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SANTUARIO CONVENTO MADONNA DELLE MILIZIE


Situato in contrada Mulici, la tradizione lo vuole costruito nel luogo dell’epica battaglia tra Normanni e Saraceni a memoria e ringraziamento dell’intervento risolutore della Madonna a cavallo. Edificato tra il 1093 e il 1098 fu ampliato nel 1391 e ricostruito interamente nel 1721, dopo esser stato distrutto da un terremoto, sulla base del modello precedente. In seguito vi venne accostato anche un convento. Caratteristica è la torre campanaria, che fungeva anche da torre d’avvistamento poiché dalla zona si domina tutto il territorio donnalucatese e si scorgono a nord-est anche le colline sciclitane. Vi si accede passando attraverso un ingresso voltato e il primo impatto è con un portale dagli accesi colori. In alto si trova la lapide posta da Ruggero d’Altavilla, che secondo la tradizione volle la costruzione del Santuario, per ricordare quanto avvenuto. Negli anni a seguire varie furono le processioni da tutti i centri abitati dalla zona allo scopo di chiedere protezione alla Madonna. Nel suo anniversario la battaglia viene ancora oggi inscenata da figuranti al culmine di una festa molto sentita. Nel XII secolo vi dimorò Frà Mariano Perello, notissimo storico sciclitano, che dopo la sua morte vi venne anche sepolto. La notizia ha trovato conferma qualche anno fa con il reperimento della sua tomba in seguito ad un crollo.


Testo  e foto da http://www.donnalucata.it

S. GIUSEPPE

La Chiesa di San Giuseppe fu costruita nel 1504 da parte di un devoto nel suo podere sito nel quartiere medievale extra moenia detto del Casale. La cura della Chiesa e lo sviluppo della devozione a San Giuseppe furono affidate alla Confraternita di cui facevano parte i nobili, i cavalieri e tutti gli artigiani di Scicli. Nei primi dei 1600 la Confraternita di Santa Agrippina, dopo aver ceduto il proprio oratorio e il proprio orto ai Frati Minori Cappuccini perché vi costruissero il loro convento con annesso lazzaretto per la cura degli appestati, si fuse con la Confraternita di San Giuseppe e trasferì il suo altare con il simulacro della santa presso la chiesa di S. Giuseppe. A partire da questo periodo la chiesa fu elevata a Gancia della Matrice come succursale per l’amministrazione del battesimo, dell’unzione degli infermi e del viatico ai fedeli che non potevano salire sul colle dirimpetto alla chiesa di San Matteo. Perciò ebbe il privilegio di poter avere il fonte battesimale e la conservazione degli olei sacri e dei Santissimo Sacramento pur non essendo chiesa parrocchiale. Come tutte le altre chiese dei Val di Noto crollò in buona parte nel terremoto dei 1693 e i lavori di ricostruzione furono ripresi già ai primi dei 1700 con l’impianto di una nuova chiesa in stile barocco in armonia con tutto le altre chiese ed edifici della città. I lavori furono terminati nel 1772 così che al presente abbiamo una chiesa a navata unica con cinque nicchie laterali dove sono collocati gli altari laterali e un grande catino absidale con l’altare maggiore e un presbiterio spazioso. La decorazione dello spazio interno è pregevole per gli stucchi e la tenue colorazione delle volte secondo il nuovo gusto dell’epoca. Purtroppo un primo restauro degli anni ‘60 ha un po’ tradito l’armonia primigenia e il primitivo progetto della chiesa settecentesca. La chiesa è stata elevata a parrocchia il 1 dicembre 1950 ed è tuttora aperta a tutte le attività pastorali. Secondo gli storici locali della chiesa precedente al terremoto rimangono: 1) la statua marmorea di Santa Agrippina, in marmo bianco colorato, su una base che porta in bassorilievo la storia del martirio della santa, datata 1497 e attribuita al famoso scultore Donatello Gagini, inserita in una parete abbellita da un panneggio in stucco dorato con al centro la colomba dello Spirito Santo. L’altare purtroppo è stato distrutto; 2) il fonte battesimale con catino in unico pezzo in pietra dura locale sormontato da copertura lignea a cupola ottogonale; 3) due angeli che reggono una conchiglia a mo’ di acquasantiera in pietra dura locale ai due lati dell’ingresso della chiesa di pregevole fattura; 4) un crociffisso ligneo attualmente conservato in una nicchia laterale.  Alla nuova costruzione appartengono invece: 1) La statua lignea di San Giuseppe, realizzata tra il 1773 e il 1780, rivestita parzialmente con lamine di argento decorate con motivi floreali a cura di Don Giuseppe Iemmolo e dei Barone Penna che donarono dieci once d’argento ad hoc. L’incarico della statua fu dato al napoletano Pietro Padula, autore del presepe ligneo conservato nella chiesa di San Bartolomeo di Scicli. L’opera, interrotta a causa della morte del Padula avvenuta nel 1778 fu ultimata dallo scultore sciclitani Pietro Cultraro (o Cultrera); 2) un quadro con la Madonna delle Grazie tra le sante martiri siciliane Agata e Lucia e le anime del Purgatorio, ex voto di un certo D’Antonio di Lorenzo datato 1745 di buona fattura locale; 3) Un quadro della stessa epoca raffigurante la cacciata dei venditori dal tempio in una ricca cornice lignea dorata di stile barocco;4) La balconata lignea dei coro dove era situato l’organo a canne della stessa epoca, con pregevoli decorazioni barocche. Al rimodernamento ottocentesco invece sono da attribuire: 1) la sede lignea del celebrante e i due sgabelli decorati a foglie di oro zecchino; 2) due consolle laterali dell’altare maggiore in legno con decorazioni in oro. Nella chiesa si conservano pure arredi liturgici degni di attenzione

