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Si apre il 2° Convegno di Bioetica

Il vasto consenso riscosso in occasione del primo Convegno  Internazionale di Bioetica svoltosi nel  2010 ha spinto ed incoraggiato la Nostra Chiesa locale a promuovere e realizzare un secondo Convegno Internazionale di Bioetica dal titolo” Quale spazio per la bioetica nella pratica clinica? Presenza, saggezza e umanità al servizio della persona”, che si svolgerà nei giorni 9-10 settembre prossimi. Il Convegno si aprirà in Cattedrale con la prolusione del nostro Vescovo Mons. A. Staglianò dal titolo ” La natura dell’uomo può fondare il discernimento etico?”, e proseguirà nelle sessioni successive nell’Aula Magna del Seminario Vescovile.  
Convegnisti provenienti da ogni parte della Sicilia e dal resto d’Italia, per due giorni potranno seguire diciotto relazioni, partecipare a due tavole rotonde e a vari dibattiti in aula sui temi che saranno trattati da relatori di alto spessore provenienti dalle università italiane e straniere.  
Si tratta di una grossa opportunità prima di tutto per la comunità diocesana, che con la partecipazione al convegno, ma anche attraverso i resoconti del nostro giornale, avrà la possibilità di riflettere sui temi fondamentali della vita che vengono vissuti quotidianamente nelle famiglie.
La cronaca quotidiana propone, infatti, a ritmo incalzante, vicende che richiamano l’attenzione pubblica su problematiche che hanno a che vedere con la vita e la salute del singolo e della collettività, con particolare riferimento al rapporto medico – paziente (la cosiddetta “ bioetica quotidiana”). Oggi sono tanti gli argomenti che richiedono una serie e sapiente riflessione: dagli albori della vita prenatale ( fecondazione in vitro, riduzione embrionale, interventi eugenetici, diagnosi prenatale), alle questioni relative al suo sviluppo e ai suoi stadi ( sofferenza) e alla sua fine (eutanasia, testamento biologico). La costruzione sociale e culturale del significato della scienza, deve potersi liberare contestualmente sia da facili entusiasmi sia da superficiali ostracismi, maturati talora in un humus marcatamente emotivo, per accedere ad una visione equilibrata e sapienziale della vita umana in tutte le sue fasi. Il Convegno, infatti, ha come obiettivo principale quello di fornire risposte alle tante problematiche etiche che le moderne biotecnologie e le relative antropologie di riferimento pongono. Risposte che verranno dai contenuti delle quattro sessioni in cui è strutturato il Convegno: ( Pensare la vitaIl divenire tra genetica e libertà La vita alla prova del tempoQuando il linguaggio si arresta) nelle quali l’apporto scientifico di esperti permetterà l’acquisizione di criteri essenziali per una fondata e pertinente riflessione bioetica che si caratterizza per rigore scientifico e concretezza clinica. “Il II Convegno Internazionale di Bioetica – ha spiegato Mons. Antonio Staglianò, vescovo di Noto – vede quest’anno la sua seconda edizione; con esso ci proponiamo di perseverare in una scelta di formazione e di riflessione sugli attuali temi che interessano la riflessione bioetica, favorendo il dialogo e il confronto fra svariate discipline che hanno al centro la persona”. L’iniziativa offre, infatti,  anche l’opportunità a molti professionisti che operano nelle varie strutture sanitarie ( medici, infermieri, psicologi etc) del nostro territorio, non solo di approfondire le conoscenze scientifiche necessarie all’esercizio di una professione dal profilo altamente umano, ma di soddisfare a quella esigenza di formazione prevista per il personale sanitario dalla normativa vigente. Ma non è da sottovalutare anche l’opportunità per la Città che ospita il Convegno ( Noto) e per gli altri centri della Diocesi di presentare ai tanti ospiti che parteciperanno al Convegno il loro patrimonio artistico, culturale, paesaggistico e umano ( ospitalità). 

