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Una pagina di storia del Congo che non può lasciare nessuno tranquillo

CONGO: L’uccisione di un popolo per la “felicità” del mondo
 
“Il mondo è in pericolo, non tanto a causa di coloro che fanno il male, ma a causa di coloro che guardano e lasciano fare”, diceva Albert Einstein. La frase risuona come una profezia che ha trovato la sua realizzazione nel destino di un popolo, di un paese che si chiama la Repubblica Democratica del Congo. Lì ci sono indicibili sofferenze inflitte a milioni di persone innocenti per due decenni in un silenzio “assordante” dei grandi media e dei principali responsabili politici del mondo diversamente da quanto accade in Media Oriente, in Ucraina, in Libia … Un silenzio che ne richiama un altro, più di un secolo fa. Tra l’anno 1885 e 1907, i congolesi sono stati oggetto di terribili massacri su larga scala organizzati dal re del Belgio di allora, Leopoldo II. In gioco c’era la linfa dell’hevea indispensabile per la produzione degli pneumatici. L’interesse del momento è il “coltan”, (diventato ” minerali di sangue”) essenziale per la produzione dei nostri telefonini e di altre apparecchiature elettroniche. Così, nel corso di un periodo di poco più di un secolo, lo stesso popolo, i congolesi hanno subito due massacri su larga scala (diversi milioni di uccisioni ciascuno), paragonabili al reato di genocidio, nel silenzio della comunità internazionale. Pertanto, la piccola speranza per le “vittime dimenticate” si basa sulle iniziative di pochi “indignati” qui-e-là, come i firmatari del “richiamo di 52”, dei “9 Sindaci col Pastore di Noto” sulle uccisioni in Terra santa e nella Repubblica del Congo, iniziative pubblicate di recente, ma senza molto rumore . Ahimè …
 
Un grido nel deserto?
 
Infatti, 52 figure internazionali hanno chiesto la creazione di un tribunale penale internazionale per la Repubblica democratica del Congo. Il documento, firmato tra gli altri da Rama Yade, Roselyne Bachelot, Ingrid Betancourt e Gisèle Halimi, ricorda la terribile sofferenza del popolo del Congo e la tragedia di numerose donne violentate su larga scala. Le atrocità subite dai nostri “simili”, adulti e bambini, ridotti a mera “preda” nella corsa mortale delle multinazionali verso le ricchezze del Congo. Il documento dei 52 personaggi interpella almeno 5 leader mondiali [1], nonché la petizione firmata da 9 Sindaci e dal Vescovo di Noto indirizzato al Segretario Generale dell’ONU, al Presidente della Commissione Europea, Al Presidente del Parlamento Europeo, Al Presidente della Repubblica dell’Italia, Al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Presidente del Senato dell’Italia [2]. Questi, tenendo conto delle loro funzioni, potrebbero decidere di fermare questi orrori, e di garantire che i responsabili delle atrocità rispondano delle loro azioni davanti ai giudici indipendenti. È tutto ciò che ci si aspetta da un “mondo civilizzato” sostenendo “valori universali” dei diritti umani. Eppure …
 
Le “grandi impotenze”
 
C’è poca probabilità che questi richiami producano effetto. I documenti stanno anche girando attraverso lo web come una piccola fiamma di una candela nel buio e nel silenzio lunare. Perché Obama, Hollande, Ban Ki-moon, Mary Robinson, (…)e in particolare il belga Van Rompuy e il loro entourage sanno cosa sta succedendo. Nessuno dei potenti mondiali ha alcun interesse a prendere sul serio l’azione di porre fine alle sofferenze del popolo congolese e di punire i responsabili dei crimini. Per quanto spaventoso questo atteggiamento possa sembrare, queste persone devono essere persuase che il massacro dei congolesi oggi non è inevitabile. Sarebbe forse impossibile di fermare i massacri e gli stupri nel Congo orientale e assicurare la prosperità delle economie occidentali e il comfort dei consumatori, in particolare degli utenti di telefoni cellulari?
Questi dispositivi elettronici sono realizzati con il coltan [3], un minerale che il Congo contiene fino al 80% delle riserve mondiali. Le multinazionali che si forniscono del coltan, trovato in grande quantità nelle zone di Kivu( il Congo possiede 80% delle riserve mondiali) hanno l’interesse che queste zone siano in una situazione di non–legge per poter continuare a sfruttare il territorio, a basso costo ed ottenere il massimo utile.
 
L’impotenza internazionale? Tutti colpevoli?
 