S. MARIA DELLA CONSOLAZIONE

Esistente già nel sec. XVI, presenta tre navate con tre altari ciascuna. La facciata è a due ordini; nel primo si evidenzia il portale centrale, mentre molto più piccole sono le porte laterali sormontate da nicchie e da finestre cieche quadrate; altre due nicchie sono poste ai lati del finestrone nel secondo ordine sormontate da timpani triangolari. Interessanti sono il portale laterale in stile manieristico e il campanile isolato dalla fabbrica con la cuspide in maioliche policrome.Tra le sculture si ammirano il Cristo alla colonna e il gruppo statuario del Cristo caricato della croce (‘u timpuni), un Ecce Homo in legno dipinto (sec. XVIII); particolare attenzione merita il presbiterio ove si trovano il coro ligneo scolpito, l’organo a canne, uno splendido altare ligneo dorato sormontato dalla tela di grandi dimensioni raffigurante il Cristo risorto che incontra Maria (sec. XVIII) inserita in una cornice lignea dorata. Di particolare interesse sono gli arredi sacri, la pavimentazione del presbiterio e il ciclo di stucchi del Ruiz (sec. XIX).

S. TERESA

Ultima chiesa della via Mormino Penna annessa la monastero carmelitano di S. Chiara. Il portale d’ingresso sovrastato da una finestra quadrilobata. L’interno è della prima metà del sec. XVIII. Nell’unica unica sono presenti quattro altari laterali alternati da colonne finemente lavorate. Il ciclo di stucchi è di   Pietro Cultraro e Guglielmo Migliore (1752-1762), le pitture della volta sono di Lorenzo Rota. Nell’abside si nota la tela sull’altare centrale di S. Teresa di Filippo Fangelli (1698). Da notare nel lato destro l’altare con la tela Madonna tra Santi di Ludovico Svirech (1761) e nel lato sinistro l’altare col Crocifisso con croce decorata da ricche cornici lignee. Pregevole il pavimento settecentesco.

