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La Cattedrale ora Basilica segno visibile della regalità di Cristo

Il 19 marzo 2012, terzo anniversario della consacrazione episcopale di Sua Ecc. Mons. Antonio Staglianò, sarà ricordato come un giorno memorabile per la diocesi di Noto. In un contesto di lode e ringraziamento, quale quello della solenne Eucaristia celebrata per l’occasione, è stata ufficialmente proclamata l’elevazione a Basilica Minore della Cattedrale di San Nicolò, titolo benevolmente conferitole dal Santo Padre Benedetto XVI attraverso uno speciale indulto, su istanza del Vescovo della diocesi di Noto.
Una celebrazione composta e partecipata, animata con maestria dal Coro “L. Perosi” della Basilica, presieduta da Sua Eccellenza Mons. Staglianò, concelebrata dai Vescovi emeriti, Mons. Nicolosi e Mons. Malandrino e dal clero, alla presenza di religiosi e religiose, dei seminaristi, dei sindaci dei diversi vicariati della diocesi, delle autorità civili e militari, di alcune personalità politiche e di tutta la comunità diocesana.  L’occasione di gioia, non solo per la comunità ecclesiale, collocata all’interno di un tempo liturgico di particolare importanza, la Quaresima, è stata celebrata nel giorno della memoria di San Giuseppe, “l’uomo giusto che si è adoperato affinché il Regno di Dio accadesse sulla faccia della terra ed entrasse direttamente in contatto con noi”, come viene sapientemente definito da sua Eccellenza nel corso dell’omelia. Particolarmente densa di stimoli alla conversione, l’omelia del Vescovo esorta all’accoglienza del Regno di Dio, la “basileia tou Theou” (in greco), quella realtà mistica e storica allo stesso tempo che Dio instaura intervenendo nelle vicende concrete degli uomini come “re e Signore”. La Basilica si pone così come un segno visibile della regalità di Dio in un momento storico in cui la nostra fede è messa a dura prova per le tante “ombre di crisi” e i pochi barlumi di luce, come osserva il Vescovo. E proprio questa occasione diventa significativa e propizia per esortare a cercare il regno di Dio e la sua giustizia, decidendoci a favore di Cristo senza mezze misure: “In Gesù il regno di Dio è presente, corporalmente con la sua persona”, prosegue Mons. Staglianò. “La predicazione di Gesù lo annuncia con certezza, come pienezza di tempo, kairòs provvidenziale, Dio all’opera che urge pentimento, conversione, fede”. Decidersi per il Regno di Dio è “testimoniare la nostra appartenenza a Cristo”, continua il Vescovo. E la Quaresima si presta come occasione particolarmente favorevole per “capire realmente ciò che è accaduto, perché capendo ciò che è accaduto, ciascuno lo voglia, lo ami, lo assuma, lo assimili a sé e lo voglia nella concretezza della propria libertà”. Allora ci interesseremo affinché la nostra vita cristiana non sopravviva ma viva realmente e Cristo ne sia il Signore: “È una militanza, è una lotta insieme a Cristo contro il male, perché la sua basileia vinca anche oggi sul nostro peccato e sulle nostre afflizioni”. Il conferimento del titolo di Basilica Minore alla Chiesa Cattedrale di Noto è anche segno di comunione tra il Vescovo diocesano con il Santo Padre: le chiavi decussate, simbolo della custodia della Chiesa e della cristianità, conferita da Cristo a Pietro, esprimono proprio questo legame. Realizzate in marmo da don Giampiero Arabia, verranno apposte sulla facciata della Cattedrale insieme agli scudi del Santo Padre e del Vescovo. Viene così sancito ulteriormente l’impegno della comunione tra la Chiesa locale e la Santa Sede come servizio al Regno di Dio.  Non a caso l’ufficializzazione dell’elevazione coincide con il terzo anniversario dell’ordinazione episcopale di Mons. Staglianò, avvenuta nel 2009 a Crotone. In proposito il Vescovo ha ricordato nell’omelia: “questo Regno di Dio passa ordinariamente soprattutto attraverso la vita della Chiesa locale, la quale esprime tutta la Chiesa universale in un luogo, nella comunione effettiva e affettiva del Vescovo diocesano con il Santo Padre, successore dell’apostolo Pietro, cui Gesù consegnò le chiavi del Regno dei cieli”. L’elevazione della nostra Cattedrale a Basilica richiama alla responsabilità di rendere sempre più visibile l’impegno della nuova evangelizzazione che il Papa indica come orizzonte verso il