Il consumatore ha bisogno del suo telefono cellulare, sempre meno costoso. Gli operatori di telefonia mobile, le banche, le compagnie di assicurazione, … e la rete degli uomini e donne politici, tengono saldamente ai loro profitti. Le fabbriche in Cina che producono le nostre apparecchiature elettroniche debbono continuare a funzionare. I leader politici e militari del Ruanda, Uganda e Kinshasa, nonostante i milioni dei morti che hanno sulla coscienza, devono essere tenuti in potere per rassicurare questo mercato internazionale di sfruttamento.
Solo poche coscienze, qui-e-là nel mondo, cercano di ricordare che alla fine della catena ci sono bambini che lavorano come schiavi nelle miniere, o utilizzati come carne da cannone nelle guerriglie senza fine. Bambine (talvolta sotto i 10 anni) vengono strappate alle loro famiglie e utilizzate come schiave sessuali. Madri di famiglia sono violentate in pubblico, appositamente infette di AIDS e disonorate per tutta la vita. Centinaia di migliaia di famiglie [4] sono gettati in mezzo alla natura, cacciate dai loro villaggi e condannate a morire lentamente in campi per sfollati del Congo divenuti ospizi squallidi. È un sistema “degno” di Olocausti come ad Auschwitz, ma i responsabili politici delle grandi potenze e dei giganti media sembrano determinati a lasciare stare.
Il bilancio funebre dei congolesi dà vertigine: 5,4 milioni di morti secondo la ONG americana “International Rescue Committee” [5] (IRC [6]), quasi l’unica organizzazione che si sforza di raggiungere un conteggio oggettivo delle vittime della guerra in Congo. Un bilancio che sale a 6,9 milioni di morti secondo altre stime [7] (le stime di New York Time), la metà è costituita dai bambini.
In realtà, non sapremo mai esattamente “quanti milioni di morti.” Infatti, nel “silenzio internazionale” c’è anche il silenzio delle nazioni che si agitano subito spesso quando la vita è in pericolo nel mondo (USA, Inghilterra, Francia, Belgio …) e il silenzio delle istituzioni internazionali (ONU, Unione Europea). Non hanno mai iniziato alcuna indagine sull’ampiezza della carneficina avvenuta con la scusa di non potere intervenire in virtù della sovranità nazionale del Congo, mentre in Iraq, in Libia … si sono fatte scelte diverse. I deputati, senatori, ministri, … di queste grandi nazioni osservano tutti il più grande mattatoio del mondo in un silenzio poco credibile. Una scelta che contrasta con i loro prestigiosi mandati e i valori di umanesimo che sostiene l’Europa soprattutto.
 
Indebolire il Congo come Stato e lasciare fare i “macellai”?
 
Quando le persone nel mondo parlano della tragedia del Congo, “s’infuriano” sulle “autorità congolesi,” accusate di incompetenza. È un comportamento grottesco. Poiché è noto che le “autorità congolesi” sono state poste appositamente al governo, dall’estero, a causa della loro incapacità. [8] Tranne Patrice Lumumba, sin dall’indipendenza si teme che i “patrioti” congolesi e competenti siano al potere per minacciare il redditizio “sistema predatorio”. Così gli attuali dirigenti congolesi (molti comunque sono in buona fede) devono passivamente assistere al massacro del “loro popolo” e accompagnare i saccheggi del “loro paese”. Non possono fare nulla perché non devono fare nulla. [9] Essi ricevono ordini da fuori. I congolesi sono stati spogliati della loro sovranità [10] …
La comunità internazionale preferisce mandare le ONG e le forze di pace dell’ONU che costano decine di volte il reddito medio degli agenti locali [11], per i risultati a volte risibili. Eppure basterebbe lasciare che i congolesi liberamente scelgano i loro leader per cominciare a ricostruire il loro paese (comuni, polizia, esercito, scuole, ospedali, strade …), perché alla fine, è davvero “un paese loro”.
 
Come è successo?
 
C’è stato purtroppo un matrimonio atroce tra il mondo di alta civiltà e la barbarie la più abietta, e potrebbe durare ancora attraverso la combinazione di una serie di fattori meglio descritti in “Congo – Une histoire” del giornalista belga David Van Reybrouck .
Troppo presto, “il sotto suolo del Congo ha dimostrato nascondere uno” scandalo geologico “[12] (…) Era quasi troppo bello per essere vero. “[13] Il paese ha, fin dal suo inizio, attirato gli appetiti dei ” predatori “di ogni colore che accorrono sulla sua ricchezza, ogni generazione a turno.
Secondo David Van Reybrouck, “Nessun paese nel mondo è stato così ‘fortunato’ [14] che il Congo con le sue risorse naturali. Gli ultimi centocinquant’anni, ogni volta che il mercato internazionale ha espresso una domanda pressante di una certa merce – avorio in epoca vittoriana, gomma dopo l’invenzione del pneumatico, il rame in forte espansione industriale e l’uranio militare durante la guerra fredda, la corrente alternativa durante la crisi petrolifera del 1970, il coltan nell’era della telefonia mobile – il Congo ha dimostrato sempre di avere enormi riserve di merce ambita. Ha potuto facilmente soddisfare la domanda. “[14]
 
Il Coltan o la miseria di un popolo? La gomma, gli pneumatici e la Shoah congolese: un dovere di memoria!
 
Molto prima del disastro del coltan, c’è stato quello della gomma. Nel 1888, lo scozzese John Boyd Dunlop inventò la gomma gonfiabile. Come i nostri ingegneri della telefonia mobile, Dunlop migliorerà il comfort di migliaia di persone (i viandanti in Europa e in America) dell’epoca. Ma era lontano dal sospettare che quella gomma dava inizio a un ciclo di omicidio che porterà alla morte milioni di congolesi e altrettanti mutilati (mani tagliate).
Il Congo fu risultato essere l’unico paese con vaste riserve di alberi della gomma. Il re belga Leopoldo II, il “proprietario” dello Stato Libero del Congo (EIC) istituì poi un sistema mostruoso di sfruttamento peggiore di Gulag. Ci sono ancora i sopravvissuti che ne lo testimoniano, ancora turbati dalle scene di orrore che un terribile sovrano diffuse in Congo. L’intero paese fu trasformato in un vasto campo di lavoro forzato. Ogni congolese, in un determinato settore, doveva portare una certa quantità di gomma. Coloro che si opponevano al lavoro di routine o non raggiungevano gli obiettivi venivano mutilati o uccisi. Le loro famiglie venivano massacrate e i loro villaggi bruciati. Gli orrori di Leopoldo II sono incredibili. I soldati sono stati costretti a recare ai propri superiori “bianchi”, teste, mani o piedi per certificare che le cartucce fornite erano servite a “uccidere la gente”, e non gli animali selvatici. Secondo gli storici, il regno di Leopoldo II ha tolto la vita di metà della popolazione del Congo (tra 8 e 30 milioni di persone). [16] Il re del Belgio ha accumulato una fortuna enorme, grazie alla gomma. L’industria automobilistica prosperò … tutto sulle tombe di milioni di congolesi.
 
