Archivi della categoria: Le testimonianze
Don Antonio Forgione (febbraio 2008)
Rosa e Giorgio Ruta (febbraio 2008)
responsabili diocesani della pastorale familiare
Patrizia e Sebastiano (febbraio 2008)
Patrizia e Sebastiano,
parrocchia santa Caterina da Siena, Donnalucata
Andrea Mingo (febbraio 2008)
insegnante Istituto E. Vittorini di Avola
Mariuccia Di Raimondo Fiore (febbraio 2008)
Mariuccia Di Raimondo Fiore,
parrocchia Sacro Cuore di Modica
Don Gaetano Colombo (febbraio 2008)
Sono venuto in Africa perché la mia parrocchia del Santissimo Crocifisso di Pachino è gemellata con la parrocchia di Mutwanga della diocesi di Butembo-Beni. Già lo scorso anno ero venuto a conoscere personalmente la realtà della gente di questo villaggio. In un primo momento, come parrocchia, a Pachino abbiamo vissuto il gemellaggio solo in forma teorica, più di sostentamento, e comunque limitato. Ma dopo la mia prima visita le cose sono cambiate. Il legame con la parrocchia gemella si è intensificato e tutta la comunità si è interessata di più a cosa succedeva a Mutwanga e a come si viveva. Grazie alla testimonianza diretta delle foto, dei video e dei miei racconti, i fratelli gemelli di Mutwanga sono entrati nella nostra vita con i loro nomi e i loro volti, ognuno diverso dall’altro, e non tutti uguali come sembrano quando osservi l’Africa solo da lontano. Mutwanga è una delle parrocchie più grandi della diocesi di Butembo-Beni ed è composta di sette settori. Se si pensa che per spostarsi da un settore all’altro possono volerci anche giorni di cammino, ci si rende conto di quanto davvero possa essere estesa. Proporzioni che non hanno nulla a che vedere con le nostre parrocchie, naturalmente. Aiutato dalla presentazione del parroco e dei membri dei collegi pastorali, ho individuato una priorità: la casa della maternità. Se c’è una cosa che mi ha colpito, quasi scioccato, girando per i villaggi, infatti, è stata proprio la condizione igienico sanitaria pessima in cui venivano al mondo i bambini. Tutta la parrocchia di Pachino si è impegnata a raccogliere fondi, e ora la casa della maternità è in costruzione. L’Africa, io penso che abbia una profonda vocazione per la vita. Basta osservare la natura, il sorriso luminoso dei bambini, il modo con cui anche gli adulti si rapportano tra di loro, sempre disponibile e generoso. Allora quello che noi dobbiamo fare è proprio difendere questa vita, anche attraverso la costruzione di strutture adeguate per farla venire al mondo, per curarla, e per accompagnarla nel processo di crescita: quindi ospedali e scuole. Soprattutto la vita nascente è dono di Dio che deve essere accolta e protetta. Il prossimo obiettivo è quello di tornare presto a visitare i fratelli gemelli di Mutwanga, magari accompagnato da una rappresentanza della comunità parrocchiale del Santissimo Crocifisso di Pachino.
don Gaetano Colombo,
parroco del Santissimo Crocifisso di Pachino gemellato con Mutwanga
Don Maurizio Novello (febbraio 2008)
responsabile della pastorale giovanile diocesana
Don Ignazio Petriglieri (febbraio 2008)
Venendo qui per la prima volta in Africa, sono stato colto da una sorpresa, non di compiacimento, ma di speranza. Mi ha colpito senza dubbio il triste spettacolo della povertà. ‘Il Continente africano è il mio primo pensiero’ disse Giovanni Paolo II, per le contraddizioni che in esso coesistono. Effettivamente questo Paese si è mostrato subito ai miei occhi con le lacerazioni che vengono dal divario enorme tra piccole fasce di ricchezza e gli enormi bacini di povertà. Si tratta di conciliare, perché l’Africa è un continente dalle enormi risorse, materiali e soprattutto umane. Basti pensare alla grande capacità di relazione e di apertura di questa gente nei confronti dell’altro che abbiamo sperimentato nel confronto con i nostri fratelli e amici gemelli di Butembo-Beni in questa settimana di visite nelle parrocchie e nei villaggi, e che per noi occidentali, abituati sempre di più a bastare a noi stessi, è una lezione di vita e di comunione. Qui non si respira la solitudine. Non c’è proprio la cultura della solitudine. C’è la famiglia, il clan, la comunità, il villaggio. Nelle strade e davanti alle capanne c’è sempre un assembramento di persone. Nessuno è solo. Una ricchezza di rapporti umani che invece manca nella nostra società. Noi abbiamo altre ricchezze, più materiali, forme di benessere che pure non sono da deprecare o demonizzare, perché l’attenzione all’uomo nel suo complesso è quello che anche il cristianesimo ha sempre promosso. Piuttosto è una condizione da redimere, attraverso iniezioni di valori. L’eccesso di benessere che a livello culturale ha generato nella nostra società il consumismo, infatti, è una degenerazione che porta con sé la caduta dei valori. Ecco allora perchè questo gemellaggio per noi rappresenta un’opportunità, per imparare a dare nuovamente il valore giusto alle cose e alle persone e soprattutto per rinvigorire il nostro bagaglio spirituale e umano.
don Ignazio Petriglieri,
direttore spirituale del Seminario diocesano
Don Salvatore Giordanella (febbraio 2008)
direttore dell’Ufficio diocesano missionario