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A Noto Basilica Cattedrale. Il 21-22-23 Novembre 2012 Convegno Diocesano Pastorale

Nel nostro cammino pastorale: “Lasciarci educare dalla Misericordia di Dio: testimonianza nella Fede e perdono fraterno”, in quest’anno della Fede, dopo il primo incontro unitario, altro momento importante sarà il Convegno Pastorale Diocesano che si svolgerà all’inizio dell’anno liturgico, nella Basilica Cattedrale S. Nicolò dal 21 al 23 novembre 2012, dalle ore 19.00 alle ore 21.00.
Tutta la Chiesa di Noto si raccoglierà attorno al Vescovo per riflettere, programmare e dare nuovo slancio al suo impegno pastorale.
Anche quest’anno non sono previsti i gruppi di studio, ma, al termine del Convegno, saranno consegnate tracce di riflessione per sostenere la ricaduta pastorale nei vicariati, nelle comunità di parrocchie, nonché nelle comunità religiose, seminario,famiglie, giovani, aggregazioni laicali.
È bene che questo lavoro di approfondimento sia fatto precedere da un momento di preghiera, seguito dalla lettura delle tracce e dal confronto, per consentire a tutti di dare il loro contributo.
Qui di seguito i temi e i relatori del Convegno:
 
Mercoledì 21: “La confessione della Fede e la riconciliazione di Dio per mezzo di Cristo”.
Relatore: Rev. Prof. Don Angelo Passaro
Giovedì 22: “L’Eucarestia, sorgente di Fede e di riconciliazione”.
Relatore: Rev. Prof. Don Adriano Minardo
Venerdì 23: “La Chiesa accoglie il perdono di Dio e annuncia nella Fede la comunione fraterna”.
Relatore: Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Antonio Staglianò
Ogni giorno la relazione verrà introdotta da un momento di preghiera, la lettura di un testo del Concilio e il racconto di una testimonianza che lo attualizza.
Dopo il primo incontro unitario, è bene che continuiamo a prepararci al Convegno con momenti di confronto per favorire  il coinvolgimento e la partecipazione ecclesiale sia a livello parrocchiale che vicariale.
 

A Noto domenica 18 Novembre. Assemblea diocesana di Azione Cattolica

“Noi continuiamo a meditare sugli insegnamenti del Concilio, perché siamo convinti che questo avvenimento costituisce per il nostro tempo una”summa”, un compendio ricchissimo e autorevole di dottrine e di norme per i bisogni del nostro tempo, e segna un momento caratteristico e decisivo nel corso della tradizione cattolica per i tesori di verità ch’esso ci conserva del passato e per quelli ch’esso ci apre sul cammino dell’avvenire. Chi lo accetta, chi lo studia, chi lo segue sente in se stesso uno stimolo a credere, a sperare, ad amare; una carica di buon volere, una spinta al rinnovamento e al progresso, un’attrattiva all’azione; diciamo pure: un carisma di vivacità cristiana”.
 (Papa Paolo VI)  
 
Domenica 18 Novembre 2012, dalle ore 9,00 alle ore 16,30,  si terrà l’assemblea diocesana di Azione Cattolica, nell’Aula Magna del Seminario a Noto dal tema:
“L’EREDITA’ VIVA DEL CONCILIO”: Cristiani che guardano avanti.
Nell’anno in cui ricordiamo i 50 anni dall’inizio del Concilio Vaticano II, momento di grazia per tutta la Chiesa, anche nell’assemblea diocesana saranno affrontati alcuni aspetti salienti del Concilio, sia nella relazione che terrà Sua Eccellenza Mons. Antonio Staglianò, “Il Concilio icona della Chiesa” sia durante la Tavola Rotonda alla quale parteciperanno Don Stefano Trombatore  (direttore Pastorale del lavoro, giustizia e pace, salvaguardia del creato), il Dr. Carmelo Stornello ( presidente del MEIC di Modica) e il Dr. Antonio Salerno ( delegato regionale ACI).
 
Programma della giornata:
 
          ore 9,00 arrivi e accoglienza
          ore 9,15 momento di preghiera.
          ore 9,30 Relazione di Mons. A. STAGLIANÒ:    “Il Concilio icona della Chiesa”
          ore 10,30 pausa
          ore 10,45 proiezione di un breve video
          ore 11,00 Tavola Rotonda con la presenza di:
·         Don STEFANO TROMBATORE                (direttore Pastorale del lavoro, giustizia e pace,salvaguardia del creato).
·         Dr. CARMELO STORNELLO                    ( presidente del MEIC di Modica)
·         Dr. ANTONIO SALERNO                         ( delegato regionale ACI)
·         Moderatore dr. G. MALANDRINO         ( direttore de La vita diocesana)
          ore 12,30 Celebrazione Eucaristica
          ore 13,30 pranzo a sacco
          ore 15,00 laboratori guidati dai responsabili della Tavola Rotonda
          ore 16,00 Conclusione dei lavori
Saluti e ringraziamenti.
 