I nostri “antenati”, veri eroi …
 
Quel massacro e l’arricchimento che ne risultò stranamente ricordano ciò che sta accadendo sotto i nostri occhi oggi nel Congo orientale intorno ai minerali del sangue. Ma c’è qualcosa di sorprendente nel perseguimento della tragedia di coltan perché siamo in un secolo di alto umanesimo sancito dalla Carta del Diritto universale dell’uomo. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani si impara nelle scuole a ciascuna delle nostre generazioni.
In ogni caso, la tragedia della “gomma rossa” si è conclusa quando gli europei cominciarono a mostrare la loro indignazione contro Leopoldo II. Le vittime del re non erano ancora che i “negri” in un momento in cui il razzismo era ancora assunto pubblicamente. Ma a una certa soglia di crudeltà, gli europei non potevano più sopportare. Hanno oscillato in campagne di protesta contro il monarca del Belgio, sull’ iniziativa di pochi coraggiosi anonimi come il giornalista inglese (di origine francese) Edmund Dene Morel [17].
Più di un secolo dopo, l’inerzia dei discendenti degli stessi europei, ma più istruiti e più consapevoli dei valori umani, sorprende. Il massacro dei congolesi, forse giova a troppe persone alla volta : consumatori, imprese, banche, fabbriche cinesi, politici, giornalisti (paurosi di affrontare l’argomento preservando la loro carriera).
In ogni caso, i firmatari dell’appello dei 52 per il Tribunale penale internazionale per il Congo, nonché della Petizione per la pace in Congo (e in Terra Santa, fatto dai Sindaci della Diocesi di Noto assieme al Pastore, a Pozzallo) avvertono nel loro grido, che le generazioni future ci giudicheranno. Per la comodità di un telefono cellulare, che servirà solo in pochi mesi, siamo stati coinvolti nello sterminio di milioni di persone innocenti …
 
