Venendo qui per la prima volta in Africa, sono stato colto da una sorpresa, non di compiacimento, ma di speranza. Mi ha colpito senza dubbio il triste spettacolo della povertà. ‘Il Continente africano è il mio primo pensiero’ disse Giovanni Paolo II, per le contraddizioni che in esso coesistono. Effettivamente questo Paese si è mostrato subito ai miei occhi con le lacerazioni che vengono dal divario enorme tra piccole fasce di ricchezza e gli enormi bacini di povertà. Si tratta di conciliare, perché l’Africa è un continente dalle enormi risorse, materiali e soprattutto umane. Basti pensare alla grande capacità di relazione e di apertura di questa gente nei confronti dell’altro che abbiamo sperimentato nel confronto con i nostri fratelli e amici gemelli di Butembo-Beni in questa settimana di visite nelle parrocchie e nei villaggi, e che per noi occidentali, abituati sempre di più a bastare a noi stessi, è una lezione di vita e di comunione. Qui non si respira la solitudine. Non c’è proprio la cultura della solitudine. C’è la famiglia, il clan, la comunità, il villaggio. Nelle strade e davanti alle capanne c’è sempre un assembramento di persone. Nessuno è solo. Una ricchezza di rapporti umani che invece manca nella nostra società. Noi abbiamo altre ricchezze, più materiali, forme di benessere che pure non sono da deprecare o demonizzare, perché l’attenzione all’uomo nel suo complesso è quello che anche il cristianesimo ha sempre promosso. Piuttosto è una condizione da redimere, attraverso iniezioni di valori. L’eccesso di benessere che a livello culturale ha generato nella nostra società il consumismo, infatti, è una degenerazione che porta con sé la caduta dei valori. Ecco allora perchè questo gemellaggio per noi rappresenta un’opportunità, per imparare a dare nuovamente il valore giusto alle cose e alle persone e soprattutto per rinvigorire il nostro bagaglio spirituale e umano.
don Ignazio Petriglieri,
direttore spirituale del Seminario diocesano