Pellegrinaggio Mariano diocesano al santuario della Madonna delle Lacrime di Siracusa

È un forte momento di grazia, da saper cogliere e vivere, il prossimo pellegrinaggio mariano diocesano, giovedì 29 novembre, al Santuario della Madonna delle Lacrime di Siracusa. Nell’ambito dell’Anno della Fede, avviato dal Papa lo scorso 11 ottobre, e nel cammino di conversione della visita pastorale, aperta dal nostro vescovo in Cattedrale il successivo 19 ottobre, l’intera Chiesa netina è invitata dal vescovo -anche attraverso un’apposita lettera inviata a tutte le comunità lo scorso 6 novembre (vedi riquadro accanto)- a rendere sempre più capillare e dinamico l’anelito verso una fede più viva, una speranza più certa e una carità più operosa, mettendoci tutti sulle orme del discepolato di Maria che ci dona Gesù.

 
 
Ecco pertanto il programma del pellegrinaggio di giovedì 29 novembre 2012:
Ore 17.00 Arrivo in Oratorio in via degli Orti n° 11
Ore 17,15 Pellegrinaggio e preghiera del Santo Rosario
Ore 18,00 Concelebrazione Eucaristica in Basilica presieduta dal nostro Vescovo.
 
I Presbiteri, i Diaconi e i Religiosi sono invitati a portare il camice e la stola bianca per la concelebrazione.
Per poter accedere alla zona parcheggi per i pullman è necessario munirsi di pass. Pertanto urge comunicare al più presto (entro e non oltre il 12 Novembre) al Vicario generale il numero dei pullman in partenza da ogni Vicariato.
Il Santuario propone, per chi lo desidera, il Pellegrinaggio dell’intera giornata con arrivo alle ore 11:00 a Siracusa.
Per maggiori informazioni contattare il Vicario generale al numero tel: 0931 835286.
 

Il messaggio del nostro Vescovo alla comunità diocesana

Ecco i punti salienti del messaggio che il Vescovo ha inviato alla comunità diocesana in preparazione spirituale al pellegrinaggio diocesano alla Madonna delle Lacrime a Siracusa, il prossimo 29 novembre 2012.

 
 
Recandoci al santuario della Madonna delle Lacrime, noi vogliamo metterci sotto la sua protezione almeno per tre motivi:
1- Anzitutto perché il nostro discepolato, che non può prescindere dalla sua presenza materna, riprenda vigore. Giovanni, il discepolo prediletto, mentre stava sotto la croce, fu consegnato dal Cristo morente a Maria come un figlio, quasi che, nel testamento ultimo del Crocifisso vi fosse scritto questo messaggio: “non si può seguire il Figlio senza la Madre” (cfr Gv 19,26). Nei momenti cruciali della vita terrena di Gesù, Lei è sempre presente in modo discreto e silenzioso. Al momento della nascita della Chiesa, corpo mistico di Cristo, Lei è ugualmente presente. Vediamo così che le tappe più significative della Nuova Alleanza sono immancabilmente “siglate” dal suo esserci. La visita pastorale del vostro Vescovo, che vuole essere un umilissimo segno del passaggio di Dio nelle nostre strade, ha come primo e inequivocabile obiettivo quello di ridestare la fede in ciascun credente, perché, nell’ascolto sincero e obbediente del Vangelo, possa rimettere a punto la propria identità di discepolo del Cristo, in comunione col popolo di Dio. Essendo un avvenimento ecclesiale, non può prescindere dalla presenza e dall’intercessione di Maria, che ha con la Chiesa un rapporto viscerale e indissolubile, come ci dimostra il capitolo VIII della Lumen Gentium.
2- Altro motivo per cui ci rechiamo a Siracusa -con l’auspicio che i programmi e gli appuntamenti che costelleranno questa Visita ésulino dal rischio del trionfalismo e dell’appariscenza […]- (è che) Maria ci insegna l’essenziale. Penso che il messaggio delle sue lacrime sia sempre attuale: ogni volta che ci allontaniamo dal Suo Figlio per contare unicamente sulle nostre risorse, rinnoviamo il suo pianto. E con questo non intendo riferirmi soltanto alla tendenza della società e della cultura del nostro tempo, che pianifica “come se Dio non esistesse”. […]
3- Terzo e ultimo motivo è, infine, il desiderio di “incarnare” il Vangelo. Quell’espressione che la Madre di Gesù disse ai servi durante il banchetto nuziale a Cana di Galilea, risuona sempre nelle nostre orecchie: “Fate quello che egli vi dirà” (Gv 2,5). Il Vangelo è affidato alla Chiesa perché lo diffonda in ogni angolo della Terra. […] Chiedo a Maria – evidentemente con tutti voi – di rendermi “servo” del Vangelo, perché Dio compia la Sua opera attraverso di me. In quest’ora tanto tormentata quanto gravida di attese siamo tutti chiamati alla delicata responsabilità della Nuova Evangelizzazione. La fede, infatti, non si può svegliare se non la si dona, la carità non si può irrobustire se non la si vive, la speranza non potrà fiorire se non la si pianta nel cuore degli uomini.
 
