Nato a Palagonia (Catania) il 7 marzo 1832. Conseguì la laurea in Teologia, Storia ecclesiastica e Diritto Canonico presso l¿Università di Catania. Si dimostrò grande oratore. Il 5 luglio 1875 fu da Papa Pio IX nominato Vescovo di Noto.
Fece ingresso a Noto il 22 agosto dove viene “non a piantare dominio sopra il clero, non a soggiogare gli spiriti col timore, né a far vana pompa di autorità, ma per servire”! Ebbe un’accoglienza indescrivibile. “Gran parte della popolazione erasi riversata alla Flora. Appena giunto, egli indossò i paramenti pontificali e processionalmente entrò in paese tra lo scampanio di tutti i bronzi sacri, circondato da un’onda di popolo. Alla cattedrale, dopo le funzioni rituali, il Vescovo pronunziò un bel sermone. Alla sera illuminazione nel seminario, nella cattedrale, in tutti i monasteri e in varie case private; poi fuochi di artificio e suono di tante campane” (C. Puglisi, l. e., 187).
Trasferì il Seminario nel capiente eremo di S. Giovanni in Lardia, ove studiò anche don Luigi Sturzo. Al fine di impartire un’istruzione cattolica, istituì il Convitto S. Luigi, che comprendeva tutte le scuole; istituì inoltre vari circoli per la gioventù e la colonia agricola dell’Immacolata. Guidò la Diocesi con una ricca azione socio-pastorale. Morì il 3 gennaio 1913.
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Mons. Benedetto La Vecchia (1872-1875)
Gli otto anni di ‘sede vacante’ (1864 72), gestiti dal Vicario capitolare Mons. Nicolò Messina, si concludono il 23 febbraio 1872 con la nomina pontificia a Vescovo di Noto di fra Benedetto La Vecchia dei Minori Osservanti di Palermo. Nato a Canicattì (Agrigento) nel 1813, a quindici anni entrò nell’Ordine dei Minori Osservanti e, conseguita la laurea in Teologia, divenne Provinciale dell’Ordine. Fu eletto da Papa Pio IX Vescovo di Noto; fu consacrato a Palermo il 17 marzo 1872 e prese possesso della Diocesi il 23 dello stesso mese, facendovi ingresso il 21 aprile. Per il suo ingresso in Diocesi era stata fatta proibizione dalla massoneria locale di battere le mani in segno di giubilo “perché sarebbe stato interpretato come ostile all’attuale ordine delle cose e a Roma capitale d’Italia”.
Ciò nonostante grande fu il 23 marzo 1872 la dimostrazione di affetto. “Mons. La Vecchia arriva tra un continuo suonar di campane e numerosi spari di mortaretti. Dai terrazzi dei monasteri del SS. Salvatore e di S. Chiara e da qualche balcone di privati si gettano sulla carrozza del Vescovo fiori e carte colorate con iscrizioni religiose; ma nessuna acclamazione né da parte del Comitato laico cattolico, né da parte degli spettatori, ché tutti furono tenuti in riga dalla presenza del Circolo giovanile, tra i quali molti erano non giovani. Monsignore, seguito da molta folla, entra in cattedrale ove recita un’omelia e imparte la benedizione” (C. Puglisi, Cronica della città di Noto, 138).
Fondò il periodico “La luce vera” e durante il suo episcopato fu pavimentata in marmo la Cattedrale. Il 5 luglio 1875 fu eletto Arcivescovo di Siracusa, ove morì nel 1895, compiando per la sua carità.
Mons. Mario Giuseppe Mirone (1853-1864)
Nato a Catania, fu dapprima nominato dal Papa Pio IX Vescovo della Diocesi abbruzzese di Valse e Sulmona. Successivamente dallo stesso Pio IX fu trasferito alla Diocesi di Noto. Prese possesso della Diocesi netina il 28 aprile 1853. Il 4 novembre seguente il vicario capitolare Trigona informa la Diocesi netina che essendo stato stabilito da Mons. Vescovo mettersi in viaggio dalla natia Catania per questa sede il giorno 7 prossimo e così con il divino aiuto il giorno 8 essere in sede, per volere dello stesso Vescovo ordiniamo che per tre giorni si aggiungesse nelle messe l’orazione “pro itinerantibus”.
Fece ingresso a Noto l’11 novembre dello stesso anno. Fu di grande bontà e carità verso i poveri e riuscì a dare una sede definitiva e appropriata all’Episcopio, accanto alla Cattedrale e al Seminario, acquistando con il concorso del Governo e del Comune, la parte meridionale del palazzo del cav. Giuseppe Trigona, marchese di Canicarao. Morì il 17 febbraio 1864. Il suo stemma vescovile spicca, in alto, nel frontone triangolare dell’ampio prospetto del palazzo vescovile netino, da lui realizzato.
