Giovedì scorso, 3 novembre, si è celebrato, presso la Casa circondariale di Noto, il “Giubileo dei detenuti”. In linea con la pastorale dettata dalle Opere di misericordia corporali – “ero in carcere e siete venuti a visitarmi” (cfr. Mt 25) –, il nostro Vescovo insieme ad una ristretta delegazione formata da don Ignazio Petriglieri, don Paolo Catinello e dal Cappellano del carcere, don Sebastiano Boccaccio, ha varcato insieme alla popolazione del carcere la Porta santa del Giubileo straordinario della Misericordia. Come è noto, fra le tante Porte Sante istituite in Diocesi vi è anche la Casa di reclusione. Il Vescovo ha ricordato ad ognuno dei presenti il senso e l’importanza che la “porta santa” riveste per ciascuno di noi : “sebbene sia un segno, è importante vivere il passaggio attraverso la porta santa con la consapevolezza piena del suo significato: è il Signore stesso che si china su di noi per aiutarci a rialzarci”. Dopo un primo momento di accoglienza, nel quale alcuni dei detenuti hanno recitato la preghiera del Santo Padre per il giubileo, ha avuto inizio la Celebrazione Eucaristica.
Nell’omelia, il Pastore ha esortato a vivere una vita da credenti e non solamente da religiosi. “Essere religiosi è molto più semplice che essere credenti – ha dichiarato Mons. Staglianò – poiché è sufficiente pregare. Per essere credenti – oltre che religiosi – è necessario, invece, passare per le opere”. Prendendo spunto dalla lettera di S. Giacomo (cfr. Gc 2,17), il Vescovo ha indicato ai presenti la vera prospettiva del seguace di Cristo, quella, cioè di pensare, anzitutto, a compiere opere “degne di essere dette cristiane, dalle quali si possa vedere l’umanità bella creata da Dio a sua immagine e somiglianza”.
“Quando termineranno i nostri giorni sulla terra – ha continuato ad esortare il Pastore –, verremo interrogati dal Padreterno, il quale non ci chiederà se abbiamo partecipato alle funzioni sacre o se abbiamo pregato recitando il S. Rosario. Le domande che ci verranno poste saranno: quando avevo fame, mi hai dato da mangiare? Quando avevo sete, mi hai dato da bere? Quando ero nudo, mi hai vestito? Quando ero malato e in carcere, sei venuto a visitarmi? Su queste domande ci dovremo far trovare pronti; le altre pratiche, per quanto lodevoli e raccomandabili, non possono sostituire queste, definite essenziali.
Al termine della Celebrazione il Vescovo ha rivolto ai detenuti l’augurio di poter vivere, pur nella loro particolare condizione, la Misericordia di Dio. “Alessandro Serenelli, ha trovato Dio tra le mura di questo carcere; possa ognuno di noi vivere, come lui, il perdono di Dio e donarlo agli altri”. Al Vescovo ha fatto eco il Direttore della casa circondariale, Dr. Santo Mortillaro, il quale ha portato la sua bella testimonianza di una misericordia umana vissuta tra i corridoi del carcere. Al termine della celebrazione, Mons. Staglianò ha dato appuntamento ai detenuti per il prossimo incontro del 15 novembre p.v. in occasione del quale verrà donata a ciascuno una nuova traduzione della Sacra Bibbia.