Noto e Piacenza con San Corrado verso l’amore di Cristo

 La festa estiva 2011 celebrata a Noto in onore di san Corrado Confalonieri, compatrono della nostra diocesi, tra le manifestazioni costruttive, ben radicate o nuove (vedi ad esempio la celebrazione comunitaria del Sacramento della Penitenza, la raccolta delle offerte per la Chiesa africana gemella di Butembo-Beni e la raccolta alimentare nella “giornata della solidarietà”, nonché il pellegrinaggio penitenziale notturno all’eremo di San Corrado F.M.), ne ha avuto due molto significative e fruttuose che, seppur brevemente, è opportuno mettere in particolare luce.
Anzitutto l’Eucaristia pontificale in Cattedrale, nel giorno proprio della festa, domenica 28 agosto, è stata presieduta dal Vescovo di Piacenza, mons. Gianni Ambrosio. Con lui era presente anche una qualificata delegazione di questa Chiesa emiliana che nel secolo decimoquarto ci ha donato il Santo Eremita dei Pizzoni, fulgido esempio di preghiera, di penitenza e di carità accogliente e solidale. Della delegazione piacentina ha fatto parte anche mons. Domenico Ponzini, ideatore e coordinatore, fin dagli anni ’90, del Consolato a Piacenza dei netini residenti in Nord-Italia. Ad invitare il Vescovo di Piacenza è stato il nostro Vescovo, mons. Antonio Staglianò, nell’ambito del gemellaggio tra la Chiesa di Noto e la Chiesa piacentina, allo scopo di un reciproco arricchimento nella comunione spirituale e culturale, protesa verso la nuova evangelizzazione di cui l’Italia e l’Europa di oggi hanno un estremo bisogno, nella grave emergenza morale, economica ed educativa.
E durante l’omelia dell’Eucaristia pontificale –concelebrata insieme al nostro Vescovo mons. Staglianò e i Vescovi emeriti mons. Nicolosi e mons. Malandrino- il Vescovo di Piacenza si è soffermato proprio su questa urgenza della nuova evangelizzazione che i devoti di San Corrado siamo chiamati ad attingere dalla sua “radicale conversione a Cristo”. Conversione che Corrado, da fedele laico penitente e orante, offre ancora oggi a noi, clero e laici, suoi devoti, a Noto e a Piacenza, perché facciamo anche noi scelte evangeliche radicali controcorrente, per ottenere la vera libertà dell’amore del Signore Gesù.
Sulla stessa lunghezza d’onda dell’omelia del Vescovo di Piacenza, del resto, è stata pure quella del nostro Vescovo durante i Vespri pontificali della vigilia della festa. Mons. Staglianò, in particolare,ha stimolato l’incremento nella città di Noto della “mensa dei poveri”; di quella iniziativa, cioè, promossa dalla Caritas cittadina come antenna evangelica di vicinanza concreta, discreta ed umile davanti alle crescenti e gravi emergenze morali, economiche, lavorative e familiari. Per questa mensa –ha sottolineato il nostro Vescovo- ci è modello trainante San Corrado che “offre il pane caldo”, maturato dal suo incontro orante e penitente con Cristo sorgente d’amore.
Ed eccoci al secondo evento, molto significativo e fruttuoso che ha particolarmente caratterizzato la festa estiva 2011 di San Corrado a Noto.
Per la prima volta sono convenuti in Cattedrale per una solenne concelebrazione della Eucaristia –durante il triduo di preparazione: mercoledì 24, giovedì 25 e venerdì 26 agosto- diversi fedeli, accompagnati dai rispettivi vicari foranei da Modica, Pozzallo e Scicli; da quei vicariati cioè dove la devozione al compatrono della diocesi è meno sentita, a differenza dei vicariati di Noto, Avola, Pachino e Rosolini (di questi ultimi vicariati, in particolare, è da sottolineare il devoto e partecipato pellegrinaggio notturno nelle due notti di venerdì e sabato, fino alla S. Messa delle ore 5.00 del mattino).
I vicariati sopracitati accorsi in Cattedrale si aprono così verso la comune devozione non solo a Maria SS: Scala del Paradiso (dal novembre1963 patrona principale della nostra diocesi), ma anche a quella verso l’eroico eremita della penitenza, della sobrietà, della preghiera e della carità, con cui tutta la diocesi netina potremo insieme aprirci alla carità di Cristo attraverso l’intercessione e l’esempio di Maria e di Corrado.
 

