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Il ruolo della Chiesa nel travagliato mondo contemporaneo

“Chiesa, dove vai?” Questo l’interrogativo di fondo che, alla luce del pensiero e della testimonianza di mons. Cataldo Naro (storico, teologo, vescovo di Monreale morto prematuramente), il   direttore della Biblioteca Alagoniana, mons. Giuseppe Greco con la collaborazione del centro studi “A.Cammarata” di San Cataldo, ha proposto alla riflessione dei convenuti nel salone del “Beato Giovanni Paolo II”. Forte di molti ricordi personali, la docente di sociologia della religione al “San Metodio”, Tina Buccheri, affrontando il tema “Alle sorgenti della salvezza” ha detto che “nel post Concilio si è cercato di superare la separazione tra coscienza cristiana e cultura moderna. Questa separazione è ancora una ferita aperta nelle nostre comunità. Per il vescovo di Monreale era necessario che la Chiesa prendesse coscienza di quella frattura mettendo un di più di carità. Questo di più è la forza dell’amore, è la forza dell’impegno per gli altri, è la forza del martirio, è spendere la propria vita per gli altri.” La seconda dimensione del simposio centrata su “La società post-moderna sarà una società post-cristiana?” è stata acutamente analizzata dal vescovo di Noto, mons. Antonio Staglianò (stretto collaboratore di Naro quale consulente del servizio nazionale per il progetto culturale CEI) che ha sostenuto la necessità e l’urgenza di radicare un nuovo pensiero sull’umano imperniato sulla persona ovvero secondo una visione antropologica della fede. “Di tutto questo, Naro ha offerto una testimonianza esemplare con la sua vita, col suo impegno intellettuale, col suo ministero pastorale a favore di un cristianesimo incarnato capace di rendere ragione della speranza cristiana in un mondo in perenne evoluzione e trasformazione culturale.” Ribadendo il valore di un progetto culturale orientato in senso cristiano da contrapporre ai cosiddetti teologi della morte di Dio, Staglianò ha contestato le disarmanti forme di relativismo religioso ed ha esortato ad una laicità positiva per debellare ogni forma di amorfo confessionalismo. Infine, don Rosario Lo Bello, docente di teologia dommatica nella Facoltà Teologica di Palermo, s’è posto un drammatico interrogativo: oggi c’è ancora ascolto per i profeti? All’angoscia ha contrapposto la speranza fornendo al moderatore mons. Greco di così concludere l’edificante incontro: ”La parola profetica di Naro affiorerà nelle nostre coscienze e noi ci approprieremo della sua speranza creativa.”
 

Quanto vale la vita di un uomo?

