Educare all’intelligenza della fede

Giovedì 25 novembre 2010, con la relazione dal titolo “La teologia serve la Chiesa locale … la Chiesa locale serve la teologia: educare all’intelligenza della fede” (Leggi il testo integrale della relazione del nostro Vescovo Mons. Antonio Staglianò), il nostro Vescovo, Mons. Antonio Staglianò ha ufficialmente dato avvio al cammino dell’Associazione Teologica Netina, da lui stesso voluta e promossa. Per avere notizie più dettagliate sui compiti e sull’identità di questo nuovo organismo associativo abbiamo intervistato Don Ignazio Petriglieri, Vicario Episcopale per la cultura, che ne sarà il responsabile. A lui abbiamo posto delle domande preliminari, che ci faranno entrare nello spirito di questa inedita iniziativa diocesana.

Don Ignazio, perché un’Associazione Teologica nella nostra diocesi?
L’espressione “Associazione Teologica” è di per sé ambiziosa perché richiama le varie Associazioni del genere (biblica, teologica, di docenti di teologia morale, di canonisti, ecc.) presenti in varie nazioni. Esse di solito hanno un raggio nazionale, per cui troviamo quella francese, quella tedesca, quella spagnola e così via. Il fatto che una diocesi si cimenti nell’organizzare una tale iniziativa non significa che voglia emulare quelle più grandi, costituite da pensatori e studiosi che svolgono per ministero e per professione il compito specifico del teologo. Si tratta invece di mettersi in atteggiamento di riflessione per prendere coscienza che la fede non è un dato scontato, che, per il fatto di essere stata a noi trasmessa, cresce in modo automatico. Essa ha bisogno di essere pensata in modo critico, perché per sua natura invoca il “conforto” della ragione. Ecco perché l’idea di fondare una tale istituzione nello spazio della diocesi va giudicata come una felice intuizione di Mons. Staglianò, un’intuizione che va colta in pieno e considerata come un vero kairòs.
Chi sono i componenti di questa Associazione?
Proprio perché la nostra diocesi ha una tradizione di pensiero non indifferente a motivo del quasi quarantennale Istituto di Scienze Religiose “G. Blandini”, dispone di un folto gruppo di docenti di Religione e di persone che hanno conseguito il titolo accademico del Magistero in Scienze Religiose, che possono mettersi al lavoro in questo comune impegno di riflessione. Ma abbiamo anche diversi presbiteri che hanno conseguito titoli accademici nelle facoltà teologiche siciliane e romane, che sicuramente possono mettere al servizio dell’approfondimento critico della fede le loro specializzazioni. Ovviamente le porte sono aperte anche per quelli che vogliono incontrarsi col patrimonio intellettuale del cristianesimo, visto che la teologia è forse la più umanistica delle discipline di questo ceppo.
Quali sono le finalità specifiche?
Il compito più importante è quello di pensare la fede. In un’epoca in cui è fortemente esaltata la razionalità, con tutti i suoi molteplici risvolti, è forse caduta in crisi la ragione. Questa non è un’accusa nei confronti della cultura, della società, della politica e della scienza; è una presa di coscienza. La crisi della ragione si sente anche dentro la Chiesa, dove fra i peccati più ricorrenti bisogna anche annoverare quello di “non voler pensare”. Se il buon Dio ci ha dotato di queste due ali (fede e ragione), vuol dire che non possiamo volare se ne utilizziamo una sola. Allora la finalità più rilevante dell’Associazione sarà quella di ritornare alle fonti del nostro credere, mediante lo studio, l’ascolto dei testimoni, il confronto con il nostro tempo, per scorgere con maggiore discernimento ciò che è essenziale, ciò che crea futuro e ciò che ci permette di accogliere meno distrattamente il Signore che viene. Il campo del confronto è vasto, quindi c’è molto lavoro: si vedano i problemi socio-politici, bioetici, dei rapporti con le altre culture, con le altre religioni e via dicendo.
Ha pensato ad un programma?
Sì, l’itinerario è già fissato. Il programma tematico avrà una scadenza triennale e quest’anno ci cureremo di fondare il lavoro teologico mediante alcune testimonianze – fra cui quella di Mons. Staglianò – che ci condurranno a riappropriarci del gusto dello studio, di una maggior comprensione della necessità della teologia per la pastorale e viceversa, di una più serena capacità di interloquire con chi non condivide il dato della fede o con chi non accetta la Chiesa in sé. Da questo terreno si apre la strada, per il prossimo anno (2011-2012), alla riflessione sul valore teologico dell’educazione, in attinenza agli orientamenti della CEI per questo decennio, studiando i criteri pedagogici testimoniati nella Scrittura, quelli adottati da alcuni Padri della Chiesa e quelli pensati dal concilio Vaticano II nel decreto Gravissimum Educationis. Il terzo anno sarà dedicato all’indagine sui criteri pedagogici pensati e attuati  da tre grandi figure del cristianesimo: Antonio Rosmini, Romano Guardini e Luigi Giussani. Gli appuntamenti trimestrali saranno intercalati da incontri di richiamo che ci serviranno per ritornare sui temi più rilevanti, come faremo ad esempio il 17 febbraio 2011, in Cattedrale, con la presentazione dell’esortazione apostolica post-sinodale di Benedetto XVI Verbum Domini, da poco nelle librerie.
In mezzo a questo impegni di natura sistematica abbiamo pensato a degli appuntamenti musicali, sapendo quanto sia vicina la musica all’esperienza teologica, così come ci hanno testimoniato personalità della statura di K. Barth, di A. Schweitzer, di H. U. von Balthasar, di J. Ratzinger e di altri. Si tratta di un programma che non esaurisce le attività dell’Associazione. Esso intende scandire il cammino comune, che richiede necessariamente il coinvolgimento personale. Solo a questo prezzo si potrà dare un valido contributo alla vita della Chiesa e ci si potrà sentire protagonisti all’interno di un campo dove a ciascuno spetta un ruolo determinato dai carismi di cui lo Spirito ha dotato ogni uomo.
Riesce a prevedere delle difficoltà?
E dove non ci sono difficoltà e problemi? Bisogna mettere in conto lentezze o, se si vuole, incomprensioni, ma bisogna partire; bisogna proseguire l’avventura appena iniziata. Abbiamo la certezza che chi lavora nella Chiesa non lo fa a titolo personale o per riempire il tempo. Se, mediante il discernimento del Vescovo, si è riusciti a prendere al volo un kairòs, ci si deve affidare alla potenza dello Spirito Santo che ispira scelte, azioni e propositi per fare bene il proprio dovere. La preghiera sarà il nutrimento del nostro lavoro e la fiducia nel Dio provvidente la forza che spingerà in avanti.

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