quale orientare ogni iniziativa ecclesiale del nuovo millennio. Un impegno teso a manifestare concretamente l’avvento del Regno di Dio attraverso atteggiamenti che rendono visibile l’amore cristiano. Già il messaggio del Vescovo per la Quaresima anticipa tale prospettiva: in seguito all’elevazione della Cattedrale a Basilica esso invita esplicitamente ad esprimere il legame con il Papa nel segno della carità, e di questa carità varie sono le forme concrete e creative che la comunità ecclesiale può mettere in atto. È noto a tutti l’impegno del nostro Vescovo in questa direzione: l’apertura a Noto della mensa cittadina per i poveri e la firma del Protocollo di intesa contro la crisi con i sindaci dei nostri comuni si pongono come espressione del suo servizio pastorale che non può esimersi dall’intervento nel sociale quale manifestazione di comunione ecclesiale attraverso l’esercizio del ministero episcopale.  Così il Vescovo esorta nell’omelia a curare “l’interiorità comunionale, operosa nella carità e nella solidarietà sociale, secondo gli ammonimenti propizi del tempo di Quaresima”. Il convenire di tutti i partecipanti alla concelebrazione Eucaristica riporta alla centralità della Basilica Cattedrale nella vita della diocesi. Il titolo di Basilica Minore viene conferito ad una Cattedrale o ad altra chiesa di particolare importanza liturgica e pastorale, come afferma il decreto della Santa Congregazione, “Domus ecclesiae”. Sin dall’inizio del suo ministero episcopale, Mons. Staglianò ha sostenuto l’importanza della cattedra del Vescovo, indicando appunto la Cattedrale come centro propulsore per la vita della diocesi. L’occasione della elevazione si pone quindi come ulteriore sigillo della concretizzazione del servizio della nostra Basilica alla basileia di Gesù. Un servizio non solo esteriore ma soprattutto interiore, in cui ogni fedele è coinvolto in maniera unica e preziosa in forza del sacramento del Battesimo. Come “pietre vive”, sulle note del Te Deum intonato ancora magistralmente dal coro, i convenuti alla celebrazione sono stati infatti aspersi dal Vescovo con acqua benedetta, così come le mura della Basilica. È il popolo di Dio questo tempio santo, purificato e consacrato dal lavacro rigenerante del Battesimo da cui promana l’impegno per la nuova evangelizzazione e per la carità al servizio del Regno di Dio. Con trasporto e gioia, al termine della celebrazione si sono susseguiti gli auguri per il nostro Vescovo da parte delle autorità civili e del Vicario Generale. La prima manifestazione di vicinanza a Mons. Staglianò è giunta dal Sindaco di Isola di Capo Rizzuto, dott.ssa Caterina Girasole. “Per la nostra comunità”, ha dichiarato la prima cittadina, “la sua figura costituisce ancora un punto di riferimento e una guida autorevole”.  Agli auguri della città natale sono seguiti quelli della città che da tre anni vive la sua presenza come Pastore e rappresentante della Chiesa. Il Sindaco di Noto, dott. Corrado Bonfanti, ha manifestato l’affetto della comunità locale anche a nome dei rappresentanti degli altri comuni e ha espresso sentimenti di gratitudine al Santo Padre per l’occasione di grazia che “ancora una volta ha privilegiato la Città di Noto e tutta la diocesi. L’elevazione a Basilica della nostra Cattedrale costituisce, da oggi, un plus-valore per la nostra città”, ha osservato il Sindaco, “ed è motivo di gioia per tutti coloro che hanno a cuore il bene comune e si rallegrano per i passi compiuti insieme dalla comunità religiosa e da quella laica”. Il Sindaco, come segno di partecipazione, ha per l’occasione apposto una lapide a futura memoria. Per ultimo, il Vicario Generale, Mons. Angelo Giurdanella, si è fatto portavoce del clero e di tutta la comunità ecclesiale nel rivolgere parole di affetto e di stima nei confronti del nostro Pastore: “Ella è per noi segno dell’alleanza di Dio con il suo popolo e pertanto della certezza che egli ci guida verso quella verità che è conoscenza del mistero trinitario”. E ha concluso ricordando i nostri due Vescovi emeriti ai quali è associata la figura di S. Giuseppe non solo per il nome di battesimo di Mons. Malandrino, ma anche perché con Mons. Nicolosi rappresentano un segno visibile del perpetuarsi della “traditio ecclesiae” e sono, in quanto tali, nostri “padri nella fede”.
 

