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CONVENZIONE tra la diocesi di Noto e Butembo Beni per una scuola di formazione professionale per lâ019agricoltura e lâ019alimentazione

I CONVENZIONE

PREMESSO CHE

– la Diocesi di Noto, nella persona di S.E. Mons. Antonio Staglianò e la Diocesi di Butembo-Beni nella persona di S.E. Mons. Melchisedeck Sikuli, hanno sottoscritto il nuovo protocollo di gemellaggio e cooperazione tra le Diocesi in data 16/01/2010 stabilendo nuove condizioni per una più precisa e reciproca assunzione di responsabilità e per la determinazione di più ampie modalità di mutua collaborazione.
– è intenzione delle suddette Diocesi realizzare una fattoria didattica, avente come obiettivo generale la formazione professionale in campo sanitario, agricolo-ambientale, economico, cooperativo e delle comunicazioni sociali della popolazione della Diocesi di Butembo-Beni, nella Provincia del Nord Kivu;
– l’obiettivo specifico é realizzare una scuola di formazione professionale per l’agricoltura e l’alimentazione denominata“Intagliatori di sicomoro” per lo sviluppo ed il miglioramento della produzione agro-zootecnica della popolazione della Diocesi di Butembo Beni, essenziale per ottenere le derrate necessarie al fabbisogno alimentare della popolazione locale.
– che appare opportuno individuare la Diocesi di Noto, capofila del progetto;

Tutto quanto sopra premesso e considerato,
SI CONVIENE QUANTO SEGUE:

1. Le parti desiderano definire, nel rispetto della propria autonomia, un rapporto di collaborazione avente come obiettivo la realizzazione del progetto denominato “Intagliatori di sicomoro”;
2. Le parti individuano come soggetto capofila la Diocesi di Noto che avrà il compito di rappresentare le parti;
3. Le parti si rendono sin d’ora disponibili ad individuare insieme eventuali ulteriori attività connesse e funzionali alla realizzazione del progetto nei tempi stabiliti;
4. Le parti convengono sulla necessità di nominare dei responsabili del progetto quali referenti delle rispettive Diocesi allo scopo di verificare con continuità l’andamento delle attività oggetto del presente Protocollo;

Letto, sottoscritto e confermato
S.E. Mons. Antonio Staglianò;  S.E. Mons. Melchisedeck Sikuli

NUOVO PROTOCOLLO per il Gemellaggio e la Cooperazione tra la Diocesi di Noto e di Butembo-Beni

La Diocesi di Noto (Italia) e la Diocesi di Butembo-Beni (R.D.Congo) hanno da anni realizzato un gemellaggio che nel tempo ha dimostrato segni di fecondità nell’arricchimento reciproco, nello sviluppo di esperienze di cooperazione, di integrazione, di dialogo, di interscambio culturale e spirituale. Considerata la bontà di questa iniziativa ed attese le incessanti trasformazioni culturali delle società globalizzate, le due Diocesi gemelle intendono ripensare e rilanciare il gemellaggio.

Premesso che:

– “Lo sviluppo dei popoli, in modo particolare di quelli che lottano per liberarsi dal giogo della fame, della miseria, delle malattie endemiche, dell’ignoranza; che cercano una partecipazione più larga ai frutti della civiltà, una più attiva valorizzazione delle loro qualità umane; che si muovono con decisione verso la meta di un loro pieno rigoglio, è oggetto di attenta osservazione da parte della chiesa” (Paolo VI, – Populorum Progressio) 
– La cooperazione missionaria tra le chiese, promossa e incoraggiata dal Concilio Vaticano II,
trova alimento e sostegno nella Dottrina Sociale della Chiesa e nel magistero di Benedetto XVI,
nell’Enciclica – Caritas in Veritate.
– restano confermati, benché bisognosi di approfondimento e di ulteriori precisazioni, gli “otto punti per lo sviluppo del Gemellaggio” qui riportati e contenuti nel precedente protocollo firmato il 13 gennaio 1988, dall’allora Vescovo di Noto S.E. Mons. Salvatore Nicolosi e il Vescovo di Butembo-Beni S.E. Mons. Emanuele Kataliko. Rilanciati dai loro successori S.E. Mons. Giuseppe Malandrino, S.E. Mons. Mariano Crociata e S.E. Mons. Melchisedeck Sikuli.

1. Rapporto spirituale
Un intenso rapporto spirituale attraverso anzitutto la preghiera vicendevole, nella profonda
convinzione che fonte sicura di ogni opera di bene è Dio nostro Padre, in Cristo Signore e nel
suo Spirito.

2. Conoscenza reciproca
Sviluppo di iniziative che permettono alle due Chiese gemellate di conoscersi a vicenda, di
conoscere cioè sempre meglio l’una la situazione pastorale e sociale dall’altra, nonché le
aspirazioni e i problemi vicendevoli.

