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Sigillo del gemellaggio tra Noto e Butembo-Beni

La devozione a Maria Santissima Scala del Pararadiso si sta diffondendo nella diocesi gemella di Butembo-Beni in modo prodigioso.
Tutto cominciò nel gennaio 2008 quando, in occasione della visita dell’allora vescovo di Noto mons. Mariano Crociata a Butembo-Beni, la delegazione netina portò in dono alla diocesi gemella anche una immagine in tela (m. 2×1,30) riproducente la Madonna della Scala venerata nel santuario di Noto. Il vescovo di Butembo-Beni, mons. Melchisedech, pensò bene di intitolare a Maria Santissima Scala del Paradiso la nuova parrocchia del quartiere  Vutetse di Butembo, e di collocare la prodigiosa immagine nella nuova chiesa parrocchiale. In seguito, nel gennaio 2010, con la visita a Butembo Beni di mons. Antonio Staglianò, l’immagine della Madonna della Scala fu distribuita nella diocesi gemella in centinaia di copie formato santina.
Da allora, la chiesa è divenuta un luogo di pellegrinaggio, con tantissima gente che anche da varie parti della diocesi vi si reca per per venerare la Virgie Marie Échelle du Paradis. Il Parroco attuale, l’abbé Thierry, coadiuvato  dai vicari parrocchiali Ildéphonse, Jean-Pierre e Armel (tutti giovani, il più anziano tra loro è stato ordinato sacerdote appena otto anni fa), sta facendo leva sulla devozione alla Madonna della Scala per una intensa catechesi popolare. Un approfondito studio storico teologico di mons. Salvatore Guastella sulla Madonna della Scala, tradotto in Francese e Swahili, sta facendo il giro di tutti i settori della parrocchia e delle comunità di base (più di 60.000 abitanti), diventando strumento prezioso di catechesi. Su pressante richiesta dei fedeli, l’abbé Thierry è andato in Uganda (a Butembo e in gran parte del Congo non ci sono tipografie) per far stampare l’immagine della Madonna in un formato atto ad appenderlo sulle pareti di casa. Con le risorse economiche disponibili è riuscito a riprodurne 2.000 copie.
Nel frattempo, un padre assunzionista belga che si trova a Butembo da 45 anni, p. Joseph Delvoldre, vista l’espansione della devozione, ha fatto dipingere da un pittore locale l’immagine di Maria Scala del Paradiso su un grande affresco nella nuova parrocchia del Santissimo Sacramento nel quartiere di Lyambo, sempre nella città di Butembo. Anche questa parrocchia sta diventando sempre più un polo di espansione della nuova devozione alla Vergine.
Ma l’espressione più viva dell’amore dei fedeli per Maria Scala del Paradiso si esprime certamente nel canto in lingua Kinande Omungasi w’elubula  (La Scala del Paradiso) che, composto da meno di due anni, è conosciutissimo in tutta la diocesi, grazie anche all’incisione su CD e DVD, ed è diventato il canto più popolare e più eseguito nelle liturgie. Anche nelle parrocchie più sperdute e povere, dove non arrivano le onde radio e pochissimi hanno la possibilità di ascoltare audiocassette e CD musicali, questo canto è ormai conosciuto. È quanto ho accertato per esempio andando a visitare la lontana parrocchia di Visiki.
La radio diocesana, Radio Moto, che manda in onda le canzoni con dedica, attesta che il canto più     richiesto dalla gente è senza ombra di dubbio Omungasi w’elubula . In particolare, il lunedì sera, alle ore 21, viene mandata in onda una trasmissione intitolata Action de grâce et chants des croyants, durante la quale i radioascoltatori esprimono in diretta il loro ringraziamento a Dio e chiedono l’ascolto di un canto. Ebbene, non solo i cattolici richiedono Omungasi, ma anche i protestanti (il conduttore chiede sempre la religione di appartenenza).
Maria Santissima Scala del Paradiso, per accelerare l’ecumenismo, chiama a collaborare anche i bambini. Infatti, sono moltissimi i bambini di famiglie protestanti che imparano Omungasi w’elubula  dai bambini di cattolici, giocando in strada, e ritornano sovente a casa con il canto in bocca. E la cosa più bella è che i genitori non solo non trovano niente da ridire, ma li ascoltano con piacere.
 