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XX appuntamento del caffè letterario Quasimodo

Poesia e teologia: dentro questa area tematica ruoterà il XX sabato letterario che si terrà il prossimo 24 marzo, alle 17.30, nell’Auditorium del Palazzo della Cultura nell’ambito della stagione culturale 2011-2012 del Caffè Letterario Quasimodo di Modica.
Il programma della serata è articolo in un primo momento che vedrà, anzitutto, un omaggio alla figura poetica del grande papa Giovanni Paolo II. Il tema dell’incontro sarà poi sviluppato all’interno di una conversazione poetica che il Presidente del Caffè Quasimodo, Domenico Pisana, terrà con il poeta Antonio Staglianò, vescovo di Noto, e con il poeta ragusano Giovanni Occhipinti.
“Ciò che accomuna Wojtyla, Staglianò e Occhipinti – afferma Domenico Pisana – è la presenza nei loro versi di un costante rapporto tra “fede e spiritualità” , “filosofia e teologia”, “arte e mistica”, nonché l’insistenza su alcuni concetti chiave: la persona, la sofferenza, la morte e l’amore. E così mentre il poeta Wojtyla riflette sulla realtà del dolore, usando l’originale metafora dell’innesto e applicando questa metafora alle proprie molteplici sofferenze, Antonio Staglianò sente la poesia come ‘il momento più necessario dell’anima’, grazie al quale egli attinge alle fonti della verità e del bene e dà voce al mistero di Dio, mentre Giovanni Occhipinti, ‘trafelato viandante’, interroga il Mistero, l’Oltrefisico, l’Invisibile con una tessitura di versi che è tutta giuocata sul contrasto tra finito e Infinito, mutevole ed Eterno, limitato e Illimitato, e che è sostenuta da un ritmo lirico che scandisce il quadro di una relazione umano-divino fortemente segnata dal bisogno di entrare nella condizione edenica sfigurata dalla morte”.
Sotto le note musicali del M° Gianluca Abbate, al pianoforte, e di Gabriele Bellomia al flauto, Giorgio Sparacino, Natalina Lotta, Ornella Cappello della Compagnia teatrale “Utopia” di Ragusa e Alessandra Pitino della Compagnia teatrale “Hobby actor’s” terranno un recital di versi che toccherà le principali tematiche dei tre autori.
Una serata poetica, dunque, che darà l’occasione per riflettere sui grandi temi che intrecciano poesia e spiritualità.

