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Misericordia è indignazione

Giovedì 13 ottobre alle ore 17.00 presso l’aula magna del Seminario si è svolto un importante momento pastorale e spirituale. L’incontro, voluto e organizzato da don Sebastiano Boccaccio e dalle diverse associazioni che in diocesi si occupano di disabilità, ha regalato ai volontari, ai ragazzi diversamente abili e ai tanti genitori che hanno affollato l’aula magna, un ora di intensa riflessione umana e spirituale alla luce della croce di Cristo. E’ stato il Vescovo, Mons. Antonio Staglianò, che con la sua presenza amorevole e fraterna ha guidato con le sue parole ricche di sapienza questo momento molto atteso e sperato, soprattutto dai diversamente abili.
In una società che rifiuta la sofferenza e isola chi ha veramente bisogno d’amore, in una società che sa solo parlare e non agire, che cosa possiamo fare?. Non parole, ma fatti. Sono state queste le ultime parole pronunciate dal moderatore prima di dare la parola al Vescovo, che con queste parole ha iniziato: “Basta solo parlare, basta chiacchiere, è necessaria invece l’azione concreta di coloro che vogliono veramente assumersi un impegno sociale. E’ questa l’impostazione migliore. Noi abbiamo bisogno sì di parole, ma di parole sapienti. Cioè capaci di nominare, di dare il nome alle realtà, alle cose così come sono”. Poi Monsignore ricorda il passo biblico della genesi dove Dio si rivolge ad Adamo: “Dai il nome a tutte le cose”. E Adamo cominciò a nominare ogni cosa. Grazie al nome che Adamo diede ad ogni cosa tutto fu ordinato.
Da qui emerge l’importanza di ritornare a nominare tutta la realtà, anche la realtà del disabile, che a dispetto delle nuove addolcenti nomenclature bisogna considerarlo “handicappato”. E’ questo termine che ci dà la consapevolezza delle difficoltà della vita che il disabile vive. Diversamente abile! Questa rinominazione piace. E’ una parola che sembra nobilitare sempre di più i nostri fratelli.
Sì, può piacere dentro la scena dell’emozioni, ma secondo Monsignore questo nuovo modo di nominare la realtà rischia di diventare un’ operazione di indifferenza, di non cura del disabile. “Sono diversamente abili; significa che rispetto a loro, anch’io lo sono. Allora perché dovremmo interessarci di loro? Questa è’ la domanda che la società si pone”. Continua Monsignor Staglianò dicendo che il primo atteggiamento che gli uomini devono assumere di fronte ad un handicap del fratello è quello dell’indignazione, condizione necessaria per far scaturire la misericordia verso il prossimo.
“Misericordia non è buonismo. Per essere misericordiosi occorre una grande capacità di indignarsi. Di indignarsi rispetto al male che c’è nel mondo, di indignarsi d’innanzi alle condizioni di sofferenza e di afflizione dei fratelli .Questo è il motivo per cui bisogna dare il nome a questi nostri fratelli. I cristiani devono ritornare alla croce con un sentimento di indignazione. Io quando guardo il Crocifisso dovrei indignarmi. Il pensiero che Dio mi ha amato ed è morto in croce per me dovrebbe inquietarmi. Dio, che ha subito la croce della maledizione e l’ha assunta, dovrebbe suscitare inquietudine e non lasciare tutto al sentimento del pietismo”.
Nasce da qui l’invito del nostro Vescovo a stare attenti a non estetizzare il cristianesimo. Quella che si vive molto spesso nelle chiese cattoliche è, infatti, la cura estetica e non il cuore e l’interiorità. Nella lettera pastorale c’è un capitolo dedicato all’irreligione. C’è troppa irreligione che circola nelle comunità cristiane. Questo si verifica dal fatto che noi entrando in chiesa per pregare il Verbo che è morto sulla croce ed è risorto per noi non proviamo indignazione e inquietudine. Creiamo comunità cristiane dove al centro non ci sono i poveri, e per poveri intendiamo tutti, anche quelli che mancano di beni essenziali alla vita e tutti quelli che noi chiamiamo disabili.
Nominare i nostri amici disabili con il loro nome, indignarsi per la loro condizione, dovrebbe produrre almeno nelle comunità cristiane indignazione proprio perché si raccolgono intorno alla parola di Gesù, una parola che ci libera e dà speranza.
Questo incontro alla presenza del Vescovo ha dato la possibilità ai presenti di ricordare e sottolineare come la comunità cristiana deve continuamente interrogarsi per aiutare concretamente tutte quelle famiglie che vivono l’handicap come un ostacolo.
 

