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Butembo. Mons. Sikuli denuncia le violenze sulla popolazione

Martedì 23 novembre, il vescovo mons. Sikuli Melchisedech alle ore 12 ha convocato una conferenza stampa in vescovado, per leggere un messaggio in lingua francese. Erano presenti 14 giornalisti delle varie radio locali e dell’unico giornale locale, Lescoulisses, c’erano anche due rappresentanti dell’ONU.
Le parole di Mons. Sikuli sono di denuncia franca e coraggiosa. Parla dei «rapimenti, sparizioni di persone, assassinii, razzie sulle strade Beni-Kasindi, Butembo-Kauruma-Kasindi, Butembo-Goma, Butembo-Manguredjipa». Richiama i nomi di vittime rappresentative di scolari, giovani, padri e madri di famiglia, intellettuali, commercianti. Ricorda che dal mese di luglio al mese di ottobre 2010, nella sola zona di Mbau-Oicha-Eringeti, si sono registrati 32 omicidi e 31 rapimenti. Richiama, infine, anche l’assassinio di padre Bakulene e dei 9 passeggeri del bus sulla strada per Goma.
Dopo aver esposto quadro delittuoso, mons. Sikuli denuncia, senza mezzi termini, le colpe del “potere centrale”, dei “politici eletti nel territorio di Beni e Lubero”, della “MONUSCO” (caschi blu dell’ONU), dei “capi tribù del territorio di Beni e Lubero”, dell’esercito e della polizia nazionale.
Al potere centrale, il vescovo rinfaccia una indifferenza che «rischia di essere interpretata dalle popolazioni vittime e martiri come una complicità», e una irresponsabilità politica che diventa prova del «tentativo di fare accreditare un’ideologia genocidiaria».
Durissime le parole rivolte a senatori, deputati nazionali e provinciali: «Il vostro silenzio è colpevole. Voi assomigliate a pastori che vedono sgozzare con indifferenza le pecore del loro gregge. La popolazione vi chiederà conto in breve tempo. Che bilancio darete della vostra legislatura? Si possono realizzare opere magnifiche per un popolo mandato nelle tombe e nei cimiteri?».
E non meno dura è la denuncia della MONUSCO che «assiste con impotenza e passività al peggioramento delle condizioni di sicurezza a Est della Repubblica Democratica del Congo. Per esempio, in occasione dell’assassinio di padre Bakulene, la MONUSCO pur sollecitata, è rimasta passiva e non è intervenuta».
Mons. Sikuli richiama anche i capi tribù alle loro responsabilità sul problema della spartizione della terra che è causa di conflitti e delitti in continuazione: «Voi assumete una grande responsabilità nella gestione della terra che è fortemente bramata. Se essa è mal gestita, può divenire causa di conflitto. Così noi invitiamo a una gestione saggia della terra che, lungi dall’essere di proprietà personale, è di proprietà comunitaria».
Coraggiosa è anche la denuncia dei militari, i protagonisti ultimi di una violenza che, come si è visto, ha origini remote: «La vostra missione è di assicurare la sicurezza delle persone e dei loro beni … Stranamente, si constata che voi rapinate, violentate e uccidete gli innocenti. Ricordate l’esortazione di Giovanni Battista ai soldati che venivano a farsi battezzare da lui e che gli chiedevano: “E noi, cosa dobbiamo fare?”. Egli rispondeva loro: “Non commettete estorsione o frode verso nessuno, e contentatevi della vostra paga” (Lc 3,14). Dio rivolge a voi questa parola rivolta a Caino : “A ciascuno, chiederò conto della vita di suo fratello” (Gn 9,5) ».
Infine, il vescovo di Butembo Beni esorta tutti gli operatori pastorali a «contribuire alla formazione della popolazione, a comprendere la posta in gioco della democrazia, in particolare durante le elezioni politiche, affinché ogni elettore sia meglio informato sul profilo dei candidati».
Ai fedeli e a tutti gli uomini di buona volontà è rivolta in ultimo l’esortazione a «denunciare i malfattori» e a evitare la complicità con i sicari che uccidono una persona anche al «vile prezzo di 5 dollari».
La parola di speranza con cui mons. Sikuli chiude il suo messaggio è quella di Gesù nel vangelo: «Coraggio, io ho vinto il mondo» (Gv 16,33).