Ci sono sofferenze nascoste che vengono alla luce solo se qualcuno se ne prende cura, ha il coraggio di non occultare la realtà e di amare senza misura. Il terzo “quaderno dell’Osservatorio” curato dalla Caritas diocesana di Noto raccoglie alcune storie di donne, bambini, immigrati, anziani, disabili, malati mentali dando voce a sofferenze, denunciando inadempienze, articolando un appello alla coscienza e alla città: «Quanto vale la vita di un uomo?». La risposta che ritroviamo in questo libro, scritto non a tavolino ma nella partecipazione alle sorti dei più sfortunati, può essere detta in questi termini: ogni esistenza vale quel racconto che permette di rintracciare, tra le pieghe del disagio e dell’errore, da una parte i sentimenti e le azioni con cui si resta umani, dall’altra le omissioni e le carenze della politica che ostacolano l’emergere in tutti della costitutiva dignità di ogni uomo. Nel sottotitolo del libro il primo riferimento è alla coscienza di ciascuno: alla capacità cioè di ripensare con verità, nel dialogo con se stessi, gli appelli della vita, senza restare a guardare. Il rimando, oltre che alla coscienza, è alla città. Un dato costante nelle situazioni più sfortunate è il venir meno del sostegno familiare, di autentici rapporti genitoriali e familiari. Ecco perché viene interpellata, insieme alle coscienze, la città, pensata con il cuore di Giorgio La Pira – modello di politico vero – come il luogo delle relazioni e della giustizia, città per questo chiamata a prendersi cura dei più deboli quando in modi diversi viene meno la famiglia d’origine. Negli orizzonti della nostra Costituzione, che all’art. 3 chiede ai cittadini e alle istituzioni la costruzione di un’uguaglianza sostanziale e all’art. 5 individua nei Comuni il volto concreto di una Repubblica che è anzitutto consapevolezza di un “bene comune”, tale solo se cercato e realizzato a partire dagli ultimi. Un appello per tutti, ma anche una chiave di lettura della nostra testimonianza. Come scrive nella presentazione il vescovo Mons. Staglianò, infatti, «al fondo, sotto le pieghe del dolore e dell’abbandono, nel libro si racconta la misericordia come attenzione a tanta umanità sofferente, già nel dare voce a chi non ha voce e nel farci conoscere sofferenze inaudite che diversamente resterebbero nel buio dell’indifferenza e di una lettura semplicistica della povertà; si racconta quindi la misericordia come appello alla coscienza di tutti perché recuperiamo nella relazione con l’altro, soprattutto se povero e sofferente, un’umanità vera; e questo al di là del risultato, semplicemente perché si ama e perché si ama con la cura di un familiare, per i credenti si ama il fratello in cui Cristo stesso ci visita».
Il libro sarà presentato la vigilia dell’anniversario della morte di Giorgio La Pira a Pozzallo (alle 18,30 di venerdì 4 novembre presso lo spazio culturale Meno Assenza) con l’intervento del nostro Vescovo e l’invito agli amministratori oltre che ai cittadini tutti: diventerà questa occasione preziosa per proseguire il dialogo Chiesa-territorio negli orizzonti di una misericordia che diventa lievito di bene per la storia e la politica.
 

La strada degli uomini veri

Molta sobrietà, commozione e partecipazione hanno caratterizzato giovedì 27 ottobre il ricordo dei 21 anni della Casa di accoglienza che porta il nome di don Puglisi e l’inaugurazione di una via intitolata al mite e coraggioso prete ucciso dalla mafia. Il Vescovo ha voluto anzitutto visitare i luoghi in cui a Modica, nel nome di don Puglisi, si sta accanto a poveri e giovani per aiutarli a crescere “a testa alta”. E’ stato al Cantiere educativo “Crisci ranni”, si è unito ai ragazzi che si allenavano al calcio, ha assistito alle prove della passeggiata artistica “Le mille e una città” preparata insieme alla Compagnia del Piccolo Teatro, ha ammirato il nuovo auditorium Dott. Inì, ha visto la bellezza dell’area, la predisposizione degli orti sociali… Spostandosi nella Casa, ha potuto visitare la nuova ala per gli adolescenti e quindi ha presieduto l’Eucaristia, concelebrata insieme al parroco don Umberto Bonincontro e al vicario foraneo don Corrado Lorefice, presenti anche altri presbiteri, tanti volontari e amici. Vasta anche la rappresentanza delle istituzioni: il sindaco Antonello Buscema, l’assessore Giovanni Spadaro, il procuratore capo Francesco Puleio, il capo gabinetto della prefettura dott. Signorelli, rappresentanti dei Carabinieri, alcuni consiglieri comunali, rappresentanti di “Libera” e di associazioni e cooperative operanti nel sociale. Nell’omelia Mons. Antonio Staglianò ha sottolineato come, sull’esempio di don Puglisi, sia importante il nesso tra liturgia e vita, auspicando che ogni messa fiorisca in gesti di carità, sottolineando quanto questo sia necessario soprattutto dal punto di vista educativo. Per essere, come Gesù e don Puglisi, lungo le vie della vita “uomini nuovi”, “uomini veri”. Riconoscibili, come per lo stesso Gesù che certo non veniva pensato come il Figlio di Dio, dalla capacità di passare operando il bene e ridando speranza. Incontrando per questo l’ostilità degli Erodi, dei mafiosi di turno. Ma resistendo, continuando ad essere uomini veri, uomini che mettono in conto anche il dono della vita. E questo è accaduto in don Puglisi a motivo della fede, con una sfida radicale alla mafia proprio su Dio, su chi è veramente Dio. Spostandosi quindi per l’inaugurazione della via, anzitutto si è come ridata parola a don Puglisi, leggendo gli attori del Piccolo Teatro alcuni testi nei quali don Puglisi invita oguno a ritrovare la propria vocazione, a pensare la vita senza doppiezze, a porre segni e a fare la propria parte, concretamente, per lottare prepotenza e ingiustizia. Quindi il Sindaco Antonello Buscema ha sottolineato come a don Puglisi non si addice un Corso o un Viale ma una via, indicativa di un impegno silenzioso e ordinario e al tempo stesso di un modello di vita soprattutto per i giovani. Con la necessità di onorarlo ripercorrendo la sua stessa via, nell’impegno per la legalità e la solidarietà. Benedicendo tutti e la nuova via, il Vescovo ha concluso invitando ancora ad essere concreti e fedeli, ad essere uomini veri, uomini nuovi, per rendere veramente bella la città.
 
