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Pellegrinaggio Mariano delle famiglie il 25 aprile prossimo

Come ogni anno le famiglie della diocesi si ritrovano in compagnia di Maria per riscoprire e diventare “spazio della presenza di Dio”  nella realtà storica in cui ciascuna si trova per grazia di Dio. 

Desideriamo sollecitare fraternamente sacerdoti e famiglie per un rinnovato impegno in favore della “piccola chiesa domestica” e lo vogliamo fare alla scuola di Maria, nella prospettiva dell’Anno Sacerdotale, per essere nella storia al servizio di quella bellezza di cui è piena la terra. Inviatiamo tutti a farsi promotori della partecipazione di molte famiglie al Pellegrinaggio Mariano delle famiglie della diocesi il 25 aprile prossimo presso il Santuario della Madonna delle Grazie a Modica.

Insieme a tutti i sacerdoti della diocesi e alle famiglie discepole del Vangelo non possiamo non annunciare, celebrare e servire la buona notizia del matrimonio e della famiglia ricalcando l’itinerario compiuto dalla Vergine Maria che avanzò serbando fedelmente la sua unione con Cristo (LG 58).

Maria, sollecitata dalla carità, si reca in fretta da Elisabetta. Oggi ci sono tante “Elisabetta” che attendono e poca “fretta” da parte nostra nel donarci ad esse, andiamo da Maria per imparare la sua beatitudine, credere alla Parola, e diventare divinamente premurosi verso tutti i fratelli. Mentre confidiamo nella preghiera e nella collaborazione che ci darete, i responsabili dell’Ufficio diocesano di Pastorale familiare rinnovamo la loro disponibilità. 

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Video racconto sulla Visita del gemellaggio Noto-Butembo Beni

E’ stato appena prodotto e realizzato dall’Ufficio diocesano per le Comunicazioni Sociali il video racconto  sulla Visita di Mons Staglianò e della delegazione a Butembo-Beni nella quale si è rinnovato con il nuovo protocollo il gemellaggio tra le due chiese sorelle. La diocesi di Butembo-Beni ha accolto la delegazione della Chiesa netina dal 10 al 24 gennaio 2010. L’11 gennaio l’accoglienza a Butembo da parte del vescovo Sikuli Melchisedech e dal popolo dei fedeli. Nonostante le privazioni materiali, le sofferenze fisiche, le difficoltà quotidiane la gente di Butembo-Beni ha accolto i “fratelli gemelli” con tanta speranza, fede, sorrisi e canti di gioia.

Il Video presente nel DVD, il quale può essere richiesto prenotandolo a comunicazionisociali@diocesinoto.it , racconta la prima visita pastorale del Vescovo di Noto Antonio Staglianò e della delegazione composta da 8 sacerdoti e 39 laici con le immaggini di alcuni tra i momenti pubblici più intensi come l’inaugurazione di tre nuovi centri come una maternità a Mutwanga, una clinica universitaria intitolata a Grazia Minicuccio e una scuola a Butembo, ma anche la posa della prima pietra per la costruzione di un reparto di cardiologia intitolato a Pino Staglianò, fratello del vescovo scomparso prematuramente. E poi la consegna di 9mila bibbie in lingua swahili a catechisti e operatori pastorali, l’ordinazione di sei sacerdoti e cinque diaconi e il battesimo di 30 bambini.

Il DVD include anche il filmato di approfondimento “Noto e Butembo-Beni, venti anni di gemellaggio che riguarda la visita realizzata da Mons Crociata nel 2008”. 

Il Video è stato realizzato grazie alla gentile collaborazione di: Vincenzo Grienti per la Consulenza editoriale; Rosario Sultana per le riprese e le interviste; Marco Carli per il montaggio.

Il DVD è da oggi prenotabile per l’uso esclusivamnte personale presso comunicazionisociali@diocesinoto.it 

Guarda il Video>>
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Mons. Crociata: Media e sfida educativa

È dinanzi ai nostri occhi la serie di profonde e inarrestabili modificazioni del mondo della comunicazione in questi ultimi anni, soprattutto con l’avvento delle tecnologie digitali. Esse hanno finito con l’interessare, e in misura crescente, tutti gli aspetti della nostra vita; pertanto non sorprende che tematiche e problematiche legate al mondo della comunicazione oggi assumano un ruolo centrale nell’attenzione degli educatori oltre che, più in generale, dell’intera opinione pubblica.