Per un sistema di riscossione più umano e solidale

I Vescovi delle chiese locali della Sicilia sudorientale di Ragusa, Siracusa e Noto, con questo comunicato stampa desiderano dichiarare e portare all’attenzione delle nostre comunità, della società civile e delle istituzioni, il grave e devastante problema che attanaglia le piccole e medie imprese, gli artigiani e gli agricoltori – e pertanto la nostra gente, le nostre famiglie, i nostri lavoratori, il futuro dei nostri giovani – a causa dell’esposizione debitoria nei confronti degli Istituti previdenziali e di riscossione e, tra questi ultimi, in particolare la SERIT Sicilia S.p.A.
 
 
Come Pastori delle chiese locali della Sicilia sudorientale vogliamo portare all’attenzione delle nostre comunità, della società civile e delle istituzioni, il grave e devastante problema che attanaglia le piccole e medie imprese, gli artigiani e gli agricoltori – e pertanto la nostra gente, le nostre famiglie, i nostri lavoratori, il futuro dei nostri giovani – a causa dell’esposizione debitoria nei confronti degli Istituti previdenziali e di riscossione e, tra questi ultimi, in particolare la SERIT Sicilia S.p.A.
Siamo consapevoli delle gravi conseguenze dell’attuale recessione economica che sta imperversando nel nostro territorio, porzione estrema del mezzogiorno italiano e dell’Europa. Una crisi, all’interno di quella mondiale, che riguarda il Paese intero già colpito da un grave deterioramento morale e istituzionale.
In particolare, la crisi finanziaria sta coinvolgendo le piccole e medie imprese (agricole, artigiane, commerciali, industriali) che costituiscono il tessuto fondamentale della nostra economia isolana e peninsulare. Ad acuire tale stato di cose contribuisce il rigido e farraginoso sistema di riscossione delle imposte e dei crediti degli Enti previdenziali e assistenziali e degli Enti locali che costringe all’insolvenza del debito, maggiorato dalle sanzioni e dagli interessi, facendo scattare il meccanismo ipotecario sui beni delle imprese indebitate ed escludendole da ogni possibile accesso al credito. Un sistema che rischia di schiacciare anche chi ha debiti di modesta entità.
Anche noi, vogliamo “attraversare” come Gesù la città degli uomini, le città del nostro territorio, visitare le case della nostra gente, le officine, i laboratori e gli uffici dei nostri lavoratori, artigiani, piccoli impresari, coltivatori diretti, provati anche dalla durezza di questo sistema di riscossione che spesso costringe a ritmi di lavoro disumani, mina la serenità e l’unità delle famiglie e le rende irreversibilmente povere. 
Come Gesù vogliamo annunziare l’Evangelo della presenza liberatrice di Dio nella storia degli uomini che chiede di “fare” la verità, di servire il bene, di promuovere la dignità della persona, la redenzione del lavoro; di tutelare l’inviolabilità del sacrario della famiglia che è la casa. Il Vangelo libera dall’idolatria del profitto, proclama che il tempo degli uomini è chiamato ad entrare nel riposo della domenica senza tramonto e rende noto che i beni terreni non sono definitivi perché ci attendono i beni eterni. La salvezza cristiana riguarda l’uomo intero. Feconda già, anche se non ancora definitivamente, la sua storia e il suo mondo.
La città degli uomini raggiunta dall’Evangelo ritrova la sua armonia: la solidarietà prevale sul tornaconto, la giustizia sull’illegalità; il lavoro è riscattato dallo sfruttamento, la dignità del lavoratore riconosciuta e tutelata; il focolare domestico ritrova la pace, la convivenza è affrancata dalla disperazione.
Per questo motivo vogliamo sostenere quelle vie di soluzione che, all’insegna del bene comune e della legalità, da più parti sono state proposte e che in sede di Parlamento regionale e nazionale vanno responsabilmente promosse e trasformate in norme che regolano in prospettiva umana il sistema di riscossione. Come ci hanno ricordato i vescovi italiani «Accanto alla risposta diretta della carità, non minore attenzione merita la via istituzionale della ricerca del bene comune, inteso come “esigenza di giustizia e di carità. Impegnarsi per il bene comune è prendersi cura, da una parte, e avvalersi, dall’altra, di quel complesso di istituzioni che strutturano giuridicamente, civilmente, politicamente, culturalmente il vivere sociale, che in tal modo prende forma di pólis, di città”» (Conferenza Episcopale Italiana, Per un paese solidale. Chiesa italiana e mezzogiorno. Documento dell’Episcopato italiano, Roma, 21 febbraio 2010, n. 10).
Pertanto facciamo appello ai parlamentari locali della Regione Sicilia e del Governo Nazionale, di ogni schieramento politico, di adoperarsi insieme a far trasformare in leggi le proposte alternative di riscossione che in questo periodo sono state approntate con grande impegno e intelligenza da tanti cittadini e organizzazioni spontanee o di categoria – in particolare quelle richiamate nel Documento unitario delle Associazioni imprenditoriali e professionali della Provincia di Ragusa e delle diocesi di Ragusa e Noto, Agosto 2011, riguardanti l’emendamento delle norme nazionali e regionali che regolano la riscossione – che hanno trovato nelle nostre comunità cristiane e nelle nostre Diocesi spazi di gratuita accoglienza e di sagace confronto per un’autentica attività politica, per un ambito pubblico libero aperto alla partecipazione responsabile di tutti.
Occorre «Favorire in tutti i modi nuove forme di partecipazione e di cittadinanza attiva» (Per un paese solidale, cit., n.11) ci ricordano i Vescovi italiani. Per l’attuale classe politica è una chiara opportunità di attenzione alla concreta vita della gente in vista del bene comune, del bene di tutti, con una particolare attenzione alle fasce più deboli ed esposte alle intemperie di una società sempre più complessa e sottoposta alle macchinazioni di poteri occulti e voraginosi.
Siamo certi che questo nostro appello risuonerà come un “dia-logo”, una parola persuasiva, una bella notizia perché, nella luce dall’E-vangelo del Crocifisso risorto, le nostre città si pensino e si strutturino come spazi di umanizzazione e di convivenza pacifica e solidale.
L’incontro con il Dio di Gesù di Nazaret rimane sempre una fonte di autentica libertà e di rigenerate relazioni umane.
 