 
 


Il 7 e 8 Novembre a Noto un convegno organizzato da Meter sul tema “TutelAMI”

Don Fortunato Di Noto e Meter ancora in campo per i bambini con una due giorni nazionale organizzata per riflettere e discutere di minori e informazione e pedofilia, sulla Carta di Treviso e Convenzione di Lanzarote. È questo il filo conduttore di “TutelAMI”, il convegno che si terrà a Noto presso l’Aula Magna CUMO (Ex Refugio Istituto Giavanti – Via Sofia, 78), il 7 e 8 novembre prossimo.

 

IL PROGRAMMA DEL 7– Organizzato dall’Associazione Meter (www.associazionemeter.org) di don Fortunato Di Noto e  il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, TutelAMI aprirà i battenti alle 15.00 del 7 novembre con i saluti di S.E.R. Mons. Antonio Staglianò, vescovo di Noto, seguito dal professor Salvatore Cavallo del CUMO. Seguiranno, alle 15.30, gli interventi di Cosimo Bruno (Coordinatore del gruppo di lavoro “Osservatorio Minori” del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti), dedicato alla Carta di Treviso e, alle 16, don Di Noto parlerà sul tema “Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato (Atti 4,20). La verità nella comunicazione”. Il clou del dibattito sarà rappresentato (ore 16.30) da Alberto Cicero, segretario dell’Assostampa Regionale; Paola Malandrino, avvocato esperta in diritto minorile e, infine, le conclusioni di Enzo Iacopino, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti.

 

L’8 TOCCA A LANZAROTE E PEDOFILIA– Spazio alla Convenzione di Lanzarote, sul reato di pedofilia, il suo contrasto e la prevenzione, nella seconda (e conclusiva) giornata, l’8 novembre. Alle 9.30, dopo i saluti, sarà il turno di Franco Elisei (caporedattore Il Messaggero), che parlerà della Convenzione; seguiranno Marisa Scavo (Procuratore aggiunto Procura distrettuale Catania) sull’istigazione a pratiche di pedofilia e pedopornografia e adescamento dei minori e, alle 11, l’avvocato Maria Suma (vicepresidente Meter) tratterà il nuovo e pericoloso trend rappresentato dalla pedofilia culturale. Non mancheranno gli interventi di Marcello La Bella, dirigente compartimento Polpost Sicilia Orientale, e a chiudere le parole di don Fortunato sull’impegno di Meter contro la pedofilia e le conclusioni di Enzo Iacopino.

 
 

Rapiti tre preti a Butembo-Beni

Nel clima generale di smarrimento causato dall’insorgere di nuovi conflitti armati nel nord Kivu (all’est del Congo), il rapimento di tre sacerdoti nella diocesi di Butembo Beni tocca ora particolarmente da vicino la vita della comunità ecclesiale. Si tratta dei padri Anselme Wasukundi, Jean Ndulani e Edmond Kisughu, religiosi della Congregazione degli Agostiniani dell’Assunzione, rapiti nella parrocchia Nostra Signora dei Poveri, villaggio di Mbau a 22 chilometri da Beni, il 19 ottobre scorso verso le ore 21.