Boniface MUSAVULI e Robert NGONGI
 
[1] Il documento interpella Barack Obama, Presidente degli Stati Uniti; François Hollande, presidente della Repubblica francese; BAN Ki-moon, segretario generale delle Nazioni Unite, Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo, Mary Robinson, ex presidente dell’Irlanda e delegata speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite nella regione dei Grandi Laghi.
[2] Petizione per la pace in Terra Santa e in Congo indirizzato al Segretario general dell’ONU, al Presidente della Commissione Europea, Al Presidente del Parlamento Europeo, Al Presidente della Repubblica Italiana, Al Presidente del Consiglio dei Ministri, Al Presidente del Senato della Repubblica italiana, Al Presidente della Camera dei Deputati, firmata da 9 Sindaci del Territorio della Diocesi di Noto e dal Vescovo a Pozzallo, il 9 gennaio 2015 nella 101° anniversario della nascita del Sindaco Giorgio La Pira
[3] Il coltan. “Era come niente, sembrava ghiaia nera, che pesava molto, che è stato trovato nel fango, ma improvvisamente tutto il mondo lo richiede. Per il Ruanda, questa merce è diventato il principale interesse economico per il Congo. Ciò che fu la gomma nel 1900, il coltan lo diventa nel 2000: una materia prima presente in grandi quantità a livello locale (in Congo, secondo le stime, oltre l’80% delle riserve mondiali), e per la quale improvvisamente si è manifestato una domanda pressante alla scala mondiale. I telefoni cellulari sono diventati gli pneumatici di questa nuova svolta del secolo. Il Coltan è composto di columbite (niobio) e tantalio, due elementi chimici nella classificazione periodica di Mendeleev, l’uno si trova esattamente sopra l’altro. Mentre il niobio è usato nella produzione di acciaio inossidabile, tra l’altro i piercing, il tantalio è un metallo di punto per la fusione estremamente elevata (circa 3000 gradi Celsius). È quindi particolarmente adatto per le superleghe nell’industria aerospaziale e condensatori nel campo dell’elettronica. In qualsiasi telefono cellulare, lettore MP3, lettore DVD, computer portatile … ritroviamo un piccolo pezzo di Congo. “D. VAN Reybrouck, Congo – Une histoire, Actes Sud, 2012, p. 489.
[4] L’Alto Commissariato per i rifugiati valuta in 2.669.069 il numero dei congolesi sfollati dalla guerra e 509.396 il numero di rifugiati congolesi all’estero.
Fonte: http://www.unhcr.org/pages/49e45c366.html#
[5] http://www.rescue.org/sites/default… – pagina 16.
[6] Curiosamente questa ONG americana è stata creata nel 1933 su suggerimento di Albert Einstein a cui si deve questa frase che suona come una profezia per le vittime del Congo: “Il mondo è in pericolo, non tanto a causa di coloro che fanno il male, ma a causa di quelli che guardano e lasciano andare le cose. »
[7] http://www.nytimes.com/2010/02/07/o…
[8] Cf La dichiarazione di Dr. Helmut Strizek sembra rilevante: “Dopo la morte di Laurent-Désiré Kabila, Kagame otterrà dai suoi alleati americani ed europei ( l’intervento di EUFOR in Congo è di essere inteso in questo contesto) che il Congo sia guidato da un giovane ruandese innocente, nella persona di Joseph Kabila. Ciò darà la possibilità al Rwanda di mettere le mani sulla ricchezza del Congo e Kagame di essere sicuro che il pericolo della lotta contro la sua dittatura, non sarebbe venuto dalla Repubblica Democratica del Congo. ” Pierre PEAN, Carnage – Les guerres secrètes des grandes puissances en Afrique, Éditions Fayard, 2010, p. 418.
[9] Estate 2004: l’esercito ruandese occupò la città di Bukavu nel Congo orientale e si dedicò alle estorsioni (oltre 200 donne violentate e più omicidi e saccheggi, compreso il saccheggio della banca di Bukavu ). “Il 22 giugno del 2004, alla fine della giornata, il signor Javier Solana telefona a Joseph Kabila. (…). Ciò che lo interessa è il fatto che Kabila dovrebbe rimanere inattivo di fronte alle incursioni ruandesi (…) L’Alto rappresentante dell’Unione europea e tutte le grandi potenze ormai si concentrano sulla elezione di Joseph Kabila DRC (di 2006). Pertanto gli è chiesto la ponderazione e quasi l’immobilità di fronte all’aggressione del Ruanda. Di fronte alle esigenze della “comunità internazionale” e di Javier Solana, Joseph Kabila è cooperante e quindi rassicurante. Il presidente congolese, designato come tale alla morte di Laurent-Désiré Kabila, si rende conto a poco a poco che è sostenuto dall’Unione europea, che questi conta già su di lui per le elezioni presidenziali e non è nel suo interesse di opporsi al Rwanda a Kigali. (…) Così assicura nella sua intervista il signor Solana che la crisi dell’Est sarà superata “con saggezza” cioè, vale a dire che non farà nulla (…) ” Charles ONANA, Europe, Crimes et Censure au Congo, les documents qui accusent, Ed. Duboiris, 2012, pp. 231-232.
[10] Questo è ciò che si intende, per esempio, dai recenti avvenimenti nel Kivu. L’esercito congolese, comandato da un colonnello Mamadou Ndala, s’impegnò a riconquistare i territori sotto occupazione del Ruanda nascosto dietro l’etichetta del M23. I Soldati congolesi conquistavano vittorie promettenti. Il paese aveva l’opportunità di risolvere definitivamente la questione dei gruppi armati controllati da Ruanda e Uganda, che devastavano il Congo orientale per troppo tempo. Con sorpresa di tutti, l’offensiva è stata interrotta su ordine preciso, a quanto pare, di Joseph Kabila e della MONUSCO, provocando la rabbia della popolazione di Goma contro Joseph Kabila e la MONUSCO. Era un sabotaggio di troppo. Perché è stato lo stesso scenario per due decenni. Ogni volta che i congolesi avevano la possibilità di alzare la testa, sono stati costretti a rinunciarvi, come se non avessero più alcun diritto per il futuro del “loro paese”.
[11] 23.734 dipendenti militari e civili delle Nazioni Unite in Congo hanno un budget annuale di $ 1.347.588.800, per un costo mensile per ogni individuo di $ 4.731,56. I tre mila trentanove membri della Brigata di intervento (Risoluzione 2098 (2013)) hanno un bilancio di 140 milioni dollari, per un costo mensile per ogni individuo di $ 3.801,45.
Fonte: http://www.un.org/…/peacekeepi…/missions/monusco/facts.shtml.Il soldato congolese, riceve intanto un salario di miseria, quando è pagato, e l’importo è relativamente sconosciuto. Secondo la Democrazia cristiana, un partito di opposizione, un colonnello congolese riceve un mensile di busta paga di 80 dollari, mentre un soldato di prima classe ha una busta paga di 65,30 dollari. Fonte: http://democratiechretienne.org/2012/06/16/3178/.
[12] Jules Cornet, geologo belga (1865-1929) descrive il Congo come uno scandalo geologico. Sembra incredibile scoprendo gli enormi giacimenti minerari del paese in particolare nella regione del Katanga, di cui ha fatto una mappa dettagliata.
[13] D VAN Reybrouck, Congo – Une histoire, Actes Sud, 2012, p. 139.
[14] Il termine “fortuna”, tuttavia, non è sostenibile. Le ricchezze del Congo sono innegabilmente una maledizione con conseguenti orrori indicibili, quotidiana è la disperazione delle vittime davanti al muro di silenzio internazionale.
[15] D VAN Reybrouck, op.cit. p. 139.
[16]https://fr.wikipedia.org/…/%C3%89tat_ind%C3%A9pendant_du_Co…
[17] http://fr.wikipedia.org/wiki/Edmund_Dene_Morel
 
 
 
 

Il Vescovo ad Enna per una Conferenza sul matrimonio nel magistero cattolico

Lo scorso 27 febbraio, il nostro Vescovo Mons. Antonio Staglianò, ha tenuto una conferenza ad Enna, dal titolo: “Il matrimonio nel magistero cattolico”. Nell’imminenza del prossimo Sinodo dei Vescovi sulla famiglia, la relazione sviluppata dal Vescovo ha offerto piste di riflessione circa l’insegnamento della Chiesa cattolica sulla vita coniugale, dal magistero di Giovanni Paolo II, fino a quello di Papa Francesco.
 
Mons. Staglianò ha subito precisato che il magistero di cui si intende parlare, è quello cattolico. Oggi, nella società del pensiero debole che produce relativismo, è venuta meno persino l’oggettività della verità, per cui ciò che vale è l’opinione personale e l’interpretazione soggettiva. “Occorre ribadire – ha puntualizzato il Vescovo – che ai nostri giorni, non basta l’amore, ma bisogna conoscere la verità dell’amore”. A quale verità ha inteso riferirsi Mons. Staglianò, lo si è colto da quanto ancora ha affermato: “è la verità di Dio sull’uomo, sul mondo, sulla famiglia, della quale il magistero cattolico, è interprete sicuro e autorevole”.
 