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Palermo. Alla CeSi un convegno regionale Migrantes

Oggi, mercoledì  24, fino al 26 Novembre p.v., nell’Istituto Cristo Re di Messina, avrà luogo il Convegno Regionale, organizzato dall’Ufficio regionale per le Migrazioni della Conferenza Episcopale Siciliana, sul tema “La mobilità umana: priorità pastorale?”.
  Il Convegno, che avrà inizio alle 15, si svilupperà attorno a tre momenti fondamentali: la mobilità umana e le Chiese di Sicilia, la mobilità umana e il quadro di riferimento giuridico, socio-politico e mediatico; la mobilità umana e la scelta pastorale delle nostre Chiese.
Ai lavori, ai quali sarà presente mons. Calogero La Piana, arcivescovo di Messina, delegato C.E.Si. per le Migrazioni e membro della Commissione Episcopale per le Migrazioni della CEI, interverranno:
– Diac. Santino Tornesi, Direttore dell’Ufficio regionale per le Migrazioni della C.E.Si.
– Mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes;
– Prof. Luigi D’Andrea, della Facolta di Giurisprudenza dell’Università di Messina
– Prof. Fulvio Vassallo Paleologo, della Facolta di Giurisprudenza dell’Università di Messina;
– On. Jaen – Léonard Touadi, della Camera del Deputati del Parlamento Italiano;
– Dott. Alberto Colaiacomo, dell’Ufficio stampa della Caritas di Roma;
Venerdì 26 Novembre, alle 9,30, nell’Auditorium “Mons. Fasola”, a Messina, a chiusura del Convegno, è prevista la presentazione del Dossier Statistico Immigrazione 2010, curata dall’Ufficio diocesano Migrantes e dalla Caritas diocesana e realizzata grazie alla compartecipazione dell’Assessorato alle Politiche di Integrazione del Comune di Messina.

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Roma. Seminario Nazionale per le diocesi in rete

Da oggi fino al 24 novembre a Roma si tiene un Seminario, promosso dall’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e del Servizio Informatico della Cei, che intende proseguire il cammino di riflessione intrapreso con il Convegno nazionale Chiesa in rete 2.0 (Roma, 19-20 gennaio 2009) e culminato nel Convegno nazionale
Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era crossmediale (Roma, 22-24 aprile 2010).
 
Scrive il Papa nel Messaggio in occasione della 44ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali: “Ci è richiesta la capacità di essere presenti nel mondo digitale nella costante fedeltà al messaggio evangelico, per esercitare il proprio ruolo di animatori di comunità che si esprimono ormai, sempre più spesso, attraverso le tante “voci” scaturite dal mondo digitale, ed annunciare il Vangelo avvalendosi, accanto agli strumenti tradizionali, dell’apporto di quella nuova generazione di audiovisivi (foto, video, animazioni, blog, siti web), che rappresentano inedite occasioni di dialogo e utili mezzi anche per l’evangelizzazione e la catechesi”.
 
L’esortazione di Benedetto XVI induce quanti operano nel mondo delle comunicazioni sociali e dell’informatica nelle diocesi e nelle parrocchie italiane a ripensare le dinamiche comunicative valorizzando il web quale luogo che “possa fare spazio – come il «cortile dei gentili» del tempio di Gerusalemme – anche a coloro per i quali Dio è ancora sconosciuto”. I principali d
estinatari sono i Direttori UCS diocesani; i Responsabili Informatici diocesani e lo Staff web dei siti diocesani. Dalla diocesi di Noto si sono recati a Roma per partecipare a questo importante convegno il direttore UCS don Rosario Sultana e un suo collaboratore di curia Paolo Manenti che avranno cura di aggiornare tutti in tempo reale sul convegno nazionale.