 
Per queste ragioni dobbiamo essere grati all’AIART, che porta la nostra attenzione sulla delicata esigenza di tutela dei minori e della persona, dei valori e del sentire religioso, e svolge un lavoro culturale di promozione di un’informazione improntata a principi di indipendenza e di obiettività, di completezza e di apertura. Non sfugge nemmeno quanto sia prezioso il servizio di sensibilizzazione e di riflessione promosso dall’Associazione, mediante incontri, corsi e convegni come questo: c’è “fame” di suggerimenti, di proposte volte a illuminare l’esperienza e a orientare la pratica di genitori, di insegnanti e animatori.
 
Siamo tutti sempre più consapevoli dell’importanza della dimensione formativa, destinata a diventare sempre più decisiva davanti a quella che non può essere ridotta ad una mera rivoluzione strumentale. In realtà, siamo in presenza di un nuovo alfabeto, di un nuovo linguaggio che plasma una nuova cultura, nella quale cambiano diverse dimensioni del nostro essere e del nostro agire.
Cambia innanzitutto il modo di insegnare e quindi di trasmettere la ricchezza di una tradizione; cambia, ancora, la figura e la funzione dell’educatore; cambia, infine, il senso stesso dell’essere comunità: ad incontrarsi nella Rete è spesso quella che il card. Martini, ancora nella prima metà degli anni Novanta, definiva “una folla di solitudini”.
 
Naturalmente dobbiamo stare attenti a non accostare il “continente digitale” con approcci moralistici o comunque prevenuti; lo stesso Benedetto XVI, nel Messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali (16 maggio 2010), dopo aver rilevato la «pervasiva diffusione» ed il «notevole influsso» delle nuove tecnologie e aver ricondotto ad esse molti dei «grandi cambiamenti culturali» avvertiti «particolarmente dal mondo giovanile», dimostra di non temere il nuovo scenario; anzi, lo considera una «grande risorsa per l’umanità».
Per valorizzare queste potenzialità ci è chiesto, innanzitutto, di interpretare le nuove tecnologie non più come strumenti, ma come un ambiente, che trasforma il pensiero e la comunicazione («ciò a cui pensiamo e ciò con cui pensiamo», come scrive Neil Postman). Ci siamo ritrovati qui numerosi proprio perché ci sentiamo interpellati dalla cultura digitale; di più: perché avvertiamo l’urgenza di abitarla in maniera propositiva, offrendo il nostro contributo di valori alla sua elaborazione ed impegnandoci ad educare anche i nostri ragazzi al pensiero critico perché diventino cittadini a tutti gli effetti del nuovo continente…

 
 
 
*Segretario Generale della CEI (Vescovo emerito di Noto)
 
 
(Intervento a Mazara del Vallo nell’ambito del Corso nazionale di formazione “Dall’emergenza alle convergenze educative. La responsabilità dei media”, promosso dall’AIART, dalla diocesi di Mazara del Vallo e dall’Ufficio nazionale comunicazioni sociali della CEI dal 26 al 28 marzo 2010).


VICINI ALL’ABRUZZO AD UN ANNO DAL TERREMOTO

Ad un anno dal terremoto in Abruzzo vogliamo continuare a stare vicini ai nostri fratelli e alla nostre sorelle della diocesi dell’Aquila, che hanno anche i nomi e i volti precisi delle comunità e delle persone incontrate durante la scorsa estate dai volontari della Caritas e dell’Azione cattolica e poi nel corso dell’anno durante le loro visite nella nostra diocesi. A settembre abbiamo avuto con noi un gruppo musicale di Paganica e il seminarista Federico Palmerini; a novembre due giovani della pastorale giovanile, Angelo e Francesco; a gennaio il direttore della Caritas dell’Aquila don Dionisio Rodriquez. In questa Pasqua abbiamo ricevuto lettere di fraternità dai giovani venuti tra di noi e gli auguri di Mons. Giovanni D’Ercole, vescovo ausiliare dell’Aquila, che definisce la solidarietà della nostra diocesi “un segno di cristiana fraternità che resta nell’animo”. E volendo portare nell’animo tutti coloro che ancora soffrono per il terremoto, volendo non dimenticare, martedì 6 aprile alle ore 22 nella Cappella della Casa don Puglisi di Modica vi sarà un momento di adorazione eucaristica a cui, chi vuole, può unirsi.