3. Scambio di presenze
Incremento dello scambio di presenza di persone dell’una e dell’altra Chiesa, allo scopo di
favorire maggiormente la conoscenza, l’aiuto e l’arricchimento reciproci.

4. Scambio di persone
Offerta di ospitalità a qualche alunno del seminario maggiore della Diocesi di Butembo-Beni
presso il Seminario teologico di Noto e scambio temporaneo di presbiteri e di operatori
pastorali laici tra le due Diocesi gemellate.

5. Scambi di specialisti
Scambio periodico fra le due Chiese di specialisti in discipline teologiche, pastorali, e sociali,
allo scopo di tenere corsi di aggiornamento nelle rispettive Chiese gemellate.

6. Gemellaggio fra le parrocchie
Sviluppo del gemellaggio articolato fra le parrocchie delle due Diocesi, sotto il discernimento
dei due Vescovi, di cui esiste già qualche esempio.

7. Microrealizzazioni sociali
Incremento delle microrealizzazioni sociali da parte della Chiesa di Noto nella Chiesa di
Butembo-Beni, tenendo conto delle più urgenti priorità di quest’ultima.

8. Doppio comitato diocesano
Creazioni di un comitato o gruppo ristretto, composto da elementi dei rispettivi Consigli presbiterali e pastorali delle Due Diocesi che, in piena collaborazione con i due Vescovi e in profondo collegamento con le rispettive basi ecclesiali stimoli, coordini, e concretizzi sempre meglio il gemellaggio fra le due Diocesi, alla luce dei punti sopra esposti.
Tutto ciò premesso e considerato:
la Diocesi di Noto, nella persona di S.E. Mons. Antonio Staglianò e la Diocesi di Butembo-Beni nella persona di S.E. Mons. Melchisedeck Sikuli, manifestano la volontà di rinnovare il gemellaggio stabilendo nuove condizioni per una più precisa e reciproca assunzione di responsabilità, per la determinazione di più ampie modalità di mutua collaborazione.
Con il presente protocollo di cooperazione si intende:
– confermare gli 8 punti per lo sviluppo del gemellaggio concordati nel 1988 – in tutti gli aspetti che hanno attualità – e riportati integralmente nel presente protocollo;
– integrare il primo protocollo con le seguenti nuove proposte per una sua più ampia articolazione, organizzazione e sviluppo, attraverso le seguenti azioni:

1. Promozione del volontariato internazionale come risorsa specifica per lo sviluppo umano, nella società civile e nella comunità ecclesiale, italiana ed internazionale;

2. Promozione della concertazione tra gli Enti ed Organismi locali, nazionali ed internazionali stimolando azioni comuni tra i suoi membri e con altre organizzazioni che perseguono gli stessi obiettivi in un’ottica di cooperazione decentrata;

3. Raccolta fondi per il perseguimento degli obiettivi del presente protocollo, attraverso campagne istituzionali o specifiche che possano prevedere anche manifestazioni, spettacoli, vendite e iniziative varie;

4. Promozione e realizzazione di programmi e progetti di sviluppo tesi al miglioramento delle condizioni materiali e spirituali della popolazione delle due Diocesi gemelle;

5. Promozione di microimprese ed altre realtà imprenditoriali legate al territorio attraverso l’attuazione di attività finanziarie, etiche e di iniziative di microcredito;

6. Realizzazione di una struttura organizzativa idonea al perseguimento degli obiettivi del gemellaggio, attraverso la creazione di una O.N.G e l’istituzione di una segreteria operativa per singola Diocesi, con il ruolo di:
a. coordinamento, sviluppo, monitoraggio e controllo di tutte le iniziative progettuali;
b. attività di comunicazione e promozione delle iniziative del gemellaggio;
c. attività di educazione e sensibilizzazione sui temi della cooperazione internazionale e delle attività del gemellaggio all’interno dei territori delle Diocesi gemelle, con particolare attenzione ai giovani;
d. miglioramento delle sinergie;
e. realizzazione, implementazione ed organizzazione di un archivio, “memoria storica” delle attività, attuate, in itinere e di prossima realizzazione.

7. Realizzazione di progetti di carattere formativo, formativo-produttivi e formativoimprenditoriali nei seguenti ambiti:
a. Alfabetizzazione di base, educazione degli adulti, formazione dei formatori;
b. Formazione universitaria;
c. Formazione di quadri;
d. Sostegno alle associazioni locali per l’acquisizione di competenze gestionali.
e. Promozione delle minoranze etniche;
f. Formazione scolastica (qualificazione e aggiornamento degli insegnanti a tutti
i livelli);
g. Formazione professionale specifica in campo sanitario, agricolo-ambientale, economico, cooperativo e delle comunicazioni sociali;
h. Formazione e promozione della donna;
i. Sviluppo dell’artigianato locale;
j. Sistemi di risparmio e credito;
k. Attività cooperative;