Altre info su www.diocesinrete.it

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Proposte per l’avvento a partire dal gemellaggio con l’Abruzzo

Vivremo l’Avvento 2010 portando nel cuore la consapevolezza – ravvivata nel nostro Convegno diocesano di inizio anno e dal documento dei vescovi italiani per i prossimi dieci anni sulla sfida educativa – che Dio è il nostro primo educatore. La prima scuola resta la liturgia unita alla lectio divina, ma ci sono anche le sollecitazioni ricevute negli incontri unitari con don Nisi Candido e in esperienze che dilatano il cuore – come i gemellaggi con l’Africa e con l’Abruzzo. Vengono allora offerte a tutti nel sussidio per l’Avvento 2010 in modo particolare le perle preziose raccolte nel rapporto di fraternità avviato con la comunità di Paganica (L’Aquila) attraverso le visite reciproche. Come nei racconti evangelici anche in questo sussidio si parte da volti precisi e particolari, per ricevere però messaggi universali che potremo riportare nella vita delle nostre comunità come un’ispirazione, e così costruire il percorso di Avvento. Sono riportati alcuni testi per un discernimento della vita e della storia, delle tracce per la preghiera (per l’adorazione eucaristica, per la liturgia penitenziale, per la veglia di Natale), delle proposte d’impegno (la visita e la mappatura dei bisogni, anche come esperienza educativa; il presepe a tappe con i bambini; le indicazioni per la colletta dell’Avvento di fraternità). Come scrive il nostro Vescovo nella prefazione, «dal “basso della terra” (da questo lembo di Sud d’Italia, posto sul Mar Mediterraneo, che si incontra con le terre ferite dal terremoto e delle vite terremotate dei poveri, dei migranti, del Sud della terra, a iniziare dalla diocesi gemella di Butembo-Beni) vogliamo rinnovare il canto di gloria a Dio che tutti gli uomini ama, cantato dagli angeli a Betlemme e ogni Natale posto nel nostro cuore nella misura in cui ci apriamo e innamoriamo di questo mistero d’amore». Quanto alla colletta di Avvento, quest’anno sarà destinata ad un bisogno urgente, concreto, situato nelle nostre relazioni con la comunità di Paganica: essa solo ora sta riprendendo lentamente una vita comunitaria più serena, avendo però bisogno del sostegno dei fratelli. La CEI ha ultimato i lavori per un Centro pastorale comunitario, ma ora occorre l’arredamento delle aule catechistiche e della sala di comunità. Complessivamente servono 20 mila euro, e serve per noi la capacità di ricordarci che ogni colletta non è un’elemosina ma un gesto santo che deve avere misura evangelica. Peraltro il desiderio della comunità di Paganica è di trovare in seguito forme reciproche di aiuto, e questo dice l’esemplarità di una comunità che nel passato ha tanto aiutato altri, in varie zone dell’America Latina come in progetti di recupero dei ragazzi di strada nell’Est europeo. C’è poi la fraternità delle Clarisse tornata, malgrado tante proposte diverse, a Paganica in un prefabbricato, per restare in mezzo alla fatica della gente dopo essere stata come tutti colpita direttamente con la morte della madre e la distruzione del convento. Anche in questo caso possiamo farci strumento della Provvidenza… La carità dirà la verità del nostro Natale, non solo nel dare, ma anche e anzitutto nel ricevere la misura di una vita essenziale, per questo generosa.
 
Copie del sussidio si possono trovare nelle librerie cattoliche di Noto e Modica. Si allega testo in pdf per poterne riprodurre parti utili per momenti di preghiera, di riflessione, di impegno.
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La storia dalla parte delle vittime

