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IN RICORDO DI MONS. SALVATORE NICOLOSI, GIÀ VESCOVO DI NOTO (1970/98)

Un vescovo fattosi Chiesa, Mons. Nicolosi. Che avviò la Caritas diocesana e la fece crescere nella corresponsabilità dei battezzati, per "riscoprire Gesù lungo le strade" della vita

In un tempo in cui le nostre Chiese sono in cammino sinodale, si avverte un forte senso di gratitudine per Mons. Nicolosi, il pastore che ha guidato per ventotto anni (dal 1970 al 1998) la Chiesa netina in stile sinodale, tanto da indire e aprire il Secondo Sinodo diocesano “per riscoprire Gesù lungo le nostre strade”. E concludendolo con una lettera in cui affermò in modo profetico: «La Chiesa non è opera di singoli, fossero pure grandi santi. La Chiesa è comunione, e quindi cammino comune, ‘sinodo’ nella sua stessa essenza».

Ecco le parole del prof. Maurilio Assenza, in occasione del X anniversario della nascita al cielo del carissimo Mons. Salvatore Nicolosi

Dieci anni fa ci lasciava Mons. Salvatore Nicolosi che, nel contesto del rinnovamento conciliare della Chiesa di Noto, avviò la Caritas diocesana insieme al suo vicario generale Mons. Francesco Guccione (poi primo direttore) con forte convinzione sulla sua “funzione pedagogica”, aiutando anche la nascita di tanti segni generati dal grembo della nostra Chiesa, che ancora oggi continuano a dire come il Vangelo diventa relazione attenta ai più poveri e lievito della storia.

Un vescovo fattosi Chiesa Mons. Nicolosi, che fece crescere nella corresponsabilità dei battezzati, fino a convocare il secondo Sinodo diocesano (1992-1996) per “riscoprire Gesù lungo le strade” della vita: le tante questioni emerse divennero scelte di conversione e passi pastorali, con la preoccupazione di non disperdersi in riti e attività, ma di coltivare “l’essenziale della fede”.

Da qui la “Chiesa povera e dei poveri”, la “visita evangelica” come prima presenza sul territorio, l’impegno a cercare con tutti la giustizia e la pace, l’attenzione alle povertà del mondo e la cura della Casa comune con gli “occhi aperti dal gemellaggio con Butembo-Beni”, vissuto nella reciprocità e nello scambio pastorale.

Ha rinnovato e fondato tutto sulla Parola, ma ha anche accompagnato con ascolto sempre attento, discrezione e sapienza, affabilità. Sempre ricordando che conta anzitutto il rapporto con Cristo (“che non resti un fantasma!” – raccomandava) e la misericordia, “l’affetto in Cristo” – che aveva richiamato fin dall’immaginetta della sua ordinazione presbiterale.

TUTTO DA PERDERE: IN ITALIA LA POVERTÀ SI FA STRUTTURALE

l dati del rapporto Caritas 2023, con un focus sui lavoratori poveri che ammontano a 2,7 milioni su 5,7 milioni di poveri in totale. Gli stranieri, l’8,7 della popolazione, costituiscono il 30% dei poveri assoluti

In Italia, la povertà sta crescendo, consolidandosi come un fenomeno ormai “strutturale”. Dal 2021 al 2022, il numero di poveri assoluti è aumentato di 357mila unità, raggiungendo la cifra di 5 milioni e 674 mila persone, pari al 9,7% della popolazione (rispetto al 9,1% del 2021). Un residente su dieci attualmente non ha accesso a un tenore di vita dignitoso. Un quarto dei poveri assoluti ha un lavoro, evidenziando la critica situazione dei “working poor”, i lavoratori poveri. E alcune nuove forme di povertà, come quella energetica derivante dai costi delle bollette, si stanno affiancando alle vecchie problematiche.