 

Dalla misericordia di Dio alla cura dei giovani

Si arricchisce di significati l’inaugurazione della via don Pino Puglisi a Modica oggi giovedì 27 ottobre. Durante la Messa, alle ore 19 nel salone della Casa don Puglisi, il Vescovo offrirà una parola che attualizza il tema della sua prima lettera pastorale pubblicata in questi giorni. Al centro vi è la misericordia di Dio, quella misericordia che permette ai poveri di sperare e che impegna tutti a restare accanto a chi è misero. Sarà una tappa significativa della recezione del messaggio del pastore della diocesi netina entro un contesto concreto di cura per i più piccoli e deboli. La celebrazione dentro un conteso di carità concreta, infatti, rimanda al forte invito contenuto nella lettera di Mons. Staglianò ad una vita cristiana che non separi rito e vita: “tutta la misericordia e i doni di Dio alla nostra vita, – viene sottolineato nella lettera – va travasata in ogni forma per le strade degli uomini, nella condivisione, nella solidarietà, nella ricerca della giustizia, nella cura dell’altro, nel rendersi interpreta delle sofferenze dei molti, nell’ascolto degli afflitti, nell’accoglienza delo straniero. Con stretto legame tra celebrazione e carità fattiva”. Quindi, spostandosi nell’ex via Grana all’inizio di via Pozzo Barone per intitolarla a don Puglisi, si ricorderà il suo martirio ma anche il suo invito a dare un senso alla vita, avendo come prima preoccupazione i giovani. Tra i testi di don Puglisi che saranno letti, ve n’è uno di grande attualità anche per la nostra città: “Buona parte dei giovani si è staccata dalle antiche sicurezze e, facendo salti mortali, tende le braccia in avanti in cerchi di chi li accolga. Se due mani invocanti non traovano le due mani pronte ad afferrarle, il trapezista si schianta a terra. Non c’è più tempo da perdere, perché c’è il pericolo che i giovani si sfracellino”. Inaugurare una via a don Puglisi allora non potrà essere una cerimonia: comporterà un rinnovato impegno per una città che fa crescere i giovani ed è attenta ai più deboli. Con questo spirito si invitano famiglie, scuole, cittadini a partecipare..
 
 

Nello stupore della Misericordia il ringraziamento a Dio per il dono del sacerdozio