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A Rosolini in prova la Comunità di parrocchie

L’esperienza ha la funzione non solo di confermare il messaggio ma anche di ridargli luce. Quella che proviene dalla vita.  A prescindere da eventuali successivi abbinamenti, due parrocchie di Rosolini (Cuore Immacolato di Maria e S. Caterina) in occasione degli Esercizi Spirituali, hanno da subito tentato una forma di comunione così articolata: 1. predisposizione di un volantino comune con tutto il vicariato; 2. scambio dei due parroci per la predicazione; 3. per i primi tre giorni essa è avvenuta nelle rispettive parrocchie su un tema (passione di Gesù secondo Luca) predisposto insieme; 4. il quarto giorno le due comunità (quasi 200 persone) si sono riunite presso la chiesa di S. Caterina per la celebrazione comunitaria della Liturgia della Riconciliazione animata dai rispettivi parroci (Don Gaetano Colombo e don Stefano Trombatore) che hanno commentato due brani della Parola di Dio e dalla preziosa presenza di don Roberto Masinga a nome degli altri membri del presbiterio, impegnati in contemporanee funzioni; 5. infine, nel salone sottostante, l’agape fraterna di tutti i convenuti.
Questi i fatti. Ma come riportare le emozioni per il superamento di steccati e il conseguente ulteriore arricchimento di tutti, le profonde risonanze della Parola spezzata, il gioioso reciproco riconoscimento dei presbiteri e delle due comunità, il clima di festa che esplose nella conclusiva cena? Tutto rimane segnato nel “libro della vita” dove non esiste ciò che non è amore.
Parlavo all’inizio di luce. Tale esperienza comunitaria può essere considerata una delle tante applicazioni della grande rivoluzione pacifica che si sta operando in Diocesi con l’introduzione delle “comunità di parrocchie”: c’è in essa il momento “domestico” (la predicazione all’interno di ogni parrocchia); c’è poi la fase così detta “estroversa” (cioè la liturgia penitenziale e l’agape); infine il momento vicariale (preparazione comune del volantino e presenza significativa di Don Roberto). Per non parlare della dimensione diocesana, grazie a questa comunicazione che vuol mettere in rete un particolare momento di Dio.   

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L’amore è più forte della morte. Messaggio Pasquale del Vescovo

Il Triduo pasquale avvicina ognuno di noi al centro del Mistero di Cristo e della nostra salvezza, donandoci fino alla fine del mondo l’opportunità di riflettere su tre aspetti fondamentali della redenzione dell’uomo:  la passione dolorosa, il sepolcro e la resurrezione di Gesù. Sono episodi della vita di Cristo che diventano decisivi anche per la vita di ognuno di noi, se – e solo se – li facciamo nostri, li accettiamo nella nostra storia come l’unico itinerario possibile che ci consenta di non ridurre l’umano al solo umano e ci permetta di far rinascere “l’humanum magnificum “ che dimora nel cuore di ogni uomo e  lo rende capace di amare e di perdonare l’altro da sé, infinitamente di più, al di là di ogni malvagità e meschinità del vivere dei nostri tempi.
 E’ una esplosione di libertà straordinaria, che ci rende capaci di seguire Cristo generosamente e di aderire a Lui, anche quando questo significa accettare nel proprio quotidiano la Croce della morte prematura di una persona cara, della malattia incurabile di un genitore, della perdita di un figlio, di una condizione economica precaria, del tradimento di un amico, dell’emarginazione della società, di una guerra ingiusta e insensata, di un razzismo violento, della stessa depressione dell’anima.   