8. Strutturazione, organizzazione e gestione di singoli accordi di programma e convenzioni su ogni singolo punto oggetto del presente protocollo d’intesa.
Sede di Bingo (R.D.Congo) lì, 16 gennaio 2010, Letto, sottoscritto e confermato S.E. Mons. Antonio Staglianò S.E. Mons. Melchisedeck Sikuli

Video intervista sulla Cattedrale di Noto

In una recente intervista a TV2000 don Rosario Sultana ha risposto ad alcune domande che sono state oggetto di una intervista sulla Cattedrale e le chiese di Noto, nell’ambito della rubrica denominata “Detto tra Noi” dedicata ai comuni italiani. Il Vice Direttore UCS ha illustrato brevemente la storia della Cattedrale ricordando il patrimonio artistico in essa contenuto e le feste religiose che vi si celebrano durate l’anno. Nella sezione Video Gallery è possibile guardare il momento dell’intervista. L’attenzione sulla nostra Cattedrale e sul nostro Barocco Netino e sempre per noi siciliani motivo di orgoglio e soddisfazione.

Aiutare Haiti nell’emergenza e avviare la rinascita

Domenica 24 raccolta in tutte le chiese d’Italia

Il dramma di Haiti ha turbato le coscienze, ma i problemi restano enormi e non riguardano solo vittime e conseguenze del terremoto, ma anche l’aggravarsi delle condizioni di mondo precedenti che facevano e fanno di questo Paese uno dei più poveri del mondo in cui muore di stenti un bambino su tre (a ridosso del paradiso dei Caraibi, in cui le crociere sono continuate, come forse la nostra vita, finite le prime emozioni) e la difficoltà di organizzare gli aiuti. La Caritas resta un canale che riesce a superare ostacoli (seppur con grande fatica) grazie alla capillarità della presenza della Chiesa e, nel caso di Haiti, di missionari ed ordini religiosi che subito hanno aiutato con grande generosità e coraggio (in modo particolare salesiani, camilliani, gesuiti). 

Grazie alla mobilitazione dei centri Caritas e dei volontari in tutte le diocesi del Paese e nella Repubblica dominicana, sono stati già distribuiti una grande quantità di aiuti, ma ora per i prossimi due mesi la Caritas ha lanciato un piano di aiuti d’urgenza (generi alimentari, indumenti e coperte, medicinali e servizi sanitari di prima necessità, acqua e materiale igienico di base, sostegno psicologico) per 31 milioni di euro a favore di 200.000 persone. Inoltre sarà avviato – per pensare già alla rinascita – un processo di sviluppo di attività lavorative e di impiego al fine di stimolare l’economia locale, assistendo con due osservatori il procedere delle attività principali previste: pulizia degli ospedali e impianto di servizi igienici nei campi degli sfollati. 

La Caritas provvederà pure alla distribuzione di acqua, di assistenza ed attività educative (soprattutto per i bambini) in 20 campi di sfollati. Tra questi solo quello di Petionville ne accoglie 50.000. Non si fermi dunque la solidarietà, ma in ogni occasione si pensi ad Haiti! Si possono anche concretizzare piccoli segni, per esempio per “kit lavoro”, del costo di 180 euro, comprendente carriola, pala, guanti da lavoro per cinque lavoratori.

Le offerte possono essere fatte pervenire tramite conto corrente postale intestato alla Caritas diocesana di Noto (n. 10030963 ) o direttamente alla Caritas Italiana (via Aurelia 796, Roma) sul c.c.p. n. 347013 o tramite bonifici bancari (cfr. indicazioni sul sito www.caritasitaliana.it) con la causale “emergenza terremoto Haiti”.

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Dal 18 al 25 gennaio 2010 preghiera per l’unità dei cristiani

Dal 18 al 25 gennaio 2010 si terrà come di consueto l’ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani.
L’Ufficio diocesano per l’Ecumenismo ha provveduto dopo le feste di far pervenire ad ogni parrocchia il materiale per la preghiera e la riflessione.
Nel materiale sono state date indicazioni sull’utilizzo dello stesso per eventuali incontri e celebrazioni.

La celebrazione ecumenica con i rappresentanti dei protestanti e, per la prima volta con gli ortodossi rumeni presenti in diocesi si terrà a Scicli nella chiesa di san Giuseppe giovedì 21 gennaio.
 
Il tema della Preghiera per l’unità dei cristiani del 2010 si collega al ricordo della Conferenza missionaria internazionale di Edimburgo che viene riconosciuta come l’inizio ufficiale del Movimento ecumenico moderno. Nei giorni 14-23 del giugno 1910, oltre mille delegati, appartenenti ai diversi rami del Protestantesimo e dell’Anglicanesimo, a cui si unì anche un ortodosso, si incontrarono nella città scozzese per riflettere insieme sulla necessità di giungere all’unità al fine di annunciare credibilmente il Vangelo di Gesù. A cento anni di distanza la tensione missionaria che riunì quei cristiani può aiutarci a riflettere sul legame che c’è tra missione e comunione nella vita dei cristiani. Sappiamo bene, infatti, che l’evangelizzazione è tanto più efficace quanto più i discepoli di Gesù possono mostrare la loro comunione, la loro unità. Del resto lo stesso Maestro li aveva avvertiti: “Da questo riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri”. Queste parole del Signore fanno emergere ancor più la contraddizione che c’è tra le divisioni dei cristiani e l’obbligo che comunque essi hanno di un annuncio credibile. D’altra parte non possiamo certo rinviare la comune testimonianza evangelica fino al giorno in cui sarà ristabilita la nostra piena comunione. E comunque sappiamo anche che la prima testimonianza è la nostra comunione.

