In occasione della Colletta Nazionale proponiamo, come strumento di riflessione e sensibilizzazione, due testimonianze, pervenute in questi giorni dalla Caritas attiva in Turchia e Siria.
TESTIMONIANZA dalla TURCHIA
Fuggite nel 2013 da Aleppo a Gaziantep. Sono siriane rifugiatesi nella città turca con le loro famiglie, per salvarsi dalla guerra. Ma 10 anni dopo anche Gaziantep come Aleppo è stata travolta da una furia distruttiva: quella del terremoto. Queste donne sono da tempo coinvolte in un progetto di imprenditoria tessile femminile promosso dalla Caritas in Turchia, dove diverse migranti siriane hanno la possibilità di guadagnare per sostenere le proprie famiglie e di condividere insieme uno spazio sicuro. Questa è la loro testimonianza.
Siamo donne, madri, sorelle, amiche. Siamo migranti di guerra, vedove o orfane e ora anche sfollate di un terremoto che ha colpito la nostra vita, già fragile.
Caritas in Turchia ha preso in mano le nostre vulnerabilità e le ha incanalate in un progetto che non è solo la produzione di maglioni, giacche, cappelli. Ma è uno spazio di incontro tra donne e ragazze, un modo per imparare a fare delle nostre fragilità un potere di aiutare gli altri. Siamo sempre state aiutate, considerate le cosiddette vittime, ma con questo progetto abbiamo imparato che anche noi siamo capaci di aiutare gli altri. I vestiti che produciamo vengono dati ai migranti per passare l’inverno al caldo. Aiutiamo la nostra stessa gente, e intanto aiutiamo anche noi stesse. Questo terremoto però ha colpito anche questo progetto, questa rinascita. Una di noi ci ha lasciato, è rimasta schiacciata dalle macerie. Era una vicina, un’amica e una persona importante per il nostro progetto.
Siamo scappate, ci siamo perse, abbiamo dormito nelle macchine. Abbiamo perso tutto, anche la persona di Caritas che segue il nostro progetto ha perso casa.
Già durante la guerra siamo state costrette ad abbandonare le case, gli affetti, la vita di sempre; purtroppo abbiamo esperienza su come scappare, avevamo già provato il dolore di lasciare tutto.
I nostri figli no, lo avevano sentito dai nostri ricordi e racconti. Ed eccoci di nuovo sfollate, divise e lontane.
In questi giorni però parlando con Caritas in Turchia abbiamo avuto un’idea. Il materiale da noi prodotto con il finanziamento della Conferenza Episcopale Italiana tramite il progetto EDIT ci ha permesso di dare una piccola riposta a questo grande dolore che ci rimette nella condizione di vittime. Abbiamo distribuito le giacche, le sciarpe, tutto quello che avevamo prodotto negli scorsi mesi. Siamo andate per le strade e abbiamo lasciato che la gente potesse prendere ciò di cui aveva bisogno. Non siamo esperte di aiuti, o di supporto umanitario, abbiamo fatto del nostro meglio per sentirci di nuovo vive.
TESTIMONIANZA dalla SIRIA
La storia di Mouhamad, sfollato per dieci anni a causa della guerra. Quando riesce finalmente a fare ritorno ad Homs, la sua città natale, e a ricostruirsi una vita, la sua casa viene distrutta dal sisma. Per ritrovarsi sfollato, ancora una volta.
Mi chiamo Mouhamad Abou ‘Ammar e abitavo a Al Bayadah, quartiere di Homs. La mia via si chiamava Cairo Street. Ho detto non a caso “si chiamava”, perché dei palazzi, negozi, alberi che la caratterizzavano non è rimasto quasi più nulla in piedi.
Quando è arrivato il terremoto stavo dormendo con la mia famiglia. Ci siamo svegliati di soprassalto, le scosse erano violentissime, i bambini non la smettevano di piangere dalla paura. Allora siamo scesi di corsa in strada, aspettando al freddo una mezz’ora, nell’attesa che la terra smettesse di tremare. Trascorso quel tempo ci siamo guardati con le varie persone raccolte per la via e ci siamo detti “ok possiamo rientrare nelle nostre case”. Nell’appartamento siamo rimasti 5 minuti. Giusto il tempo di prendere poche cose perché una seconda scossa violentissima ha fatto letteralmente tremare come una foglia al vento il nostro palazzo. I miei figli erano terrorizzati non volevano più rientrare in casa. Allora siamo andati a dormire nell’appartamento di mio fratello che abita nella via parallela, al primo piano. Ci ha messo a disposizione una stanza per passare qualche notte. Dopo pochi giorni dal terremoto mentre mi trovavo da mio fratello mi chiama al telefono un vicino di casa e mi dice “presto vieni, il tuo palazzo è crollato, è venuto giù completamente. Ci sono solo macerie a terra!”. Sono andato e ho visto unicamente la polvere. Non era rimasto nulla.
A causa della guerra in Siria, che ancora continua, sono stato sfollato per 10 anni. Quando sono tornato qui ad Homs, la mia città natale, mi sono impegnato a ristrutturare la casa danneggiata dai bombardamenti. Ero riuscito con fatica a ripararla, a ricomprare l’arredamento per poterci finalmente abitare. Poi arriva il terremoto e ho perso di nuovo tutto. Ogni cosa è sepolta dalle macerie.
Adesso abito in una stanza che la Caritas mi ha aiutato a trovare, dove dormo con la mia famiglia. Siamo in otto. Quando ero tornato ad Homs era stata sempre la Caritas ad avermi aiutato, con un sostegno economico, a rimettere in sesto la mia casa, gli operatori hanno fatto del loro meglio.
E ora che la mia casa è distrutta, sono andato ancora una volta da loro per chiedere un aiuto.