 E’ necessario, però, aprire con sincerità il cuore al dramma della Passione per  riscoprire veramente nel silenzio dell’anima la centralità del sacrificio di Gesù e dell’esperienza dell’“Amore che si dona” nella libertà e nell’umiltà del cuore, nella consapevolezza che la sofferenza fisica e morale, realtà che prima o poi interpella tutti, non deve farci paura perchè Gesù è sempre in cammino con noi e apre le sue braccia per accoglierci.
 In realtà, Egli si presenta nel nostro quotidiano: dobbiamo, dunque, imparare a riconoscerlo in tante presenze, rendendo eucaristici i nostri gesti e facendo esperienza dell’amore condiviso.
 Spesso, noi non crediamo che Gesù sia davvero presente in tutti i nostri fratelli, nei poveri che ci interpellano, nei malati che chiedono il nostro aiuto, nelle sventure che affliggono la nostra esistenza. Non crediamo veramente che proprio mediante le circostanze dolorose o sconcertanti della vita il Signore ci parli e ci renda partecipi del suo mistero di redenzione. Invece, proprio in quelle “piaghe” nostre e dei nostri fratelli che non ci sembrano affatto  gloriose dovremmo rendere testimonianza della misericordia e dell’Amore salvifico di Gesù per noi morto e per noi risorto. Infatti, se portiamo nel nostro corpo e nel nostro cuore la sua morte, se offriamo la nostra sofferenza silenziosamente a Dio, se sappiamo farci compagni di cammino per chi è immerso ancora nella notte, se ci serviamo a vicenda, se ci doniamo gratuitamente, amando con i fatti e non soltanto a parole, possiamo allora essere il prolungamento della santa umanità di Cristo e trasformare anche la più dilaniante esperienza di desolazione e di dolore nell’eterno fecondo di bene e del germe rivoluzionario della Passione redentrice di Gesù.
 Sopportare con forza i sacrifici e le fatiche di un quotidiano crocifiggente che conosce il buio dello scoramento e della prova significa essere immedesimati nell’esperienza del Crocifisso: nel suo dinamismo tragico e, ad un tempo, vittorioso. La Croce, infatti, grida ad alta voce che Dio ha talmente amato ognuno di noi da incarnarsi e opporsi ad ogni ingiustizia fino a morire perché trionfi il bene e l’uomo decida di servire la causa dell’Amore. Per questo Gesù ha accettato di essere inchiodato alla Croce, non proprio per aggiungere dolore a dolore, quanto piuttosto per “vincere ogni dolore” e ogni morte, togliendo al dolore e alla morte il suo pungiglione, cioè la condanna della disperazione, del non senso, della mancanza di speranza.
 E’ facile cedere alla tentazione di credere che si cooperi alla salvezza del mondo e alla venuta del Regno di Dio soltanto realizzando grandi e importanti opere. In realtà, niente vale quanto una sofferenza accettata con umiltà  e offerta con amore in unione alla Passione di Cristo. Lasciarsi compenetrare dal sentimento della Croce, richiede una vera e propria conversione della nostra vita, un totale cambiamento di mentalità, la testimonianza di una fede più vera, più umile e più piena. Nel raccoglimento del Sepolcro di Cristo, questa fede trasforma le nostre sofferenze in suppliche silenziose davanti agli occhi di Dio, fiduciosi che – pur nella debolezza e impotenza del nostro esistere, pur nella brutalità del dolore, attraverso l’offerta delle nostre mani inchiodate alla Croce-, diveniamo potenti per grazia di Dio. Il percorso della prova, allora, santifica la nostra vita e rende salvifico il tempo dell’attesa della Risurrezione di Cristo perché genera finalmente un’umanità nuova.