Lasciarsi educare dalla misericordia di Dio

Sarà la misericordia di Dio, la sua energia educativa, il suo incontro con la nostra fragilità, il tema del prossimo anno pastorale ed anche della prima lettera pastorale del nostro Vescovo. Nel prossimo numero ne parleremo più diffusamente. Intanto informiamo fin d’ora che il consueto Convegno pastorale d’inizio anno si terrà il 23-24-25 novembre, dalle 19 alle 21 a Noto in cattedrale: per meglio sintonizzarci con l’anno liturgico e per avere un tempo di preparazione nelle parrocchie e negli organismi pastorali. Esso è strettamente collegato ai tre incontri unitari per tutti gli operatori pastorali (catechisti, animatori della liturgia e della Caritas, membri dei consigli pastorali parrocchiali, aggregazioni laicali, animatori della pastorale familiare e giovanile, sociale, missionaria, ecumenica). Gli incontri si terranno all’Oratorio San Domenico Savio di Rosolini dalle 19,30 alle 21 di mercoledì 28 settembre, giovedì 1° marzo, venerdì 4 maggio e saranno introdotti da padre Giovanni Salonia, cappuccino, psicoterapeuta e direttore dell’Istituto di Gestalt Kairòs, autore di numerosi saggi di teologia e di pastorale, tra cui ricordiamo (pubblicati dalle EDB) Kairòs sulla vita comunitaria, l’accompagnamento spirituale e il discernimento, Odòs. La via della vita sui temi della relazione, dell’affettività, della corporeità. Con le edizioni “Il Pozzo di Giacobbe” sono stati recentemente pubblicati Sulla felicità e dintorni, Le sue braccia sempre aperte.
 

Mons. Staglianò Visita la comunità “netina” di Toronto

La “visita pastorale” che mons. Antonio Staglianò ha compiuto a Toronto, in Canada, lo scorso mese di agosto, si colloca in continuità armonica con due precedenti viaggi di “visita pastorale” effettuate dai due vescovi predecessori: i due viaggi pastorali di mons. Nicolosi nei mesi di agosto del 1974 e del 1992e quello successivo di mons. Malandrino nell’agosto del 2005 (in preparazione alla visita pastorale nel vicariato di Pachino-Portopalo,  il vescovo Malandrino aveva voluto incontrare prima i pachinesi emigrati a Toronto che allora erano oltre 18mila). Perché proprio nel mese di agosto? Perché la “colonia” più consistente di fedeli della nostra diocesi, da più generazioni emigrata a Toronto, è composta prevalentemente da pachinesi, i quali hanno in Maria SS. Assunta in cielo (la festa si celebra in tutto il mondo cattolico e ortodosso il 15 agosto) la loro Patrona principale. Ebbene i pachinesi a Toronto, proprio in questa data, organizzano una solenne festa durante la quale una statua dell’Assunta, scolpita con le stesse fattezze di quella di Pachino, viene portata in processione lungo alcune strade del centro storico di questa città canadese. Si rivive così in terra straniera l’identità religiosa e l’appartenenza culturale della propria città di origine. Già diverse volte l’indimenticabile mons. Vincenzo Spiraglia, che è stato il grande “profeta, costruttore ed evangelizzatore” della nuova Pachino, era andato a Toronto, ove riceveva generosa accoglienza e celebrava la festa dell’Assunta con i suoi amatissimi concittadini. Questi, insieme ad altri diocesani a Toronto (notinesi, avolesi, modicani, rosolinesi, ecc.), desideravano una “visita pastorale” anche dei loro vescovi.  Il nostro giornale sulle predette visite ha dato largo resoconto sui copiosi frutti spirituali e culturali maturati.

Come si diceva, il nostro vescovo mons. Antonio Staglianò, proseguendo la tradizione portata avanti dai suoi predecessori ha svolto dal 10 al 23 Agosto scorso una visita pastorale alla comunità di Toronto per incontrare la comunità dei Pachinesi in occasione dei festeggiamenti di Maria SS. Assunta, Patrona di Pachino e quella della città di Chiaravalle alla quale il nostro vescovo è molto legato. Mons. Antonio Staglianò, durante la sua visita in Canada ha incontrato Mons. Thomas Collins, Arcivescovo di Toronto, con il quale ha avuto uno scambio di vedute sui vari temi della Chiesa e con il quale ha trattato la possibilità di future collaborazioni tra la Diocesi di Noto e di Toronto. Di seguito, i momenti più significativi del viaggio del Vescovo che, come può notarsi dal programma qui pubblicato, è stato ricco di incontri e di momenti emozionanti.
 

L’incontro con la comunità pachinese di Toronto per la solennità di Maria SS. Assunta in cielo 
 

Nel corso della celebrazione, molto sentita dai pachinesi, il vescovo ha spiegato il “segno” che Dio ci ha voluto donare in Maria di Nazareth “assunta in cielo”. «Nel segno di Maria assunta in cielo in anima e corpo, noi sappiamo che il nostro corpo non è per il dominio o per la sopraffazione o per un vile commercio di sé dentro le tante vie impure dello sfruttamento degli esseri umani. No, il nostro corpo è fatto per il dono, per l’amore, per la dignità, per la lealtà, per l’amicizia. È stato creato come epifania del nostro essere persone, cioè uomini e donne capaci di relazione amativa, creati per amare ed essere amati. Maria assunta in cielo insegna a tutti che noi non “abbiamo” un corpo, ma che noi “siamo” il nostro corpo e che anche il nostro corpo, cioè le nostre persone corporee, staranno nell’amore di Dio per sempre».

