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La Cattedrale di San Nicolò Basilica Minore

La Cattedrale di Noto è innanzitutto espressione dell’identità religiosa e dell’unità territoriale della Diocesi di Noto, sua principale e originaria casa di preghiera. La sua ricostruzione – che ha coniugato le tecniche costrutti ve settecentesche con le più moderne tecnologie nel campo dell’ingegneria anti sismica – e le opere d’arte che ne costituiscono il contenuto possono considerarsi il simbolo di una comunità diocesana, viva e creativa, che ritrova se stessa attorno al suo Vescovo. Le nuove opere d’arte, di recente inaugurate (affreschi raffiguranti gli evangelisti e la Pentecoste, altare, ambone), rappresentano al meglio l’essenza della Cattedrale, luogo di azione sacramentale, dove i presbiteri in comunione con il proprio Vescovo invocano i doni dello Spirito Santo, annunciano il Vangelo della carità e celebrano il mistero dell’Eucaristia per la santificazione dei fedeli. In essa sono in atto decorazioni artistiche destinate a far risplendere la bellezza cristiana che dobbiamo vedere nell’umanità dell’uomo, che vive l’amore corporeo di Cristo come passione per i bisogni dell’altro, soprattutto del più povero. Dentro la Cattedrale la vera bellezza si consuma sull’altare che è Cristo stesso che si dona. Per questo dobbiamo impegnarci ad avere occhi per la vera bellezza, che si comunica anche attraverso quella visibile. Questi occhi sono quelli della fede che, convertiti dalle ferite interiori del cuore, si aprono a contemplare un mistero che, attraverso immagini, continua a parlarci. Pertanto, la Chiesa di Noto nella Cattedrale si avvarrà dell’arte per trasmettere alla comunità diocesana guidata dal suo pastore il messaggio affidatole da Cristo (cfr. Giovanni Paolo II, Lettera agli Artisti, n. 12), stringendo nel sacro tempio un forte nesso tra celebrazione liturgica, Eucaristia, che è la forma alta della bellezza umana, e vissuto concreto. Diversamente, l’estetica degli affreschi o dei riti liturgici e dell’altare stesso diventa estetismo e questo potrebbe anche anestetizzare l’esperienza della fede. Invece, la bellezza dell’immagine più che estetica è estatica, ovvero porta all’estasi, alla contemplazione piena di meraviglie di un Dio che è così buono, che è Padre, che è misericordia e che richiede lo stesso impegno di misericordia, di carità e di vicinanza anche da noi, fatti a Sua immagine e somiglianza. Nella nostra Cattedrale le opere d’arte, attraverso l’energia comunicati va delle loro forme e dei loro colori, dovranno consentire l’incontro con il bello, costituendo un’occasione per immergersi in una delle forme più alte e significative della via della fede che nella bellezza trova la sua espressione.