 

Stare nella storia con amore

Si è concluso il 15 Maggio il 23° corso di formazione nazionale per gli animatori di comunità del Progetto  Policoro tenutosi  a  Palermo a partire dal 10. Durante il corso, il 13 Maggio, si è svolto  il convegno in occasione del 15° anniversario del Progetto, a cui hano partecipato, insieme alle animatrici di comunità della nostra diocesi, Anita e Ada, il prof. Vassalli, vicedirettore della caritas diocesana e Marco, giovane inserito nella pastorale giovanile del vicariato di Pachino.
Il convegno è stato un momento celebrativo della nascita del progetto e del suo principale ideatore, don Mario Operti, direttore nazionale dell’ufficio per i problemi sociali e il lavoro, deceduto 10 anni fa, che insieme a Mons. Sigalini, allora direttore nazionale del servizio nazionale di pastorale giovanile e a Mons. Pasini, Direttore nazionale Caritas, convocò l’incontro a Policoro per discutere una proposta concreta che aiutasse a risolvere il gravoso problema della disoccupazione giovanile al sud, profondamente convinti che “Il Paese non crescerà se non insieme”. Ad introdurre i lavori sono stati S.Em. Paolo Romeo, Cardinale di Palermo, Mons. Angelo Casile, direttore Nazionale dell’ufficio per i problemi sociali ed il lavoro, Don Nicolò Anselmi, Responsabile del Servizio Nazionale per la pastorale giovanile ed il Dott. Francesco Marsico, Vice Direttore di Caritas Italiana.
«C’é bisogno soprattutto di persone –  ha affermato Mons. Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana – di giovani capaci di assumere un progetto di vita che susciti e realizzi iniziative di sviluppo personale e sociale». E aggiunge mons. Crociata, è necessario «offrire non un Vangelo consolatorio, ma un Vangelo che aiuti a cambiare mentalità sul significato del lavoro».
Mons. Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Boiano e già vescovo di Locri, in Calabria ha richiamato le radici del Progetto Policoro, sottolineando quanto di “vero, buono e bello” c’è stato, c’è e ci sarà in un progetto che dà fiducia alle idee dei giovani imprenditori.
Mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina, ha incoraggiato i presenti a creare un popolo di giovani che riprenda in mano il Vangelo e che da esso tragga forza e rinnovamento.
Mons. Giuseppe Benvegnù Pasini ha infine ricordato quanto è importante per il Progetto Policoro testimoniare nel mondo giovanile il contrario dell’indifferenza, che vuol dire assumersi responsabilità e farsi carico delle difficoltà degli altri, perchè, se è vero quanto scriveva Paolo VI nell’Enciclica Evangelii Nuntiandi: “Il mondo oggi sente il bisogno più di testimoni che di maestri e accetta i maestri solo se sono anche testimoni (E N 41)”.
 