La parola del nostro Vescovo, Mons. Antonio Staglianò, ha aperto la XXXIX Settimana Teologica di Modica in una Domus S. Petri che ha registrato anche quest’anno una vasta e qualificata partecipazione. Si tratta, vale la pena sottolinearlo, di un appuntamento che – dal Concilio ad oggi – permette alla Chiesa netina e alla città di Modica il respiro di una forte ricerca di senso della vita e della storia, senza la quale tutto rischia di appiattirsi e di omologarsi alla mentalità dominante. “La teologia serve!”, ha detto con forte convinzione il Vescovo, ricordando che quella sala era stata il primo luogo della sua conoscenza della diocesi quando era venuto nel 2000 come teologo. La teologia serve per una fede adulta, e per questo pensata, e serve per la vita, per
leggerla in profondità. Come si è potuto verificare nello svolgimento delle tre sere. Durante la prima sera, don Corrado Lorefice (sostituendo Massimo Toschi, che non era potuto arrivare in tempo per lo spostamento dell’aereo in tarda serata), ha ripreso la lezione conciliare della Chiesa povera e dei poveri, chiarendo come l’eucaristia è fonte di rinnovamento anche politico per la forza che immette nella storia e come la “questione dei poveri” non è anzitutto una questione etica, legata a cosa fare, ma ontologica e teologica, legata a chi siamo come uomini e come cristiani. Con i poveri impariamo a rifiutare gli idoli del benessere e ritroviamo il valore della relazione, ad iniziare dalla relazione con Dio. Per questo la consapevolezza, per la prima volta esplicitata da papa Giovanni, di una Chiesa che sia anzitutto “povera e dei poveri”, e non solo “per” i poveri, richiede un “accrescimento attuativo”. Come quello del Sinodo diocesano netino, ripreso la seconda sera da Massimo Toschi come un evento di grazia per la Chiesa di Noto, che si è messa così in sintonia con lo stile stesso di Gesù. Una sintonia che colloca sulla linea della profezia, legata anzitutto alle vittime della storia, il cui sangue è più eloquente delle parole e ci invita ancora oggi ad essere accanto per scoprire cosa Dio ha da dirci. Come è potuto essere accanto lui Massimo Toschi, poliomielitico in carrozzella, partendo dai bambini, dalle vittime più innocenti, e potendo arrivare – con la sola forza della fede – a far curare dai medici ebrei i bambini palestinesi, innestando un meccanismo di riconciliazione. Che poi ha anche risvolti politici di grande respiro, come nel caso del Sud Africa che si è liberata dall’apartheid grazia alla capacità di Nelson Mandela e del Vescovo anglicano Desmond Tutu di aiutare a coniugare spiritualità e cittadinanza. Così il Vangelo viene proclamato nel suo modo più proprio: “dalla croce”, in cui continua a soffrire l’innocente, offrendo un messaggio che è “per tutti”, e in primo luogo per le vittime, ma anche per i carnefici chiamati a pentirsi e a ritrovare, nella richiesta di perdono, relazioni nuove. Quando poi la profezia prende corpo in figure esemplari come don Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pira, don Lorenzo Milani, allora riceviamo parole che rinnovano la storia. Pensiamo al ruolo di Dossetti nella Costituente e al Concilio, ma anche come politico e come monaco. Pensiamo a La Pira che ha forgiato Firenze come città della pace, lui che veniva dal Sud. Pensiamo a don Milani che, da un luogo isolato e poverissimo come Barbiana, ha saputo dire la parola più seria sulla scuola che sia stata finora detta. E lui l’ha detto con la vita, contro ogni intellettualismo, preoccupato solo di dare la parola agli ultimi perché potessero riscoprire la loro dignità e chiarendo che il “fine vero della scuola è l’amore per il prossimo”! Anche in questo caso, Massimo Toschi ha invitato anzitutto a cogliere il segreto della profezia, ciò che l’ha reso possibile e che la rende possibile e doverosa anche per noi: una robusta vita interiore, una preghiera autentica che permette all’impossibile di diventare possibile. Certo, questo può farlo solo Dio, ma in Lui siamo chiamati a farlo anche noi, accettando di pagare per questo un prezzo. “Quando la grazia è data, è comunque data per intero e non va seppellita!”. Le parole provenivano da uno che in sedia a rotelle è stato più di quaranta volte nel mezzo di guerre e di ingiustizie per favorire processi di riconciliazione; le parole venivano dette con un racconto di sé che arrivava alla confidenza della persuasione che il suo prezzo alto pagato era stato la morte della moglie come era stata per Abramo, dopo la riconsegna di Isacco, la morte di Sara. Una Settimana teologica particolare quella di quest’anno, che ha lasciato nella diocesi e nella città un messaggio forte che invita all’autenticità e ad una speranza operosa e coraggiosa, speriamo anche contagiosa, senz’altro fonte di una vita bella.