L’urgenza di una evangelizzazione credibile ha spinto Giovanni Paolo II, nell’enciclica Ut Unum Sint, a mettere il dito nella piaga: «E’ evidente che la divisone dei cristiani è in contraddizione con la Verità che essi hanno la missione di diffondere, e dunque essa ferisce gravemente la loro testimonianza. .. Come annunciare il Vangelo della riconciliazione senza al contempo impegnarsi ad operare per la riconciliazione dei cristiani? Se è vero che la Chiesa, per impulso dello Spirito Santo e con la promessa dell’indefettibilità, ha predicato e predica il Vangelo a tutte le nazioni, è anche vero che essa deve affrontare le difficoltà derivanti dalle divisioni. Messi di fronte a missionari in disaccordo fra loro, sebbene essi si richiamino tutti a Cristo, sapranno gli increduli accogliere il vero messaggio? Non penseranno che il Vangelo sia fattore di divisone, anche se esso è presentato come la legge fondamentale della carità?»(n.98).

La comunicazione del Vangelo e la comunione tra i cristiani sono due dimensioni che chiedono di essere vissute in maniera più responsabile da tutti i cristiani, anche in Italia. Durante il IV Convegno Ecumenico Nazionale, tenutosi a Siracusa abbiamo riflettuto sul tema paolino: «Guai a me, se non annuncio il vangelo». La memoria dell’Apostolo ci ha mutato a comprendere ancor più chiaramente il legame tra l’urgenza della evangelizzazione e una nuova audacia nel cammino ecumenico. Abbiamo ringraziato il Signore per il cammino ecumenico che le Chiese e le Comunità ecclesiali hanno compiuto in Italia soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II. E abbiamo sottolineato l’irreversibilità di tale cammino, sapendo bene che l’unità non è il frutto delle nostre alchimie umane ma un dono di Dio che dobbiamo chiedere anzitutto con la preghiera. Certo, a noi viene chiesto di non lasciare nulla di intentato per compiere quei passi che ci portano verso l’unità. Abbiamo, infatti, riconosciuto il pericolo di cadere nella sottile tentazione di assuefarci alla divisone, di convivere troppo facilmente con la ferita della disunione, ritenendola una condizione insuperabile. Se così facessimo, saremmo responsabili di una grave colpa. Tanto più che abbiamo davanti a noi nuove sfide che chiedono invece un impegno più comune. Basti pensare alla diffusione di quella mentalità materialistica che sta allontanando sempre più dal Vangelo uomini e donne, giovani e adulti, ed anche adolescenti e bambini. L’attitudine egocentrica che ne consegue spinge a ripiegarsi su se stessi privilegiando i propri interessi e dimenticando quelli dei poveri, dei deboli, degli immigrati, degli angari e di coloro che non hanno né voce né posto nella società. Non possiamo non guardare preoccupati questa involuzione che avvelena le radici stesse della convivenza nel nostro Paese. Vi è poi un altro fenomeno che ci riguarda da vicino e che chiede a noi tutti una rinnovata generosità. Ci riferiamo alla immigrazione cristiana nel nostro Paese. Si tratta di centinaia di migliaia di fratelli e sorelle sia ortodossi che evangelici, oltre che cattolici, che sono approdati in Italia per cercare una vita migliore. La loro venuta è come una preghiera rivolta anche a noi perché ricevano una risposta di amore. Anche l’ecumenismo italiano deve ascoltare questo grido: dobbiamo affinare le orecchie del nostro cuore, allargare la nostra mente e unire le nostre braccia per accogliere questi nostri fratelli e aiutarli a crescere anche nella fede.

In questo orizzonte è stato scelto il capitolo 24 del Vangelo di Luca. E’ la narrazione del giorno di Pasqua. L’ascolto comune di questa pagina evangelica può mutarci a riscoprire il grande dono della Pasqua di cui tutti dobbiamo essere testimoni. Lo furono quelle donne, lo furono anche i due di Emmaus ed anche gli Undici. Non possiamo che metterci sulle loro orme a partire dall’obbedienza nell’ascolto. Anche noi sentiremo ardere il nostro cuore e cercheremo di tornare verso Gerusalemme per testimoniare assieme l’incontro con il Risorto. La preghiera rivolta al Padre nell’ultima cena perché i discepoli siano una cosa sola”(Gv 17, 21) trovava concretezza nel comando che il Risorto diede loro: “Voi sarete testimoni di tutto ciò”(Lc 24,48). A noi è chiesto di accogliere questo invito e, nell’ascolto comune del Vangelo, chiedere al Signore di aiutarci per affrettare i nostri passi verso la comunione piena.
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XXX Anniversario Episcopale di Mons. Malandrino

Il fausto XXX di Episcopato di Mons. Giuseppe Malandrino, Vescovo emerito di Noto, è lieta occasione per rileggere sinteticamente il suo servizio episcopale nella nostra Diocesi (1998-2007), dopo ben 18 anni in quella di Acireale (1980-98). 