Un ponte di legalità internazionale

Un ponte di legalità internazionale è stato gettato dagli studenti dell’Istituto d’Istruzione Superiore “E.Mattei” verso tutti i maggiori organismi che fanno della promozione della legalità e della salvaguardia dei diritti umani il loro quotidiano impegno. A promuovere l’iniziativa finanziata dal Fondo Sociale Europeo è dunque la scuola avolese che ha dato il via a “Le(g)Ali al Sud: Un progetto per la legalità in ogni Scuola “Il Ponte”. A suggellare l’importanza dell’iniziativa è stata la significativa partecipazione di S.E. il Vescovo della Diocesi di Noto Antonio Staglianò che è intervenuto nell’aula magna del “Mattei” all’apertura delle attività didattiche, intrattenendo studenti e docenti con un suo coinvolgente intervento. Le riflessioni di S.E. Staglianò hanno voluto sollecitare gli intervenuti sul significato di “legalità”, andando ben al di là delle semplici e assodate definizioni, e dei classici luoghi comuni. Ponendo quale primus movens il “logos”, ragione e pensiero, l’alto prelato ha sapientemente spiegato,  come solo attraverso l”intelligenza, la capacità cioè dell’uomo di “comprendere” e quindi di “conoscere” in  modo onnicomprensivo ciò che sta intorno e davanti a lui, si possono porre le basi per iniziare un percorso di legalità. La conoscenza e il sapere, sono gli unici motori che inevitabilmente conducono ad un percorso basato sul rispetto dell’altro, riconoscendolo quale persona. Purtroppo la società contemporanea si sta indirizzando progressivamente su percorsi sociali dove l’apparire, la materialità, il mercato di tutto e su tutto, dove ogni cosa ha un prezzo, stanno allontanando l’uomo dalla “comprensione” del suo prossimo, assoggettandolo ad una superficiale e spesso falsificata visione della realtà. E di conseguenza, il concetto di “legalità” pone quindi oggi, alla luce dei percorsi comportamentali e di pensiero assunti dall’uomo contemporaneo, dei seri dubbi su una sua reale efficace realizzazione. A dare l’impronta internazionale del progetto, si è registrato l’intervenuto di don Giovanni Bilongo della Diocesi di Butembo-Beni della Repubblica Democratica del Congo, che ha illustrato efficacemente le attuali precarie condizioni di vita del lontano Paese africano. Nel corso dell’incontro è stato proiettato un significativo video sull’esperienza diretta di un gruppo di volontari della nostra Diocesi, guidati dall’avv. Corrado Assenza, tra i docenti promotori del progetto scolastico, che hanno visitato per un mese il territorio di Butembo-Beni, constatando anche i frutti concreti del gemellaggio tra le due Diocesi. Gli incontri didattici in programma, che coinvolgeranno circa venti studenti del “Mattei” grazie alla sinergia con la Diocesi Netina, registreranno anche la partecipazione del Presidente di “Amnesty International”, del Presidente dell’Alto Commissariato dell’ONU c/o la Prefettura di Siracusa – Commissione Territoriale per il riconoscimento dello Status di rifugiato. Gli studenti del “Mattei” saranno inoltre impegnati a 5 uscite per apprendimento diretto in situazione, con le testimonianze dirette di rifugiati politici, con le attività divulgative con Amnesty International e uno Stage di apprendimento.
 

Una Speranza per l’Italia

La presentazione del libro del nostro Vescovo S. Ecc.za Mons. Antonio Staglianò “Una speranza per l’Italia”, di giovedì 26 maggio p.v. presso la Pontificia Università della Santa Croce di Roma ha subito un leggero cambiamento di orario, pertanto sarà anticipata alle ore 16.00 con le stesse modalità e con gli stessi invitati. Così il nostro Vescovo potrà accogliere l’invito del Sommo Pontefice, Benedetto XVI, che in quel giorno sarà alla Basilica di Santa Maria Maggiore per recitare il Santo Rosario insieme ai Vescovi Italiani  per rinnovare l’affidamento alla Madonna dell’Italia, nell’anniversario dei 150 anni di unità politica.
 
 
Pubblichiamo il file audio dell’intervista rilasciata da Mons. Staglianò a Radio Vaticana  sul suo nuovo libro andata in onda ieri 15 Maggio. Per ascoltarla clicca qui
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

La Chiesa di Noto pellegrina per la 30ª volta al Santuario diocesano di Maria SS. Scala del Paradiso

Il pellegrinaggio diocesano al Santuario di Maria SS. Scala del Paradiso, il prossimo 31 maggio, martedì, raggiunge quest’anno la sua trentesima edizione e prevede una partecipazione sempre più crescente (circa tremila persone) provenienti da tutti i vicariati della diocesi. La prima edizione -è bene ricordarlo-, risalente al 13 maggio 1982,  venne fatta su invito del Papa, ora Beato, Giovanni Paolo II, a tutti i vescovi del mondo cattolico, di compiere un pellegrinaggio nei singoli santuari mariani delle loro diocesi, mentre egli si recava a Fatima a dire il suo grazie a Maria per il suo “miracoloso” intervento nell’attentato di Piazza San Pietro, da parte di Alì Agca, il 13 maggio dell’anno precedente. Quest’anno, dunque, come è ormai affermata tradizione ci si troverà, alle ore 17,30  di martedì 31 maggio, all’altezza della prima curva della Via Sacra per iniziare la recita del Santo Rosario assieme al nostro Vescovo. Successivamente alle ore 18.30, avrà inizio la concelebrazione dell’Eucaristia, nello spiazzale soprastante al Santuario, durante la quale mons. Staglianò rinnoverà l’affidamento a Maria della Chiesa netina. 
 