 
+ Salvatore Pappalardo,Arcivescovo di Siracusa
+ Paolo Urso,Vescovo di Ragusa
+ Antonio Staglianò,Vescovo di Noto

Ministero del lettorato a tre giovani del nostro Seminario

Lo scorso 2 ottobre, festa diocesana del Verbum Domini, S. E. Mons. Antonio Staglianò ha conferito il ministero del Lettorato a tre giovani del nostro Seminario: Alessandro, Peppe e Roberto. In una cornice felicemente intonata, dove si celebra la centralità della Parola di Dio, il conferimento del ministero del lettorato assume un senso tutto particolare. Poiché la Parola di Dio è così urgente e necessaria per vivere, non dovremo lasciar cadere neppure una briciola di questa Parola come badiamo che ciò non accada con il Pane eucaristico. In questo contesto il ministero del Lettorato potrebbe assumere una importanza rilevante nelle nostre comunità, se ad esso non si attribuisse solo una questione formale o propedeutica ai fini del raggiungimento dell’Ordine Sacro. Dice Paolo VI nella Ministeria quaedam: «Il Lettore è istituito per l’ufficio, a lui proprio, di leggere la parola di Dio nell’assemblea liturgica. Pertanto, nella messa e nelle altre azioni sacre spetta a lui proclamare le letture della Sacra Scrittura (ma non il Vangelo); in mancanza del salmista, recitare il salmo interlezionale; quando non sono disponibili né il diacono né il cantore, enunciare le intenzioni della preghiera universale dei fedeli; dirigere il canto e guidare la partecipazione del popolo fedele; istruire i fedeli a ricevere degnamente i sacramenti. Egli potrà anche – se sarà necessario – curare la preparazione degli altri fedeli, i quali, per incarico temporaneo, devono leggere la Sacra Scrittura nelle azioni liturgiche. Affinché poi adempia con maggiore dignità e perfezione questi uffici, procuri di meditare assiduamente la Sacra Scrittura».
Nella Chiesa del nostro tempo si evidenzia sempre più chiaramente la necessità di avere dei laici che si facciano direttamente carico e sostengano con impegno le numerose iniziative che sorgono qua e là, intorno alla parola di Dio: comunità di ascolto, gruppi del Vangelo, ed altro, sia all’interno della comunità parrocchiale come pure in ambienti di vita e di lavoro. Il lettore dovrebbe essere quindi il promotore e l’animatore di queste e di altre iniziative analoghe, rivolte  all’annuncio o all’approfondimento della Parola di Dio. Per questi compiti affidatigli dalla Chiesa, il lettore dovrà avere una sua propria fisionomia spirituale e apostolica: dovrà cioè essere un testimone, un insegnante, un educatore; ben preparato, idoneo a orientare, formare e guidare i catechisti più giovani o comunque coloro che di fatto esercitano nella comunità il servizio della catechesi e a coordinare la loro attività. Per questo però egli dovrà tenersi in stretto collegamento e in piena comunione con i pastori, ai quali compete primariamente e in pienezza il dovere di educare i fratelli nella fede.
 