Mons. Giovanni Battista Naselli (1851-1853)
Nato a Palermo dalla nobile famiglia palermitana dei Duchi di Gela, fu preposito dei Padri Filippini della sua città. Da Pio IX fu nominato Vescovo di Noto dopo 15 mesi di “sede vacante” il 17 febbraio 1851. Fece il suo ingresso a Noto il seguente 24 agosto, inizio delle celebrazioni del V centenario della morte di S. Corrado. Così in quello stesso giorno si hanno due storici avvenimenti: 1) per la prima volta dopo il terremoto del 1693 l’arrivo all’alba dell’Arca argentea del Santo a S. Corrado di fuori e 2) nel pomeriggio l’ingresso in Cattedrale del novello Vescovo in solenne corteo. Naselli espresse subito il suo progetto pastorale: “che tutto il popolo di Dio resti saldo nella Fede e nella Carità”! Fece iniziare i lavori per dare degna sede all’Episcopio e al Seminario nell’ex convento dei Padri Minori Osservanti (conosciuto oggi come ex caserma Cassonello). La nomina pontificia ad Arcivescovo di Palermo, il 27 giugno 1853, lo sorprende in corso di visita pastorale. Mantenne sempre vivo il suo affetto verso Noto e infatti morendo, lasciò in dono alla nostra Cattedrale arredi sacri e il suo pregevole ritratto.
Mons. Giuseppe Menditto (1844-1850)
Nato il 21 giugno 1794 a Casanova di Carinola (Caserta), Diocesi di Capua. Il 22 luglio 1844 fu destinato da Papa Gregorio XVI a primo Vescovo di Noto. Fece il suo ingresso in città il 24 dicembre “in carrozza pomposamente ornata e tirata da 4 cavalli bianchi e prende dimora nei luoghi dell’ex monastero cistercense dell’Arco”, adattandolo anche a sede del Seminario. Pastore esperiente e colto volle creare nella provincia e Diocesi di Noto una comunità compatta. Intraprese la prima visita pastorale ed incrementò il catechismo nelle chiese della Diocesi. Impossibilitato a svolgere il suo ministero per una grave malattia agli occhi, il 21 ottobre 1849 chiese le dimissioni da Vescovo di Noto che gli furono accettate il 14 novembre dello stesso anno e si ritirò a Capua, ove morì il 2 marzo 1850.
Vescovi Oriundi
I vescovi
Storia della Diocesi
Noto è stata eretta a sede vescovile e la Chiesa Madre a Cattedrale da Papa Gregorio XVI con la bolla “Gravissimum sane munus” il 15 maggio 1844. Con questo atto Gregorio XVI ha concretizzato l’impegno del suo predecessore Pio VII il quale si era proposto di accrescere in Sicilia il numero delle diocesi per rendere più agevole il servizio pastorale dei vescovi.
In realtà, il vescovado di Noto era stato auspicato fin dal sec. XII, quando Isimbardo Morengia, fatto signore di Noto da Federico II di Svevia, fondò in data 20 agosto 1212 con la dote di quattro feudi il monastero cistercense di Santa Maria dell’Arco, chiedendone poi la trasformazione in sede vescovile. L’imperatore fece eco ai desideri di Morengia, ma i rovesci della Casa Sveva e in seguito le turbolenze degli Angioini non resero possibile l’erezione di Noto a sede vescovile. Insignita del titolo di Città da Alfonso il Magnanimo il 27 dicembre 1432 e in un momento di particolare prestigio, tanto da esprimere un Viceré in Niccolò Speciale, Noto chiese la bolla di erezione a capo‑diocesi il 14 giugno 1433 a Papa Eugenio IV e il 22 gennaio 1450 a Niccolò V per interessamento dell’abate netino Giovanni Aurispa, suo segretario apostolico. Il nobile Rinaldo Sortino ottenne lettere regie in favore del nuovo vescovado nel 1451 e nel 1453, ma monsignor Paolo Santapan aragonese, vescovo di Siracusa, fece annullare dalla Santa Sede ogni cosa anche perché il parroco di Noto, a tutti gli effetti era il canonico Cantore del duomo di Siracusa per prebenda assegnatagli dal vescovo Tommaso Erbes nel Sinodo diocesano del 1388.
Altre iniziative furono promosse nel XVI, nel XVII e nel XVIII secolo. Le argomentazioni addotte a favore della nuova sede vescovile erano diverse, tra queste la presenza di due prestigiosi centri di spiritualità: l’abbazia benedettina di Santa Lucia del Mendola e quella cistercense di Santa Maria dell’Arco, allora rilevanti motivi ecclesiastici; e l’essere la città di Noto Capovalle al pari delle altre due esistenti in Sicilia, Messina e Mazara, già sedi vescovili. “Il nostro Regno sotto nome di Valle si divide in tre separate provincie, con questo ordine appunto ha stabilito, le Sedi Vescovili della Val Demone e Val di Mazzara nelle rispettive loro città capitali, quali sono Messina e Mazzara; così dunque del pari converrebbe al buon ordine e ragione sembra richiedere che la terza Valle ancora una terza Sede Vescovile nella sua città capitale, si rinvenga, quale essendo, appunto la città di Noto per costituzione dei Principi Normanni” (cif. perorazione del 1783).