 L’evento pasquale ci costringe, dunque, all’incontro con il dolore e con la morte che, senza dubbio, scuote la nostra fede nella risurrezione. Paradossalmente la resurrezione di Gesù che dovrebbe confermare la nostra fede, al contrario la mette ancor più alla prova: è da essa che prende il via la nuova vita di colui che ha fede. Non siamo cristiani perchè crediamo al peccato, alla croce, alla sofferenza ed alla morte, ma perchè crediamo al perdono, alla gioia , alla liberazione, alla vita, alla resurrezione.
 “E’ il Risorto”: lo gridi il nostro cuore, con gli occhi sgranati e pieni di meraviglia. Non c’è più tempo per la morte: la fede nella risurrezione è come seme intorno a cui si sviluppa e cresce una nuova vita, è la sostanza da cui la  nostra stessa vita viene coinvolta, assorbita, tramutata, fino ai comportamenti più semplici, banali, quotidiani. La risurrezione di Gesù – grembo sicuro di ogni nostra risurrezione -,  è la forza che ci fa superare le solitudini, solo apparentemente invincibili, e ci rende capaci di amare in modo nuovo,  è rinnovamento dello spirito, energia vitale, potente consolazione dell’anima. “E’ il Risorto”, il credente ora sa della vittoria sicura sul male e sulla morte.
 Abbiamo mai consentito alla luce della risurrezione di penetrare nel più profondo intimo di noi stessi? Abbiamo permesso al Risorto di rischiarare le nostre profondità più inaccessibili? Abbiamo percepito lo Spirito del Risorto come vittoria su ogni nostra solitudine?  
 E’ vero, la nostra fede cristiana è davvero tale solo quando accettiamo e confessiamo la risurrezione di Gesù. Paradossalmente è più facile essere vicini a Cristo il venerdì santo, quando soffre, perchè tutti in fondo facciamo esperienza del dolore. Più difficile è essergli vicino quando risorge, perchè questa è una esperienza a noi estranea, un dono eccedente, che richiede un’adesione che cambia tutta la nostra esistenza.
 Risorgere con Lui significa dare un senso al proprio dolore, riuscire ad attraversarlo, a motivarlo, riuscire a farlo illuminare dalla luce di Cristo risorto, riuscire a credere che Lui, da uomo, condivida i nostri dolori perchè ha un cuore di carne. 
 
Ma quando il dolore continua la sua costante presenza nella nostra vita, quando pensiamo alla morte e al dolore come ad un ineluttabile appuntamento con il nulla e non come apertura all’eternità, è davvero possibile trasformare il nostro dolore nella gioia dell’annunzio pasquale?
 Senza dubbio, la vita cambia quando riconosciamo nel nostro cuore e testimoniamo nelle nostre azioni che la morte e il dolore sono stati sconfitti: non rappresentano più un ostacolo invalicabile, perché la risurrezione è “qui ed ora”. In questa fede ci si lascia ferire veramente il cuore dall’amore ardente verso Dio e verso l’altro, il mio prossimo, il mio fratello. L’amore poi si alimenta al mistero della croce e fa fiorire le opere della carità. “Poi”, cioè alla luce del Risorto, il Crocifisso non è più “il maledetto che pende da un legno”, ma è “Colui che è”, il Figlio eterno nel quale il Padre si compiace, dicendoci di seguirlo. La fede nella risurrezione è sequela, vita risorta.
 San Corrado, nostro patrono, lo ha testimoniato nella sua esistenza ed è appena per questo che noi lo amiamo e gli chiediamo di amarci.
 Maria Scala del Paradiso ci sostenga nel nostro cammino di cristiani e infonda in noi il calore della consolazione nelle inevitabili prove e nelle ricorrenti difficoltà della storia umana, donandoci il coraggio di portare ciascuno la nostra croce con umiltà, fiducia ed abbandono in Dio, certi del suo sostegno e della gioia che solo una vita vissuta all’insegna dell’amore oblativo può dare. E’ l’agape che vince la morte, perchè l’amore è più forte della morte.


+ Antonio, Vescovo di Noto
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Don Forgione è stato nominato giudice del tribunale ecclesiastico regionale

Don Antonio Maria Forgione, attuale parroco della chiesa di Santa Maria di Betlemme e cancelliere della curia vescovile di Noto, gli è stato recentemente anche affidato l’importante compito di vicario giudiziale del tribunale ecclesiastico diocesano.

Don Antonio Maria Forgione, oltre ad essere vicario giudiziale del tribunale ecclesiastico diocesano, è stato  anche nominato, nel corso dell’assemblea dei Vescovi di Sicilia tenutasi dall’8 al 10 febbraio scorso, dall’Arcivescovo di Palermo, Mons. Paolo Romeo, anche giudice del tribunale ecclesiastico regionale delle chiese di Sicilia, per il quinquennio in corso 2009-2013. Il tribunale ecclesiastico è l’organo della Chiesa dinanzi al quale si discutono, ad esempio, le cause di annullamento matrimoniale o quelle riguardanti la riduzione dei sacerdoti allo stato laicale. Ci complimentiamo con don Antonio per il delicato incarico e gli auguriamo un fruttuoso lavoro.