 
In tale ottica la Cattedrale vuol proporsi come tappa importante della via pulchritudinis indicata da Papa Benedetto XVI (cfr. Benedetto XVI, Discorso agli artisti nella Cappella Sistina, 21 novembre 2009), una via della bellezza che costituisce al tempo stesso un percorso artistico,
estetico, un itinerario di fede e di ricerca teologica; una via aperta ai credenti e agli artisti in cui si possono incrociare “estetica ed etica, bellezza, verità e bontà”. La Cattedrale di Noto è un cantiere aperto, un edificio vivo e dinamico sia nelle forme che nei contenuti , uno spazio simbolico
e reale dove più mani concorrono ad un unico progetto. Infatti , la ricostruzione architettonica, che ci ha restituito le forme e i volumi del XVIII secolo, ancorando lo stupendo edificio di arte barocca alla tradizione e al vissuto settecentesco, si sta coniugando da un lato con le esigenze
di vivibilità liturgica e con i necessari adeguamenti dettati dal dinamismo del presente e dall’altro con un programma iconografi co e cultuale, concepito come un sistema complesso, ma unitario allo stesso tempo. Si potrà così offrire una icona complessiva, composta da molteplici opere d’arte (di tipologia, fattura e tematiche differenti ), che conduce all’ascesi religiosa e alla contemplazione mistica di una visione che, nella logica dell’incarnazione, pone al centro Cristo crocifisso e risorto.
In tale sistema coesisteranno opere d’arte di fattura ed epoche diverse: accanto a quelle recuperate e restaurate dopo il crollo (testimonianze della sensibilità artistica e religiosa della cultura siciliana, tra i secoli XVIII e XX, nuove opere d’arte contemporanea completeranno il ciclo
iconografico realizzando così un continuum tra la tradizione e il presente.
Le nuove opere, in parte già realizzate, saranno espressione di variegate forme di arte contemporanea: dalle sculture (l’altare e l’ambone, il Crocifisso, le statue raffiguranti gli Apostoli e i Santi Patroni d’Italia) alle pitture (affreschi dei pennacchi e della cupola, progetto di decorazione
del catino absidale e successivamente della volta centrale, tele della Via Crucis) e alle vetrate (nel tamburo della cupola, nei transetti e nella navata centrale); quest’ultime, in particolare, saranno
determinanti non solo per mettere in rilievo il simbolismo della luce che guida i fedeli nel pellegrinaggio terreno verso la santità, ma anche per sottolineare con le loro raffigurazioni sia la sacramentalità della Chiesa sia fulgidi esempi di testimonianze di santità. Nella Cattedrale queste
molteplici espressioni arti sti che andranno attentamente viste e contemplate, in quanto proprio la contemplazione, che Aristotele pone come massima attività umana, apparenta gli uomini alla divinità. Queste immagini, secondo la visione cristiana, vengono recepite come epifania, rivelazione del divino nel nostro mondo, della verità che nell’incarnazione ha preso forma umana ed è divenuta bellezza; una bellezza che occorre riconoscere ed amare: “Tardi t’amai, bellezza tanto antica e tanto nuova” (Agostino, Confessioni, libro X). Fondamentale si rivela poi la scelta di una pluralità di arti sti (pittori, scultori, maestri vetrai, ecc.) di estrazione e provenienza differente, che costituisce occasione di incontro e confronto tra capacità artistiche e culture diverse. Operando insieme in un unico progetto iconografico-catechetico, questi si ritrovano a Noto e ripropongono la Sicilia come centro di un Mediterraneo, crocevia di tante culture, come nei secoli
è sempre stata.

 

 
Titolo: La Cattedrale di San Nicolò – Basilica Minore
Autore: Diocesi di Noto (a cura di)
Editore:Diocesi di Noto
Data di Pubblicazione: 2012
Pagine: 51
 
 
 