 

Ottobre missionario 2011: corresponsabili nella testimonianza del Vangelo

Con una circolare a tutti i parroci e a tutte le articolazioni ecclesiali della diocesi, il responsabile dell’Ufficio missionario diocesano don Michele Fidone, sottolinea il senso dell’ottobre missionario ed offre alcune indicazioni operative. Sottolinea anzitutto come «il nuovo anno pastorale inizia proiettando tutte le attività sull’orizzonte del mondo con l’impegno di portare a tutti i popoli l’annuncio del vangelo. “La Chiesa per sua natura è missionaria, in quanto essa trae origine dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo, secondo il disegno di Dio Padre “ (Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Ad gentes, 2). Tale missione è ancora agli inizi e non possiamo rimanere tranquilli al pensiero che, dopo duemila anni, ci sono popoli che non conoscono Cristo e il suo messaggio di salvezza». Per questo viene ricordato, come all’interno del complesso processo di evangelizzazione, si colloca come momento di peculiare attenzione, di animazione missionaria, di solidarietà la Giornata Missionaria Mondiale, che verrà celebrata domenica 23 ottobre sul tema: Testimoni di Dio: guai a me se non predicassi il vangelo. Tradizionale strumento della solidarietà missionaria sono le Pontificie Opere Missionarie, che sollecitano l’aiuto di tutti per lo svolgimento dei compiti di evangelizzazione nei territori di missione. «Come Chiesa di Noto, nel mese di ottobre, – sottolinea ancora don Michele Fidone – allargheremo gli orizzonti di preghiera e di solidarietà non soltanto alla Chiesa gemella di Butembo Beni, ma anche a tutto il mondo». Vengono quindi suggerite alcune piste operative. In primo luogo si propone un breve percorso di formazione missionaria all’interno della catechesi e delle celebrazioni liturgiche, valorizzando le variegate iniziative missionarie nei vari vicariati, come il gemellaggio di alcune parrocchie con altri centri ecclesiali di altri continenti. Si invita quindi ai momenti comunitari di preghiera, come la “prima” Veglia missionaria a Modica (poiché è da almeno dieci anni che si è persa la traccia di una tradizione che pure c’era) presso la Chiesa S. Francesco Saverio animata dalle Suore Carmelitane; le Veglie cittadine missionarie ad Avola e a Rosolini. In terzo luogo si evidenzia la presenza significativa, oltre che dei preti della diocesi gemella, di Giovanni Maucieri – missionario laico ispicese – che porta avanti progetti di solidarietà in Guinea-Bissau. Giovanni, presente da diverse settimane in diocesi con la ricchezza della sua esperienza, animerà diversi momenti con i ragazzi della catechesi e nei gruppi ecclesiali delle parrocchie.
 
 
·         Si ricorda poi che le offerte della giornata missionaria si possono far pervenire al carissimo mons. Guccione, oppure inviare tramite il nuovo conto corrente postale dell’Ufficio missionario: numero 1001275070 – iban: I T 50K 0760117100001001275070.
·         Un incontro dell’Ufficio missionario, allargato a tutti coloro che sono attivamente impegnati nell’animazione missionaria o nel gemellaggio con la Chiesa di Butembo-Bneni o in rapporti altre missioni, si terrà a Noto in Seminario martedì 25 ottobre alle ore 19,30.
 

Lasciarsi educare da chi conosce il nostro cuore!