Ancora ad oggi non si conoscono né i rapitori né le loro motivazioni. Il vescovo di Butembo Beni mons. Sikuli Paluku Melchisedech ha dichiarato all’Agenzia Vaticana FIDES di aver ricevuto una telefonata con una richiesta di riscatto, mostrando però delle perplessità sull’attendibilità di tale azione, ed esprimendo la volontà di orientare la ricerca in altre direzioni per trovare dei canali di contatto con i rapitori.
Intanto, secondo fonti di Radio Vaticana è stata avanzata l’ipotesi che i rapitori appartengono ai ribelli ugandesi del NALU (Armata Nazionale per la Liberazione dell’Uganda), che hanno attraversato il confine ed operano da qualche anno anche in Congo. Mons. Sikuli a riguardo ha precisato che tali guerriglieri del NALU hanno stretto legami con donne congolesi e si dichiarano ormai congolesi essi stessi, anche se vivono come banditi o mercenari. Ma il vescovo di Butembo Beni si mostra propenso piuttosto a cercare d’individuare i rapitori tra gruppi autoctoni di guerriglieri congolesi.
Subito all’indomani del rapimento, la Conferenza Episcopale Congolese – con proprio comunicato del 20 ottobre a firma del presidente Mons. Nicolas Djomo -, ha condannato fermamente il rapimento, facendo appello ai rapitori a “non nuocere all’integrità fisica e morale dei tre preti” e a “liberarli senza condizioni per permettere loro di dedicarsi al loro servizio pastorale e d’assistenza alla popolazione di Mbau”.
Anche il Sinodo dei Vescovi, tramite il suo Segretario Generale Mons. Nikola Eterovic, con comunicato del 23 ottobre ha espresso solidarietà per i tre preti rapiti, auspicando che siano liberati al più presto e senza condizioni.
Infine, Mons. Sikuli Paluku Melchisedech ha dichiarato che tutta la diocesi di Butembo Beni ha fatto appello alla mobilizzazione generale non solo della polizia e delle altre forze dell’ordine, ma anche della popolazione della zona interessata per fornire informazioni sui movimenti dei rapitori. In tutte le comunità parrocchiali, alla consueta preghiera per la pace nel Congo, si aggiunge ora quella per la liberazione dei tre sacerdoti rapiti. Sullo sfondo, il colpevole silenzio delle autorità governative sulla drammatica vicenda.

Mons. Staglianò delegato episcopale alla cultura e alle comunicazioni sociali

A conclusione dei lavori della sessione autunnale della CESi (Conferenza Episcopale Siciliana), svoltasi a Palermo dall’8 al 10 ottobre 2012, tra le altre decisioni prese dai Vescovi delle Chiese di Sicilia, sono state assegnate le Deleghe episcopali per i singoli settori pastorali. Al Vescovo della nostra Diocesi, S.E. Mons. Antonio Staglianò, è stata assegnata la Delega episcopale per la Cultura e le Comunicazioni sociali. Una delega che sicuramente ha tenuto conto degli impegni profusi nel tempo, ancor prima di essere eletto Vescovo di Noto, da Mons. Staglianò nel campo della cultura. Dal 1997, infatti, il nostro Vescovo ricopre, tra gli altri incarichi, anche quello di teologo consulente del Servizio nazionale per il progetto culturale della Cei (Conferenza Episcopale Italiana). In vista del prossimo Convegno regionale (27/ 28 ottobre) delle Comunicazioni sociali che si terrà a Enna (interverrà anche Mons. Domenico Pompili, Direttore Nazionale per le Comunicazioni sociali), abbiamo chiesto a Mons. Staglianò qualche anticipazione sugli indirizzi che egli intende dare a questo delicato settore affidatogli dalla Conferenza Episcopale di Sicilia.

 
“Nell’espletamento di questo mio nuovo incarico, ritengo di puntare sul binomio cultura e comunicazione sociale”, ha dichiarato Mons. Staglianò. Infatti, ha continuato, “ Soltanto una comunicazione sociale animata da una cultura cristiana porterà ad umanizzare la vita dell’uomo”. La comunicazione sociale, ha chiarito Mons. Staglianò, “E’ una dimensione ed è un luogo importante, straordinario, espressione della cultura; a sua volta la cultura è l’anima, se si vuole il motore, della comunicazione sociale. Noi staremo saldi in questo proposito binomio cultura comunicazione soltanto se eviteremo il grande rischio diffuso nella società contemporanea della svolta multimediale, del virtuale, attraverso i mass media e la tecnologia avanzata di ridurre la comunicazione agli strumenti della comunicazione sociale”. Questo rischio, ha chiarito il Vescovo Staglianò, “Può essere evitato soltanto se nella Comunicazione sociale noi diamo grande valore all’aspetto della cultura; perché se la cultura significa, modo di vivere, stile di vita, implica una visione dell’uomo, della realtà, quindi della società, delle relazioni umane e della relazione con Dio, considerato che noi vogliamo comunicare anche e soprattutto il Vangelo”. Il mondo, sostiene Mons. Staglianò, “Sta cambiando dentro un grande carisma dedicato alla comunicazione di massa, ai mass media e alla tecnologia”. Ed ha concluso con queste parole: “Mi piacerà, con questa nuova delega, ritornare ai contenuti di un mio libro (ndr “Radicare la fede nel nuovo millennio”, Edizioni EDB, Bologna 2002) nel quale mi sono interessato del rapporto del Vangelo con la comunicazione, quando tale rapporto costituiva il tema principale dell’orientamento pastorale della CEI per il decennio scorso”. Nella prefazione al libro sopra citato, curata dal Cardinale Camillo Ruini, l’alto prelato, sottolineando tale impegno, si esprimeva in questi termini: “ Fa bene pertanto don Staglianò a insistere sul fatto che il problema pastorale più urgente e prioritario oggi riguarda la fatica, laboriosissima, per una nuova coniugazione del rapporto tra fede e cultura”. Richiesto, infine, di fornire qualche anticipazione sulle linee che intende adottare per il nuovo incarico, Mons. Staglianò ha dichiarato: “Ritengo che questo Ufficio, che si occupa di cultura e di comunicazioni sociali, dal punto di vista organizzativo, debba vedere impegnati in maniera sinergica il direttore della comunicazione sociale e il direttore dell’ufficio cultura, laddove questi uffici risultano costituiti. E’ questo un modo per sviluppare comunione nell’agire pastorale e per lottare insieme contro quegli ostacoli che nel processo di secolarizzazione stanno marginalizzando sempre più la cultura cristiana. La comunicazione sociale animata da una cultura cristiana porterà ad umanizzare la vita dell’uomo”.
 