 
Ritiro-Pellegrinaggio del clero con i giubilei
Come tutti gli anni i presbiteri e i diaconi sono invitati a partecipare al pellegrinaggio-ritiro al Santuario diocesano di Maria SS. Scala del Paradiso.
L’appuntamento è fissato per il 27 maggio 2011 alle ore 9.30. il ritiro sarà animato da don Luca Saraceno Rettore del Santuario Madonna delle Lacrime di Siracusa. Durante l’Eucaristia (ore 12.00) ci si unirà alla gioia dei confratelli che celebrano il giubileo sacerdotale in quest’anno 2011:
– 25° anniversario (04.10.1986) del sac. Rosario Gisana, Vicario episcopale per la pastorale;
– 25° anniversario (04.10.1986) del sac. Mario Gugliotta, parroco in San Giuseppe a Ispica;
– 60° anniversario (29.06.1951) del sac. Giuseppe Sortino, rettore della Chiesa S.Domenico in Modica;
– 60° anniversario (29.06.1951) del sac. Carlo Guerrieri, parroco in S. Andrea a Noto.
 
 

Con gli immigrati la possibilità di ripensarci più umani

Con la Messa in San Pietro presieduta dal vescovo di Noto si sono conclusi i lavori del Coordinamento nazionale Caritas 2011, tenuto eccezionalmente a Modica e promosso dalla Caritas Italiana insieme alle Caritas diocesane di Noto e di Ragusa. “Saremo giudicati sull’amore” – ha ricordato Mons. Antonio Staglianò. “Abbiamo bisogno di un cristianesimo vero, di carne e di sangue. Un cristianesimo che ha al centro il donarsi di Cristo, il suo farsi pane. Per questo ci vogliono occhi capaci di vedere”. Le parole del vescovo hanno sigillato con autorevolezza, come già la sera precedente aveva fatto il vescovo di Ragusa Mons. Paolo Urso, il percorso di questi giorni. Ricordando che l’immigrazione è una sfida che chiede a tutti di essere veramente uomini. Accogliere, infatti, non è anzitutto un’opera caritativa da delegare ad alcuni, ma un’opera di verità per tutti: la sfida dello straniero, come quella del povero, ci ricorda che l’uomo conta più di tutto, che la chiamata originaria è quella dell’unica famiglia umana, che alla chiamata si risponde in una libertà vera che nasce dall’obbedienza al Padre rivelato da Cristo e alla conseguente, concreta e generosa, fraternità. D’altronde le testimonianze da Lampedusa, dal parroco don Stefano Nastasi agli operatori della Caritas o delle organizzazioni umanitarie che operano nell’isola, rivelano come l’emergenza nasce dalla disperazione ovvia di chi viene lasciato senza accoglienza. Anche i numeri lo dimostrano: quelli dei primi mesi del 2011 (31.000 persone sbarcate) sono inferiori di quelli del 2008 (36.000). Solo che allora c’era un preciso sistema di informazione che permetteva di distinguere rifugiati in cerca di salvezza da persone in cerca di lavoro e costruire precisi cammini di accoglienza. La questione vera è non lasciare sola Lampedusa, mentre intanto – come ha sottolineato l’Arcivescovo di Agrigento Mons. Franco Montenegro celebrando la notte di Pasqua nell’isola – l’accoglienza spontanea dei lampedusani rappresenta già pezzi di umanità nuova. Come ricordato al Coordinamento di Modica dal direttore della Caritas di Agrigento, Valerio Landri, occorre lasciarsi educare, lasciarsi interrogare per ripensare una vita più aperta, perché meno dipendente da beni e calcoli e più attenta all’altro perché attenta a Dio. Entro questo sfondo, nella mattinata conclusiva sono stati anche affrontati i nodi giuridici e sanitari dell’immigrazione, si sono ascoltate esperienze di accoglienza accadute e progettate in tutte regioni d’Italia, ci si è dati appuntamento al prossimo coordinamento nel mese di settembre. Non senza esprimere soddisfazione per la qualità dei lavori e per il calore dell’accoglienza, con vivo apprezzamento di questa terra e con l’appendice di una sosta nel fine settimana tra monumenti e mare, per riprendere quindi a partire da lunedì ad accogliere con percorsi quotidiani di inclusione, mentre – arrivata la notizia dei nuovi sbarchi – prontamente il responsabile emergenze della Caritas ripartiva per essere accanto ed organizzare i primi aiuti. Tra i molti approfondimenti che hanno caratterizzato questo Coordinamento, uno in particolare sarà importante riprendere anche nel nostro territorio: l’attuale transizione storica, che vede ritornare centrale il “Mare nostrum” per popolazione (raddoppiata nel NordAfrica negli ultimi vent’anni, passando dal 140.000.000 a 280.000.000), per risorse e per commercio (un terzo dei traffici marittimi di tutto il mondo), impegnando tutti ad una maggiore consapevolezza e i governi ad un’adeguata politica corrispondente alla primavera dei popoli arabi. Senza dimenticare l’antica vocazione del Mediterraneo ad essere mare di pace, tanto cara a Giorgio La Pira, grazie ai valori della filosofia, del diritto, dell’arte, delle fedi ebraica, cristiana, musulmana.
 