L’amore coniugale, quello tra un uomo e una donna, afferma la bontà del progetto divino, che è fare dei due “una sola carne”. “L’insegnamento della Chiesa -ha proseguito Mons. Staglianò – afferma che il matrimonio costituisce i coniugi dentro una comunità di vita e di amore. Non è solo un fatto giuridico, ma si tratta di una comunione tra due persone, il cui legame si apre al dono della vita e nella cui donazione reciproca si riflette l’amore trinitario di Dio”.
Il Vescovo, citando un’espressione di Benedetto XVI, nella “Deus caritas est” – la quale dice che “il matrimonio monogamico corrisponde al monoteismo trinitario” – ha chiarito ancora più a fondo il mistero e la verità dell’amore coniugale: “Nell’amore trinitario, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono l’uno nell’altro. Così nel matrimonio. L’amore non è stare l’uno accanto all’altro, ma essere l’uno nell’altro, maschio e femmina in una sola carne: ecco l’immagine di Dio in noi, ecco la nostra somiglianza divina”.
 
La verità dell’amore coniugale nel sacramento del matrimonio risiede nell’amore agapico di Cristo, che ha amato la Chiesa, fino a dare la vita per lei. Allora – ha sottolineato Mons. Staglianò – “bisogna recuperare questa dimensione “eucaristica” dell’amore in tutte le sue forme, anche in quella matrimoniale. Un amore che si fa dono, che accoglie l’altro, un amore che sa essere fedele, paziente, che rimane fermo anche nella prova”. “Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi”. Il Vescovo ha citato il comandamento supremo di Cristo, che impegna tutti i cristiani, sposi compresi, nell’esercizio di un amore che ha la sua cifra più alta nella carità divina.
 
Infine Mons. Staglianò ha evidenziato l’urgenza di ripensare la formazione delle coppie in vista del matrimonio cristiano. “Se vogliamo matrimoni autentici – ha concluso il Vescovo – ci vuole accompagnamento delle giovani coppie, corsi prematrimoniali che durino per un congruo periodo di tempo, anche per anni. Bisogna prepararli alla missione, bisogna che prendano coscienza della loro vocazione, per arricchire in umanità questa nostra società imbarbarita”.
Il Vescovo infine ha denunciato una diffusa “noia di vivere”, prodotta oggi dalla “società dell’ipermercato” dove tutto si mercifica e si consuma, perfino l’amore, divenuto ormai “liquido”, inconsistente, provvisorio, come il tempo di un’estate. “L’amore – ha concluso Mons. Staglianò – è un legame che libera, non è una catena o un cappio. L’amore vero, quello di Cristo, libera, sprigiona la potenza del nostro amore”.
 
 

Pozzallo. Ritiro di Quaresima per gli operatori della Caritas diocesana

Anche quest’anno si è svolto l’ormai tradizionale ritiro diocesano di Quaresima presso la chiesa Madonna della Fiducia a Pozzallo, con la partecipazione dei diaconi, dei volontari e operatori delle opere caritative e della Caritas a veri livelli e dei ministri straordinari dell’Eucaristia. Dopo il benvenuto del parroco don Michele Iacono, che ha sottolineato l’importanza del prendersi un tempo per fermarsi e pregare, c’è stato il saluto delle Suore francescane della carità, che brevemente hanno spiegato il loro carisma – quello di una carità attenta e vigilante – e la loro opera presso la parrocchia e con i giovani. Il ritiro ogni anno diventa un momento che aiuta a ritornare all’essenziale. Nel primo momento don Luigi Vizzini, Rettore del Seminario di Noto e Vicario Episcopale per il Clero, ha condiviso una meditazione sul nostro lasciarci condurre da Cristo per diventarne trasparenza, alla luce dell'”Evangelii Gaudium” di Papa Francesco e della “Deus Caritas est” di Papa Benedetto XVI.
 
Al centro della riflessione l’invito del Vangelo di Marco 1,15: «Il tempo è compiuto il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo». Don Luigi ha invitato a vivere questo periodo della Quaresima con  più slancio di fede, per ricentrare Cristo. Un ripensarci continuo dunque, partendo da Dio, trovando Dio, arrivando a Dio. Questo per sfuggire anche a quella tentazione di ricondurre a noi stessi i meriti e i progetti, di guardare solo a noi stessi. Bisogna riascoltare Dio e farci servire da Lui, per poterlo quindi riconoscere nei fratelli. Infine riuscire a scorgere in noi e nell’altro il volto sempre nuovo e sorprendente di Dio, sfuggendo al forte pericolo di sentirci come vasi colmi, incapaci di lasciarci davvero incontrare da Cristo.
 
Don Luigi ha anche ricordato che il cristiano deve essere anche l’uomo della gioia, che sa guardare oltre. E chi ha incontrato il Signore non può non trasmettere questa gioia nata dall’incontro con Dio. Dopo la meditazione, c’è stato il forte momento dell’Adorazione Eucaristica, iniziato con una preghiera di forte intensità spirituale di Suor Agnese, del Monastero delle Carmelitane Scalze di Noto. Si sono portati quindi davanti al Signore i volti degli immigrati, dei bambini, dei giovani e delle famiglie. Le suore francescane della carità hanno quindi aiutato nella preghiera del vespro mentre l’intenzione per i giovani è stata preparata da una suora salesiana.
 
Questa presenza delle religiose è stata voluta perché siamo nell’anno che il Papa ha voluto dedicata alla vita consacrata. Hanno concluso don Paolo Catinello, direttore dell’ufficio Migrantes e assistente della Caritas diocesana  e don Manlio Savarino, sottolineando come le consegne per la Quaresima (il cammino unitario, la giornata della carità con gesti e proposte di relazioni, la veglia per i martiri il 24 marzo con il Seminario, la colletta per i cristiani di Palestina) sono opportunità che il Signore ci dona per vivere insieme, nella comunione, questo tempo di grazia, come Chiesa diocesana.  