Una consolazione per un pastore, ha detto subito il Vescovo, guardando l’Oratorio San Domenico Savio strapieno. Non per un fatto quantitativo, ma per una Chiesa – ha sottolineato Mons. Staglianò – che rende visibile la sua comunione, per una Chiesa che nel tempo dell’immunitas, nel tempo di un individualismo difensivo e reattivo, si lascia radunare per vivere e per offrire a tutti la fraternitas. C’erano veramente tutti: catechisti, animatori della liturgia e della Caritas, religiose, aggregazioni laicali, pastorali familiare e giovanile, tutti chiamati, nessuno escluso – per questo il Vicario generale ha ricordato anche il Seminario – ad iniziare insieme l’anno pastorale e dare tutti un contributo di riflessione e di conversione. L’incontro unitario infatti avvia l’anno pastorale, ma al centro del cammino ci sarà dal 23 al 25 novembre il Convegno in cattedrale collocato all’inizio dell’anno liturgico, e quindi ancora due incontri unitari, in quaresima e nel tempo pasquale, a ritmare un cammino che avrà nei vicariati e negli incontri particolari delle parrocchie e dei gruppi i luoghi di un confronto effettivo, che potrà non solo preparare e dare continuità al Convegno, ma anche diventare concreta comunione e soprattutto fonte vivificatrice delle relazioni e della sapienza pastorale. Al cuore del cammino ci sta la consapevolezza che questo riunirsi viene da Dio, dalla sua misericordia – tema della prima lettera pastorale di Mons. Staglianò, di imminente pubblicazione – e del cammino di un triennio pastorale. Al cammino e al primo incontro ci si è introdotti con la preghiera: con la recita dell’Adsumus e con un’intesa meditazione biblica di don Rosario Gisana, Vicario per la pastorale, sull’assunzione da parte di Cristo della nostra fragilità, sull’educazione di Dio ad accettare e consegnare le nostre fragilità come aspetto caratterizzante la sua sollecitudine per l’umanità. Questa consapevolezza si è approfondita nella densa relazione di Padre Giovanni Salonia, partendo dall’importanza – “in un mondo fatto solo di punti esclamativi, senza punti interrogativi” – del “lasciarsi educare” e mettendo al centro la misericordia come fatto dalla parte di Dio, di un Dio che rincorre l’uomo fino ad inviare il Figlio, perché si riannodi il legame rotto dal peccato. Nel Figlio impariamo ad accogliere la fragilità della vita, con i suoi limiti e i suoi difficili perché, senza interrompere il rapporto con il Padre, anche nei tempi del suo silenzio, anche solo gridando a lui. La fragilità accolta ci fa tutti più umani, evita rancore e violenza. La fragilità accolta diventa dono per il mondo, dono da offrire da fratelli, senza giudizio, senza sentirsi superiori. La fragilità accolta diventa fragilità consegnata quando impariamo a dire “sia fatta la tua volontà”. Sull’esempio di Maria, la cui icona “scritta” dalle Clarisse di Paganica, accompagnava l’incontro, chiedendo a Lei nella preghiera finale “una salda speranza, una carità sollecita, una fede indefettibile”.
 
 
 
 
 

Master in Bioetica

Si informa che giovedi 20 ottobre 2011 avranno inizio le lezioni relative al Master di Bioetica istituito da questa Diocesi in convenzione con l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.
Il Master avrà la durata di quattro semestri (due anni) al termine dei quali verrà rilasciato il relativo diploma.
 Il Master è indirizzato a tutti coloro che intendono inserire nella loro attività professionale lavorativa una maggiore consapevolezza delle questioni bioetiche: medici e personale sanitario, giuristi, insegnanti di religione, sacerdoti, religiosi e religiose.
Le lezioni per l’anno 2011-2012 si concluderanno il 17 maggio 2012 e si terranno , in modalità interattiva dal centro di viodeoconferenze dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, ogni giovedì presso l’Aula Magna del seminario Vescovile di Noto, dalle ore 15:20 alle 18:30,
Le iscrizioni si chiuderanno il 10 novembre 2011.
Le modalità di iscrizione e di partecipazione al Master sono contenute nella brochure allegata al presente comunicato stampa.
 
Per informazioni:
accesso al sito www. apra.org. oppure www.diocesinoto.it 
telefono 0931 573868 – 3887526985
 
 