 

Mandato del Vescovo ai Catechisti: “Vi voglio esperti in umanità e motivati dall’amore di Dio”

Sabato 27 Ottobre i catechisti della nostra diocesi hanno ricevuto in Cattedrale il mandato del Vescovo, S.E. Mons. Staglianò. Il mandato è stato conferito a conclusione dell’Ottobre catechistico che ha visto impegnati i catechisti dei vari vicariati in un percorso di formazione. Quest’anno la formazione, in particolare, ha trattato il Sacramento della Riconciliazione. L’équipe dell’UCD (Ufficio catechistico diocesano) ha ritenuto opportuno approfondire questo sacramento dal punto di vista biblico, liturgico e pastorale. Il mandato, così come sottolineava don Rosario Gisana, Direttore dell’UCD, è un evento fondante dell’essere catechista e ne determina la sua identità e il suo stretto legame col Vescovo primo maestro e responsabile dell’annuncio del Vangelo per il popolo di Dio a lui affidato; proprio dal mandato ogni catechista dovrebbe trarre le motivazioni principali della sua scelta e del suo impegno nella Chiesa. Mons. Staglianò, nell’omelia, oltre a ribadire questo aspetto ha evidenziato alcuni punti molto importanti che delineano l’identità del catechista: la sua capacità di saper costruire relazioni personali e umane con i fratelli a lui affidati e il saper comprendere il loro vissuto, una vita che testimonia quanto viene annunciato, un amore per Dio che motiva alla fonte ogni fatica dell’essere catechista.

 
Oggi più che mai al centro dell’impegno missionario ci deve stare l’uomo con tutte le sue fragilità, le sue gioie, la sua vita quotidiana. Se prima non si costruiscono relazioni umane di prossimità, di attenzione verso i fratelli non sarà possibile annunciare loro la buona notizia. Delle nostre belle prediche e lezioni di catechesi -che comunque ci vogliono- resterà ben poco: quello che rimarrà sarà lo stile di accoglienza, il donarsi gratuito, la capacità di ascolto, il sorriso paziente, ecc… Questo ci conduce inevitabilmente a conoscere di più le persone e a comprendere quali sono le esigenze di ognuno; non possiamo annunciare il Vangelo pensando il gruppo come una cosa sola senza stare attenti alle ricadute di ciò che diciamo nell’esperienza dei singoli soggetti. Il catechista perciò non può prescindere dal verificare che, in ogni momento, il suo agire diventi testimonianza di quanto annunciato. Se raccogliamo pochi frutti e tante volte sperimentiamo fallimenti è perché la nostra testimonianza è debole e poco incisiva, incapace di fronteggiare il fascino e la seduzione del mondo. Il catechista infine dovrebbe essere un innamorato speciale di Dio, uno che ha sperimentato nella sua vita la gratuità dell’amore di Dio e ne risponde mettendosi al suo servizio e al servizio dei fratelli. Se manca questo amore farà tutto con sufficienza, con fatica, senza entusiasmo e con questo spirito misurerà il tempo e ogni incontro ulteriore -come può essere quello della sua formazione- diventerà solo un peso da evitare il più possibile. Il Vescovo ha dunque invitato tutti, proprio nell’Anno della Fede, a riscoprire il senso di questo mandato e a fare una seria revisione di vita. A conclusione della celebrazione il Vescovo ha consegnato, ai rappresentati per la catechesi dei vari vicariati della diocesi, il secondo sussidio proposto dall’UCD che tratta della Misericordia e del Sacramento della Riconciliazione. Il sussidio sarà presentato nei vari vicariati nella seconda settimana di Novembre e potrà essere consultato in questo sito.
Il mandato ai catechisti è stato conferito all’interno di una sentita celebrazione eucaristica nella quale ogni vicariato ha dato il suo contributo: lettori della Parola, preghiera dei fedeli, offertorio, organizzazione e, infine, l’animazione dei canti a cura del coro di Pachino che ha veramente aiutato tutti a pregare.
Davanti a noi si apre un anno molto impegnativo, ricco di eventi che speriamo non prendano il sopravvento ma siano un aiuto affinché la Parola del Signore raggiunga il cuore di tutti.
 
