Insegnanti e animatori dei cantieri educativi insieme per far rifiorire umanità

EDUCARE È LIBERARE … OGNI VOLTO CI INTERPELLA!

Seconda tappa del percorso formativo, promosso dall’Istituto di istruzione superiore Galilei Campailla di Modica e dalla Fondazione Val di Noto (e in particolare dalla Casa don
Puglisi, da Crisci ranni e dalla Casa dell’Arca), alla Scuola San Benedetto lunedì 25 ottobre. Ha introdotto Maurilio Assenza, docente del Galilei Campailla, sulla svolta
filosofica del nostro tempo di cui non riusciamo ad essere consapevoli per i modelli liberisti che entrano anche nella sfera educativa. Una svolta che ci chiede di ‘elevarci’ alla vita
dove, prima dell’io, c’è il ‘tu’ – come ha ricordato il filosofo Levinas: anzitutto nella vita ci sono un ‘volto’ e un ‘appello’, che aprono l’io e lo rendono un ‘eccomi’. Allora fiorisce la
relazione, ovvero il cuore della vita che ci custodisce, al tempo stesso, nella nostra unicità, ma anche in quella comune appartenenza che genera fraternità e giustizia. Giorgio
Sichera, da giovane e da dottorando in giurisprudenza, ha colto in modo molto lucido come ciò che non aiuta il fiorire dell’umanità è la centralità del ‘merito’, che diventa una
corsa al risultato in cui ognuno ritiene (o gli viene fatto ritenere) che tutto dipenda dalla propria bravura, e così si dimenticano quella gratitudine per ciò che si riceve e quell’umiltà
che sono necessarie per restare insieme umani. E citando uno dei padri della Costituzione, Piero Calamandrei, ha ricordato che egli parlava del maestro come di un
testimone che, ai suoi tempi, poteva dire di avere nel cuore nomi di giovnai che avevano dato la vita nella resistenza per un ideale alto, a cui sempre la scuola deve elevare. Misure
alte della vita che permettono aperture. E oggi diventa importante aprirsi all’altro nella sua differenza. In modo puntuale e delicato la mediatrice culturale Najla Hassen ha anzitutto
chiarito che la vera mediazione è ‘inter-culturale’, perché più che spiegare una cultura vanno trovati punti di contatto che siano come una finestra aperta che rende tutto più
luminoso e colorato. Solo la conoscenza ci libera dalle paure di ciò che è diverso da noi. Si può partire da un po' di curiosità … E come ci si sente a “casa propria” se qualcuno
accoglie con affetto lo ha testimoniato il giovane gambiano Nuha Ceesay, insieme al suo desiderio di una vita felice per la quale ha corso il rischio di un viaggio che l’ha portato in
Italia attraversando pericoli grandi, soprattutto in Libia. Messaggi ripresi in lavori di gruppo con metodo cooperativo, in un clima ricco di calore, sull’educare declinato in rapporto alla
relazione, alla liberazione, al paradosso, al rinnovamento. Relazione con ognuno: torna questa preoccupazione! Liberazione da paure e pregiudizi, anche “rompendo le scatole”,
come amava dire don Puglisi entrando nelle classi e compiendo fisicamente il gesto per far capire meglio. Liberazione che diventa anche apertura verso la città oltre ogni orizzonte
troppo ristretto. ‘Paradosso’ tra la gabbia burocratica e la passione educativa, che necessita di tempo per confrontarsi e interessarsi anzitutto della vita, di ogni alunno,
ascoltando e lasciando emergere anche possibili conflitti generativi di maturazioni personali. Spazi e attenzioni che strutturalmente mancano e che di fatto ci sono perché,
quando il volto interpella, molti insegnanti non p   assano oltre. “I care” – era il motto di don Milani, testimone a cui sarà dedicata la terza tappa del percorso.