Inaugurati gli orti sociali e un anello per correre

Va prendendo forma nell’area padre Basile alla Fontana di Modica uno spazio di incontro e di relazione, promosso dalla Caritas diocesana e dalla Casa don Puglisi, attorno al Cantiere educativo “Crisci ranni”. Giovedì 15 marzo sono stati inaugurati gli orti sociali e un anello per correre con momenti semplici, ma significativi, come la piantumazione di piantine e una corsa amatoriale di bambini di gruppi sportivi della città. Come ha sottolineato don Angelo Giurdanella, vicario generale della diocesi, prima della benedizione degli orti “quando uno spazio disabitato viene ripulito si avverte il senso della comunità che si riprende i propri luoghi come accade in una casa: luoghi di incontro tra fratelli”. Perché – ha aggiunto – “segni piccoli ma belli di comunità sono possibili se non ci si chiude, se ci si apre, se si vive nella logica del dono”. Anche il Sindaco, presente con altri amministratori, ha ricordato come sia importante la collaborazione tra associazioni e istituzioni, e in modo particolare come sia rilevante – nello spirito del “Patto sociale contro la crisi” firmato con il Vescovo – una collaborazione progettuale com’è proprio dell’animazione di strada, peraltro prevista dal Piano socio-sanitario di zona anche per Modica Alta e Treppiedi. Sono molte le collaborazioni per gli orti sociali: abitanti del quartiere, bambini del cantiere educativo ma anche di altre associazioni che operano nel campo dei bambini, l’Agesci e il DSM, che ha offerto a tutti i frutti di esperienze già avviate da anni. Come ha sottolineato il primario, dott. Sanfilippo, il contatto con la natura ci fa prendere respiro, ci apre a qualcosa di più alto di noi che dilata gli spazi della mente e del cuore. Così la vita per tutti diventa più sana. In una città povera di spazi verdi, chi vorrà potrà trovare alla Fontana uno spazio di aria pulita per passeggiare, correre, collaborare al cantiere educativo e agli orti sociali. Intanto ci si prepara alla grande festa educativa “Crisci ranni” con scuole, associazioni e parrocchie che si terrà il sabato dopo Pasqua. Il venerdì precedente, il 13 aprile, ci sarà un importante occasione di riflessione per tutte le famiglie, gli educatori, l’intera città. Alle 19,30 alla Domus S. Petri si terrà, infatti, un Convegno sul tema “relazione e consegne educative tra generazioni” che avrà come relatore il vescovo di Caltagirone, Calogero Peri, che per anni ha lavorato con il grande filosofo Levinas che ha messo al centro di tutto la “relazione” a partire dal “volto” dell’altro che ci “interpella”. Sarà un occasione per dare completezza al senso di un cantiere educativo per tutta la città: non solo spazi di incontro, ma una rinnovata tensione alla relazione per ritrovare l’anima della nostra città.

Anche noi con gli immigrati per affrancarci dall’individualismo e generare fraternità

 Il 14 marzo si celebra nella diocesi di Noto la memoria del Beato Antonio Etiope, uno schiavo del Cinquecento vissuto tra Avola e Noto che, accolto e affrancato dai suoi “padroni”, ha testimoniato con radicalità il Vangelo unendo preghiera e carità ed è morto in fama di santità, tanto da essere venerato come beato appena quarant’anni dopo la sua morte. Il suo culto è molto vivo in Brasile, mentre da noi è stato riscoperto grazie alle ricerche di Mons. Guastella nel 1992. Lo stesso lo ha proposto come patrono della Caritas diocesana, mentre, con un Convegno e le sollecitazioni di Mons. Nicolosi per una devozione legata alla vita, se ne attualizzava il messaggio rapportando alla crescente immigrazione.