 

MADONNA DEL CARMINE

La chiesa e il convento dei Padri Carmelitani, fondati nel sec. XIV, furono ricostruiti dopo il terremoto del 1693 e costituiscono un complesso architettonico di grande omogeneità stilistica. Nel prospetto a tre ordini, rivolto ad est, si evidenziano il portale, lo stemma dell’Ordine Carmelitano, il finestrone e le statue di religiosi carmelitani e della Madonna del Carmine.L’interno della chiesa è a navata unica arricchita da uno splendido ciclo di stucchi monocromi attribuiti al Gianforma, stuccatore palermitano allievo del Serpotta. La parete laterale destra presenta due dipinti nel primo ordine (scene bibliche) e due nel secondo (con i quattro evangelisti e S. Guglielmo) inseriti in cornici in stucco e tre altari marmorei policromi di Tommaso Privitera 1768 con pale d’altare (costantino Carasi Ssec. XVIII) inserite in preziose cornici lignee scolpite. La parete laterale sinistra presenta un dipintoi nel primo ordine (scena biblica) e due nel secondo (con i La consegna della regola carmelitana, Madonna delle Milizie) inseriti in cornici in stucco e tre altari marmorei policromi di Tommaso Privitera 1768 con 2 pale d’altare (costantino Carasi Ssec. XVIII) e un Crocifisso ligneo di grandi dimensioni e uno monumentale pulpito ligneo, mentre nell’altare maggiore in marmo (sec. XIX) domina la scultura lignea ricoperta in argento della Madonna del Carmelo. Francesco Castro (1760).

 

S. MICHELE

Ubicata nella via Mormino Penna, a poca distanza dalle chiese di S. Giovanni e di S. Teresa, la chiesa di San Michele Arcangelo fu realizzata alla metà del sec. XVIII, con la partecipazione ai lavori del capomastro Mario Mormino e dell’architetto Rosario Gagliardi, e consacrata nel 1763. Presenta un prospetto leggermente convesso caratterizzato da coppie di lesene presenti nei tre ordini; due colonne con capitelli corinzi nel primo ordine delimitano il portale sormontato dallo stemma coronato della confraternita di San Michele Arcangelo, nel secondo delimitano il finestrone con cornice arcuata e decorata ai lati con ghirlande coperto da una grata di ferro; il terzo ordine, in cui  spicca l’apertura ad arco della cella campanaria, è sormontato da un timpano con decorazioni a rilievo.All’interno, nell’aula ellittica, sono presenti stucchi, pitture, sculture e decorazioni, realizzate nel 1851, in sostituzione di quelle precedenti settecentesche; nelle pareti gli stucchi raffigurano strumenti musicali e arredi sacri. Gli altari sono cinque: il centrale con il dipinto della Madonna delle Grazie del Carasi (sec. XVIII) e quattro altari laterali con i dipinti di S. Agostino, San Michele Arcangelo, Adorazione dei Magi (sec. XIX) e un Crocifisso ligneo.

S. GIOVANNI EVANGELISTA

La chiesa di “S. Giovanni Evangelista” si trova in via Mormino Penna, sul lato destro del Municipio di Scicli. La facciata ha tre ordini. La pianta è il risultato di uno schema geometrico il cui modulo fondamentale è il cerchio. L’unità spaziale centralizzata è evidenziata dalle semicolonne addossate alla superficie muraria dell’aula, dai quattro altari disposti con gli assi convergenti sul centro di raccordo dell’impianto e della volta a guscio di noce che sovrasta l’ordine del tamburo dove si trovano le grandi finestre che illuminano l’interno. I lavori di costruzione della chiesa iniziarono tra il 1760 e il 1765. Già alla fine del 1776 l’interno veniva concluso con gli stucchi di Giovanni Gianforma e l’affresco della volta. L’ultima fase della decorazione interna, con stucchi e dorature, fu eseguita nel 1854.La chiesa è dotata di un organo a canne del 1841 dell’organaro Salvatore Andronico Battaglia da Palermo.Di particolare rilievo due altari marmorei sfarzosamente scolpiti e dipinti su cui sono collocati i dipinti Il trionfo di S. Benedetto e S. Giovanni Evangelista protetto dalla Madonna vittoriosa sul drago. Di fronte altri due altari con altri dipinti, un crocifisso ligneo, probabile opera quattrocentesca. Nella sacrestia è conservato un dipinto rappresentante il Cristo sulla croce, di provenienza spagnola, legato ad una tradizione di Burgos, con una iconografia molto rara in Italia; notevoli gli arredi sacri e i paramenti liturgici e un’urna contenente la statua lignea del Cristo morto.Dal 1918 la Chiesa di S. Giovanni opera da Pantheon, avendo ricevuto le spoglie di numerosi soldati sciclitani caduti durante la prima guerra mondiale.