L’incontro conviviale con la comunità italo-canadese (12 Agosto 2011)

Molto suggestivo è stato l’incontro conviviale, vissuto nella gioia e nella reciproca accoglienza con la comunità italo-canadese. Nel corso della “cena
di gala” Mons. Staglianò ha rivolto ai presenti un pensiero nel quale ha manifestato, ancora una volta, la sua gratitudine per l’accoglienza ricevuta. “Porto
con me, per voi -ha detto tra l’altro il Vescovo- anche i saluti di tutti i fedeli della diocesi di Noto e in particolare quelli di Pachino, che vi sentono come parte
della loro comunità civile e cristiana. È una comunità umana, bella, ricca di tante risorse, creativa in tanti settori lavorativi, artistici e culturali, nell’edilizia e nell’agricoltura.
Tutto questo fa ben sperare per il futuro. Speriamo nella possibilità di risalire la crisi del momento, non senza l’aiuto di Dio.[…] Il messaggio di Gesù
e della Chiesa cattolica ha un grande signifi cato sociale e umano: se veniamo a sapere da Gesù che il nostro Dio è amore dall’eterno e che noi siamo stati creati
a sua immagine e somiglianza, allora sappiamo che anche noi siamo “amore”, e dobbiamo vivere amandoci. Quest’amore non è astratto. È amore che ha sempre
un “corpo”, cioè ha sempre delle manifestazioni corporee: si tratta di dar da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, di vestire i nudi e avvicinare quelli che
si trovano nelle affl izioni, nel pianto, per malattie o particolari debolezze della loro esistenza. […] Nella Diocesi di Noto, da anni stiamo predicando un cristianesimo
più sociale perché più mistico. Così ho sostenuto nella mia Quarta Lettera ai Presbiteri, affi nché i sacerdoti –guide della comunità cristiane– andassero
convinti e coraggiosi in questa direzione. […] Carissimi, voi conoscete molte di queste problematiche perché le avete sofferte in prima persona. Avete sofferto
lo “sradicamento” dalla vostra terra e avete contribuito con il vostro sacrifi cio e il vostro impegno di lavoro (creatività e competenza) a far crescere questo Paese che
vi ha accolto, imprimendo in esso un “carattere tutto italiano”. Ora appartenete a questo popolo del Canada –ed è giusto che ne siate orgogliosi– benché le vostre
radici, il vostro “DNA umano” resti sempre italiano e siciliano. Allora voi siete per noi un segno di grande speranza, perché custodite e condividete con noi siciliani
quella forza d’animo, quella generosità di cuore e quell’apertura d’intelligenza che saranno le vere risorse per risorgere continuamente da questa crisi e da ogni crisi.

L’incontro con i Chiaravallesi per la festa della Madonna della Pietra (21 Agosto 2011)

Particolarmente sentito da mons. Staglianò è stato l’incontro con la comunità calabrese proveniente da Chiaravalle, paese d’origine della sua famiglia. Il
vescovo si è così espresso: «Amici carissimi, per molti di voi questa “seconda Patria” è divenuta orami “la prima”, ma non l’unica. Il riferimento all’Italia
e a Chiaravalle è insopprimibile, perché è scritto nella vostra umanità calda, laboriosa, capace di sacrificio e di dono.[…] La festa della “Madonna della
Pietra”, da voi celebrata di generazione in generazione, lo dimostra. Non è solo un ricordo di quanto si faceva e si fa a Chiaravalle, ma è una “memoria” della
vostra identità da cui sempre attingere nei momenti di difficoltà e per rilanciare il senso della vita e la gioia di guardare avanti per un futuro migliore. […]