Il giovane schiavo arriva dalla Libia, dalla Cirenaica, e viene definito Etiope: si evoca subito una terra difficile ed una geografia confusa. Una terra di schiavitù, la terra oggi dei “respingimenti”. La geografia confusa invece è indicativa di una mentalità che non accoglie le differenze, la ricchezza dei popoli. Ricordando il Beato dobbiamo allora anzitutto recuperare il senso della comune famiglia umana, con le sue ricchezze e con l’impegno a “non essere sono vicini ma fratelli” (Caritas in veritate), che si accolgono comunque e si riconoscono nelle differenze grazie alla riscoperta della paternità di Dio. Paternità di Dio che concretamente, fin dall’inizio nel gemellaggio con la Chiesa di Butembo-Beni, ci è stata consegnata in questi termini: “Quando gli europei venivano per dominarci non ci potevamo chiamare fratelli. E nemmeno quando venivano per aiutarci. Solo ora che venite a visitarci, possiamo chiamare Dio Padre e noi fratelli”. Accogliere e visitare sono le due porte d’ingresso nella relazione con la varietà e ricchezza dell’unica famiglia umana!
Questo povero schiavo, catturato dai pirati, vene venduto. E però si realizza una relazione da parte del massaro Jandanula e poi dei nipoti Giamblundo, una relazione che permette loro di coglierne il carattere mite, e forse anche di conservarlo tale rispetto ai tanti che si abbrutiscono per gli incontri sbagliati. C’è anche la delicatezza, nel massaro Jandanula, di convertirlo al cristianesimo, mettendo insieme il desiderio di trasmettere la vera fede ma anche di farlo senza forzature ben sapendo che il primo protagonista resta Dio. C’è quindi l’affrancamento! Non sulla base di una legge, ma di una logica evangelica. Affermano i Giamblundo, nipoti di Jandanula: “non può essere schiavo chi ha Dio per amico!” Dovremo, nell’incontro con popoli diversi, avviare un dialogo anche religioso che passa attraverso possibili messaggi ma soprattutto attraverso cammini di liberazione e leggi che riconoscono il diritto di cittadinanza anche gli immigrati (soprattuttto se nati in Italia o nelle amministrative).
Si intensifica, dopo l’affrancamento, la testimonianza del beato Antonio, tra Vangelo e poveri, con un’attenzione ai detenuti che nella nostra Chiesa si sta rinnovando con esperienze significative come “Coltivare la libertà” o “Il mandorlo che fiorisce”, esperienze di reinserimento attraverso l’agricoltura, o come l’accoglienza dei rifugiati e la scuola di italiano tese a ripercorrere “i sentieri di Isaia”, come dice un coordinamento di iniziative ma anche una newsletter che abbiamo iniziato a pubblicare come Caritas diocesana. Soprattutto – in questo cristianesimo che vuole unire una preghiera dall’intensità mistica, la povertà francescana, la carità coraggiosa – il beato Antonio diventa patrono della Caritas diocesana nel suo impegno ad animare comunità capaci di testimoniare una vita cristiana autentica tesa tra Vangelo e storia, una carità fatta di relazioni e di profezia.
In tempo di quaresima, dobbiamo accogliere questa testimonianza per dare densità evangelica, ecclesiale e storica alla nostra conversione. Anche noi dobbiamo con il Beato affrancarci da schiavitù che ci rendono “schiavi contenti” (nel seguire acriticamente la corsa al benessere individualistico ma così continuare ad opprimere il Sud del mondo) e decidere di uscire dalla crisi insieme agli immigrati, recuperando per tutti e con tutti autenticità di vita, fraternità nelle relazioni, giustizia e pace al cuore della città.
 

Lettura dei grafici del questionario proposto ai catechisti nell’anno 2011

Giorno 9 Marzo all’incontro di aggiornamento del clero di Noto sono stati presentati i risultati del questionario proposto ai catechisti nello scorso anno 2011. Il questionario fu pensato dall’equipe dell’UCD in vista della redazione del sussidio, consegnato ai catechisti lo scorso mese di Novembre. La lettura del questionario è stata fatta su un numero limitato di schede che hanno così costituito una sorta di campione benché fosse  stato proposto a tutti in maniera capillare. Dalle risposte alle varie domande (che si possono trovare in una presentazione Power Point sul sito dell’UCD) è emerso che la maggior parte dei catechisti sentono di essere chiamati a questa missione, che lavorano in equipe nelle loro parrocchie, anche se tanti si muovono ancora singolarmente facendo riferimento al parroco. Manca una formazione unitaria a livello diocesano, molti hanno affermato di formarsi nelle parrocchie di appartenenza, pochissimi hanno seguito corsi specifici. Per una eventuale proposta di formazione si è preferito il metodo laboratoriale per un tempo minimo di due ore e con tematiche di tipo biblico oltre che di ordine pratico e pedagogico.
L’UCD dal mese di Gennaio sta tenendo in Diocesi incontri a livello vicariale per attuare quanto proposto nel sussidio proprio col metodo del laboratorio. Speriamo che tutto ciò sia di stimolo per migliorare e soprattutto per rendere comprensibile in questo nostro tempo così tormentato l’annuncio del Vangelo.
 