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San Martino, la festa del dono

Un cantiere educativo è quello che si è aperto alla Fontana, nell’area attrezzata padre Basile, che man mano si va trasformando e diventando spazio di relazioni, di crescita e… di festa. Uno degli ambiti della vita in cui – secondo il Convegno ecclesiale di Verona – esercitare la testimonianza della speranza cristiana. Come si è potuto, con intensità e semplicità, vivere la sera di San Martino per la prima edizione della “festa del dono”. L’evento è stato reso possibile dal convergere di associazioni e istituzioni in un progetto comune. Caritas diocesana, Avis, Casa don Puglisi, Protezione civile (sia come struttura comunale che come volontari dell’AVCM), Misericordia, Sentinelle hanno insieme “costruito” una serata di festa vera, capace di generare incontro, gioia, solidarietà. C’è stato quindi l’apporto del Comune per il palco oltre che attraverso la Protezione civile. L’Istituto Alberghiero ha egregiamente preparato e servito i “lolli n’te fave” (ma anche alcune signore del quartiere hanno collaborato). E alcune ditte hanno contribuito con le fave, l’olio, l’aiuto per gli impianti, con in testa la Rendofarine che ha con generosità preparato frittelle per tutti, con il gusto di una volta… premiata dall’Avis con una targa per la costante partecipazione a momenti simili. Già nel pomeriggio l’area si animava: c’era chi montava tende, che preparava pentoloni, che sistemava fili, mentre i ragazzi sembravano particolarmente vivaci, troppo vivaci, tanto da far pensare difficile la riuscita della drammatizzazione prevista. Alle 19,30 la festa inizia con la messa. Si è all’aperto, ma la gente è attenta. Don Gianni Donzello, economo della diocesi, presiede. All’omelia ricorda quanto sia importante la condivisione, come sia l’unica cosa che conta e che rimane. Accanto a lui il parroco della Catena don Franco e don Pallacino, che è da poco ritornato a Modica e guarda con entusiasmo l’ampia area, pensando a quante attività sono possibili… Si passa alla presentazione dei promotori con la loro storia e i loro valori e quindi al “racconto di San Martino”. I ragazzi sembrano trasformati. Entrano in scena silenziosi e attenti, mentre con le tecniche del teatro delle ombre, tra suoni e luci, scorre bella la storia di Martino, di un giovane coraggioso che a un certo punto – incontrando i cristiani e approdando alla fede – trova come esercitare positivamente le sua energie, rinunciando all’arte della guerra e passando all’arte del dono. Che si concretizza nella divisione del mantello per coprire il povero che gli chiede aiuto, e nella serata si attualizza nella destinazione del ricavato agli alluvionati del Veneto. La festa continua: le associazioni offrono visione dei mezzi, simulazione di incendio e soccorso, possibilità per i bambini di sperimentare l’uso della scala tenuta con le corse, iniziano degustazione e musica. Il canto dei “Muorica mia” fa rivivere vecchie melodie. Si avverte come la fredda serata sia riscaldata da tanta simpatia e cordialità. Che non si spegne con il buio che subentra quando si spengono le torri faro della Protezione civile, ma resta dentro, resta come potenzialità e progetto di bene. Impegnandosi ora le Associazioni a dare continuità al lavoro in rete, ma comunque continuando ognuna in una fatica diurna, e talora anche notturna, per far fiorire il sole del dono. Che richiede a tutti di contribuire almeno con un pezzo di mantello (un’offerta, un po’ di tempo, il dono del sangue, una competenza)…. Così anche i bambini e i giovani sapranno ciò che conta e come il dono rende vera la gioia e più bella, più solidale, più fraterna la città. 