Il 20 Ottobre, nella chiesa Cattedrale di Noto, durante la celebrazione eucaristica in occasione del 27° anniversario dell’ordinazione sacerdotale di S.E. Mons. Antonio Staglianò, nostro vescovo, la chiesa locale si è stretta attorno al suo Pastore per ringraziare il Signore del dono del Sacerdozio ministeriale, “per fare memoria e stupirsi e meravigliarsi della bontà e della misericordia di Dio”, come ha sottolineato il Vescovo nella sua omelia. La celebrazione, partecipata e composta, alla quale erano presenti le autorità civili e militari, è stata arricchita anche dal conferimento dell’ammissione agli ordini sacri a due seminaristi del nostro seminario di Noto, Paolo Catinello e Giorgio Cicciarella. Durante l’omelia il nostro vescovo ha sottolineato l’importanza dell’impegno dei cristiani nella difesa del bene comune, in un rapporto intimo “con Dio nel cuore” che ci invita a rischiare anche del nostro pur di fare il bene dei fratelli più bisognosi. Un clima di festa, sicuramente, quello che si è respirato in cattedrale, di compartecipazione di gioia, grazie anche alla presenza della famiglia Staglianò e di amici, parenti e del sindaco di Isola di Capo Rizzuto che non mancano di far sentire al nostro Vescovo l’accompagnamento di un’intera comunità nella quale si è formato umanamente e cristianamente.
Alla fine della celebrazione, il vicario generale, Mons. Giurdanella ha espresso gli auguri al vescovo a nome della comunità diocesana, sottolineando la devozione e l’obbedienza del Vescovo alla Parola di Dio, che chiama a tutte le ore a lavorare nella vigna del Signore e il ringraziamento per il dono di S.E. Mons. Staglianò alla diocesi della prima lettera pastorale al popolo di Dio della Chiesa di Noto “Misericordia io voglio”, programma e stile per essere Chiesa, che raccoglie tutti gli stimoli necessari per essere cristiani al meglio.
La lettera, attesa da tutta la chiesa netina, ci aiuterà certamente a riflettere sul tema della Misericordia di Dio, ma anche su come i cristiani, tendendo a imitarla, possono trovare la strada della vera felicità.

A Modica la via don Puglisi

Avrà un valore fortemente simbolico, ma anche “vocazionale”, intitolare una via a don Pino Puglisi a Modica il prossimo giovedì 27 ottobre. Non a caso avverrà nel 21° anniversario dell’apertura della Casa in cui si accoglie nel nome di questo mite e forte prete con un impegno diurno e notturno. Un impegno che quindi diventa appello concreto e al tempo stesso un cammino che prosegue anche tra ristrettezze e difficoltà, senza limitarsi all’assistenza ma con percorsi improntati a grande cura e grande attenzione a promuovere le persone, a ridare dignità e coraggio. Con innesti per questo di economia sociale. Ma anche con una cura che si apre a tutta la città. Nel nome di don Puglisi, dopo la Casa di accoglienza per mamme e bambini, si è avviato infatti da poco più di un anno il cantiere educativo “Crisci ranni” nell’area attrezzata Padre Basile alla Fontana di Modica, cantiere ove si fanno doposcuola, attività sportive, laboratori espressivi e teatrali, quest’anno con una particolare attenzione al dialogo tra le generazioni, con la prospettiva di spazi pure per gli anziani e per le famiglie oltre che per i bambini e per i giovani. La “via don Puglisi” rimanderà allora a passi già presenti a cui altri potranno unirsi… L’appuntamento è per giovedì 27 ottobre, alle ore 19 nel salone della Casa in via Carlo Papa 14, per la celebrazione dell’eucaristia presieduta dal nostro Vescovo Mons. Antonio Staglianò. Subito dopo ci si sposterà all’inizio di via Pozzo Barone per l’inaugurazione. E quindi la vita della città avrà una spinta in più perché ogni giorno essa possa essere costruita nella pace, nella fraternità, nella giustizia. A partire dal Vangelo, letto ogni sera nella Casa ai vespri che si recitano alle 20 e che sono aperti anche a chi volesse partecipare, nella cappella che da qualche settimana ospita la bella icona della Madonna “scritta” dalle Clarisse a Paganica, terra ancora ferita ma forte nella fede e nell’amore.
 