Le nostre malattie e fragilità nelle braccia di un Dio che ci ama per primo

Il tema della misericordia di Dio, scelto dal nostro Vescovo per la sua prima lettera pastorale, ha subito fatto pensare alle nostre fragilità e alla possibilità di guardarle senza paura, di lasciarle incontrare con la cura di Dio. Con l’esigenza, avvertita in tempi di smarrimento e di crisi, di recuperare il valore del quotidiano, di rallentare i ritmi frenetici, per ritrovare la verità della vita nella relazione con se stessi, con gli altri, con Dio. La relazione, e non semplici contatti religiosi e sforzi morali! Si tratta anzitutto della relazione che Dio inizia con noi: da qui la ricerca di una sintonia con l’anno liturgico, che ha spinto a spostare in avanti il Convegno, all’inizio dell’anno liturgico. Dalla relazione di Dio con noi e di noi con Dio si generano autentiche relazioni ecclesiali, che si arricchiscono grazie ad un confronto come quello sperimentato al Sinodo – franco e leale – che solo permette di superare pericolose rotture e distanze e ritrovare, come esortò alla fine dell’evento sinodale Mons. Nicolosi e come ci ha spinto Mons. Staglianò con la comunità di parrocchie, nel camminare insieme l’essenza stessa della Chiesa. La relazione nella Chiesa locale avrà quindi una luce particolare dagli incontri unitari – il primo dei quali si tiene mercoledì 28 settembre – , con i quali ritrovare il filo che lega e non separa le dimensione essenziali della fede cristiana e ci colloca al cuore del Vangelo e della vita. E quanto alla sostenza dela relazione, come scrive padre Giovanni Salonia, relatore dell’incontro – relatore degli incontri unitari – «esa si invera e rigenera quando ogni partner lascia progressivamente i calzari del potere e della seduzione, della dipendenza e dell’accusa, per entrare in una terra a lui sconosciuta: la ‘terra di nessuno’ dove ci si riscopre – finalmente e unicamente – compagni di viaggio. Il cuore misterioso ed inesauribile del vivere insieme si colloca là, dove si geme per generare l’unicità che alla relazione si consegna per dare vita ad una relazione che l’unicità accoglie e custodisce».
 
 
 
 