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Modica, XXXIX Settimana Teologica. “I cristiani nella città”

Particolarmente rilevante quest’anno il tema della XXXIX Settimana Teologica di Modica “I cristiani nella città”. Si ripropone, infatti,in questo grave tempo di crisi un ripensamento della politica a partire dalla riflessione e dalla testimonianza di grandi figure del cattolicesimo italiano come don Giuseppe Dossetti, il “nostro” Giorgio La Pira, don Lorenzo Milani. Peraltro l’iniziativa si tiene dopo la “Settimana Sociale dei Cattolici italiani” di Reggio Calabria e la firma del “Patto Sociale contro la crisi” tra Vescovo e Sindaco di Modica, due eventi che rimandano al comune impegno per il bene comune e all’apporto convinto dei cristiani. Anche il relatore quest’anno – il prof. Massimo Toschi di Firenze, è un testimone, soprattuto per il suo ruolo di ambasciatore di pace che lo ha portato dentro situazioni di guerra ma anche di lotte nonviolente risultate vincenti come nel caso del Sud Africa. Fino a pochi giorni fa è stato a Beirut, in un altra terra carica di storia e oggi anche di sofferenza e di speranza al tempo stesso. Massimo Toschi inoltre vive in prima persona la disabilità con coraggio esemplare e coniuga conoscenza teologica, esperienza di vita, spiritualità, e così diventa maestro di vita per molti. L’appuntamento è per venerdì 19, sabato 20, domenica 21 novembre alle ore 19,30 alla Domus S. Petri di Modica. Sarà importante occasione di confronto culturale ma anche – soprattutto per i giovani – di incontro con lo spessore storico della vita buona del Vangelo per come ci viene riproposto dai recenti documenti dei vescovi italiani sul Mezzogiorno e sulla sfida educativa.

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Primo passo l’ascolto… che educa e ci educa

“Se non ora, quando?”: tra le suggestioni di canti, immagini e messaggi si è chiuso lo scorso 9 novembre nella chiesa di S. Pietro di Modica un intenso pomeriggio di riflessione e di decisioni operative degli animatori delle nostre Caritas e dei responsabili delle opere caritative. A sigillare questo convenire, è stata infatti la “Veglia di Romena”, animata da una fraternità di preti e laici che attorno all’abbazia medievale di Pratovecchio in Toscana accoglie migliaia di persone da tutt’Italia per offrire un messaggio di speranza e di riconciliazione con le proprie ferite e che poi si fa itinerante raggiungendo territori e persone di ogni parte del Paese. Prima della Veglia si era chiarito – in una assemblea dei responsabili Caritas con l’intervento di Gianni Novello, monaco e membro di Pax Christi – come sia importante l’ascolto, primo passo per qualsiasi relazione di amicizia e di aiuto. L’ascolto infatti ci educa ad accogliere la voce e la storia dell’altro senza subito passare ad un “fare” precostituito. L’ascolto ci mette in discussione. L’ascolto permette l’incontro. L’ascolto apre alla relazione in cui si possono sperimentare fatica e speranza, impotenza e passione. Ecco perché diventa importante superare il rischio che l’attività caritativa delle nostre parrocchie si risolva in una distribuzione di aiuti materiali, con in più il problema di evitare che i furbi ne approfittano. Ecco perché è importante che l’ascolto accada non solo nei Centri di ascolto e di aiuto, ma anche e soprattutto in un andare della comunità cristiana laddove la gente vive. Ritessendo quelle relazioni che hanno nel buon vicinato un possibile incastro e nella visita evangelica – tanto raccomandata dal nostro Sinodo – la misura di un rapporto in cui si esprimono affetto, discernimento, tenuta delle relazioni. Certo, poi c’è l’aiuto, ma dovrà essere attento e trasparente. Per questo si sono dati anche dei criteri sui contributi che la Caritas può dare e che vengono incrementati ora dal progetto “Sulle vie di Gerico”, che permette aiuti materiali e l’avvio – d’intesa con la Fondazione San Corrado – di un Centro diocesano di pronta accoglienza a Modica, esigenza molto avvertita per le molte richieste, e di una mensa della fraternità diocesana a Noto, tanto raccomandata dal nostro Vescovo come forma di traduzione autentica della devozione a san Corrado. Ebbene, per rendere trasparente e ben finalizzato l’aiuto, ogni contributo sarà dato sempre e solo tramite i Centri di ascolto collegati con la Caritas per assicurare una necessaria verifica e sussidiarietà (peraltro l’avvio del microcredito sta mostrando come sia opportuna una verifica delle richieste perché l’aiuto vada veramente a chi ha bisogno ed è disposto a un cammino educativo). Ogni sostegno alle opere caritative, poi, sarà dato per sviluppi esemplari e documentati. Ascolto allora, aiuto ma anche rapporti con le istituzioni e con i servizi socio-sanitari. Pure in questo caso conta la qualità evangelica e la ricerca di un discernimento. Per questo l’appuntamento è per il 10 dicembre a Pachino (ore 16-20, nel salone dei Padri Canossiani) per approfondire la portata e le modalità di un lavoro di rete anch’esso da pensare in modo educativo. Relatore sarà Salvatore Inguì che già l’anno scorso ha suscitato molto interesse per la sua passione educativa misurata con l’ambiente difficile del carcere minorile e tradotta in coraggiose iniziative.