S. MARIA LA NOVA

La chiesa di S. Maria La Nova si trova nel centro storico di Scicli, in uno dei più antichi e integri quartieri della città. La storia dell’edificazione della chiesa di Santa Maria La Nova è ricca di eventi che, a partire dal XIV secolo, modificano la struttura dell’edificio.L’evento principale che interessa l’edificio è la sua ricostruzione dopo il terremoto del 1693. L’edificio fu tuttavia rimaneggiato e modificato per tutto il corso del Settecento e parte dell’Ottocento. L’assetto attuale della chiesa è ottocentesco. Sia il piano di stuccatura che l’impianto monumentale dell’edificio risentono dello stile in voga al tempo. La presenza di maestranze e progettisti non riferibili alla cerchia degli artisti locali, ne fa un edificio di straordinaria originalità. Non possiamo tacere il fatto che la chiesa apparteneva all’arciconfraternita di Santa Maria La Nova, erede, alla fine del ‘500, dell’ingentissimo patrimonio che costituiva l’eredità di Pietro Di Lorenzo Busacca. Ciò diede modo di impiegare i cospicui fondi a disposizione per chiamare artisti di fama, circostanza, peraltro favorita dalla presenza fino all’Unità d’Italia, dell’amministrazione del patrimonio Busacca a Palermo. La struttura dell’edificio consta di un’aula unica di dimensioni monumentali, con sei cappelle laterali e un grande catino absidale. L’ingresso della chiesa è costituito da un grande vestibolo, al di sopra del quale insiste il grande campanile-facciata. Ai lati si aprono, a destra una stanza contenente un grande portale in pietra di difficile datazione riferibile al ‘600 o al ‘700; a sinistra il vano scala che conduce alle otto sale contenute nella facciata. Tutta la facciata è stata recentemente restaurata e la scala di accesso ai locali sostituita.Nell’aula si affacciano 6 cappelle collegate tra di loro da un vano d’apertura. A destra la prima cappella contiene, oltre alla statua settecentesca di San Francesco di Paola, la grande Urna  reliquiaria in argento. La seconda cappella contiene la statua in argento, datata 1846, dell’Immacolata. La terza cappella contiene la statua lignea del Cristo Risorto databile alla fine del ‘700, e il dipinto raffigurante il martirio di Sant’Adriano attribuito ad Antonino Barbalonga Alberti (Messina 1603-1649). Alle pareti dei due passetti sono appesi quadri di piccole dimensioni raffiguranti l’uno la Madonna delle Milizie e l’altro una Adorazione dei magi.A sinistra la prima cappella contiene la statua settecentesca di San Giuseppe. La seconda cappella contiene il gruppo statuario dell’Addolorata, composto di quattro figure, oggetto di particolare devozione. La terza cappella contiene, in basso una statua del Cristo deposto databile alla metà del ‘500 e un busto dell’Ecce Homo riferibile al ‘700. Nelle nicchie una Madonna in pietra datata nel piedistallo a bassorilievo 1496 e un altare delle reliquie contenente la grande Croce reliquiario in argento con incastonati 22 medaglioni contenenti a loro volta reliquie, nell’altare ,sistemato intorno al 1950, sono inoltre esposte altre 370 reliquie contenute in piccoli reliquiari. Tra le reliquie di maggiore importanza quella di Sant’Adriano contenuta in un avambraccio in argento datato 1671.L’abside contiene tre grandi dipinti: ai lati due dipinti di Tommaso Pollace (1748-1830) raffiguranti l’uno Giuditta e Oloferne, l’altro Ester e Assuero (cm. 480×506). Il quadro posto al centro raffigura la Natività di Maria (cm. 750×450), è attribuito a Sebastiano Conca (Gaeta 1679-Napoli 1764). L’altare maggiore è decorate con lastre di lapislazzuli, il grande coro ligneo è riferibile al rifacimento ottocentesco dell’abside.A destra dell’abside si apre la sacrestia, composta di due ambienti. Nel primo, più piccolo e contenuta una piccola vetrinetta contenente reliquie e piccoli oggetti non più in uso. Un bassorilievo in pietra raffigurante Madonna con Bambino tra san Giovanni Battista e san Giovanni Evangelista, riferibile al rinascimento. Il secondo ambiente, più grande, contiene un grande quadro della Madonna delle Milizie, un quadro dell’Immacolata di Vito d’Anna, una statua lignea dell’Immacolata del ‘700, e 7 quadri più piccoli di canonici del ‘700 e dell’800.