Il saluto del parroco della parrocchia di Santa Brigida, p. Carlos A. Sierra

Come segno di gratitudine per la visita di mons. Staglianò, il parroco di Santa Brigida ha rivolto al nostro Vescovo un pensiero con il quale ha voluto esprimere
la gioia della comunità per l’incontro con il Pastore della Chiesa d’origine. In particolare p. Carlos ha detto: «Ancora una volta, e continuando con la lunga tradizione
di questa celebrazione della Chiesa Universale, e in particolare della comunità pachinese di Toronto, festeggeremo questo Dogma che riconosce nella Madonna
l’incorruttibilità del suo corpo e così la suddetta Assunzione di Maria in corpo e anima al Regno dei Cieli. Credo siano molti i motivi che ispirarono i Padri Conciliari
a dichiarare questo Dogma, non solo per la forza delle dichiarazioni precedenti riguardo alla Madonna, ma soprattutto perché prescelta da Dio, immacolata nella
sua concezione, umile nella dedizione alla volontà del Padre, essa è stata il primo “tabernacolo” di Gesù. Al di là di queste ragioni teologiche e spirituali per celebrare
questa festa, abbiamo altri motivi che ci ispirano e riempiono di gioia a sua volta,come per esempio la presenza di Monsignor Staglianò, Vescovo di Noto, e quindi di
Pachino. Lui viene tra noi, come ha promesso, a visitare gli italiani della diaspora,gli immigrati che son venuti in queste terre canadesi per fare storia e seminare
tradizione e per costatare di persona come la devozione alla Madonna Assunta,gelosamente e fedelmente osservata da questi nostri Italiani, può dare una parola
di speranza alla sua Diocesi di Noto.

 
 
 

Dal 12 al 18 settembre il Reliquario di SantaTeresa di Gesù Bambino in Diocesi

Ancora una volta, in questo mese di settembre, avremo la gioia di accogliere un’insigne reliquia diSanta Teresa di Gesù Bambino, Patrona delle Missioni e Dottore della Chiesa.
A distanza di cinque anni, la Santa ritorna a visitarci, segno tangibile di predilezione per questa porzione di Chiesa pellegrina in Noto, riproponendoci il messaggio sempre attuale della sua spiritualità: la vocazione all’Amore. La sua riscoperta della gratuitàdell’amore di Dio che ci salva non per le nostre opere, ma per misericordia, e che chiede a noi solo la fiducia incondizionata di lasciarsi guidare da Cristo, ci affascina e ci coinvolge oggi più che mai. Il suo slancio a gettarsi tra le braccia di Dio come un bambino, altro non costituisce, poi, che il fondamento della “piccola via”, che essa traccia, e la cui validitàè stata più volte riconosciuta dal Magistero della Chiesa.
Presentandoci Dio come misericordia, Teresa ci pone nel cuore della Sacra Scrittura. In questo amore, è una chiamata ad una risposta d’amore. Ma, come sappiamo, questa risposta dell’uomo è necessariamente limitata. Così, per Teresa, l’amore deve generare la speranza. Quel «Dio che è Amore»(1Gv 4,7) è pure il «Dio della Speranza»(Rm 15,13) che depone i suoi doni nelle nostre mani vuote. D’altronde, la vita di Teresa altro non è stata se non l’esperienza delle «mani vuote», l’esperienza dell’«uomo della strada», la storia di ogni cristiano. Infatti, ogni cristiano, dopo aver tentato di raggiungere, con più o meno entusiasmo, l’amore con i propri mezzi, deve passare attraverso l’impotenza che purifica e sfociare nell’abbandono al Padre che «suscita in noi il volere e l’operare secondo i suoi benevoli disegni» (Fil 2,13).
Vivendo in questa logica, Santa Teresa di G,B,  che ha promesso di iniziare la sua missione in terra dopo la sua morte, facendo amare Dio dagli uomini come lei lo ha amato e passando il “suo cielo” a fare del bene sulla terra, senza stancarsi finché ci saranno anime da salvare, vuoi dirci ancora, con chiarezza, che il Vangelo dell’Amore va incarnato nella storia a favore degli uomini per i quali Cristo èvenuto ed ai quali ha mandato la sua Chiesa missionaria.                                          
In quest’ottica e consapevolezza, la presenza del Reliquario della Santa di Lisieux fra noi, ci appare veramente come un dono foriero di grazie per la nostra esperienza e testimonianza di vita cristiana.
Approfittiamone!
 
