela. Le fughe in avanti, anche con affermazioni che hanno origine da “rivelazioni” se non sono correttamente collocate all’interno del Mistero di Cristo, possono essere fuorvianti e possono condurre a delle forme di religiosità che trasportano verso la idealizzazione del Mistero stesso.
Il relatore quindi ci ha invitati a riflettere sul fatto che spesso il nostro modo di essere anche se teologicamente è ineccepibile, può non corrispondere ad una vera vita di fede perché non inserita in un vero cammino di sequela di Cristo che implica l’abbraccio della Croce.
Ciò richiede tanta preghiera autentica non fatta da formule imparate a memoria, che spesso sono sterili, ma frutto del dimorare con il Signore e del dialogare con Lui in modo vero e sincero. In questo ci sono di aiuto i Salmi che insegnano a pregare e come fare del Signore il centro della esistenza. La fatica del quotidiano così è alleviata perché il Signore è colui che guida ed orienta nelle vicende.
La Preghiera allora è il criterio della fede in Cristo. Se Gesù è il Cristo della nostra vita non è possibile non parlare con Lui e di Lui e non può non essere il criterio dell’agire del discepolo. Questi il Lui trova la forza dell’essere autenticamente cristiano, capace di chinarsi sul fratello sofferente non curante delle regole del mondo che magari non permetterebbero certi comportamenti, ma che in una logica di fratellanza diventano la testimonianza di una appartenenza.
Il Predicatore quindi a conclusione ha invitato tutti ad essere attenti più che alle cose da fare, perdendo di vista spesso quale è lo specifico del ministro, al modo di essere seguaci autentici di Cristo facendo della fede non un ideale religioso, che spesso diventa fuorviante, ma la regola di vita.