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Nei prossimi mesi quattro nuove ordinazioni diaconali nella nostra Diocesi

Venerdì 19 Ottobre 2012, il nostro Vescovo Mons. Antonio Staglianò, al termine della Concelebrazione Eucaristica per l’apertura della Visita Pastorale e dell’anno della Fede in diocesi, ha comunicato con gioia ai fedeli le date delle Ordinazioni Diaconali di 4 alunni del nostro seminario.

 
 
Le date dell’ordinazioni diaconali sono le seguenti:
 
Domenica 11 novembre, ore 10,30, Parrocchia San Paolo Apostolo, Pozzallo:
accolito Gianni Roccasalvo;
 
Domenica 25 novembre, ore 18,30, Parrocchia Chiesa Madre, Rosolini:
accolito Gabriele Di Martino;
 
Mercoledì 12 dicembre, ore 17,30, Parrocchia Santa Caterina da Siena, Donnalucata:
accolito Manlio Savarino e Acc. Davide Lutri
 
Inoltre il 7 dicembre, vigilia dell’Immacolata i seminaristi Paolo Catinello e Giovanni Di Luca saranno istituiti Lettori della Parola di Dio.
 
Rallegriamoci nel Signore, che dona alla sua Chiesa questi giovani, “servitori della gioia”, annunziatori della Parola di Vita e dispensatori della carità del Cristo! Preghiamo per questi prossimi Diaconi (servi), perché il loro servizio nel popolo di Dio sia fecondo e attiri tutti al cuore amante del Redentore!
 
 

Modica. Un altro Sud è possibile dai terreni confiscati alla camorra

Si incomincia a dire che non è possibile che la camorra uccida in pochi anni nel territorio casalese 1300 persone, la maggior parte sotto i 21 anni, reclutati a partire dal bisogno di lavoro. E che poi uccida due volte infangando la memoria di chi si oppone. Lo incomincia a dire un prete, uno scout, perchè non può accettare che i ragazzi vedano sottratta la loro vita e spenti i loro sogni dalla camorra. Quando scrive il documento “Per amore del mio popolo non tacerò” si capisce che non sono parole, e la camorra lo uccide prima della messa, in sacrestia, nel giorno del suo onomastico. Ma ecco che la gente prende coraggio e in trentamila partecipano al funerale, mentre le finestre di Casal di Principe si aprono e i casalensi (non il clan ma la gente che si riappropria del proprio nome) appende lenzuola bianche. Siamo nel 1994. Dopo dieci anni c’è di più. Nascono “le terre di don Diana” nei terren confiscati alla camorra. E si fa reinserimento, si vivono tensioni civiche, si ripensa l’economia nelle sue finalità sociali. Si dimostra che un altro Sud è possibile. Questa la testimonianza portata dall’assistente sociale Simmaco Perrillo e dal giornalista Antonio Esposito per capire dove potrà inaugurare una casa a don Peppe Diana nell’incontro tenuto venerdì 12 ottobre nella chiesa del Sacro Cuore di Modica. Casa di pronta accoglienza, ma come ha chiarito il Vescovo Staglianò, pronta accoglienza come momento di un cristianesimo vero, che lega eucaristia e strada, frutto di una fede vera – così in fondo a Modica si è aperto l’anno della fede (unitamente al ricordo del Concilio il giorno precedente). E di una politica vera, ha rimardato il Sindaco, con forte commozione per quanti in questo Sud danno la vita. E idealmente, alla Chiesa di Noto (in particolare al vicariato di Modica) e alla città tramite il Vescovo e il Sindaco, è stata consegnato il messaggio di don Diana con la maglietta in cui è scritto “Per amore del mio popolo”. Si è passati quindi alla Casa di via Achille Grandi, e qui si è vista la trasformazione grazie all’opera dell’ing. Giorgio Di Raimondo, con un risparmio notevole come sa fare un buon padre di famiglia. Che però pensa alla città! E con lui tanti altri, che è difficile ricordare in un elenco. Sicuramente più breve dell’elenco degli indifferenti, di chi ha guardato da lontano, ma un elenco dal peso maggiore, perché come ricordava Sant’Agostino il peso di ognuno – quanto ognuno conta veramente! – è dato solo dall’amore. Negli incontri con le scuole poi si sono chiariti altri aspetti. Se ci sono testimoni, i ragazzi capiscono fino a commuoversi. Se ci sono testimoni credibili, i ragazzi capiscono che la giustizia sociale vale più dei soldi e della carriera e che dalle crisi di tutti i tipi si esce se non ci si arrede. E se il testimone cita la Scrittura per illuminare la vita – “la pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo” – si capisce bene anche il cuore della fede cristiana: passione e morte che diventa resurrezione. Per questi motivi tante scuole e tante parrocchie, tante associazioni (da Libera agli scout) organizzano viaggi e campi di lavoro, soprattutto per i giovani, nelle “terre di don Diana”. E così quanti lottano nel suo nome sono meno soli e i giovani e i meno giovani che vanno sanno meglio dove sta la vera felicità. Un altro Sud è possibile: e a Modica, mentre si è inaugurata una casa in cui si vivrà la fatica e bellezza dell’accoglienza, si è accolta una testimonianza, la testimonianza di un martire, che può diventare seme di uomini e cristiani veri. Unitamente all’altro martire, don Puglisi, insieme a don Diana ricordato nel saloncino della Casa come custodi e testimoni di una fede che – ad ogni portico della vita – sa accorgersi di chi viene spinto all’ultmo posto e ama fino a dare anche la vita. “Per amore del popolo”, per riscattare tutti.