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Butembo. Don Cerruto ci racconta l’uccisione di P. Bakulene

Don Cerruto che si trova a Butembo dal 9 ottobre scorso ci racconta personalmente i fatti della barbara uccisione di Padre Bakulene.

Nel grande cortile della procure di Butembo si è radunata tanta gente ad aspettare l’arrivo della salma di padre Christian Bakulene. Si recita il rosario, si canta. Nella piccola cappella si trovano dal pomeriggio tante suore a pregare dinanzi al Santissimo Sacramento. La grossa jeep che funge da carro funebre, partita da Kanjabajonga intorno alle 15 arriva a Butembo alle 19,30. Il pianto di dolore che fino ad allora era stato trattenuto in petto sgorga ora fra grida e gemiti. Gli uomini che devono trasportare la bara nella cappellina stentano a trovare un varco in mezzo alla folla. Finalmente, deposta la bara dinanzi all’altare, il vicario generale riesce a formulare una preghiera che riusciamo ad ascoltare solo quei pochi che abbiamo trovato posto in cappella. Sul coperchio della bara, all’altezza del viso, un piccolo vetro mi permette di gettare un ultimo sguardo su padre Christian. Dalla bocca gli esce ancora un fiotto di sangue, ma il volto è disteso. Sembra sorridere. Come età, mostra meno dei suoi 42 anni.

Esco dalla cappellina, per lasciare spazio a tutti i fedeli che vogliono avvicinarsi alla salma. Ho saputo che nel momento della sua uccisione, padre Christian era accompagnato da un suo parrocchiano. Un testimone oculare del delitto, dunque. Chiedo di parlare con lui. L’abbe Aurelian, presidente dell’Ufficio Diocesano di Giustizia e Pace, lo fa cercare. Troviamo posto per il colloquio in una stanzetta della procure. Non sono ancora in grado di parlare in Francese per un colloquio così impegnativo. L’abbè Telesforo, che ha studiato in Italia, mi fa da interprete. Entra nella stanza pure il  sindaco di Kanjabajonga, responsabile delle indagini sul delitto. Il testimone è ancora visibilmente scosso. Comincia il suo racconto, tenendo la testa abbassata, lo sguardo fisso nel vuoto. Ieri, lunedì 8 novembre, lui e padre Christian erano partiti presto da Kanjabajonga per Kasondo, uno dei centri di distribuzione delle 9000 bibbie in lingua swahili che la diocesi di Noto ha donato alla diocesi gemella di Butembo Beni. Infatti, a causa delle lungaggini di stampa e di trasporto, l’operazione “Una bibbia per Butembo” iniziata già nel 2008, si sta portando a conclusione solo in questi giorni, appunto con la distribuzione delle copie della bibbia. Padre Christian era felice di poter avere finalmente le bibbie per le numerose comunità di base della sua parrocchia, che egli riusciva a visitare solo di rado. Almeno i catechisti – egli pensava – possono disporre ora di una bibbia per istruire i fedeli.