 
 

Chiamati ad annunciare l’amore di Dio

Giorno 15 Ottobre in Cattedrale, il Vescovo, mons. Staglianò ha dato il mandato ai catechisti venuti da ogni parte della diocesi. Era questa un’esperienza che non si faceva più da tanti anni che è stata accolta con entusiasmo. Nell’omelia il Vescovo ha insistito sul compito del catechista che è quello di annunciare un Dio Amore, un Dio Padre che è sempre pronto a perdonare, a usare misericordia, ad accoglierci e ridarci quella dignità di figli che ci è stata donata nel Battesimo. A conclusione della celebrazione è stato consegnato ai presbiteri, ai diaconi e ai rappresentanti dei catechisti di ogni parrocchia il sussidio “Chiamati ad annunciare l’amore di Dio”, elaborato a cura dell’Ufficio catechistico diocesano, per la formazione dei catechisti in questo anno pastorale. La formazione dei catechisti è una delle urgenze che la Chiesa Italiana ha riproposto sin dall’inizio del nuovo millennio e per la quale continua a insistere – ricordiamo gli ultimi documenti La formazione dei catechisti nella comunità cristiana (2006), Lettera ai cercatori di Dio (2009), Educare alla vita buona del vangelo (2010). L’Ufficio Catechistico della nostra Diocesi da oltre un decennio tiene desta questa necessità della formazione, proponendo incontri e convegni con esperti qualificati. Il progetto di un sussidio era in cantiere da tanto tempo e finalmente è diventato realtà. L’équipe diocesana guidata dal Direttore don Rosario Gisana, dopo aver individuato la tematica, che in linea col piano pastorale del Vescovo è quella della misericordia, ha pianificato la struttura del sussidio chiedendo poi l’intervento di alcuni esperti nel settore teologico, biblico, catechetico. Raccolto il materiale ha redatto il prodotto finale. Il sussidio è suddiviso in tre capitoli. Il primo, formativo, approfondisce la misericordia dal punto di vista teologico e biblico; il secondo, operativo, offre degli schemi per proporre incontri sulla misericordia ai fanciulli e ragazzi, ai giovani, agli adulti; il terzo, in sinergia con un altro ramo pastorale, mette in relazione catechesi e famiglia, evidenziando il ruolo primario della famiglia nell’educazione dei figli. Quanto prima il sussidio sarà consegnato a tutti i catechisti che poi, a livello vicariale, si incontreranno con l’équipe per un confronto e una verifica. Con la speranza che possa essere un servizio utile si augura a tutti un lavoro sereno e fruttuoso nella vigna del Signore. Intanto i catechisti ci incontreremo l’11 novembre, a Noto in Cattedrale, ore 19.00, per il convegno diocesano sul tema: “L’iniziazione cristiana nella Chiesa”. Relatore: don Giuseppe Costa, Direttore dell’Ufficio catechistico diocesano di Messina.