IL SUD? UNA SPERANZA PER L’ITALIA

“Il Sud, da parte più irresponsabile del Paese e più sfortunata in base ai punti di vista, può diventare l’angolatura prospettica di una circolarità aperta, tesa tra terra e cielo”. L’ha sostenuto ieri sera, a Castiglione Cosentino, il Vescovo di Noto monsignor Antonio Staglianò, teologo consulente del Servizio nazionale della Conferenza episcopale italiana per il progetto culturale, che ha discusso del suo nuovo libro intitolato “Una speranza per l’Italia” (Edizioni Paoline) con il presidente della Commissione contro la ‘ndrangheta della Regione Calabria Salvatore Magarò ed il capogruppo dell’Udc nello stesso Consiglio regionale Alfonso Dattolo.
La tesi centrale del libro, oltre a guardare al Sud come ad una risorsa e non come ad una zavorra, è che “il Sud, anche se resta una terra amara – ha spiegato il vescovo – per i pesi che ancora porta, in un tempo non facile dove da una parte si festeggiano i 150 anni dell’Unità e dall’altra si cerca di dividere il Paese, può costituire una speranza, una sorta di laboratorio della speranza per l’Italia intera”.
Monsignor Staglianò ha posto l’accento sulla “ricchezza culturale, umana e valoriale della gente del Sud. Qui ancora – ha sostenuto – terra della modernità incompiuta, possiamo ritrovare nella contemplazione la forza sorgiva di una vita più trasparente. Il Mezzogiorno può diventare un laboratorio in cui esercitare un modo di pensare diverso rispetto ai modelli che i processi di modernizzazione hanno prodotto. Dando all’efficienza il giusto posto nelle cose da fare, lasciando il primato alle relazioni, allo stupore, alla gratitudine. Occorre rovesciare l’ottica per la quale le patologie del Sud nascerebbero da un deficit di modernità, forse proprio le insufficienze del Sud possono costituire una chance per tutelare la modernità dalla spirale senza ritorno nella quale sembra avviluppare il mondo intero in questo difficile congiuntura”.
Monsignor Staglianò, interpellato dal giornalista Romano Pitaro sul tema dei cattolici in politica ha ribadito che “la Chiesa non è parte in causa, né intende parteggiare per questo e quello. Piuttosto, esige che i cristiani non siano superficiali, e che, anzi, dinanzi alle ingiustizie del mondo e della società, s’indignino, perché la fede, come insegnava sant’Agostino, non è in contrasto con la ragione la quale, al contrario, alimenta la fede. Non basta andare a messa per mettersi la coscienza in pace, bisogna dare forza alla fede e al nostro essere cristiani con i fatti e le opere. C’è un mondo che soffre, che ha bisogno di solidarietà vera e che ci chiama in causa direttamente; e il cristianesimo ha le parole che servono e le risposte giuste per frenare sia il nichilismo disperante di una secolarizzazione infinita e degradante, che il feticismo dello sviluppo ed il totalitarismo della tecnica”.
A sua volta, il presidente Magarò ha sostenuto che “il Sud deve ritrovare la fiducia nelle proprie capacità e impiegare le sue grandi potenzialità. Non è più il tempo di crogiolarsi stancamente dietro il lungo, lunghissimo elenco di cose che non funzionano. E’ invece il tempo di rinserrare le fila e riprendere un cammino insieme. Ci sono tanti percorsi viziosi che vanno corretti – ha aggiunto – ma altrettanti percorsi virtuosi vanno ripresi. La Calabria delle parrocchie prossime al dolore degli altri e quotidianamente impegnate a dare risposte ai bisogni di aiuto sono un esempio. Ma ci sono anche esempi di politica al servizio dei cittadini e la stragrande maggioranza di calabresi onesti, di buoni principi non corrotti dall’illegalità, che pure da noi è diffusa, e non sedotti dal malaffare. Ecco, questa Calabria deve ritrovarsi e costruire la rete su cui può germogliare il tessuto sociale della nostra rinascita. Ma per far ciò è necessario fissare gli obiettivi ed innalzarli a traguardi collettivi: identità positiva, ricambio generazionale, legalità, meritocrazia, qualità, perché in Calabria non abbiamo bisogno tanto di quantità, ma di processi compiuti, in grado di segnare un punto di svolta. La qualità sarà sempre più la cifra che caratterizzerà, d’ora in poi, la crescita capace di attestarsi anche come sviluppo”.
Il capogruppo dell’Udc Alfonso Dattolo, intervenendo nel dibattito ha apprezzato l’iniziativa del libro sul Mezzogiorno: “Ancora una volta – ha detto – mentre sul Sud si continua a non dire le parole giuste e a non fare le cose che il Mezzogiorno si attende, è la Chiesa, attraverso una delle sue espressioni più autorevoli com’è monsignor Antonio Staglianò, a stanare la politica e l’intellighenzia italiana che spesso guarda alle nostre realtà con occhio carico di pregiudizio. In questo difficile autunno della seconda repubblica, che mette in luce un Paese pericolosamente diviso, una classe dirigente stanca, un debito pubblico tornato a due decenni fa, un’elevata pressione fiscale e un’Italia sfibrata nel morale, mentre se si volge lo sguardo al Sud è solo per ribadire che dal Sud non può venire niente di buono, dobbiamo essere grati alla Chiesa se, sulla scia di importanti documenti elaborati dai vescovi sul Mezzogiorno, a partire dalla lettera collettiva del 1948 nella quale già si segnalava uno sviluppo distorto, per arrivare al documento del 2010 sul bisogno di avere un Paese solidale, si torna a parlare del Sud. Personalmente – ha concluso Dattolo – non so dove andrà a parare la crisi politica che è sotto gli occhi di tutti. So per certo, però, che la classe dirigente della futura stagione politica, non potrà che considerare la Chiesa e la sua dottrina sociale come un faro con cui, laicamente, come ci hanno insegnato don Sturzo e De Gasperi, illuminare i percorsi del governo della cosa pubblica”.
 

Modica, nel ricordo di don Puglisi anche un triangolare di calcetto

Don Puglisi a Modica è stato ricordato giovedì 15 nella Casa a lui intitolata con l’accoglienza dell’icona della Madonna “scritta” dalle clarisse di Paganica (L’Aquila) e venerdì 16 al Cantiere educativo “Crisci ranni” con la celebrazione dell’Eucaristia e un confronto tra cittadini e amministrazione comunale sui problemi del quartiere. Ultimo tra i momenti di organizzati in memoria di Don Giuseppe Puglisi, nel diciottesimo anniversario della sua morte, è stato quello di sabato 17. Questa volta teatro della manifestazione è diventato un rettangolo di gioco, precisamente quello interno all’area “Padre Basile”. A sfidarsi, in un singolare triangolare di calcetto sono state le rappresentative dell’amministrazione e del consiglio comunale di Modica (tra gli altri anche il Sindaco), dei dipendenti comunali e del corpo di polizia municipale. Nella forma di una sana sfida e cordiale competizione, bisogna registrare la vittoria finale andata alla rappresentativa dell’amministrazione e del consiglio comunale che alla fine ha avuto la meglio sulla ben organizzata squadra messa in campo dal corpo di polizia municipale (lo stesso può dirsi, al di là del risultato, per la squadra dei dipendeti). Da evidenziare il sano agonismo messo in campo da tutte le squadre. A improvvisare una simpatica “telecronaca” Giovanni Cannizzaro, mentre i ragazzi del cantiere educativo chiedevano a tutti autografi e alla fine hanno premiato le squadre. Le porte sono state realizzate grazie al il ricavato dello spettacolo promosso dall’Aspecon “Quattro parole per quattro mosche”. Un momento distensivo e significativo in sintesi quello vissuto al cantiere “Crisci ranni”, che vuole essere di auspicio per rendere sempre più bella questa area che diventa un polmone verde per Modica e per un incontrarsi, con al centro i bambini e la testimonianza di quanti come don Puglisi hanno dato la vita per amore, attraverso rapporti costruttivi con cui ripensarsi città giusta e fraterna.
 