S. IGNAZIO – CHIESA MADRE

Della prima metà del ‘700 è la Chiesa di S. Ignazio, Chiesa Madre della città dal 1874, anno del trasferimento della Matrice dalla chiesa di San Matteo. Sita in piazza Italia presenta una facciata nel cui primo ordine spiccano le lesene con capitelli corinzi e uno stupendo portale con una trabeazione dal fastigio curvilineo spezzato con lo stemma dell’Ordine di Gesuiti in un cartiglio sorretto da angeli, mentre i due portali laterali sono sormontati dalle statue di San Luigi Gonzaga, a sinistra, e Sant’Antonio col Bambino Gesù, a destra. Nel secondo ordine, caratterizzato da doppie lesene con capitelli ionici, si evidenziano la finestra centrale, con una vetrata nella parte inferiore e un orologio nella parte superiore, e ai lati le statue di Sant’Ignazio e di San Saverio. Ai lati, leggermente arretrate rispetto al piano della facciata, sono le due torrette campanarie.L’interno, ricco di stucchi dorati e affreschi, è a croce latina con tre navate; le laterali presentano tre cappelle ciascuna, mentre nell’abside, spicca l’altare maggiore in marmi policromi trasferito dalla demolita chiesa di S. Maria la Piazza.Tra le opere d’arte, da sottolineare il simulacro della Madonna delle Milizie, un’opera in cartapesta rappresentante l’intervento miracoloso della Madonna a cavallo a favore dei Cristiani contro i Saraceni, e il dipinto con la scena dell’apparizione della Madonna a cavallo sul piano delle Milizie, capolavoro del Pascucci. Nella chiesa è custodita l’urna reliquiaria argentea che contiene il corpo di S. Guglielmo. Molte opere d’arte ivi custodite provengono dalla precedente chiesa madre di S. Matteo.

S. BARTOLOMEO

La Chiesa di San Bartolomeo risale ai primi anni del XV secolo e fu l’unica a resistere al pauroso sisma del 1693. Il prospetto a torre, di stile barocco-neoclassico, sorretto da possenti colonne, fu progettato dall’architetto siracusano Salvatore D’Alì all’inizio del XIX secolo. La chiesa, scenograficamente inserita nella “cava” omonima, è composta da un’unica navata a croce greca decorata con stucchi, affreschi e dorature in stile tardo barocco-rococò. Le decorazioni interne furono compiute in diversi periodi, dalla prima metà del settecento sino al 1864. Gli affreschi sulla volta rappresentano San Bartolomeo nei momenti della preghiera, della benedizione, dell’arresto e del martirio.Molti sono i dipinti su tela tra cui il Martirio di San Bartolomeo di Francesco Pascucci (1729), l’Immacolata fra Santi Bartolomeo e Guglielmo del Cassarino e la Deposizione di Mattia Preti (1613-1699). Opera d’arte inimitabile è sicuramente il Presepe: al centro della scena compare la Natività, mentre gli altri personaggi, contadini e pastori, fanno da contorno. Delle statue, in origine sessantacinque, alte un metro, ne sono rimaste oggi soltanto ventinove. Completano la Chiesa la Statua dell’Immacolata, scultura lignea del 1727 successivamente rivestita d’argento ad opera degli argentieri retini fratelli Catera. e la Sacra Cassa, un’urna reliquiaria in argento incisa con rappresentazioni della vita di San Bartolomeo.