 

1 Settembre 2011 – 6a Giornata per la Salvaguardia del creato

Il tema della 6ª Giornata per la salvaguardia del creato è assai significativo nel contesto del dibattito ecclesiale e culturale odierno. Esso si articola in quattro punti, in continuità con l’argomento trattato l’anno passato, Custodire il creato, per coltivare la pace, nella linea degli Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio corrente: «La comunità cristiana offre il suo contributo e sollecita quello di tutti perché la società diventi sempre più terreno favorevole all’educazione. Favorendo condizioni e stili di vita sani e rispettosi dei valori, è possibile promuovere lo sviluppo integrale della persona, educare all’accoglienza dell’altro e al discernimento della verità, alla solidarietà e al senso della festa, alla sobrietà e alla custodia del creato, alla mondialità e alla pace, alla legalità, alla responsabilità etica nell’economia e all’uso saggio delle tecnologie» (Educare alla vita buona del Vangelo, n. 50).
La Giornata diventa così occasione di un’ulteriore immersione nella storia, per ritrovare le radici della solidarietà, partendo da Dio, che creò l’uomo a sua immagine e somiglianza, con il mandato di fare della terra un giardino accogliente, che rispecchi il cielo e prolunghi l’opera della creazione (cfr Gen 2,8-15).
 
 
 
 

La festa di S. Corrado tra Devozione e Tradizione

L’esperienza del religioso costituisce un aspetto importante della vita sociale e credente di una città. Prescindere da questo aspetto significa negare la storia e la cultura di un popolo. Si può dire che esso sia “l’anima credente” che purifica e sostiene la vita relazionale di una cittadinanza. Questa dimensione religiosa conosce vari modi di traduzione civile, sulla base di una gestualità che affonda le sue radici nella forte esperienza di una devozione, la quale nel tempo è diventata “culturale”, ovvero forma di vita che riflette l’agire e il pensare di tante persone. Dentro quest’anima credente vi è, per i netini, l’indelebile figura di S. Corrado, il cui accompagnamento, sempre vivido, ha nel mutamento delle epoche alimentato e accresciuto la fede dei suoi devoti. A lui si dedicano momenti spirituali forti, affinché l’auspicio della sua mediazione possa generare benedizione e perdono da parte di Dio su ciascuno e sull’intera città. Si crede fermamente nella forza della sua santità e soprattutto si guarda a lui per imparare ad essere dei “buoni cristiani” che sappiano praticare gli elementi essenziali del vangelo nella ferialità della vita.
La processione, che annualmente è dedicata a lui nelle forme ormai consolidate di quattro appuntamenti, si inserisce in una modalità di manifestazione molteplice. Non bisogna dimenticare che il cuore della festa religiosa è la celebrazione dell’Eucaristia attorno al Vescovo, quale momento di crescita per una comunione che travalica i confini della città. S. Corrado è patrono di Noto; ma la sua devozione si estende alle città viciniori, come Avola, Pachino e Rosolini, e progressivamente si sta tentando di far capire che la figura di S. Corrado interpella tutta la Diocesi, non soltanto perché è il compatrono, ma anche perché la sua vicenda di conversione può suggerire modi concreti di vita evangelica che mirino unicamente alla comunione. Forse è qui che la devozione si piega alla tradizione. La festa di un santo, come appunto S. Corrado, non può essere lasciata dentro gli schemi di una devozione. Occorre che le luci di santità della sua persona divengano raggi di comunione che illuminano i credenti di Noto a sentire la grandezza di essere in comunione con i credenti di altre città che fanno parte dell’unica comunità diocesana.
Accanto a questo momento centrale di vita cristiana vi è quello più personale ed intimo: la fede del netino. Anche quest’aspetto non può essere dimenticato. Esso costituisce un altro pilone importante della festa dedicata a S. Corrado. Ed anche qui la devozione cede il passo alla tradizione. Se la facies culturale di una festa è certamente la devozione, non si può, considerando il cammino di fede che muta e cresce, fermarsi ad una realtà che rischia di cristallizzarsi dentro forme che hanno sì fondamento storico, ma non riescono ad esprimere il corso mutevole di un’altra storia, quella concreta e tangibile, della vita quotidiana della gente. Quest’ultima, si deve ammettere, ha ormai cambiato il proprio modo di vivere: ha imparato a sentire voci differenti dentro una società globalizzata; ha cominciato ad esprimere, con forte senso critico, quel religioso che non può restare stantio dietro la creatività di una fede che spinge verso prospettive nuove e inaspettate. Se per devozione si intende una forma culturale di religiosità, e tutte le forme culturali sono soggette a mutevolezza, la tradizione rivela invece ciò che è inalterabile: la fede del netino. Perché soltanto la fede può essere “consegnabile” trapassando tutte quelle forme di ethos che se da una parte rappresentano l’anima credente di una cittadinanza, dall’altra subiscono l’equo e dovuto adattamento dentro lo scorrimento delle vicende umane. A questa fede, profonda e insindacabile, che è la fede del netino – quella fede che ha mantenuto nei secoli la devozione a S. Corrado – che bisogna guardare con rispetto, attenzione e fiducia. È questa la tradizione da custodire, lasciando che le forme di devozione si asserviscano alla crescita della vera fede.
La distinzione che esiste tra devozione e tradizione, la quale peraltro consente di contestualizzare con intelligente oculatezza la festa del nostro patrono, è necessaria quanto doverosa. Un chiarimento che non rileva discordanza. I due aspetti sono, da un punto di vista storico e teologico, equivalenti e referenziali. La devozione non può sussistere senza la tradizione: il suo destino sarebbe la superstizione; nondimeno la tradizione senza devozione altro sarebbe che un modo astratto di vivere il religioso. La devozione pertanto aiuta la tradizione ad essere storica, accogliendo quelle mediazioni spirituali, civili e religiose che le epoche in qualche modo determinano. La tradizione però è alquanto necessaria alla pratica devozionale. Essa infatti ha il compito di fissare ciò che è il basamento di una spiritualità che paradossalmente accomuna e favorisce la condivisione di forme culturali differenti e talvolta contrastanti. Si pensi, per esempio, al modo come si vive la fede nel continente europeo e come essa si esprime nelle variegate forme culturali del continente africano o asiatico. La tradizione è certamente la forza trainante delle devozioni religiose, ma queste ultime non possono identificarsi con quella che rappresenta il credo religioso di un popolo. È nella tradizione infatti che la fede deve cercare il proprio senso di espressione; con la devozione invece la medesima fede rivela quella esuberanza che genera adattamenti culturali e forme di religiosità ispirate dal succedersi delle epoche.
 