 

Concluso il 2° Convegno Internazionale di Bioetica

Si è concluso il Secondo Convegno Internazionale di Bioetica, tenutosi a Noto venerdì 9 e sabato 10 settembre 2011 presso l’Aula Magna del Seminario Vescovile.
L’evento, dal titolo “Quale spazio per la Bioetica nella pratica clinica? – Presenza-saggezza e umanità al servizio della persona”, ha visto la partecipazione di un nutrito pubblico di professionisti del settore socio sanitario, avvocati, insegnanti e cultori delle discipline della Bioetica. La presenza di relatori di alto livello nazionale e internazionale ha assicurato un notevole spessore culturale alla manifestazione, organizzata dalla Diocesi di Noto.
Le due giornate del Convegno hanno visto la trattazione di oltre quindici relazioni distribuite in quattro sessioni – due mattutine e due pomeridiane – ciascuna dedicata ad un tema specifico inerente la disciplina della Bioetica. Dopo gli indirizzi di saluto dei rappresentanti delle istituzioni – l’onorevole Nicola Bono, Presidente della Provincia Regionale di Siracusa e il Dr. Corrado Bonfanti, sindaco di Noto – nella Cattedrale di Noto, si è svolta la prolusione del vescovo, Sua Eccellenza Monsignor Antonio Staglianò, dal titolo: “La natura dell’uomo può fondare il discernimento etico?”. I lavori sono proseguiti nell’Aula Magna “Giovanni Paolo II” del Seminario Vescovile, che ha ospitato l’intera prosecuzione dell’evento.
L’indagine della Bioetica attuale si concentra su diversi aspetti della figura umana e in diversi ambiti scientifici: il bisogno di raccordare le varie competenze che questa multi-disciplina abbraccia, è stato il tema portante dell’attività complessiva del Convegno, focalizzata sul concetto di dignità dell’essere umano, specialmente nella figura del malato, che più volte è stato sottolineato essere il cuore stesso della ricerca e del dibattito bioetico. L’esperienza della malattia, della morte, del fine vita, i complessi discorsi sulla conservazione degli embrioni per la fecondazione assistita, tutti questi temi sono stati affrontanti da un punto di vista tanto etico quanto scientifico, sul quale si sono ritrovate le varie culture ed interessi presenti al convegno. A ciò si aggiunge la copertura mediatica di organi di stampa nazionali, regionali e locali, ai quali la Diocesi porge sentiti ringraziamenti per l’attenzione riservata al Convegno. Ciò non solo è segno di una sensibilizzazione maggiore riguardo le tante tematiche e questioni morali che si raggruppano sotto il termine “Bioetica”, ma è anche un ulteriore passo verso l’altro fondamentale obiettivo del Convegno: rendere il messaggio bioetico accessibile, a dispetto della complessità delle materie trattate, in forma di un dialogo con la gente comune per la formazione di un’opinione pubblica sempre più diffusa e sensibile ai temi trattati. Il gradimento espresso dai convegnisti attraverso un apposito test di valutazione somministrato al termine dei lavori, è il segno più eloquente della valenza dell’iniziativa.
A conclusione dei lavori, l’appuntamento con il Convegno è stato rinnovato per l’anno venturo, con in più la proposta di istituzione di un Master biennale di Bioetica con sede a Noto, in collaborazione con l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, e la promessa di intrecciare e mantenere una rete di contatti a latere dell’evento principale, in funzione di una futura sinergia di intenti per la prosecuzione e la divulgazione del messaggio veicolato durante le due giornate dei lavori.
 
 
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