Pellegrinaggio della delegazione netina a Piacenza nel V centenario della beatificazione di San Corrado

Sabato 21 e domenica 22 febbraio si sono incontrate le due diocesi di Noto e Piacenza nel V centenario del decreto di beatificazione di San Corrado. Una sorta di gemellaggio tra la città barocca e Calendasco, paesino in provincia di Piacenza che ha dato i natali al beato Corrado Confalonieri. Da Noto sono partiti per Piacenza il Vescovo di Noto Mons. Staglianò, il vicario generale della diocesi Mons. Angelo Giurdanella, il sindaco Corrado Bonfanti con gli assessori, il presidente del consiglio comunale Corrado Figura, la Società fedeli e portatori di San Corrado e l’Associazione portatori dei cilii devoti a San Corrado.
 
I pellegrini netini sono stati accolti dal Vescovo di Piacenza Mons. Gianni Ambrosio e dalle istituzioni piacentine, che hanno accompagnato la delegazione di Noto nei luoghi corradiani, quali il castello, la chiesa e il romitorio. Il momento culminante del pellegrinaggio è stata la Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo di Noto, assieme al presule piacentino e durante la quale è avvenuta la cerimonia di donazione del cilio (il caratteristico cero che sfila nei giorni della processione), il tutto all’interno della chiesa di Maria SS. Assunta a Calendasco. Altro momento significativo è stata la processione con il simulacro di San Corrado per le vie della città piacentina. Questo pellegrinaggio è servito a rafforzare ancora di più nel nome di San Corrado la comunione fraterna fra le due chiese sorelle.
 

Appuntamento con la bioetica: convegno sulla “Teoria Gender”

 Sabato 14 febbraio presso l’Aula Magna del Seminario Vescovile si è tenuto l’incontro con giuristi, psicologi, assistenti sociali, docenti e operatori pastorali sulla “Teoria Gender” e le ricadute che questa produce su libertà, famiglia ed educazione a cura dell’avv. Gianfranco Amato.
L’incontro, presentato dall’avv. Mariapaola Malandrino e moderato dal Prof. Sac. Antonio Stefano Modica si è aperto con la proiezione di un video firmato “Manif pour tous” e incentrato sul tema delle diseguaglianze tra uomo e donna e il ruolo della società e della scuola in merito al problema dell’identità di genere.
L’intervento dell’avv. Amato, Presidente nazionale dell’organizzazione “Giuristi per la vita”, ha toccato il tema del problema dell’approccio legislativo riguardo l’omofobia e ha passato in rassegna una serie di studi tra cui il “SUG 2013: scenari di un’Italia che cambia”, il quale individua 15 categorie che gli italiani percepiscono come ostili tra cui l’Europa, il fisco, la politica, ma nessuna che si avvicini minimamente al concetto di omosessualità. Lo studio ISTAT 2012 sulla tolleranza riguardo l’omosessualità in Italia mostra che per il 40% degli italiani vi è un altissimo livello di tolleranza e accettazione.
L’avvocato ha poi citato l’istituto della Polizia di Stato, OSCAD (Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori) che dal 2010 lotta contro l’omofobia; esso ha registrato dal (2010 al 2013) 83 casi di discriminazione omosessuale, una cifra inferiore persino a quella delle violenze di genere (feminicidio).
Il problema di fondo che emerge riguardo a tale tema è l’assenza in Italia di una legge specifica contro l’omofobia: ad oggi si dispone solo del disegno di legge “Scalfarotto” il quale lascia al giudice il compito di determinare se il reato compiuto è effettivamente da condannare, in base alla sua personale interpretazione. Tale disegno di legge si declina in una sorta di estensione del comportamento razzista e antisemita e l’immagine di uno Stato che punisce l’intenzione e non il fatto in sé suscita una visione critica che è ancora da inquadrarsi in un prospettiva culturale e ideologica in divenire.
L’attenzione si è poi spostata sul ruolo della scuola e degli educatori nella necessità di avviare corsi di formazione e antidiscriminatori per incoraggiare i bambini e i ragazzi all’autoaccettazione dell’identità di genere, per poi toccare le problematiche etiche inerenti all’acquisto di gameti per la procreazione in coppie omosessuali e la nuova concezione del soggetto come proprietà, oggetto di diritti e non più come soggetto degli stessi.
Si è aperto poi il dibattito con numerosi interventi sul tema prevalente di come difendersi da questo nuovo spirito e dalle sue conseguenze e sul ruolo della scuola e dei genitori, a cui il relatore ha risposto sottolineando l’importanza di partecipare alle iniziative pubbliche che tengono viva l’attenzione sul tema e lo approfondiscono. L’avv. Amato ha poi proposto uno spunto di riflessione sulla contrapposizione tra una società necrofila che incoraggia l’aborto e la contraccezione contrapposta alla società della vita aperta alla procreazione, lasciando all’auditorio il suggerimento di comprendere quale delle due sopravvivrà nel tempo.
Il moderatore Prof. Sac. Antonio Stefano Modica ha poi proposto un ciclo di incontri con movimenti ecclesiali e associazioni al fine di creare una rete di rapporti per raggiungere un’ampia fetta di popolazione.

Radio Maria a Noto: questa opera di Maria anche nella nostra diocesi

Nella diocesi di Noto è ormai operativo lo studio mobile di Radio Maria – la radio cristiana definita opera di Maria – che raggiunge ogni giorno milioni di italiani con il suo messaggio di fede e di conforto, ma anche con cultura e informazione.
 
La radio ruota attorno alla figura di Padre Livio Fanzaga, da sempre direttore dell’emittente e conduttore di programmi di catechesi, e si qualifica subito come radio cristiana, cattolica e mariana.
Lo stesso Padre Livio, con una lettera al nostro Vescovo Mons. Antonio Staglianò, ha comunicato l’incarico al netino Massimiliano Casto, da tempo conduttore del programma di Radio Maria denominato Fisco e Famiglia.
 