Quattro preti di Butembo-Beni fra noi per cinque anni

L’arrivo a Noto lo scorso 4 maggio, per un servizio pastorale quinquennale fra noi, di quattro preti dalla diocesi africana di Butembo-Beni, può ben considerarsi (come scrive il nostro vescovo, mons. Staglianò, nella terza lettera ai presbiteri del 19 marzo scorso, cfr pagg. 24-28) un vero salto di qualità che mira a dare “corposità e concretezza” alla “reciprocità missionaria” tra la nostra Chiesa netina e la suddetta Chiesa africana; reciprocità missionaria avviata con il gemellaggio di 23 anni orsono. Questo gemellaggio è stato siglato a Noto, in Cattedrale, il 21 Aprile 1988, dal compianto e profetico Vescovo di Butembo-Beni, mons. Emmanuel Kataliko, e dal  venerando nostro Vescovo emerito mons. Salvatore Nicolosi, in occasione del 25° anniversario della sua ordinazione episcopale. La permanenza dei quattro preti africani tra noi, si può collegare con la presenza a Butembo -per almeno tre anni- di don Salvatore Cerruto, provicario generale, che ha già aperto una “casa del clero netino” a Butembo, che può ospitare altri nostri diocesani (preti, diaconi, religiose/i e laici). Mons. Staglianò, infatti, sta fortemente esortando i preti degli otto vicariati, durante la visita ad episcopi limina, ad intraprendere questa esperienza, come suggerito nel nuovo protocollo del gemellaggio siglato a Butembo nel gennaio scorso. Intanto questi quattro preti africani, l’abbé Mbusa Muyisa Wathuma Benjamin, l’abbé Kasereka Bambisa Marie-Leonce, l’abbé Ngongi Kasereka Robert, l’abbé  Kakule Patanguli Deogratias, ai quali porgiamo un fraterno e caloroso benvenuto, stanno cominciando ad inserirsi nella nostra Chiesa locale con una prima permanenza al Sacro Cuore di Modica (insieme al parroco d. Giordanella già direttore dell’Ufficio diocesano missionario), mentre nei prossimi mesi faranno esperienza nel vicariato di Noto per vivere più vicini al Vescovo. Successivamente saranno inviati in servizio pastorale presso quattro comunità parrocchiali degli otto vicariati. Qui verranno chiamati ad essere esperti e concreti animatori del gemellaggio che non può non svilupparsi sempre più tra le due chiese sorelle di Noto e Butembo, alla luce della ecclesiologia di comunione e di missione del Concilio Vaticano II (cfr Secondo Sinodo della Diocesi di Noto, decisioni 34 e 38). (Red.)
 