Misericordia è indignazione

Giovedì 13 ottobre alle ore 17.00 presso l’aula magna del Seminario si è svolto un importante momento pastorale e spirituale. L’incontro, voluto e organizzato da don Sebastiano Boccaccio e dalle diverse associazioni che in diocesi si occupano di disabilità, ha regalato ai volontari, ai ragazzi diversamente abili e ai tanti genitori che hanno affollato l’aula magna, un ora di intensa riflessione umana e spirituale alla luce della croce di Cristo. E’ stato il Vescovo, Mons. Antonio Staglianò, che con la sua presenza amorevole e fraterna ha guidato con le sue parole ricche di sapienza questo momento molto atteso e sperato, soprattutto dai diversamente abili.
In una società che rifiuta la sofferenza e isola chi ha veramente bisogno d’amore, in una società che sa solo parlare e non agire, che cosa possiamo fare?. Non parole, ma fatti. Sono state queste le ultime parole pronunciate dal moderatore prima di dare la parola al Vescovo, che con queste parole ha iniziato: “Basta solo parlare, basta chiacchiere, è necessaria invece l’azione concreta di coloro che vogliono veramente assumersi un impegno sociale. E’ questa l’impostazione migliore. Noi abbiamo bisogno sì di parole, ma di parole sapienti. Cioè capaci di nominare, di dare il nome alle realtà, alle cose così come sono”. Poi Monsignore ricorda il passo biblico della genesi dove Dio si rivolge ad Adamo: “Dai il nome a tutte le cose”. E Adamo cominciò a nominare ogni cosa. Grazie al nome che Adamo diede ad ogni cosa tutto fu ordinato.
Da qui emerge l’importanza di ritornare a nominare tutta la realtà, anche la realtà del disabile, che a dispetto delle nuove addolcenti nomenclature bisogna considerarlo “handicappato”. E’ questo termine che ci dà la consapevolezza delle difficoltà della vita che il disabile vive. Diversamente abile! Questa rinominazione piace. E’ una parola che sembra nobilitare sempre di più i nostri fratelli.
Sì, può piacere dentro la scena dell’emozioni, ma secondo Monsignore questo nuovo modo di nominare la realtà rischia di diventare un’ operazione di indifferenza, di non cura del disabile. “Sono diversamente abili; significa che rispetto a loro, anch’io lo sono. Allora perché dovremmo interessarci di loro? Questa è’ la domanda che la società si pone”. Continua Monsignor Staglianò dicendo che il primo atteggiamento che gli uomini devono assumere di fronte ad un handicap del fratello è quello dell’indignazione, condizione necessaria per far scaturire la misericordia verso il prossimo.
“Misericordia non è buonismo. Per essere misericordiosi occorre una grande capacità di indignarsi. Di indignarsi rispetto al male che c’è nel mondo, di indignarsi d’innanzi alle condizioni di sofferenza e di afflizione dei fratelli .Questo è il motivo per cui bisogna dare il nome a questi nostri fratelli. I cristiani devono ritornare alla croce con un sentimento di indignazione. Io quando guardo il Crocifisso dovrei indignarmi. Il pensiero che Dio mi ha amato ed è morto in croce per me dovrebbe inquietarmi. Dio, che ha subito la croce della maledizione e l’ha assunta, dovrebbe suscitare inquietudine e non lasciare tutto al sentimento del pietismo”.
Nasce da qui l’invito del nostro Vescovo a stare attenti a non estetizzare il cristianesimo. Quella che si vive molto spesso nelle chiese cattoliche è, infatti, la cura estetica e non il cuore e l’interiorità. Nella lettera pastorale c’è un capitolo dedicato all’irreligione. C’è troppa irreligione che circola nelle comunità cristiane. Questo si verifica dal fatto che noi entrando in chiesa per pregare il Verbo che è morto sulla croce ed è risorto per noi non proviamo indignazione e inquietudine. Creiamo comunità cristiane dove al centro non ci sono i poveri, e per poveri intendiamo tutti, anche quelli che mancano di beni essenziali alla vita e tutti quelli che noi chiamiamo disabili.
Nominare i nostri amici disabili con il loro nome, indignarsi per la loro condizione, dovrebbe produrre almeno nelle comunità cristiane indignazione proprio perché si raccolgono intorno alla parola di Gesù, una parola che ci libera e dà speranza.
Questo incontro alla presenza del Vescovo ha dato la possibilità ai presenti di ricordare e sottolineare come la comunità cristiana deve continuamente interrogarsi per aiutare concretamente tutte quelle famiglie che vivono l’handicap come un ostacolo.
 

Per un sistema di riscossione più umano e solidale

I Vescovi delle chiese locali della Sicilia sudorientale di Ragusa, Siracusa e Noto, con questo comunicato stampa desiderano dichiarare e portare all’attenzione delle nostre comunità, della società civile e delle istituzioni, il grave e devastante problema che attanaglia le piccole e medie imprese, gli artigiani e gli agricoltori – e pertanto la nostra gente, le nostre famiglie, i nostri lavoratori, il futuro dei nostri giovani – a causa dell’esposizione debitoria nei confronti degli Istituti previdenziali e di riscossione e, tra questi ultimi, in particolare la SERIT Sicilia S.p.A.
 