Tributarista e consulente del lavoro, oltre ad essere un conduttore di Radio Maria da oltre due anni, Massimiliano Casto è collaboratore di “Avvenire” per la redazione economica e corrispondente per la diocesi di Noto. Collaboratore dell’ufficio comunicazioni sociali della Diocesi di Roma e di Noto, scrive anche per numerose testate cattoliche nazionali tra cui Città Nuova, Tempi, Romasette, BenEssere delle Paoline, News Cattoliche. Inoltre conduce in televisione una rubrica settimanale di Fisco ed Economia su Tele Padre Pio.
 
Il suo incarico come organizzatore e conduttore dello studio mobile, coprirà anche le diocesi di Siracusa e Ragusa. Lo studio mobile di Radio Maria, avrà il compito di organizzare e trasmettere in diretta le celebrazioni Eucaristiche delle diocesi affidate, permettendo agli ascoltatori di conoscere la parrocchia e la città da cui trasmette e soprattutto permettendo alle persone malate o inferme, ai detenuti ed a tutti coloro impossibilitati, di partecipare e seguire la liturgia.
 
Come ben noto, Radio Maria è composta da sacerdoti e laici, il cui scopo è appunto la diffusione del messaggio evangelico di gioia e di speranza per le famiglie, i malati e le persone sole. L’emittente è stata realizzata negli anni ‘80 ed è portata avanti principalmente dalle forze del volontariato cattolico, escludendo – unica – ogni tipo di pubblicità e contando soltanto sulla generosità degli ascoltatori.
Oggi Radio Maria viene irradiata in Italia da circa 800 ripetitori, ed è presente, grazie ad altre emittenti, in 35 paesi del mondo che trasmettono nella loro lingua. Si tratta della radio privata più diffusa (oggi arriva anche in America), seconda solo alla Rai e – in base ai dati più recenti dell’Audiradio – Radio Maria è fra i primissimi posti nella graduatoria d’ascolto delle radio private, con un ascolto medio giornaliero di circa due milioni di persone.
 
La presenza dello studio mobile in diocesi è quindi una vera grazia per la nostra chiesa locale e resta a disposizione di quanti – parrocchie e sacerdoti – vogliono trasmettere in diretta la S. messa o il S. Rosario.
 
Tutti i sacerdoti che desiderano ospitare Radio Maria possono contattare il responsabile Massimiliano Casto al cell. 366.1422628 per concordare una diretta radiofonica.
 
 

Caritas di Noto. Quaresima 2015: con Gesù, per una carità evangelica

 La Quaresima è il tempo forte in cui siamo invitati in modo accorato dal Signore a tornare a Lui, a permettere a Lui di avere l’iniziativa. Per questo inizia con il ritiro di quaresima, che è come una convocazione plenaria di quanti sono stati chiamati a un servizio di carità (ci sono, oltre animatori Caritas e volontari di centri di aiuto – centri di ascolto – opere caritative, anche i diaconi e i ministri della santa comunione). Il ritiro si terrà DOMENICA 22 FEBBRAIO DALLE ORE 16,30 ALLE ORE 19 PRESSO LA CHIESA DI SANTA MARIA DELLA FIDUCAI A POZZALLO. Si inizierà con la meditazione di don Luigi Vizzini, Rettore del Seminario e Vicario per il clero, si proseguirà con l’adorazione eucaristica e concluderà con i vespri. Si prosegue quindi insieme – catechisti, animatori della liturgia e della Caritas, pastorali familiare e giovanile – con il cammino unitario di quaresima. Esso tra l’altro prevede l’8 marzo la giornata della carità come occasione per proporre passi di carità evangelica sul versante delle relazioni (sentinelle della misericordia, visita, gemellaggi con famiglie in difficoltà, inviti a pranzo, fondi di solidarietà, affidi).
 
Sono passi che ovviamente vanno pensati prima per una loro praticabilità e per un accompagnamento di quanti si rendono disponibili. Ci sarà poi MARTEDÌ 24 MARZO ALLE ORE 20 NELLA BASILICA DEL SS. SALVATORE A NOTO, nell’anniversario del martirio di Mons. Oscar Arnulfo Romero che sarà presto proclamato beato, la veglia nella memoria dei martiri. Terrà la meditazione don Michele Iacono. Diventa un momento importante per poter «ritrovare nei martiri – secondo l’invito del nostro Sinodo diocesano – la misura della carità evangelica». C’è quindi la colletta della quaresima di carità, gesto santo per il quale sensibilizzare le comunità perché si condividano i beni consapevoli che nei poveri Cristo stesso ci visita. Dopo gli incontri a gennaio con il direttore della Caritas di Gerusalemme, che ci ha raccontato la situazione di marginalità delle 35 parrocchie del patriarcato della città santa fino al rischio della scomparsa dei cristiani, ci sembra bello aderire alla sua proposta di una vicinanza ad una di queste parrocchie ogni volta che c’è un pellegrinaggio della nostra diocesi in Terra santa e quindi ad aiutare la gente secondo progetti di solidarietà che presto ci saranno proposti. Per essi si destinano le offerte della quaresima di carità, che saranno consegnate durante la messa crismale nelle mani del vescovo come segno di carità dell’intera Chiesa locale.

Il Direttore dell’Ufficio Cultura della Diocesi in merito all’incontro sul “gender”: “È ancora un diritto dei genitori curare l’educazione dei figli?”

L’ufficio Cultura della Diocesi di Noto, nella persona del direttore Dott. Sac. Antonio Stefano Modica, di fronte alle molteplici polemiche fomentate in merito all’incontro di domenica 15 febbraio, alle ore 19.00, presso il salone della parrocchia Sacro Cuore di Modica, dichiara: “La libertà di pensiero, dentro la quale ci muoviamo e argomentiamo, richiede come prima condizione la capacità di accogliere e rispettare un pensiero difforme e non condivisibile dal proprio punto di vista”.
 