Quaresima su twitter con il Papa

Quaresima da vivere su Twitter con i messaggi di Benedetto XVI. Il Pontefice entra nel celebre social network per incontrare i giovani nel loro ambiente comunicativo. Tramite l’account @pope2YouVatican il Papa, ogni giorno dall’inizio della Quaresima, condivide con il mondo degli abitanti digitali una personale riflessione condensata nei 140 caratteri richiesti da Twitter. Brevi meditazioni pubblicate in inglese, spagnolo, italiano, francese, tedesco e portoghese, 40 messaggi in 40 giorni per accompagnare il cammino verso la Pasqua. «Prestiamo attenzione gli uni agli altri, per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone (Eb10,24)» è stato il tweet di esordio di Benedetto XVI. Nei giorni successivi il Santo Padre ha scritto: «Fratelli e sorelle, la Quaresima ci offre ancora una volta l’opportunità di riflettere sul cuore della vita cristiana: la carità» e ancora «Quaresima è un percorso segnato dalla preghiera e dalla condivisione, dal silenzio e dal digiuno, in attesa di vivere la gioia pasquale». L’obiettivo è quello di dialogare con i più giovani, credenti e lontani dalla fede, usando i loro codici e linguaggi. Il Papa non agisce direttamente sul social network, ma il suo messaggio è portato tramite il Pontificio Consiglio Cor Unum. Per il futuro la prospettiva è quella di un dialogo diretto tra Benedetto XVI e i ragazzi mediante tweet più personali con un account dedicato. Il progetto conferma l’impegno della Chiesa nella comprensione delle nuove tecnologie, strumento fondamentale nella missione di evangelizzazione. La comunicazione diretta e immediata delle nuove applicazioni permette di veicolare il cuore del Vangelo ad un numero infinito di persone, perché al di là del mezzo il messaggio resta lo stesso. L’Arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Consiglio Pontificio per le Comunicazioni Sociali, ha affermato:
«è interessante come un Papa che a prima vista non sembra mediatico come era il suo predecessore, il beato Giovanni Paolo II, ha capito subito che nei nostri giorni la comunicazione attraverso le nuove tecnologie può avere grande risonanza».
 

La Chiesa netina si stringe attorno al suo Vescovo per rendere grazie al Signore

Lunedì 19 marzo ricorre il 3° Anniversario di Consacrazione episcopale del nostro Vescovo. E’ una propizia opportunità per ritrovarci nella fede attorno a colui che nella Diocesi rappresenta il “Bel Pastore”, che raduna e conduce il popolo Santo di Dio. Durante la solenne concelebrazione sarà proclamata ufficialmente l’elevazione a Basilica Minore la nostra chiesa Cattedrale, che il Santo Padre Benedetto XVI ha voluto benignamente elevare a tale dignità. Sentiamoci tutti coinvolti a partecipare a questa Eucaristi a che ci vede riuniti nel rendimento di grazie al Signore, che continua ad ammaestrare, a nutrire e a condurre la sua Chiesa. L’Eucaristia avrà inizio alle ore 18.00.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

La Chiesa povera e dei poveri a cinquant’anni dal Concilio

Cinquat’anni fa si apriva il Concilio Vaticano II. Uno dei temi rilevanti è diventato quello di una Chiesa amica dell’uomo e attenta ai poveri. “Chiesa povera e dei poveri”, chiarì papa Giovannni. Non per un semplice impegno assistenziale o sensibilità solo etico-politica ma per fedeltà al suo Signore, per profonda identità teologica. “Come Cristo, così la Chiesa è chiamata a percorrere la via della povertà”, puntualizza il documento del Concilio sulla Chiesa “Lumen gentium” al n. 8, ripreso peraltro dal Sinodo diocesano di Noto. Ha aiutato questa maturazione il discorso del Card. Giacomo Lercaro, discorso alla cui stesura ha contribuito un uomo di grande spiritualità e di grande capacità di lettura della storia come don Giuseppe Dossetti. Questo rapporto è stato approfondito da don Corrado Lorefice e il suo lavoro è stato condensato nel libro edito dalle Paoline “Dossetti e Lercaro. La Chiesa povera e dei poveri nella prospettiva del Concilio Vaticano II”. Il volume sarà presentato sabato 24 marzo alle ore 19,30 presso la Domus S. Petri di Modica. Interverranno, oltre all’autore, il teologo don Pino Ruggieri e don Athos Righi, superiore della comunità monastica Piccola Famiglia dell’Annunzita fondata da don Giuseppe Dossetti. L’incontro ha certo grande valenza culturale, ma diventa pure occasione per ripensarsi e ripensare l’attualità ecclesiale e sociale nello spirito di quella grande “Pentecoste del nostro tempo” che è stato il Concilio Vaticano II. Sarà tra l’altro possibile comprendere meglio come vivere il rapporto con i poveri e consegnarlo a tutti – nella fedeltà al Vangelo – come angolo prospettico sia della missione della Chiesa nel nostro tempo (e nella crisi epocale che stiamo attraversando) , sia del comune impegno per la fraternità e la giustizia nella città. 
 
