Mons. Staglianò al Convegno Teologico- Pastorale di Crotone: “Cristo è la misura alta della mia umanità”

Lo scorso 16 marzo, il nostro Vescovo, Mons. Antonio Staglianò è intervenuto ad un Convegno Teologico-Pastorale, organizzato dall’Arcidiocesi di Crotone-Santa Severina, sul tema “Chi segue Cristo diventa anch’egli più uomo” (GS 41). Famiglia e Vita Consacrata: volti dell’umano bello e possibile. Fra i relatori anche Mons. José Rodríguez Carballo, Segretario della Congregazione per gli istituti di Vita Consacrata e la professoressa Maria Cruciani, docente di Teologia Morale presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma.
 
La relazione di Mons. Staglianò ha sviluppato il tema dell’umanesimo nuovo – in sintonia con gli orientamenti del prossimo Convegno Ecclesiale di Firenze – a partire dal novum inaugurato da Cristo, epifania dell’umano che rilancia il dinamismo della Chiesa, che oggi, come esorta Papa Francesco, deve “uscire” verso le “periferie esistenziali” degli uomini e delle donne del nostro tempo.
 
Mons. Staglianò ha esordito con un’analisi lucida sull’ “umano” dell’uomo post-moderno, quello che vive nella “società dell’ipermercato”, che ha obnubilato le coscienze, relativizzando i valori universali, anche quelli più sacri e inviolabili, generando una sub-cultura “dove tutti parlano e dicono, ma senza alcuna certezza e senza nessuna direzione”. In questo contesto di confusione e di inconsistenza del pensiero, il valore incommensurabile della libertà, viene travisato e abusato, “poiché – rileva il Vescovo – manca l’esercizio del logos, quella intelligenza che è capacità di ‘leggere dentro’ se stessi, dentro la verità più profonda delle cose, per scoprirsi infine umani, animali ‘razionali’, che si distinguono dalle bestie”.
 
Quale “umanità” oggi? Quanto “umano” c’è nell’uomo? È la provocazione di Mons. Staglianò, che stigmatizza la dilagante barbarie che “disumanizza” la nostra società, perfino la religione, “nell’ubriacatura di una visione distorta di Dio, in nome del quale si arriva pure ad uccidere!”.
 
“Non si può non parlare di un siffatto contesto – ha proseguito il Relatore – senza ribadire la nostra responsabilità di cristiani, senza accusare che questa degenerazione dell’umano, è frutto di una ‘impurità’ che deturpa la bellezza dell’uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio”.
 
“Ci sono spiriti impuri – ha rimarcato ancora Mons. Staglianò – che spingono gli uomini a disobbedire al comandamento divino”, in una direzione che muove ad “adulterare” le relazioni sociali, i rapporti amicali, i legami fraterni e persino familiari. “Adulterare – ha ripreso il Vescovo – vuol dire ‘avvelenare’ gli aspetti più sacri e fondamentali della vita, non solo in ordine ai nostri simili, ma anche nei riguardi della terra, dell’ambiente, il ‘giardino’ che il Creatore ci ha affidato, perché ne fossimo custodi”.
 
“La crisi odierna – ha affermato il Relatore – è soprattutto antropologica; in essa va collocata il dramma di un galoppante crollo demografico, vera tragedia umana; una fiumana di umanità che vuole nascere, che spinge ad uscire, che vuole entrare nella vita. Ma noi non li vogliamo! I nostri figli non li facciamo nascere!” Un’umanità senza figli, non ha futuro ed è terribilmente povera! “Qui si impegna la fede cristiana, che non è una patina religiosa, che non è mai accomodante, ma che vuol dire essenzialmente uscire”.
 
“Non basta adempiere il comandamento di santificare le feste – ha ricordato Mons. Staglianò – ci vuole una seria autocritica del nostro essere cristiani e praticanti. Bisogna prendere coscienza dell’urgenza di uscire dalle comodità di una fede sonnecchiante, di raggiungere le periferie del dolore e dei bisogni dei fratelli, ci vuole una fede adulta, matura, piena di Logos, capace di mettersi sulle orme di Cristo”.
 
La sequela Christi diventa allora essenziale per la nascita di un nuovo umanesimo; seguire Gesù è mettersi dietro a Lui, con l’intelligenza della fede, “per conoscere la verità della carità”. Perché non basta fare la carità – ha rammentato il Vescovo – “ma conoscere la verità della carità”, l’amore di Dio in Cristo Gesù.
 
“Ecco la misura alta della mia umanità – ha concluso Mons. Staglianò – ecco il cammino di conversione all’umano, che è la qualità più divina che è in me. Qui non basta solo il logos, ma serve che mi scopri essere divino, immagine e somiglianza di Dio, cristico, triniforme, per dirla con Rosmini, capax Dei, capace cioé di accogliere Dio in me; Lui che distrugge in me quanto è impuro e di inciampo alla maturazione del novum di una umanità pienamente realizzata, più bella e buona”.