“In questa dialettica – continua il bioeticista Modica – credo sia legittimo come Chiesa che vive nella storia, porsi una semplice domanda: È ancora un diritto dei genitori curare l’educazione dei figli? Come si spiega che molte famiglie, per non dire tutte, sono completamente tagliate fuori dal dibattito e da quello che si presenta come un pericoloso indottrinamento di Stato, in barba anche alla nostra Costituzione (articolo 30), che afferma chiaramente come l’educazione e la formazione dei figli spetta anzitutto ai genitori? La scuola, quindi, non può diventare un campo di battaglia ideologico e tagliare fuori le famiglie da un ambito educativo così importante e delicato, come l’educazione alla sessualità. Eppure, è quel che sta succedendo in molte città della diocesi di Noto; come Chiesa sentiamo il dovere di informare i nostri fedeli di quanto – purtroppo – viene taciuto. L’incontro di domenica sera prevede la possibilità di un dibattito, quanti volessero esternare le loro perplessità, dopo aver appurato i contenuti che l’avvocato Gianfranco Amato avrà esposto, potranno intervenire per intavolare un confronto”.
 

Noto. Il Vescovo con i religiosi e le religiose, nella Giornata della vita consacrata

Si è celebrata ieri, 2 febbraio, nella festa della Presentazione del Signore, la giornata della vita consacrata.
Nella Basilica Cattedrale di Noto, il nostro Vescovo Mons. Antonio Staglianò ha presieduto una solenne Eucaristia, con la presenza di numerosi religiosi, religiose e consacrati che risiedono in Diocesi. La celebrazione ha avuto inizio con la benedizione delle candele e la seguente processione verso l’altare.
 
Nella sua omelia, Mons. Staglianò ha richiamato il significato della vita consacrata, che è un “segno” nella vita della Chiesa, “profezia” che annuncia il regno di Dio, “riserva escatologica” che esprime il carattere tutto sacerdotale del popolo dei battezzati, proteso alla contemplazione di Dio, nell’offerta del sacrificio della lode.
 
Nella vita consacrata – ha raccomandato il Vescovo – deve rifulgere la virtù della purezza, che nella pregnanza del significato biblico vuol dire “non adulterare” le relazioni, quella con Dio e quella con i fratelli, custodendo il dono della ”vita comune”, che è lo specifico della vita consacrata e che rappresenta lo sforzo di una comunione faticosa, ma sempre possibile.
 
Purezza è “non adulterare”, ma custodire i legami amativi,vigilando che non siano divisi i cuori. Purezza è bellezza divina, quella “difficile” del Crocifisso, che rivela all’uomo ciò che deve diventare, “vita eucaristica” che ogni consacrato è chiamato ad incarnare.
 
Il Vescovo ha inoltre ricordato come a fondamento della vita consacrata sta una vita di preghiera, che è tutto il compito e la missione del consacrato. Citando le “Massime di perfezione cristiana” del Beato Antonio Rosmini, Mons. Staglianò ha parlato del “desiderio di piacere solo a Dio”, per dire con la grande Teresa d’Avila “Solo Dios basta”.
 
Questo è il “tutto” che basta alla persona consacrata,- ha continuato il Vescovo, citando ancora Rosmini -“rivolgere tutti i propri pensieri e le proprie azioni ad incremento della Chiesa”.
 
Al termine dell’Eucaristia, il Vescovo e tutta l’assemblea hanno innalzato al Signore la preghiera del Santo Padre Francesco composta in occasione dell’anno della vita consacrata, iniziato lo scorso novembre.
 
 

ISPICA. IL VESCOVO INCONTRA I GIOVANI NELLA FESTA DI DON BOSCO

Nella festa del Santo Protettore dei giovani, San Giovanni Bosco, il Vescovo Antonio ha presieduto la Santa Eucarestia presso la Basilica della SS. Annunziata di Ispica. Mons. Staglianò ha così avuto l’occasione di incontrare i giovani dell’ “Associazione Cattolica Don Bosco”, che hanno rinnovato la loro adesione, con la benedizione delle tessere.
 
L’omelia del Vescovo ha sottolineato come oggi i giovani siano lontani dalla Chiesa; tuttavia, il trovarli insieme nel nome di Don Bosco, è un segno di speranza e ha riportato alla sua mente la sua infanzia, quando, leggendo la vita del santo, cercava di capirne la pedagogia dell’accoglienza dell’ultimo, del povero, dell’emarginato, nonostante la mamma Margherita gli chiedesse come facesse a “riaccogliere quei monelli che lo avevano derubato prima”.
 
Il tema dell’accoglienza ricorda il comandamento evangelico dell’amore vicendevole, che Don Bosco ha incarnato, consegnandoci un modello esemplare di educatore.
Educare, etimologicamente – ha ricordato il Vescovo – vuol dire “trarre fuori. tirare fuori ciò che sta dentro”, ma anche “condurre”, entrambi compito di ogni educatore, nella Chiesa, come in ogni altro luogo educativo.
 
Infine Mons. Staglianò ha ricordato di farsi piccoli per entrare “nel regno dei cieli”: è la via della piccolezza evangelica, che diventa stile di cura e di accompagnamento per i giovani, valorizzando le loro innumerevoli potenzialità, sottraendoli alla “società dell’ipermercato”, mostrando loro che si può e si deve restare umani. Questo presenteremo a Cristo, se abbiamo dato da mangiare all’affamato, se abbiamo soccorso l’indifeso, se abbiamo amato il prossimo nostro come noi stessi.