La diocesi di Noto presente a Lampedusa con Papa Francesco

 C’è chi ha scritto che un’enciclica significativa e impegnativa Papa Francesco la stia scrivendo quotidianamente: è l’enciclica dei suoi gesti e delle sue relazioni di tenerezza e annuncio del Vangelo a tutte le persone! Gesto epocale la sua scelta di visitare stamattina, come primo suo viaggio ufficiale fuori dal Vaticano, i lampedusani e i migranti approdati sull’isola più a sud d’Europa. Visita a bordo di una fiat campagnola tra la gente… La diocesi di Noto, sulla traccia di una storica vicinanza alle situazioni di povertà e sofferenza, è stata presente a Lampedusa con un fotografo e una collaboratrice del nostro giornale (sul prossimo numero de “La vita diocesana” avremo un ampio servizio).
 
Per bocca del vescovo di Agrigento (cui Lampedusa appartiene come diocesi) sapevamo già da qualche settimana dell’intenzione forte di Papa Francesco di recarsi in visita in questo confine tra l’Africa e l’Europa, teatro di un esodo biblico, e considerata doverosa per il vescovo appassionato di periferie. Il Papa ha ricordato il sacrificio di 20mila migranti che sono morti nel Mediterraneo mentre fuggivano alla fame e alla guerra per cercare un futuro dignitoso. “Chi è il responsabile del sangue di questi fratelli e sorelle? Nessuno! Tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io”, ha detto il Pontefice. “Ma Dio – ha ricordato – chiede a ciascuno di noi: ‘Dov’è il sangue di tuo fratello che grida fino a me?” La “cultura del benessere” ci rende “insensibili alle grida degli altri”, ci fa vivere “in bolle di sapone”, in una situazione “che, per il Papa, porta alla globalizzazione dell’indifferenza.
 
Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro! “Signore – ha pregato il Papa – in questa Liturgia, chiediamo perdono per l’indifferenza verso tanti fratelli e sorelle, ti chiediamo perdono per chi si è accomodato, si è chiuso nel proprio benessere che porta all’anestesia del cuore, ti chiediamo perdono per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi”. Di fronte alle morti in mare, ha detto il Papa, “domandiamo al Signore la grazia di piangere sulla nostra indifferenza, sulla crudeltà che c’è nel mondo, in noi, anche in coloro che nell’anonimato prendono decisioni socio-economiche che aprono la strada a drammi come questo. ‘Chi ha pianto?'”. Ora continua l’ordinarietà dell’impegno di tutti, in prima fila delle caritas diocesane impegnate a tutelare i soggetti più deboli: non più emergenze ma quotidianità come ha dimostrato lo sbarco di migranti avvenuto poche ore fa. Perché a ognuno, immigrato o no, si possa dire – come ha fatto Papa Francesco durante l’omelia rivolgendosi ai musulmani – “o’ scià”, respiro mio, fratello mio per il solo e semplice fatto che come me vivi e respiri!