UN’ESPERIENZA DI CHIAMATA E RISPOSTA

Per la prima volta quest’anno a Noto le Oblate Apostoliche e le Cooperatrici, in comunione con tutta la famiglia Pro Sanctitate, celebrano la “Festa dell’Alleanza”. Un momento assembleare in cui si fa memoria dell’opera della salvezza  che Dio ha compiuto e continua a compiere, della proposta squisitamente personale rivolta ad ogni uomo e donna di buona volontà, della risposta piena che ciascun chiamato può dare nella sua specifica vocazione per formare un nuovo tessuto comunitario e sociale. Un momento emozionante, per chi lo rivive da tanti anni e per chi lo coglie  con lo sguardo fresco di giornata, ma sempre soffuso di sorpresa per il mistero di un Dio Altissimo che associa a sé la povera strumentalità umana.
È una festa, dunque, l’Alleanza, come ha voluto chiamare il Fondatore Guglielmo Giaquinta questa convocazione annuale dal forte significato profetico e dal richiamo tanto attuale; una festa, come i suoi figli e figlie spirituali vogliono custodirla nella propria tradizione storica e rinnovarla nel proprio impegno quotidiano.
“Sia consentito affermare, scriveva mons. Giaquinta, che la chiave di soluzione dei problemi di oggi può essere solamente quella biblica dell’alleanza, che nel Nuovo Testamento arriva al culmine con la santità di popolo e con la fraternità universale: una chiave in cui la società assuma come base l’alleanza di amore con Dio; come meta il regime di giustizia-fraternità; come traguardo ideale la santità”.
Rifacendoci al suo pensiero, possiamo comprendere che il motivo ispiratore della sua spiritualità e delle sue fondazioni è proprio l’alleanza, la categoria presente in tutta la Scrittura, che attraverso le diverse tappe si conclude nella rivelazione di Cristo Gesù Salvatore. In questa prospettiva l’alleanza, quale “elemento dinamico” della fede cristiana, diventa l’alveo in cui nasce e si sviluppa l’adesione al carisma da parte di ogni membro della famiglia Pro Sanctitate, nell’esigenza-desiderio del di più.
L’esperienza ecclesiale della Festa dell’Alleanza, celebrata per la prima volta nella terra natale del Fondatore, presieduta dal Vescovo della Diocesi nella Basilica del SS. Salvatore al Seminario, sabato 21 maggio, alle ore 17.00, assume il volto nuovo dai tratti di fecondità ed è offerta a tutti come testimonianza del Dio-con-noi, accanto a noi, in cammino sulle nostre strade. 
Vuole essere un auspicio che il segno dell’alleanza rischiari una società così bisognosa di accoglienza, di pace, di fraternità … e possa essere il seme di buon grano gettato soprattutto nel solco della famiglia nella quale dimora il nostro futuro. Ed è anche un sentito augurio  per chi  nella disponibilità interiore si apre ad un coinvolgimento maggiore o lo conferma definitivamente: “Sia l’inizio di un periodo nuovo, esortava già in un’altra occasione padre Guglielmo, fatto di generosità, di donazione totale, perché noi stessi e l’ambiente in cui viviamo acquistino un volto nuovo”. 
 