 
Come Pastori delle chiese locali della Sicilia sudorientale vogliamo portare all’attenzione delle nostre comunità, della società civile e delle istituzioni, il grave e devastante problema che attanaglia le piccole e medie imprese, gli artigiani e gli agricoltori – e pertanto la nostra gente, le nostre famiglie, i nostri lavoratori, il futuro dei nostri giovani – a causa dell’esposizione debitoria nei confronti degli Istituti previdenziali e di riscossione e, tra questi ultimi, in particolare la SERIT Sicilia S.p.A.
Siamo consapevoli delle gravi conseguenze dell’attuale recessione economica che sta imperversando nel nostro territorio, porzione estrema del mezzogiorno italiano e dell’Europa. Una crisi, all’interno di quella mondiale, che riguarda il Paese intero già colpito da un grave deterioramento morale e istituzionale.
In particolare, la crisi finanziaria sta coinvolgendo le piccole e medie imprese (agricole, artigiane, commerciali, industriali) che costituiscono il tessuto fondamentale della nostra economia isolana e peninsulare. Ad acuire tale stato di cose contribuisce il rigido e farraginoso sistema di riscossione delle imposte e dei crediti degli Enti previdenziali e assistenziali e degli Enti locali che costringe all’insolvenza del debito, maggiorato dalle sanzioni e dagli interessi, facendo scattare il meccanismo ipotecario sui beni delle imprese indebitate ed escludendole da ogni possibile accesso al credito. Un sistema che rischia di schiacciare anche chi ha debiti di modesta entità.
Anche noi, vogliamo “attraversare” come Gesù la città degli uomini, le città del nostro territorio, visitare le case della nostra gente, le officine, i laboratori e gli uffici dei nostri lavoratori, artigiani, piccoli impresari, coltivatori diretti, provati anche dalla durezza di questo sistema di riscossione che spesso costringe a ritmi di lavoro disumani, mina la serenità e l’unità delle famiglie e le rende irreversibilmente povere. 
Come Gesù vogliamo annunziare l’Evangelo della presenza liberatrice di Dio nella storia degli uomini che chiede di “fare” la verità, di servire il bene, di promuovere la dignità della persona, la redenzione del lavoro; di tutelare l’inviolabilità del sacrario della famiglia che è la casa. Il Vangelo libera dall’idolatria del profitto, proclama che il tempo degli uomini è chiamato ad entrare nel riposo della domenica senza tramonto e rende noto che i beni terreni non sono definitivi perché ci attendono i beni eterni. La salvezza cristiana riguarda l’uomo intero. Feconda già, anche se non ancora definitivamente, la sua storia e il suo mondo.
La città degli uomini raggiunta dall’Evangelo ritrova la sua armonia: la solidarietà prevale sul tornaconto, la giustizia sull’illegalità; il lavoro è riscattato dallo sfruttamento, la dignità del lavoratore riconosciuta e tutelata; il focolare domestico ritrova la pace, la convivenza è affrancata dalla disperazione.
Per questo motivo vogliamo sostenere quelle vie di soluzione che, all’insegna del bene comune e della legalità, da più parti sono state proposte e che in sede di Parlamento regionale e nazionale vanno responsabilmente promosse e trasformate in norme che regolano in prospettiva umana il sistema di riscossione. Come ci hanno ricordato i vescovi italiani «Accanto alla risposta diretta della carità, non minore attenzione merita la via istituzionale della ricerca del bene comune, inteso come “esigenza di giustizia e di carità. Impegnarsi per il bene comune è prendersi cura, da una parte, e avvalersi, dall’altra, di quel complesso di istituzioni che strutturano giuridicamente, civilmente, politicamente, culturalmente il vivere sociale, che in tal modo prende forma di pólis, di città”» (Conferenza Episcopale Italiana, Per un paese solidale. Chiesa italiana e mezzogiorno. Documento dell’Episcopato italiano, Roma, 21 febbraio 2010, n. 10).
Pertanto facciamo appello ai parlamentari locali della Regione Sicilia e del Governo Nazionale, di ogni schieramento politico, di adoperarsi insieme a far trasformare in leggi le proposte alternative di riscossione che in questo periodo sono state approntate con grande impegno e intelligenza da tanti cittadini e organizzazioni spontanee o di categoria – in particolare quelle richiamate nel Documento unitario delle Associazioni imprenditoriali e professionali della Provincia di Ragusa e delle diocesi di Ragusa e Noto, Agosto 2011, riguardanti l’emendamento delle norme nazionali e regionali che regolano la riscossione – che hanno trovato nelle nostre comunità cristiane e nelle nostre Diocesi spazi di gratuita accoglienza e di sagace confronto per un’autentica attività politica, per un ambito pubblico libero aperto alla partecipazione responsabile di tutti.
Occorre «Favorire in tutti i modi nuove forme di partecipazione e di cittadinanza attiva» (Per un paese solidale, cit., n.11) ci ricordano i Vescovi italiani. Per l’attuale classe politica è una chiara opportunità di attenzione alla concreta vita della gente in vista del bene comune, del bene di tutti, con una particolare attenzione alle fasce più deboli ed esposte alle intemperie di una società sempre più complessa e sottoposta alle macchinazioni di poteri occulti e voraginosi.
Siamo certi che questo nostro appello risuonerà come un “dia-logo”, una parola persuasiva, una bella notizia perché, nella luce dall’E-vangelo del Crocifisso risorto, le nostre città si pensino e si strutturino come spazi di umanizzazione e di convivenza pacifica e solidale.
L’incontro con il Dio di Gesù di Nazaret rimane sempre una fonte di autentica libertà e di rigenerate relazioni umane.
 