Insieme, pronti a cose grandi

Sono stati intensi e preziosi i giorni trascorsi con i ragazzi dell’Azione cattolica al campo scuola diocesano, che si è tenuto dall’ 11 al 14 agosto presso la casa “Madonna di Fatima” di c/da Testa dell’Acqua a Noto. “Insieme, pronti a cose grandi” è stato lo slogan che ci ha permesso di fermarci a guardare come i piccoli riescano a compiere imprese cariche di profondo significato.
Abbiamo osservato un mondo che ci ha scosso, ci ha obbligato a riflettere sulla semplicità della vita dei ragazzi. Con i nostri occhi abbiamo visto sfatati tanti luoghi comuni che ci bombardano quotidianamente e ci mostrano una realtà di ragazzi appiattiti e omologati, che non sanno fare altro che isolarsi dietro a giochi elettronici o computer. Beh.. non è così!!! Il tema del campo, la storia della salvezza del popolo di Israele, il coraggio di Giosuè nel prendere sulle sue spalle il compito lasciatogli da Mosè di guidare il popolo eletto alla terra promessa, ha condotto i 40 ragazzi provenienti da Noto, Pozzallo e Avola a Gerico, ha permesso loro di abbattere le mura dell’egoismo e della superficialità e di entrare nella città dell’amicizia e della solidarietà.
Questa è la Chiesa che cresce, la Chiesa che scommette sulla sensibilità di ragazzi che senza conoscersi si fidano e si affidano al Signore, che abbattono i pregiudizi dei grandi e che ci danno l’esempio nelle relazioni interpersonali.
Giosuè, Raab, Mosè e tanti altri sono stati i personaggi con cui i nostri ragazzi si sono confrontati attraverso le attività, le riflessioni e i momenti di preghiera che hanno scandito le giornate del campo.
Il campo estivo è stata e sarà sempre una occasione per sperimentare la compagnia di Dio e degli amici, l’amicizia degli educatori.
Anche noi, come Giosuè, conserviamo nel nostro cuore le parole del Signore che ci incoraggia a non avere paura, a osare persino le imprese impossibili, perché questi pochi giorni ci hanno permesso di abbandonarci tra le braccia amorevoli del Padre, perché solo con Lui possiamo fare grandi cose insieme.
 