 

Staglianò un elogio al sud: “occorre trasformare la crisi in speranza”

ll Mezzogiorno può riscrivere un’altra grammatica della ricchezza e della povertà. La resistenza al degrado dell’umano ed al  narcisismo della competizione ha nel Sud la linfa necessaria per aiutare l’Italia e l’Europa a vincere le gravi sfide che hanno davanti.
Il nostro è tempo di crisi, ma anche di krisis, cioè di giudizio, di discernimento, di setaccio.In alcuni dialetti della Calabria il setaccio si chiama “crivu” ed è lo strumento usato per fare la cernita, per lasciar andare via la pula, conservando il grano buono: buttare il superfluo e custodire l’essenziale, appare sempre più un criterio di sapienza per realizzare condizioni di vita degne dell’uomo, delle comunità e dei popoli.
Nel tempo della crisi, alla krisis appare troppo evidente che la pace e la giustizia nel mondo non possono essere solo il frutto di strategie politiche facenti capo a organizzazioni istituzionali precise (che ovviamente sono da auspicare e realizzare), ma dipenderanno da una conversione di cultura e di mentalità, fondata su una conversione del cuore degli uomini agli ideali di fratellanza universale e di solidarietà globale.
Se il Mezzogiorno potrà/dovrà essere una grande risorsa per tutto il Paese, questo non dovrà/potrà accadere senza il contributo fondamentale della fede cattolica (ma anche di ogni altra religione che volesse verificarsi sulla sua capacità di servire l’umano dell’uomo  a partire dall’attivazione di processi di solidarietà e comunanza). La fede cristiana e cattolica, infatti, hanno al centro del suo messaggio la rivelazione di una singolare paternità di Dio, quale promessa e speranza di una ritrovata fratellanza umana. Su questo criterio bisognerà verificare – in particolare in questo Anno della fede che Benedetto XVI inaugurerà l’11 Ottobre 2012, a 50 anni dall’apertura del Concilio Vaticano II e a 20 della promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica -, tutte le nostre tradizioni religiose, le nostre feste, le nostre celebrazioni rituali: aiutano i credenti a diventare più umani, cioè solidali e fratelli tra loro?
Occorre trasformare la crisi in speranza: passare dalla krisis al kairos, al tempo opportuno per risorgere, al tempo propizio per ridare alla bontà dell’uomo la parola decisiva. Il kairos dischiude la speranza dello sviluppo sostenibile e umano, della convivenza solidale, ma anche il senso dell’attesa di un futuro migliore. Il kairos dice anche che il tempo non è semplicemente kronos o cronometro: non è superficialmente un fluire di minuti nell’orologio della vita. Il tempo è cura, inter-esse per l’altro, la cui dignità di esistenza è riconoscibile come valore, “sacro”, cioè non dissacrabile, da accogliere sempre e mai rendere “oggetto” manipolabile. Il kairos afferma che l’uomo è sempre “qualcuno” e mai “qualcosa” e che questo impone l’esaltazione della sua dimensione più profonda, quella personale, per la quale e nella quale l’uomo è relazione amativa con altri, tra gli altri, per gli altri. Il passaggio dalla krisis al kairos punta sulla ricostruzione della relazione umana, per rifondarla sull’amore e non sul dominio o sulla sopraffazione. In questo passaggio la questione di Dio appare non solo importante, ma dirimente, perché in “questione” c’è la sua presenza, la sua vita nella storia in quanto vita di un Altro che libera, salva, che vuole l’umanità dell’uomo e la ama, la pensa e l’aiuta ad affermarsi in tutta libertà. Il Dio è “Dio per gli uomini” è “Dio per la vita dell’uomo”: occorre mostrarlo, è necessario poterlo raccontare, non solo per pensarne l’esistenza, ma soprattutto per percepirla reale, vicina: Dio veramente cammina con l’uomo e, insieme all’uomo, percorre i suoi (dell’uomo) sentieri. Perciò, si può essere ragionevolmente convinti che la religiosità del Mezzogiorno e della Calabria costituisce uno spazio di esperienza umana che “salva” e “libera” gli uomini e le donne dalle tentazioni individualistiche del narcisismo competitivo e guerrafondaio, per il quale l’altro è un lupo per me e “se non me lo mangio io, lui mangerà me”. Anche da qui il Mezzogiorno è risorsa per tutto il Paese. Certo, è necessario però rovesciare l’ottica del giudizio e del discernimento sulla realtà, la prospettiva con cui guardiamo le cose e indaghiamo sui processi umani, sapendo valutare dove si trova il degrado e dove invece si trovano le energie per resistervi.
