Andrea Mingo (febbraio 2008)

Sono stato in visita a Butembo-Beni diverse volte. Entrando sempre di più nell’esperienza del gemellaggio, ho maturato l’idea di partecipare in maniera attiva al punto che riguarda il sostegno alla scolarizzazione. Da qui il progetto di gemellare la scuola dove insegno con una scuola di Beni Citè, maturato non perché come istituto abbiamo pensato che una classe o una scuola europea potessero aiutare economicamente una struttura di istruzione nella Repubblica democratica del Congo. Il gemellaggio è nato dal desiderio di creare un ponte, uno scambio di esperienze tra due realtà diverse proiettate verso un unico percorso di crescita. Italia e Repubblica democratica del Congo, infatti, seppure possano sembrare all’apparenza due mondi diversi, rimangono due realtà dello stesso mondo che tutti abitiamo. Allora diventa importante acquisire la coscienza del dove noi viviamo e capire se i sogni, le paure e le speranze dei nostri ragazzi sono le stesse dei loro fratelli congolesi. A questo punto della riflessione ci accorgiamo che qualcosa non funziona….i nostri ragazzi spesso sono annichiliti di fronte al futuro e mancano di progettazione, eppure hanno tutto. I loro fratelli congolesi hanno gli occhi pieni di speranza e guardano alla scuola con fiducia, eppure non hanno niente….nemmeno i quaderni dove scrivere. Ecco dunque la consapevolezza che forse questo gemellaggio serve più a noi che a loro. Ed è proprio in questa ottica di crescita che, come scuola di Avola, abbiamo inteso la raccolta di fondi da destinare all’istituto Pierrard di Butembo. Alla luce di questo, si comprende anche la scelta dei nostri ragazzini di non chiedere denaro alle proprie famiglie, piuttosto di risparmiare sulla paghetta settimanale, ognuno secondo le proprie possibilità. L’entità di quanto donare, infatti, appartiene al grado di rinuncia consapevole che ogni ragazzo può fare, alla sua sensibilità e alla sua consapevolezza che il gesto più grande che possa fare un uomo è donarsi agli altri. Ecco così come una semplice rinuncia all’acquisto di una merendina (ad esempio), si carica del significato di una rinuncia consapevole di pochi centesimi che serviranno ad aiutare un bambino e al tempo stesso faranno crescere la coscienza umana del ragazzo. Ho letto un’espressione cruda: ‘l’elemosina è il modo più sporco di lavarsi l’anima’. E allora niente elemosina, ma lo scambio per una crescita reciproca e per la costruzione di una società più consapevole di se stessa, si”.

 

Andrea Mingo,
 insegnante Istituto E. Vittorini di Avola