 

Per non dire “ormai…” ma “ancora”, e così coltivare amore e speranza

La nostra Caritas di Noto, con una delegazione soprattutto modicana, è andata per la settima volta all’Aquila e a Paganica per restare accanto al dolore ancora vivo dopo il terremoto, in una situazione aggravata dalla mancanza di una vera ricostruzione. Ci sono infatti solo le piccole case antisismiche in cui si vive gli uni accanto agli altri, lontani dal posto di lavoro e dalla casa di origine, senza che ci sia la possibilità nemmeno di ricostruirsi le proprie case che si trovavano nei centri storici distrutti dal terremoto, perché manca un progetto di insieme e prevalgono impedimenti burocratici. L’Aquila resta spettrale, piena di puntelli, senza vita se non per alcune zone e solo di giorno. La popolosa frazione di Paganica, con cui si sta sviluppando il nostro rapporto di amicizia, cerca di riprendersi attorno alla chiesa in legno donata dalla provincia di Trento e dalla diocesi di Belluno, ai luoghi comunitari che la nostra diocesi ha contribuito ad arredare, ad alcune iniziative come il centro anziani, soprattutto attorno ad una fede forte che vuole trasformarsi in speranza tenace e amore fattivo. A questo contribuisce la presenza, in un convento anch’esso di legno, delle Clarisse che nel terremoto hanno perso il monastero e la madre badessa ma che hanno scelto di restare pur nella massima precarietà e povertà. La visita della delegazione della Caritas di Noto ha avuto due momenti. Anzitutto vi è stata una settimana di fraternità e di riflessione vissuta insieme da rappresentanti delle comunità di Paganica e di Modica sulla carità come “la via migliore”. Si è cercato di coglierne la radice nell’amore di Dio manifestato in Gesù e le conseguenze nell’impegno a non desistere nella costruzione di un mondo più giusto e fraterno. Un momento particolarmente commovente e intenso è stata la visita dell’Arcivescovo di Campobasso padre Giancarlo Bregantini, presidente della Commissione dei vescovi italiani per i problemi sociali. Con in mano la sua Bibbia consumata, portando nel cuore la sua vita di contadino e operaio che ha segnato la sua vocazione sacerdotale e la sua condivisione con le sofferenze della gente, ha invitato ad una speranza tenace fondata sulla certezza che Dio ama questo mondo. Ha sottolineato come tra i segni di questo gemellaggio c’è quello di un’Italia unita veramente dalla solidarietà. Il secondo momento è stato vissuto con l’intera comunità parrocchiale di Paganica e con le Clarisse, ricevendo nella preghiera l’icona della Madonna. Si tratta di un’immagine piena di tenerezza dipinta – meglio, più correttamente, “scritta” – in questi mesi attraversp una preghiera continua dalle monache di clausura. Rappresenta, con il piedino del bambino scalzo, le paure che si sciolgono nell’abbraccio e insieme, nelle orecchie scoperte, l’apertura alla Parola di Dio. Saranno gli atteggiamenti che accompagneranno la continuazione nel tempo dei rapporti di fraternità con Paganica ma anche messaggi che vengono consegnati alla nostra città. L’icona, infatti, dopo una sosta nel monastero delle Benedettine di Modica, una preghiera con gli anziani nel giorno dell’Assunta al Boccone del Povero, sarà posta prima nella chiesa di San Pietro fino al 7 settembre e quindi resterà in modo permanente nella cappella della Casa don Puglisi. In tempi di crisi l’icona suggerisce di ritrovare nell’amore la vera via per uscirne insieme, richiamando anche la continuità tra terra e cielo ogni volta che si persevera nel bene. Mentre eravamo all’Aquila peraltro abbiamo ricevuto la triste notizia della dipartita del carissimo giornalista Giorgio Buscema ed è venuto spontaneo ricordare la sua testimonianza di bontà e di comunicazone sobria e costruttiva come uno dei tratti di quella carità che anticipa in terra il cielo e che sola ci porta in cielo. In terra avrebbe ripreso questa nota, dal cielo gli chiediamo una intercessione per le nostre terre di Sicilia e di Abruzzo. 
 

DON FORTUNATO ALLA GMG DI MADRID: TESTIMONIANZE SULLA SCHIAVITU’ INFANTILE

Dall’11 al 14 agosto don Fortunato Di Noto, fondatore dell’Associazione Meter onlus,  sarà a Madrid, su invito del Movimento Culturale Cristiano, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù. Parlerà della “Schiavitù Infantile in Europa” e dei risvolti drammatici della pedofilia e della pedopornografia.
Un importante appuntamento nel contesto della Giornata Mondiale della Gioventù dove testimoni si confronteranno e metteranno in evidenza come, nonostante gli scandali che hanno coinvolto alcuni sacerdoti e religiosi, ve ne siano altri, molti, impegnati nel fronte della condanna, della denuncia, della prevenzione e della formazione.
Il “Corso Nord-Sud”  sarà presieduto dal Mons. Mariano Parra, vescovo della Città di Guayana e Responsabile della Gioventù del Consiglio Episcopale Latino Americano (CELAM).