Tre lettere di comunione presbiterale e Comunità di Parrocchie

Come le corde alla cetra. “Ciascuno di voi si studi di far coro” è il bel titolo della terza lettera ai presbìteri del vescovo di Noto, Antonio Staglianò, nell’Anno Sacerdotale. Un testo nato per condividere con i sacerdoti diocesani l’impegno di tutta la Chiesa locale a «pensare e immaginare forme concrete attraverso le quali vivere la comunione, per essere più credibili nella testimonianza e nella predicazione del Vangelo, più nelle opere di carità». La terza tappa di un percorso iniziato da monsignor Staglianò con il presbiterio diocesano nel giugno del 2009 con la consegna della prima lettera dal titolo Il bel pastore offre la vita. Preti innamorati di Dio al servizio della bellezza dell’umano, e continuato, nel gennaio del 2010, con la seconda lettera “Se avrete amore sapranno. La comunione soltanto ci rende cristianamente credibili”. Come spiega il presule netino anche in questo terzo scritto, infatti, «la comunione del presbiterio attorno al vescovo è elemento essenziale per l’attestazione della sinfonia dell’amore trinitario di Dio che deve essere dispiegata, proferita, dimostrata, narrata». Tanto più oggi, in un mondo dominato da individualismi e conflittualità, dentro una diffusa mentalità consumistica e mercantile nella quale le persone sono ridotte a bocche per mangiare o a tasche per spendere, e dove la seduzione ha preso il posto dell’educazione. «La comunione nella Chiesa è un prendersi carico, un aver cura», sottolinea Staglianò, che al riguardo non manca di dare indicazioni puntuali su alcune possibili iniziative pastorali capaci di valorizzare la comunione e la sinergia, in sintonia con il mandato del Sinodo diocesano. Proprio facendo memoria del Sinodo, il vescovo di Noto rilancia ancora una volta la figura pastorale della «comunità di parrocchie», ovvero più parrocchie che lavorino in rete come fossero una sola comunità, risposta concreta e indispensabile per la vitalità cristiana della Chiesa netina che si confronta con le sfide educative e culturali di un tempo che ha nella complessità
la sua cifra essenziale. Un richiamo alla missionarietà delle parrocchie, ad allargare sempre gli orizzonti – presbiteri di Noto e di Butembo Beni –, alla compassione misericordiosa, a integrare pastoralmente gli sforzi, a vivere la comunione per suscitare vocazioni. È «la forma concreta del vivere in comunione che vince gli individualismi e gli isolamenti –conclude Staglianò –, che diventa anche testimonianza capace di suscitare vocazioni. Se i giovani vedono sacerdoti isolati e tristi, non si sentono incoraggiati a seguirne l’esempio».

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