Sono convinto che l’attivazione di processi di “resistenza al degrado dell’umano” può trovare nel Sud energie ancora non consumate e risorse inestinguibili, sempre a disposizione di chi ha intelligenza per individuarle, rielaborarle e renderle feconde. Condivido questa affermazione di F. Cassano: «il sud, con la sua lentezza, con i tempi e spazi che fanno resistenza alla legge dell’accelerazione universale può diventare una risorsa e quindi il collegamento tra i Sud sottrae il pensiero ai luoghi dove oggi esso ama assidersi e star comodo, alla forza di gravità del conformismo moderno» (Il pensiero meridiano, Laterza, Bari 1996, p. 5).
Rovesciare l’ottica per la quale le patologie del Sud nascerebbero da un deficit di modernità, potrebbe risvegliare la consapevolezza che proprio le insufficienze e le imperfezioni del Sud rispetto ai processi di modernizzazione costituiscano una chance per tutelare la modernità dalla spirale senza ritorno nella quale sembra avviluppare il mondo intero: il feticismo dello sviluppo, il nichilismo disperante della secolarizzazione infinita. E’ legittimo – in questa angolatura, convertita rispetto agli schemi intellettuali dominanti – interrogare il Sud d’Italia sul proprio deposito valoriale, etico-religioso. Assunto come territorio umano, identificabile e apprezzabile in una unità culturale ovviamente non omologata, ma creativamente plurale nel suo percorso storico, il Meridione d’Italia può contribuire a riscrivere “un’altra grammatica della povertà e della ricchezza” e aiutare l’orientamento della globalizzazione verso realizzazioni adeguate all’essere di ogni uomo, perché appariranno come mete più solidali, più comunitarie, più giuste e più pacificanti. Certo più lente. L’elogio della lentezza sembra essere un tratto caratteristico di un pensiero del Sud. La velocità distrae dall’umano, l’accelerazione nevrotizza, rende insensibili, impedisce di accorgersi dei veri problemi della vita, consuma il superficiale, rendendo tutto ingranaggio per continuare la corsa, senza soste, senza freni, sempre in avanti. La visione della realtà costruita dai processi di modernizzazione è quella di un “mondo in fuga” che ridisegna e cambia prepotentemente la vita di ogni giorno e le mentalità delle persone: alla fine però essa realizza, paradossalmente una “fuga dal mondo”, un modo di evadere dalla realtà vera, dalla crudezza e dalla serietà dell’impatto con la vita quotidiana, non più capace di nominare le “cose dell’umano esistere”.
Il pensiero meridiano ha un’altra concezione del progresso e dello sviluppo: coglie la velocità come un regresso e un impedimento e orienta a un “pensare a piedi”, più idoneo a prestare attenzione, maggiormente disponibile ad accorgersi dell’altro, della natura, della bellezza, sicuramente aperto a riflettere sulle ragioni di tutti, sviluppando dinamiche di ascolto, di reciprocità, di riconoscimento dei valori degli altri. Aspetti importanti della cultura meridionale, oggi particolarmente decisivi, per quella nuova centralità assunta del Meridione d’Italia: non più marginale periferia del mondo, ma nel cuore del Mediterraneo che è divenuto centro di ogni movimento verso il Sud, il Nord, l’Est e l’Ovest. Dai recenti eventi del mondo il Sud è stato ricollocato in un punto di incrocio. Da qui può svolgere le sue funzioni di mediazione, avvalendosi dell’adagio classico di una delle sue originarie culture: in medium stat virtus. Per questo compito storico, deve aver gusto per i confini che non possono essere aboliti globalmente. Tuttavia colti da un’altra prospettiva, i confini non separano, bensì uniscono, sono “ponti”.

Mi piace concludere con alcuni versi di una poesia che scrissi tanti anni fa sul Sud:

Risuscita
Risorgi
Sud di tutti i mondi
inonda quei terreni
rendili fecondi
il cuore ancora palpita
resiste in te Idealità
è un sogno aurorale
l’antica Identità