 
+ Salvatore Pappalardo,Arcivescovo di Siracusa
+ Paolo Urso,Vescovo di Ragusa
+ Antonio Staglianò,Vescovo di Noto

Ministero del lettorato a tre giovani del nostro Seminario

Lo scorso 2 ottobre, festa diocesana del Verbum Domini, S. E. Mons. Antonio Staglianò ha conferito il ministero del Lettorato a tre giovani del nostro Seminario: Alessandro, Peppe e Roberto. In una cornice felicemente intonata, dove si celebra la centralità della Parola di Dio, il conferimento del ministero del lettorato assume un senso tutto particolare. Poiché la Parola di Dio è così urgente e necessaria per vivere, non dovremo lasciar cadere neppure una briciola di questa Parola come badiamo che ciò non accada con il Pane eucaristico. In questo contesto il ministero del Lettorato potrebbe assumere una importanza rilevante nelle nostre comunità, se ad esso non si attribuisse solo una questione formale o propedeutica ai fini del raggiungimento dell’Ordine Sacro. Dice Paolo VI nella Ministeria quaedam: «Il Lettore è istituito per l’ufficio, a lui proprio, di leggere la parola di Dio nell’assemblea liturgica. Pertanto, nella messa e nelle altre azioni sacre spetta a lui proclamare le letture della Sacra Scrittura (ma non il Vangelo); in mancanza del salmista, recitare il salmo interlezionale; quando non sono disponibili né il diacono né il cantore, enunciare le intenzioni della preghiera universale dei fedeli; dirigere il canto e guidare la partecipazione del popolo fedele; istruire i fedeli a ricevere degnamente i sacramenti. Egli potrà anche – se sarà necessario – curare la preparazione degli altri fedeli, i quali, per incarico temporaneo, devono leggere la Sacra Scrittura nelle azioni liturgiche. Affinché poi adempia con maggiore dignità e perfezione questi uffici, procuri di meditare assiduamente la Sacra Scrittura».
Nella Chiesa del nostro tempo si evidenzia sempre più chiaramente la necessità di avere dei laici che si facciano direttamente carico e sostengano con impegno le numerose iniziative che sorgono qua e là, intorno alla parola di Dio: comunità di ascolto, gruppi del Vangelo, ed altro, sia all’interno della comunità parrocchiale come pure in ambienti di vita e di lavoro. Il lettore dovrebbe essere quindi il promotore e l’animatore di queste e di altre iniziative analoghe, rivolte  all’annuncio o all’approfondimento della Parola di Dio. Per questi compiti affidatigli dalla Chiesa, il lettore dovrà avere una sua propria fisionomia spirituale e apostolica: dovrà cioè essere un testimone, un insegnante, un educatore; ben preparato, idoneo a orientare, formare e guidare i catechisti più giovani o comunque coloro che di fatto esercitano nella comunità il servizio della catechesi e a coordinare la loro attività. Per questo però egli dovrà tenersi in stretto collegamento e in piena comunione con i pastori, ai quali compete primariamente e in pienezza il dovere di educare i fratelli nella fede.