Nato a Pachino il 12 luglio 1931 egli, sotto la guida lungimirante del parroco Mons. Vincenzo Spiraglia, riceve sin da piccolo una soda formazione umana e cristiana. Entra in Seminario a Noto, ove compie gli studi ginnasiali e liceali. A Roma, come alunno del Seminario Romano Maggiore, consegue il 5 luglio 1957 la laurea in Teologia presso la Pont. Università Lateranense. Ordinato presbitero in Chiesa Madre a Pachino il 19 marzo 1955, don Malandrino esercita per 24 anni (dal 1955 al 1979) in Diocesi il suo servizio sacerdotale con zelo e saggezza nei diversi impegni pastorali e culturali affidatigli. Giovanni Paolo II lo nomina Vescovo di Acireale il 30 novembre 1979. Il successivo 26 gennaio 1980 egli riceve la consacrazione episcopale nel Duomo di S. Giorgio a Modica Alta.

Nella bolla di trasferimento alla Chiesa di Noto, Giovanni Paolo II gli scriveva: «Venerabile fratello, che tu possa impiegare per il governo premuroso della diocesi di Noto, per la sua crescita e rinnovamento, la diligente esperienza pastorale fin qui acquisita e tutto il tuo zelo apostolico, confidando solamente nel Pastore Divino che sempre dal Cielo terrà sotto la sua protezione te e il tuo ministero, secondo le tue forze» (19 giugno 1998).

Nel suo primo messaggio alla nostra comunità diocesana, Mons. Malandrino si diceva «pronto, per la fiducia del S. Padre, a riprendere con voi il cammino ecclesiale nel luogo e nella storia che il Signore ci ha assegnato. Rivolgo subito il cordialissimo saluto e la fervida richiesta di collaborazione a tutti. Continueranno ad esserci di guida: la Parola di Dio, il Concilio Vaticano II e il recente Sinodo della Diocesi già in fervida attuazione. Le linee ispiratrici del mio ministero episcopale sono quelle stesse che mi hanno sempre guidato da prete prima e da vescovo poi». Viene ufficialmente a Noto sabato 29 agosto 1998, accolto gioiosamente da oltre seimila fedeli, convenuti dai nove centri della Diocesi e da vari Comuni della Diocesi di Acireale, nell’ampio stadio comunale, ove celebra la S. Messa all’aperto, dato il recente crollo della chiesa Cattedrale (13 marzo 1996).

Queste le principali linee operative, tracciate dal novello Pastore: 1) puntare sulla Parola di Dio ascoltata vissuta e testimoniata, sulla comunione con a centro l’Eucaristia e la testimonianza del Vangelo (servizio agli ultimi con particolare attenzione alle famiglie e ai giovani); 2) incrementare gli incontri per il clero e l’intera comunità diocesana (ritiri, aggiornamenti mensili, convegni diocesani e vicariali); 3) promuovere le ‘zone pastorali’ puntando anzitutto sulla pastorale unitaria; 4) nel rapporto laici-clero, incoraggiarne la collaborazione e l’impegno evangelico; 5) dare spazio a tutte le Associazioni, A. C. e Movimenti ecclesiali, aiutandoli ad operare in armonia con i Pastori; 6) valorizzare i tre grandi strumenti formativi diocesani: Scuola di formazione, Scuola di Teologia per laici, Scuola di formazione all’impegno socio-politico; 7) Cercare e curare molto le vocazioni sacerdotali, religiose e missionarie. 

Il Vescovo manifesta subito stima per una maggiore valorizzazione de ‘La Vita Diocesana’ e delle molteplici pubblicazioni ecclesiali. In vista del Grande Giubileo del 2000 la Peregrinatio Crucis, celebrata durante la quaresima del 1999, è stata una ‘pioggia di grazia’ negli otto vicariati. Mons. Malandrino fa intanto dono alla Chiesa Netina di due prime sue Lettere Pastorali: «Giubilate nel Signore, convertitevi e credete al Vangelo» per il Giubileo del 2000 ed «Eccomi, manda me!» per la Missione Popolare diocesana. Due Messe vengono teletrasmesse (Rai Uno) dalla procattedrale S. Carlo il 31 ottobre e l’1 novembre 2000 e una da Modica (S. Giorgio) il 6 maggio 2007.

