In occasione della colletta nazionale di domenica 26 marzo, ricordiamo che le offerte raccolte saranno destinate a Caritas Italiana che le impiegherà per sostenere progetti in favore delle popolazioni in Turchia e Siria colpite dal sisma.
Nell’immediato i progetti riguardano principalmente l’assistenza umanitaria per fornire cibo, alloggio, beni di prima necessità con una particolare attenzione ai più vulnerabili come gli anziani, i minori, i malati, i disabili. L’accoglienza richiede anche la messa a disposizione di mense per la fornitura di pasti, strutture per una assistenza sanitaria, spazi per l’accoglienza e l’animazione dei bambini.
In prospettiva l’impegno è di restare accanto alle comunità colpite per un periodo medio-lungo perché ci sarà bisogno di rimanere a fianco delle persone colpite anche dopo questa prima fase di emergenza.
Qui di seguito, ecco due importanti e toccanti testimonianze che raccontano della drammatica quotidianità nelle zone colpite:
La vita ad Aleppo fra guerra e terremoto
Aleppo. Le persone riempiono con le macerie delle loro vite i centri di accoglienza provvisori, risparmiati dalla violenza del terremoto: scuole, palestre, chiese e moschee sono diventate i luoghi della vita di tutti. Qui insieme si vive e insieme si condivide la paura che per magia fa meno paura perché ciascuno assume su di sé il peso del dolore collettivo.
I materassi sono per pochi fortunati. La gente dorme per lo più seduta o sdraiata su tavole di legno. Mancano i servizi igienici adeguati, le docce, la biancheria, la pulizia. Ci sono tanti bambini tristi, composti, privati della loro vitalità spontanea. Ci sono studenti senza futuro, andato in frantumi insieme alle scuole. Ci sono anziani spaesati, senza riferimenti. Ci sono disabili sofferenti nella solitudine delle carrozzine. Ci sono famiglie spezzate nella loro intimità mentre altre hanno scelto di custodirla vivendo nelle auto.
Ad Aleppo c’è la tristezza, c’è la paura, c’è il dolore. Ma c’è anche la bellezza della fede capace di andare oltre: cristiani, sciiti e sunniti pregano insieme e si aiutano a vicenda nella gestione di una quotidianità di guerra resa ancora più difficile dal terremoto. Le moschee e le chiese sono aperte alla speranza di tutti, senza distinzioni di credo. Ed è la fede che permette di cambiare sguardo, di guardare alla salvezza anche dove è solo morte e distruzione. Il 6 febbraio scorso, giorno del terremoto, ad Aleppo pioveva a dirotto. La gente fuggita dalle case alzava la voce gridando al cielo “Signore almeno fai smettere di piovere!”. Dopo pochi giorni il cielo rispose a quelle grida: la pioggia aveva pulito l’aria, facendo sì che la polvere dei detriti non soffocasse il respiro dei sopravvissuti e che le persone rimaste sotto le macerie in attesa di aiuti, potessero bere l’acqua che stillava dalle rovine. Per rimanere, goccia dopo goccia, ancora in vita.
La voce degli operatori Caritas in Turchia: “Ci sentiamo sostenuti da una grande solidarietà”
Giulia e Alessandro, sono operatori della Caritas in Turchia, attivi in loco nell’immediato dopo terremoto per farsi prossimi alle comunità colpite dalla tragedia.
“Quando succedono eventi di questo tipo, tragedie di tali dimensioni, le reazioni e le sensazioni sono molteplici, contradditorie, difficili da razionalizzare. Rimangono sospese per molte settimane tra la polvere delle macerie.” Racconta Alessandro. “Una polvere che rimane a coprire tutto per diverso tempo: dal rumore degli scavatori del primo mese, ai volti addolorati di chi attorno alle rovine ha sperato fino all’ultimo. E poi succede qualcosa. la gente del posto che ha la forza si mobilita, con quella tenacia di chi “senza mantello” si impegna per provvedere a tutto quello che manca. E per un po’ manca tutto, anche il diritto di crollare a propria volta, di scoraggiarsi.”
“È stato un mese difficile, duro” prosegue Giulia. “Questa catastrofe ha toccato personalmente tutto il nostro staff. Alcuni di noi hanno perso la casa, gli amici, le chiese, altri dormono ancora nelle loro auto. Tuttavia, ogni giorno abbiamo deciso di alzarci e prendere questo dolore come carburante per agire un cambiamento in cui crediamo, un cambiamento che è la missione della Caritas: aiutare sempre gli ultimi e i dimenticati anche dentro questa tragedia”.