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Domenica delle Palme. XXV giornata mondiale della gioventù

Domenica 28 marzo 2010 a Roma in Piazza San Pietro si celebra la XXV giornata mondiale della gioventù il cui tema è: “ Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità  la vita eterna?” ( Mc. 10,17). Che è anche  il tema dicoesano del nostro anno pastorale: “ Alla ricerca della felicità”.
Quando la giornata  non viene celebrata a livello mondiale si celebra nella diocesi di Roma ed idealmente tutte le diocesi del mondo la celebrano durante la santa messa della domenica delle palme  sentendosi spiritualmente  vicini al Papa e ai giovani di tutto il mondo.

Sono passati 25 anni da quando Giovanni Paolo II ha istituito le giornate mondiali della gioventù. Infatti proprio nel 1985 in occasione dell’anno internazionale della gioventù proclamato tale dalla Organizzazione delle Nazioni Unite,  lui stesso scrisse per la prima volta una bellissima lettera apostolica ai suoi giovani, chiamandoli: “diletti  amici”.
Lui scriveva così ai giovani di 25 anni fa: “ a voi giovani, appartiene il futuro, a voi spetta la responsabilità di ciò che un giorno diventerà attualità insieme a voi, ed ora è ancora futuro”.
E proseguiva, meditando lo stesso brano del vangelo di Marco: “ la giovinezza di ciascuno di voi, cari amici, è una ricchezza che si manifesta proprio in questi interrogativi…
Cari giovani amici! La risposta, che Gesù dà al suo interlocutore del Vangelo, è rivolta a ciascuno di voi”. “E Gesù fissatolo lo amò” ( Mc).

Poi lo stesso  Benedetto XVI prosegue nel suo messaggio, che diventa una prosecuzione ideale della lettera di Giovanni Paolo II: “ la stagione della vita in cui siete immersi è tempo di scoperte e di scelte fondamentali.., interrogarsi sul futuro definitivo che attende ciascuno di noi,  dà senso pieno all’esistenza…
Cari giovani vi esorto a non dimenticare questa prospettiva…”  E Giovanni Paolo II prosegue: “ vi auguro di sperimentare uno sguardo così! Vi auguro di sperimentare la verità che Egli, il Cristo, vi guarda con amore!”.
  Con queste parole il servizio di Pastorale giovanile diocesano, augura di cuore ad ogni giovane una bellissima domenica delle Palme.
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A Modica il 24 marzo Adorazione eucaristica nell’anniversario di Mons. Romeo

Ricorre quest’anno il trentesimo anniversario del martirio di Mons. Oscar Arnulfo Romero, vescovo che si era identificato con il suo popolo sofferente del Salvador, ucciso qualche giorno dopo aver chiesto ai soldati degli squadroni della morte di deporre le armi mentre celebrava l’eucaristia.
Poco prima aveva detto: “In questo Calice il vino diventa sangue che è stato il prezzo della salvezza. Possa questo sacrificio di Cristo darci il coraggio di offrire il nostro corpo ed il nostro sangue per la giustizia e la pace del nostro popolo. Questo momento di preghiera ci trovi saldamente uniti nella fede e nella speranza”.
Quasi a voler continuare questa preghiera per tutti i poveri del mondo e per la conversione ad una vita coraggiosa nel dono di sé, la Caritas diocesana di Noto invita chi può a un momento di adorazione eucaristica alle ore 22 di mercoledì 24 marzo nella cappella della Casa don Puglisi di Modica.

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Nuovo sito Web per la Cattedrale di Noto

Gioiello dell’architettura del 700, simbolo del Val di Noto, città dichiarata patrimonio dell’umanità. Se fino al 1996 era conosciuta e apprezzata sopratutto dagli studiosi, con il suo crollo e la sua ricostruzione è balzata all’attenzione del mondo intero, ricostruita in pochi anni, con l’impegno convergente di tutti.
Tantissimi sono i turisti che vengono a visitarla, e che arrivati a Noto scoprono una zona di immenso valore archeologico, monumentale, ambientale. In questo sito web www.cattedralenoto.it proveremo a trasmettervi alcune delle realtà che formano la bellezza unica della Cattedrale di Noto e della vita che attorno ad essa si svolge, ma per vedere i colori e sentire gli odori di questa terra non vi resta che venirci a trovare.

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