I Congressi Eucaristici vicariali e quello diocesano sono stati «il momento culminante del cammino giubilare di conversione al Vangelo della nostra Chiesa Netina e lievito della nostra adesione vitale al mistero dell’Eucaristia, che è sorgente sempre viva di conversione alla comunione, alla missione e al servizio ai poveri». Il 10-20 gennaio 2000 il Vescovo, con una delegazione rappresentativa della comunità diocesana netina, ha visitato la Chiesa sorella di Butembi-Beni e si è incontrato con Mons. Melchisedech Sikuli Paluku e i suoi diocesani congolesi.

Inoltre viene svolta una Missione Popolare Diocesana del ‘Verbum Domini’ (ottobre 2001- marzo 2002). La Missione è ben presentata nell’intensa preghiera e nella capillare organizzazione. Da questa Missione popolare scaturisce l’ulteriore impegno missionario nell’avvio dei ‘Centri di ascolto della Parola di Dio’. Molto intensa è inoltre la coinvolgente annuale celebrazione della Festa del ‘Verbum Domini’. Capillare e fruttuosa è infine la Visita Pastorale dal 2003 al 2006.
L’onòre di aprire le artistiche ante del portale centrale della ricostruita Cattedrale è spettato al Vescovo Mons. Giuseppe Malandrino mentre, contemporaneamente dall’interno, il suo predecessore Mons. Salvatore Nicolosi toglieva il chiavistello: una cerimonia semplice e altamente significativa, dopo l’ònere di undici lunghi anni sofferti in laboriosa attesa e vigli sollecitazioni volte a superare diversi ostacoli e complicazioni. Spalancato finalmente il maestoso portale, ecco il volo augurale di una bianca colomba che volteggia nel rinato tempio ricostruito con la tecnica ‘pietra su pietra’.
Tre sono stati i momenti dell’inaugurazione: 1) il 15 giugno 2007 simbolico, autorevole e benedicente il Messaggio di Benedetto XVI al Vescovo Giuseppe Malandrino: “La riapertura dell’insigne Cattedrale di Noto è significativo evento religioso e culturale. Al fascino ‘esteriore’ del Duomo restituito al suo splendore si unisca ora quello ‘interiore’ di coloro che in esso si riuniscono per lodare il Signore”; 2) domenica 17 giugno, di sera, commovente e indimenticabile il rientro trionfale dell’arca argentea del patrono San Corrado da S. Carlo al Corso in Cattedrale; 3) la mattina di lunedì 18 giugno l’inaugurazione ufficiale alla presenza dei Card. G.B. Re prefetto della Congregazione dei Vescovi, dell’Arciv. Bagnasco presidente della CEI, di Mons. Malandrino e Mons. Nicolosi, di numerosi Vescovi e Presbiteri, come anche del Presidente del Consiglio dei Ministri, di Sindaci e di Autorità civili e militari. Da evidenziare, inoltre, che una settimana prima – il 10 giugno – con tenacia e insistenza il Vescovo era riuscito a fare riaprire la basilica del Ss. Salvatore, chiusa da decenni.

«A partire dal Concilio Vaticano II il ministero episcopale ha assunto un ruolo sempre più significativo e fondante nell’ambito più generale dell’ecclesiologia. La Chiesa universale diventa visibile e prende vita nella Chiesa particolare. E la Chiesa particolare prende quella “forma” che il Vescovo, come “pastore proprio, ordinario e immediato” (Christus Dominus, 11), le imprime in virtù del suo munus pastorale. Si capisce da ciò che dalle scelte pastorali del Vescovo dipenderà non solo il cammino di fede, ma anche la stessa identità della Chiesa particolare che gli è affidata» (Mons. G. Malandrino).

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COMUNICATO STAMPA – S.E. Mons. Antonio Staglianò in visita a Butembo-Beni (RdC) nostra Diocesi gemella

Comunicato Stampa

 

Sabato 9 gennaio il Vescovo di Noto, Mons. Antonio Staglianò, si recherà in Congo per una visita alla Chiesa gemella di Butembo-Beni. La delegazione che accompagnerà il Vescovo sarà formata da 49 membri, 9 dei quali presbiteri. Scopo principale di questo viaggio pastorale è di incrementare il gemellaggio avviato da Mons. Salvatore Nicolosi, oggi vescovo emerito, il 21 aprile 1988 in occasione del suo XXV di ministero episcopale. Mons. Staglianò sarà il quarto Vescovo che visiterà la diocesi di Butembo-Beni nel Nord Kivu. A visitarla per primo è stato, nel gennaio 1990, Mons. Salvatore Nicolosi. Nel gennaio 2000 vi si recò Mons. Giuseppe Malandrino. Nel Gennaio 2008 fu la volta di Mons. Mariano Crociata, oggi Segretario generale della CEI.