Dossetti e Lercaro

Un volume denso, rigoroso, quello di don Corrado Lorefice, pubblicato dalle edizioni Paoline in questi giorni con una presentazione di don Pino Ruggieri. “Dossetti e Lercaro. La Chiesa povera e dei poveri nella prospettiva del Concilio Vaticano II” ripropone uno dei temi conciliari che resta ancora oggi uno dei nodi nevralgici di una Chiesa che voglia essere fedele al Signore e capace di una testimonianza credente e credibile. Il libro aiuta a riportare alla luce tale «angolazione conciliare» nella prima parte ripercorrendo il percorso di maturazione dossettiano, nella seconda parte approfondendo l’apporto di Dossetti ai discorsi conciliari del Card. Lercaro, i contenuti biblico-teologici, la recezione di tali contenuti nei documenti conciliari e nella produzione magisteriale e teologica. Nella conclusione sono indicati alcuni elementi per la riflessione teologico-morale e per la prassi ecclesiale. Parlarne “in famiglia” – perché così modestamente ma anche con riconoscente affetto e sincera stima scrivo – parlarne nella grande famiglia che è la nostra Chiesa locale, mi rimanda a tre motivi per cui questo diventa un libro da leggere e rileggere, ma anche da riprendere nella concretezza della nostra vita personale ed ecclesiale. In primo luogo, il contribuito di Lercaro al Concilio sulla Chiesa povera e dei poveri aiuta a focalizzare meglio lo sguardo su Gesù, quello sguardo che ci aiuta a non ridurlo a un fantasma ma ce lo fa incontrare sulle strade della vita: preoccupazione continuamente manifestata dal nostro Vescovo emerito Mons. Salvatore Nicolosi che in fondo convocò il Sinodo proprio per questo, per «riscoprire Gesù». Entro questo desiderio «la povertà e la condizione del povero secondo il Vangelo – come sottolineava il Card. Lercaro – non riguardano soltanto l’agire del cristiano e della Chiesa, ma toccano direttamente il mistero intimo e personale di Cristo: non costituiscono un capitolo di un’etica sia pure sublime o l’espressione di una filantropia generosa quanto inerme, ma parte integrante della rivelazione del Cristo su se stesso, un capitolo centrale della cristologia». L’assunto conciliare del capitolo ottavo della “Lumen gentium” «Come Gesù, così la Chiesa» esplicita quindi come questo abbia conseguenze ecclesiologiche, che per noi rimandano al nostro Sinodo e alla sua attuazione ancora in corso. Viene subito in mente, e risuona nel cuore, la quarantaseiesima decisione: «La Chiesa di Dio, pellegrina in Noto, vuole riscoprire Gesù, proprio Maestro e Signore, come Colui che, facendosi povero fra i poveri ci rivela la predilezione di Dio per gli ultimi e i piccoli. I poveri appaiono così al centro del mistero del Regno di Dio. Essi non sono solo persone da aiutare, ma, con la loro esistenza, segnano il luogo nel quale anche noi dobbiamo collocarci se vogliamo stare con il Dio di Gesù Cristo. In questo luogo il Signore visita ogni giorno la sua Chiesa, fino al suo ritorno glorioso». Che ne è di questa visita? Il rigoroso discorso del libro di don Corrado aiuta a capire come temi di tale genere comportino, da una parte una lucida lettura della realtà – come quella di Lercaro sull’idolatria della società del benessere, che dovrebbe renderci avvertiti di come entrano in noi modelli che poco spazio effettivo danno ai poveri e al Signore – e, dall’altra, soprattutto un’unzione esistenziale, che leghi ascolto e obbedienza alla Parola ed effettiva povertà nello stile di vita e concreta condivisone con i poveri. Come scrive nell’introduzione l’autore, «c’è una cifra che segna l’intera vita di Dossetti: la comunione “non solo con l’Eterno, ma con tutta la storia, quella vera, non curiosa, non frantumata nella pure quotidianità, non cronachistica, la storia della salvezza: di tutti gli uomini e soprattutto la storia degli umili, dei poveri, dei piccoli, di coloro che non hanno ‘creatività’ (e sono certamente la maggior parte degli uomini), che sono dei senza storia”». Per noi sono i volti concreti dei poveri che incontriamo, delle persone sole o anziane che aspettano una visita, degli immigrati che – nella consistenza della loro presenza – sono forse elemento costitutivo di un nuovo esodo a cui il Signore ci chiama, per passare dalla schiavitù dei beni alla libertà dell’amore condiviso «sine modo», come amava dire don Tonino Bello. E così meglio comprendere – come siamo chiamati in questi mesi dal nostro Vescovo Mons. Staglianò – la misericordia di Dio, il cuore di Dio sensibile e rivolto ai “miseri”.   
 
Titolo: Dossetti e Lercaro – La Chiesa povera e dei poveri nella prospettiva del Concilio Vaticano II
Autore: Corrado Lorefice
Editore: Paoline
Data di Pubblicazione: 2011
Pagine:  339