Nel pomeriggio, la jeep, caricata degli scatoli di bibbie, è già pronta per il ritorno. Padre Christian pensa però di fermarsi ancora un po’ a Kasondo. Sente il bisogno di confessarsi con il vicario parrocchiale, come ha già fatto altre volte. Manda l’auto avanti. Egli con il suo parrocchiano faranno ritorno più tardi, con una motocicletta. Gli occhi del testimone si riempiono ora di lacrime. Dopo che padre Christian finisce di confessarsi, viene loro offerto da bere. Fa caldo, una bella birra è anche desiderabile, ma padre Christian preferisce solo un bicchiere d’acqua. Il buio li coglie poco prima di arrivare a Kanjabajonga. Da quelle parti, la guerra è finita ormai da un pezzo, ma i militari – non si capisce bene il perché – non vanno via. Il problema è che, non disponendo di uno stipendio, vivono a discapito della popolazione, perpetrando furti, saccheggi e rapine. Non è tanto sicuro, quindi, andare in giro, e men che meno di notte. Sono già le 18,30 e il sole è tramontato ormai da una mezzora, ma padre Christian e il suo accompagnatore sono già a 4 km circa dal loro villaggio.

Troppo tardi, comunque. Sulla strada un militare, armato di fucile mitragliatore, sbarra loro il passo. Chiede del denaro. Padre Christian risponde di non averne: ed in effetti ha lasciato quel poco che si ritrovava a Kasondo, come contributo alle spese di trasporto per far arrivare le bibbie fin lì. Il suo parrocchiano tira fuori dalle tasche 5000 franchi congolesi, equivalenti in valuta a circa mezzo dollaro americano. Il soldato comincia ad irritarsi. Chiede a padre Christian di togliersi la giacca e di dargliela. Fruga nervosamente nelle tasche, ma non trova il denaro sperato. Dallo sguardo lascia trasparire che è sotto l’effetto della droga. Punta il fucile su padre Christian, che si trova ancora a cavallo della moto, e gli spara sul costato destro. Padre Christian stramazza a terra, il suo compagno rimane pietrificato dal terrore, mentre il soldato riprende a frugare nelle tasche della giacca. Trova il documento d’identità e si accorge di avere colpito un prete. Capisce di averla fatta grossa. Ora dimostra paura anche lui. Fissa gli occhi sull’altra vittima ma non sa bene che fare. Alla fine si fa consegnare il cellulare e fugge in direzione della vicina collina, sul versante opposto della quale si trova da qualche mese un campo di soldati.

A questo punto del racconto, interviene il sindaco di Kanjabajonga, meno di quarantanni, piglio giovanile, tre cellulari in mano, polsini e colletto della camicia sdruciti. Altre persone – egli sostiene – hanno subito l’aggressione da parte dello stesso soldato sulla stessa strada, pochi minuti prima dell’assassinio. Hanno esporto denuncia. Il fatto è diventato ora di una gravità inaudita. Gli hanno telefonato dal ministero degli interni di Kinshasa e dal governatorato di Goma, incaricandolo di iniziare subito le indagini del delitto e di trovare il colpevole. Ha già inviato la sua polizia municipale nel campo di soldati; il comandante che non dimostrato sufficiente collaborazione è ora suscettibile di arresto …!
Il sindaco continua a parlare ed io abbasso il capo con tristezza ad ascoltare quella che mi sembra diventata ora una tragicommedia: i politici mostrano indignazione e condannano il fatto non tanto per fare giustizia, ma per cercare di nascondere le loro responsabilità sul problema dei soldati che non sono rientrati dalla guerra e che non ricevono regolare stipendio. Ma mi faccio di nuovo forza e rialzo il capo: bisogna andare avanti su questa linea. Occorre prendere sul serio la denuncia da Kinshasa, quella da Goma e le indagini del sindaco di Kanjabajonga, per cercare in qualche modo di ottenere giustizia. La diocesi di Butembo Beni, tramite l’Ufficio Giustizia e Pace, si costituirà in tribunale come parte civile.

La gente che amava padre Christian, intanto, si trova quasi in sommossa. Ieri sera tutto il villaggio è andato a prelevare la salma dal luogo del delitto per portarla in parrocchia. Stamattina, come segno di protesta, è stata occupata e sbarrata la strada principale che porta verso il sud. Neanche le forze della MONUC (i caschi blu dell’ONU) sono riuscite a passare. Ma forse in questa estrema arrendevolezza della MONUC si nasconde gran parte del problema, giacché occorrerebbe che essa mostrasse un po’ più i muscoli contro i militari governativi e a difesa della popolazione civile.
I funerali di padre Christian Bakulene saranno celebrati oggi, mercoledì 10 novembre, nella cattedrale di Butembo.

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