 

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La Chiesa casa e scuola di comunione

La Chiesa è comunque famiglia! I rischi della burocrazia e del clericalismo ci sono sempre ma, se c’è viva una tensione evangelica, se le relazioni sono cordiali ed estroverse, tutto questo si supera. Così ci si è messi insieme gli Uffici diocesani della Catechesi, della Liturgia, della Caritas, della Famiglia – con il cuore aperto all’altro nella stima e nella fiducia – e si sono programmati due incontri unitari per il clero e per tutti i fedeli, in particolare per i catechisti, i ministri della comunione, i volontari, gli animatori Caritas, le famiglie cristiane. I primi due incontri si terranno venerdì 29 gennaio prossimo con Mons. Montenegro, al mattino per i preti sulle unità pastorali, nel pomeriggio per tutti sulla formazione e la vita di cristiani adulti e di comunità veramente fraterne (ore 18, Rosolini, Oratorio San Domenico Savio). Don Franco Montenegro, già presidente della Caritas Italiana e attuale Arcivescovo di Agrigento, lo abbiamo conosciuto in incontri con il clero e al Convegno delle Caritas di Sicilia svoltosi nella nostra diocesi tre anni fa. Nella sua Chiesa, dopo un cammino di ascolto, ha promosso un piano pastorale (consultabile sul sito della diocesi di Agrigento) che ha molti punti di contatto con le questioni avvertite anche nella nostra Chiesa e che ritroviamo per noi condensate nel nostro Sinodo, soprattutto nel capitolo sulla comunità cristiana, e presenti con forte convinzione nelle due lettere al clero e negli interventi del nostro Vescovo. Agli incontri interverrà inoltre anche don Dionisio Rodriquez, direttore della Caritas dell’Aquila e parroco di Paganica, per continuare il gemellaggio con l’Abruzzo in uno scambio di visite in cui non c’è solo il dramma del terremoto ma anzitutto la possibilità della reciprocità nell’aiutarsi a capire come comunicare il Vangelo. C’è anche una icona che fa da sfondo al piano pastorale agrigentino e ai nostri incontri – l’icona della Visitazione – a ricordarci che solo nella misura in cui Cristo abita in noi è possibile una comunione vera e una missione credibile, ma anche che ognuno di noi è chiamato a compiere passi concreti, umili, leali, coraggiosi.

Venerdì 29 gennaio 2010: INCONTRI CON MONS. FRANCESCO MONTEGRO, ARCIVESCOVO DI AGRIGENTO

ore 10 Casa del Clero (Noto)

Incontro con il clero:  “Le unità pastorali tra comunione e missione. Per una Chiesa casa e scuola di comunione”

Ore 18 Oratorio San Domenico Savio (Rosolini)

Incontro per tutti (in particolare catechisti, ministri della comunione, volontari, famiglie, animatori pastorali) sul tema:  “Per cristiani adulti nella fede e nell’amore”

Gli incontri saranno presieduti dal nostro Vescovo Mons. Antonio Staglianò.
Agli incontri sarà presente il direttore della Caritas dell’Aquila don Dionisio Rodriquez

Il prossimo appuntamento unitario sarà il 19 marzo, sulla sfida educativa, con Mons. Vittorio Nozza, direttore della Caritas Italiana (al mattino ore 10 alla Casa del Clero di Noto, la sera ore 18,30 alla Domus S. Petri di Modica)

 

Dalle decisioni del Secondo Sinodo Diocesano di Noto

Decisione 14, La scelta missionaria: La Chiesa di Noto, “per la fedeltà alla missione datale da Cristo, non può proseguire nell’attuale gestione pastorale che giudica insufficiente e non pienamente conforme al progetto di Dio”. Questo sinodo, quindi, ritiene urgente e necessario che tutte le componenti ecclesiali della diocesi sappiano accogliere la Parola di Dio, la testimonino vitalmente e acquisiscano uno slancio missionario rivolto prevalentemente al mondo degli adulti. A tal fine tutta la Chiesa locale (e in essa ogni comunità parrocchiale, congregazione religiosa, gruppo, movimento, associazione) decide di operare questa conversione fondamentale: da una Chiesa dispersa nelle molte attività a una Chiesa che ritrovi le cose essenziali della fede e sappia comunicarle come pellegrina sulle strade dell’uomo, mediante un radicamento nel territorio .

Decisione 33, La comunione tra i presbiteri, i diaconi e le comunità ecclesiali: La nostra Chiesa locale si impegna ad operare questa fondamentale conversione: – i presbiteri e i diaconi, per primi, vivano con il Vescovo e fra loro una più sentita comunione fraterna (spirituale, pastorale e umana), come specifica espressione del sacramento ricevuto, rendendo così concretamente visibile il collegio dei presbiteri e quello dei diaconi; – le comunità dello stesso vicariato, configurato come comunione di comunità, si diano una pastorale comune, in cui si manifesti l’unità del sentire e dell’agire; questa pastorale si richiami alle scelte e alle indicazioni di quella diocesana, valorizzando e coinvolgendo tutti i membri della comunità e le loro aggregazioni, con i doni e i ministeri propri.