 

La Costituzione che tutti ci riguarda

Per ricordare i centocinquant’anni dell’unità d’Italia, il Cenacolo di studi Dietrich Bonhoeffer di Modica e la parrocchia di San Pietro hanno promosso una serie di incontri sulla Costituzione repubblicana. Insieme agli aspetti storico-giuridici e ai valori fondamentali, frutto di grandi convergenze ideali tra diverse visioni della vita, sono emersi i significativi contributi di credenti come Giorgio La Pira e Giuseppe Dossetti. Chiuderà il ciclo l’incontro con un grande giornalista e saggista come Raniero La Valle, che al tempo del Concilio dirigeva “L’Avvenire d’Italia” e che ha scritto un bel libro sul Novecento letto a partire da eventi come la Costituzione, il Concilio, i movimenti giovanili. Per cogliere potenzialità sul versante di una “resistenza” che genera giustizia e pace come cuore di una politica vera. L’appuntamento è per sabato 17 marzo alle ore 19,30 alla Domus S. Petri, proprio nel giorno che è stato dedicato da poco al ricordo dell’unificazione del nostro Paese.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

“Le Fragilità di fede nella vita del cristiano”

In una sala gremita di operatori pastorali e fedeli, all’Oratorio Domenico Savio di Rosolini, si è svolto giovedì 1 marzo il secondo incontro unitario diocesano per l’anno pastorale in corso sul tema “Le fragilità di fede nella vita del cristiano”.
L’intervento introduttivo, presentato dal Vicario Episcopale per la Pastorale, don Rosario Gisana, ha evidenziato la dimensione della fragilità umana così come è intesa da S. Paolo in 2Cor 12,7-10. Una lettura della debolezza creaturale che si potrebbe definire paradossale perché diventa lo spazio dell’affidamento e il luogo della grazia, della onnipotenza divina, come per Cristo sulla croce.
Relatore dell’incontro, ancora una volta particolarmente apprezzato, padre Giovanni Salonia, che prendendo spunto dalla Lettera Pastorale del nostro Vescovo, “Misericordia io voglio”, ha condotto l’uditorio lungo i sentieri dell’animo umano, che egli ben conosce, e delle fragilità strutturali, svelando la connaturalità della dimensione umana della fede. Qualunque rapporto è fondato sulla fede in forza della invisibilità dei sentimenti che possono essere solamente creduti e non veduti. Allo stesso modo è impossibile vedere Dio, ma è possibile credervi, scoprire le tracce della sua presenza al di là di ogni contraddizione storica o umana e, come i testimoni che ci hanno preceduti, portare tale presenza nel mondo anche nei momenti in cui la fede sembra trovarsi in difficoltà. Infatti non vi è fede senza dubbio o conflitto. La vera fede, la fede della Chiesa, nella quale si cammina assieme sostenendosi a vicenda, è una fede che vive nella precarietà e allo stesso tempo si affida docilmente al Padre, consegnandogli la propria fragilità. È un modo di relazionarsi a Dio che smonta ogni idea di perfezionismo e autoreferenzialità. È fede che permette di cogliere le tracce della bellezza di Dio non solo nella storia ma anche nel fratello fisicamente o moralmente sfigurato, che spesso nasconde un dolore indicibile. Una fede che rende il cristiano competente nella lettura del dolore altrui e quindi aperto alla prossimità e capace di misericordia. È una fede che cambia anche il nostro modo di fare festa nelle celebrazioni di pietà popolare perché trasforma queste occasioni in momenti di condivisione con la gioia di un fratello che ha sperimentato il perdono o del povero che è stato visto.
E proprio “La Pietà Popolare” è il titolo del sussidio pastorale presentato al termine dell’incontro da don Ignazio Petriglieri, Vicario Episcopale per la Cultura. Un lavoro che, attraverso una lettura di alcuni testi del Magistero, si propone di sensibilizzare presbiteri, diaconi, catechisti e operatori pastorali sulla necessità e sulla possibilità di rendere le nostre feste religiose più qualitativamente cristiane.