L’ostacolo alla realizzazione di tale desiderio venne sempre dall’opposizione dei vescovi di Siracusa, a cui la diocesi di Noto avrebbe tratto territorio. Solo a metà del 1800 Noto vide concretizzarsi l’antico desiderio. In seguito ai tumulti che si verificarono a Siracusa durante l’epidemia di colera, infatti, Ferdinando II Borbone chiese il trasferimento della provincia a Noto. Fu allora che re Ferdinando II chiese alla Santa Sede di fondare la diocesi di Noto, approfittando anche del fatto che la sede vescovile di Siracusa era vacante per la morte di Monsignor Giuseppe Amorelli avvenuta il 13 dicembre del 1840. Alla nuova diocesi, oltre a Noto furono assegnati, sottraendoli a Siracusa, i comuni di Avola, Buccheri, Buscemi, Cassaro, Ferla, Giarratana, Modica, Pachino, Palazzolo Acreide, Pozzallo, Portopalo, Rosolini, Scicli e Spaccaforno (ora Ispica).
Il 24 novembre 1844 il primo vescovo di Noto, Monsignor Giuseppe Menditto, prese possesso in Cattedrale. Monsignor Vincenzo Marolda, vescovo di Trapani e delegato dalla Santa Sede lesse la Bolla di erezione e i Decreti papali.
Nel 1856 la Santa Sede col decreto Peculiaribus ottiene dal governo di Napoli un ridimensionamento delle attribuzioni del giudice di monarchia a favore dei vescovi. Si collocano in questa fase i primi tre vescovi di Noto: Giuseppe Menditto (1844-1849), Giovanni Battista Naselli (1851-1853) e Mario Mirone(1853-1864). Con il Concilio Vaticano I del 1870, infatti, declina l’ecclesiologia regalista e si afferma quella romana, mentre si rafforzano i legami istituzionali della Chiesa di Sicilia con la Curia vaticana. La frattura tra il governo italiano e il Vaticano, però, impedisce la nomina di nuovi vescovi nelle sedi vacanti siciliane, perché la Santa Sede vuole evitare che il nuovo governo rivendichi il diritto di presentazione dei candidati, ledendo il diritto della Chiesa nella libera collazione dei vescovadi. E Noto per otto anni rimanesede vacante: dal 1864 al 1872. Solo grazie alla legge delle Guarentigie del 1871, viene nominato il nuovo vescovo: Monsignor Benedetto La Vecchia (1872-75).
Nonostante una certa acredine anticlericale – che ha il suo culmine nel 1882 in occasione del sesto centenario dei Vespri Siciliani e che mette i vescovi siciliani nella condizione di non poter ricorrere allo Stato per ottenere l’osservanza dei precetti e della morale cattolica – la libertà in campo pastorale è garantita. Nella lettera collettiva a conclusione della Conferenza episcopale siciliana, i vescovi denunciano i mali che minacciano la compattezza religiosa e morale dell’isola. Il vescovo di Noto, Monsignor Giovanni Blandini (1875-1913) – antesignano di democrazia e di rinnovamento cattolico in Italia – è definito “perla dell’episcopato siciliano” da Leone XIII, che lo decora del pallio arcivescovile ad personam il 25 giugno 1900.
Intorno al 1910 si preferiscono forme di organizzazione del laicato cattolico con preminente formazione religiosa come la Gioventù cattolica e gli Oratori. Papa San Pio X promuove il catechismo e rilancia la buona stampa. In piena guerra, nel 1916, si tiene a Tindari la Conferenza episcopale siciliana, essendo segretario il vescovo di Noto, Monsignor Giuseppe Vizzini (1913-1935). Per lui la riforma religiosa è possibile su un piano spirituale. Sono frutto della sua competenza giuridica i documenti del Primo Concilio plenario siculo (Palermo, 1920) e del Primo Sinodo diocesano (Noto, 5-7 ottobre 1923).
Nel 1955, quando Papa Pio XII istituì la diocesi di Ragusa con la bolla “Quam quam est” il comune di Giarratana passò alla nuova diocesi, mentre Palazzolo Acreide, Buccheri, Buscemi, Cassaro e Ferla, piccoli comuni montani del siracusano, ritornarono alla diocesi aretusea.
In questo frangente si colloca l’episcopato di Monsignor Angelo Calabretta (1936-1970), che si caratterizza per le profonde radici soprannaturali. Il silenzio della preghiera è il segreto della riuscita dell’attivissimo suo episcopato. Il suo successore, Monsignor Salvatore Nicolosi (1970-1998), ha fatto crescere la realtà “Chiesa” in tutte le dimensioni: dall’evangelizzazione alla comunione, dal culto a Dio al servizio dell’uomo. Egli realizza nel 1988 il gemellaggio con la giovane diocesi di Butembo-Beni (Repubblica democratica del Congo) e celebra il Secondo Sinodo diocesano (1995-1996).
Tra le numerose realizzazioni del fecondo servizio episcopale di Monsignor Giuseppe Malandrino (1998-2007), invece, ricordiamo la Missione popolare permanente, frutto del grande Giubileo del 2000, la visita pastorale (2003-2006) e la felice riapertura, il 18 giugno 2007, della Cattedrale ricostruita.