L’Epifania: la responsabilità per l’Evento

Ciò che si manifesta il “nuovo potere d’amore” che Dio ha donato agli uomini

Natale è passato, ma resta la responsabilità per l’Evento, l’impegno dell’amore tra gli uomini, perché ci sia pace nel mondo e maggiore giustizia e solidarietà tra tutti noi. L’Epifania porterà via tutte le feste e però essa stessa è una festa che dura e permane nella gioia di venire a sapere quanto manifesta (epifania significa manifestazione): “il nuovo potere d’amore” che la grazia di Dio permette agli uomini. E’ il potere generato dallo sguardo del Padre verso di noi suoi figli.
Ogni sguardo di padre verso il proprio figlio è sguardo di fiduciosa attesa e di timorosa speranza che il figlio germogli e cresca bene: la fede cristiana nel mondo è allora comprensibile come l’avventura della libertà dei credenti a crescere e germogliare secondo lo sguardo del Padre di Gesù. Che questa avventura non sia risolvibile nelle noccioline natalizie di qualche preghierina blaterata con la bocca o di qualche magistica partecipazione a cerimonie religiose lo capisce chiunque (non occorre una profonda fede per comprenderlo, basta un poco di testa). L’avventura invece pretende che la propria libertà si giochi, cioè si esponga, in nome di Dio verso l’altro – chiunque altro – in gesti concreti e visibili di carità (=agape) anche a costo del proprio annientamento, della perdita o rinuncia di sé, perché forte è l’affetto che mi lega a ogni persona: a costo della vita, vorrò amare.

«Belle parole. Siamo in fondo uomini, fragili, caduchi. Chi potrà essere all’altezza di questo sguardo del Padre. Rinunceremmo volentieri a una sguardo così esigente, costituiti come siamo in debolezza», direbbe il sapientone di questo mondo nella sua stoltezza.
E’ una seria obiezione che può far riferimento all’impotenza umana registrata nella storia, anche lungo il corso dei due millenni passati dalla nascita di Gesù (barbarie umane, guerre etc.). La memoria di quell’Evento benedetto del “Figlio di Dio nato da donna” permane e ora manifesta e attesta un’altra verità: noi non siamo soli in questa impresa di diffusione dell’amore. Questo è anche epifania. Già, perché se il Figlio di Dio può nascere in un uomo, vorrà pur dire che l’uomo – per quanto fragile e povero – può tuttavia contenere la sua immensità divina. L’esagerare l’incapacità dell’uomo (la sua debolezza esistenziale) è un modo a un tempo sottile e superficiale di sfuggire al dono dell’Incarnazione: questo dono dichiara che l’uomo può –nella grazia dell’unione di sé con Dio – vivere nell’obbedienza dei comandamenti del Padre, maturando e crescendo come il Padre si aspetta dai suoi figli.

L’impresa sarebbe umanamente impossibile se non ci fosse l’unione di Dio con l’uomo. Questa unione però c’è stata in Gesù e continua ad esserci nel battezzato, riempito di Spirito Santo (anche Lui “Dio in persona” presente veramente nel cuore del credente). Lo hanno sottolineato i Padri della Chiesa: l’uomo è capax Dei, è capace di Dio. Questo annuncia l’Epifania dell’Incarnazione: l’uomo è vero uomo perché è unito a Dio, perché permette a Dio di abitarlo, perché fa spazio alla presenza di Dio nella sua vita e riempie il suo tempo di eternità. L’uomo vero accade quando l’Eterno incrocia la nostra fragile temporalità, compiendola, rilanciandola verso orizzonti di pace, di giustizia, di servizio, di amore.
 Dunque, alla banalità di chi afferma “sono un uomo, non ce la posso fare”, l’Epifania contrappone la luminosa sapienza “ce la puoi fare se sei un uomo”. Già, perché essere uomini significa – dall’Incarnazione in poi – essere stati resi capaci di una avventura nuova di vita, misurata dallo sguardo esigente – e premuroso (ricco di misericordia) del Padre: quella di vivere nel tempo l’Eternità, vivendo la vita come vita, per esempio, nella fedeltà all’amore dichiarato “una volta per tutte” nel matrimonio o nella consacrazione a Dio.

 “Una volta per tutte” è il linguaggio dell’amore che non è amore se non è definitivo. L’Incarnazione consacra questa definitività una volta per tutte. Il cristianesimo allora non sarà lo sfogo psicologico e sentimentale del “buon Natale”, non è “questione di cibo o di bevande” per l’incremento della nostra società dei consumi (ah!! il consumismo natalizio, fuso senza coscienza con qualche piccola offerta fatta ai negretti dell’Africa che muoiono di fame). No, il cristianesimo è la traccia storica della possibilità del linguaggio dell’amore – una volta per tutte -, amore che è più forte della morte. “Quella grotta è uno specchio/ Dio nasce ancora/ adesso/ solo in te”.

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