IL VOTO COME DOVERE NON SOLO CIVICO MA ANCHE RELIGIOSO

La condizione sociale e politica del Congo è ancora molto instabile e incerta. Sono passati cinquant’anni dalla dichiarazione d’indipendenza e solo una decina dalla fine del regime dittatoriale di Mobutu, ma non si può certo dire che la democrazia si sia bene affermata. Anzi, non si è lontani dal vero dicendo che è ancora tutta da costruire.
La politica a tutt’oggi corrisponde ad una sorta di giungla, dove non non ci sono diritti se non quelli del più forte, o per meglio dire del più violento e astuto. A fronte di questa situazione, risultano di capitale importanza le elezioni politiche del prossimo novembre, al cui esito è legato un futuro di pace e di guerra.
In ogni caso si pone un grave problema: sono ancora pressoché inesistenti i registri elettorali. Nessuno sa ancora con precisione chi sono e quanti sono i cittadini che hanno diritto al voto. D’altra parte non c’è molto molto da meravigliarsi di questa situazione se si pensa che anche l’anagrafe stessa della popolazione è molto incerta, con molti bambini che non vengono dichiarati alla nascita. In questi giorni, in tutte le città del Congo si sta svolgendo una febbrile attività di enrôlement (“arruolamento”) en vue de la révision du fichier électoral, cioè di accertamento d’identità e d’iscrizione per poter preparare uno schedario nazionale degli aventi diritto al voto. Molti congolesi sono ancora senza una sufficiente istruzione e tantissimi non conoscono le modalità delle elezioni, per cui si corre il rischio che lo schedario elettorale possa rimanere molto incompleto e inadatto allo scopo.
La Conferenza Episcopale Congolese ha preso posizione di fronte al problema, pubblicando il documento “Anno delle elezioni: Che dobbiamo fare? (cf. At 2,37)”, nel quale si ricorda ai fedeli che dalla loro partecipazione alle elezioni politiche dipenderà la democrazia: «è urgente e indispensabile precisare la posta in gioco fondamentale e decisiva per la Nazione su cui si fonda il dovere del popolo di andare a votare. Tale posta in gioco consiste essenzialmente nella costruzione di un Congo realmente democratico, pacificato e portatore, grazie ad una politica di buon governo, di nuove possibilità di sviluppo per il nostro popolo».
Ogni diocesi in Congo si è fatta carico di questa opera di sensibilizzazione e informazione per favorire la partecipazione dei cittadini alle elezioni. Il vescovo di Butembo-Beni, mons. Sikuli Melchisedech, in data 3 maggio ha rilasciato un comunicato pastorale sul tema, rivolto ai fedeli e a tutti gli uomini di buona volontà. Ne riportiamo un ampio stralcio: «L’arruolamento in questione non è nient’altro che un esercizio del vostro diritto di cittadine e cittadini di nazionalità congolese. E l’identificazione che ne risulta prova a sufficienza che voi godete di una Patria e, perciò, vi è offerta l’opportunità o l’occasione di agire sulla gestione della cosa pubblica e così contribuire al miglioramento della nostra situazione sociale. È per questo che vi esorto, cari fratelli e sorelle, ad arruolarvi in massa e senza tardare al fine di avere anche il diritto di partecipare alle tappe successive di questo processo e sperare così di dare il vostro contributo personale alla ricostruzione del nostro Paese con la vostra scelta responsabile e giudiziosa. In effetti, arruolarsi costituisce un dovere non solo civico ma anche sacro e diremmo religioso. Tanto è vero che Maria e Giuseppe, i genitori del nostro Salvatore, adempirono questo dovere a suo tempo andando a farsi censire nel loro villaggio natale. Ed è d’altronde nel corso di questo viaggio per il censimento che nache Gesù Cristo (cf. Lc 2,1-20). Andiamo dunque ad arruolarci! Facciamo tesoro del tempo senza attendere l’ultimo momento. Andiamoci subito perché domani sarà troppo tardi; e noi saremmo i primi a piangerne le conseguenze».
Il messaggio di mons. Sikuli sulle elezioni non deborda  dai compiti pastorali di un vescovo ma anzi li realizza. Egli conclude con le parole dei vescovi congolesi nel documento succitato: «la Chiesa cattolica, fidele alla sua missione evangelizzatrice e alla cura della promozione umana integrale che ne fa parte, accompagnerà con la preghiera e la formazione all’educazione civica questo processo elettorale da cui dipende l’avvenire della Nazione Congolese».
 

A Modica il Coordinamento Nazionale Immigrazione 2011

Eccezionale evento per Modica, per la diocesi di Noto e per il territorio ibleo tutto, ma anche occasione di estrema attualità è il riunirsi di ottanta delegati da tutte le Caritas d’Italia, più una ventina di ospiti, per il Coordinamento nazionale immigrazione 2011.  L’evento, promosso da Caritas italiana insieme alle Caritas diocesane di Noto e di Ragusa (dove ci si sposterà giovedì sera), inizierà mercoledì 11 maggio alla Domus S. Petri con una sessione dedicata al Mediterraneo, coordinata dal giornalista di “Avvenire” Paolo Lambruschi. Sono previsti gli interventi di Fabrizio Maronta di LIMES, di Barbara Molinario dell’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati, dal comandante della Capitaneria di Porto di Pozzallo Raffaele Giardina, e la testimonianza di Gabriele Del Grande, di Fortress Europe. Alle 21,30 presso l’Atrio Comunale di Modica tutti i cittadini sono invitati ad un momento pubblico di benvenuto promosso dall’Amministrazione, con momenti artistici e musicali curati dal gruppo musicale “I malacuscenza” e dalla “Compagnia del Piccolo Teatro”. Il coordinamento proseguirà giovedì – con ospite il parroco di Lampedusa – e venerdì. Il coordinamento sarà concluso venerdì 13 alle 12 con la concelebrazione eucaristica, nella chiesa di San Pietro, presieduta dal nostro Vescovo, Mons. Antonio Staglianò. Ai lavori parteciperà anche il direttore nazionale della Caritas, Mons. Vittorio Nozza. Sullo sfondo sarà tenuta presente la testimonianza di Giorgio La Pira, figlio di questa terra, che invitava a guardare al Mediterraneo come luogo di incontro tra le civiltà per costruire un mondo pacificato.  
 
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