Il Rapporto 2023 su Povertà ed esclusione sociale in Italia, diffuso dalla Caritas italiana (ce n’è una sintesi, da scaricare in .pdf a fondo pagina) offre uno sguardo approfondito sulla situazione. L’Italia si distingue come il paese europeo con la trasmissione intergenerazionale più intensa delle condizioni di vita sfavorevoli, indicando che chi nasce povero ha maggiori probabilità di rimanere tale da adulto. I dati rivelano un aumento di 357 mila persone nella povertà assoluta tra il 2021 e il 2022.
«Gli stranieri», si legge sul rapporto, «pur rappresentando solo l’8,7% della popolazione, costituiscono il 30% dei poveri assoluti. I lavoratori poveri che si rivolgono alla Caritas sono il 22,8% dell’utenza, di cui il 64,9% sono stranieri. Mentre la presenza di oltre 2,1 milioni di famiglie povere può dirsi una sconfitta per chi ne è direttamente coinvolto, ma anche per l’intera società, che si trova a dover fare i conti con la perdita di capitale umano, sociale, relazionale che produce gravi e visibili impatti anche sul piano economico. Tutti
possiamo dirci vinti di fronte a 1,2 milioni di minori in condizione di indigenza, costretti a rinunciare a tante opportunità di crescita, di salute, di integrazione sociale, e il cui futuro sarà indubbiamente compromesso».

Un focus è dedicato ai “working poor”, «caratterizzati da lavori in nero, part-time forzati e salari inadeguati», sottolineando la loro lotta per sopravvivere. I “working poor” in Italia ammontano a 2,7 milioni (11,5% degli occupati, rispetto al 8,9% della media europea). Il 47% dei nuclei in povertà assoluta ha il capofamiglia occupato, mentre questa percentuale sale all’81,1% nelle famiglie povere composte solo da stranieri.

Il rapporto evidenzia anche gli “eventi svolta” che possono portare alla vulnerabilità sociale, come diventare genitori, con l’80% degli utenti con figli minori. Riguardo alla povertà energetica, nel 2022 il 45% degli oltre 86 mila sussidi economici erogati dalla Caritas è stato destinato ai “bisogni energetici”, ovvero alle bollette.

Infine, il rapporto si esprime in maniera critica sulla riforma del Reddito di cittadinanza, sottolineando che l’abbandono del principio di universalismo selettivo e l’introduzione di nuovi requisiti lascia scoperte alcune specifiche tipologie di poveri. Le stime disponibili indicano in circa il 33% i nuclei già beneficiari di RdC che non avranno diritto all’Adi, per un numero di 400mila nuclei su 1,2 milioni di famiglie: « Nel 2022, tra i
beneficiari di Caritas, il 19% era percettore di RdC (17mila famiglie) con punte del 44% al Sud e del 50% nelle Isole. Vi sono inoltre molti dubbi sulla reale possibilità di trovare un’occupazione entro i 12 mesi di copertura economica per la formazione garantiti dall’SFL. Note positive riguardano invece i circa 50mila nuclei di stranieri che potranno accedere per la prima volta alla misura e il fatto che sommando gli importi dell’Adi con quelli dell’Assegno Universale Unico per i figli a carico, la nuova impostazione è sicuramente migliore per le famiglie numerose rispetto a quella precedente».


RAPPORTO CARITAS SICILIA 22: IN ASCOLTO DEI POVERI

Un'importante e partecipata serata di condivisione, riflessione, comunione, in preparazione della  VII Giornata Mondiale dei poveri di domenica 19 novembre 2023

Il 7 novembre ’23, presso la Chiesa Maria Madre della Fiducia Oratorio Francescano Chiara Luce, a Pozzallo, c’è stata la presentazione del Report Caritas Sicilia 2022 sulla povertà. Un’importante e partecipata serata di condivisione, riflessione, comunione, in preparazione della  VII Giornata Mondiale dei poveri di domenica 19 novembre 2023.

Per la quale – ha detto il nostro direttore Fabio Sammito: «è doveroso dire, e dare, il nostro grazie di cuore a tante persone intervenute. E in particolare: al sindaco di Pozzallo Roberto Ammatuna che, nei suoi saluti iniziali, ci ha ricordato l’impegno comune a ribaltare la cultura del profitto, per rimettere al centro l’umanità e la #solidarietà. Nelle scelte politiche, come in quelle di intervento sociale».

«A don Gaetano Asta che, nella riflessione liturgica introduttiva (la si può scaricare in .pdf, in calce all’articolo), ripercorrendo l’esortazione di Papa Francesco sulla Gmp23, ci ha sfidato a considerare le diverse forme di povertà (relazionale, educativa, affettiva) che – come comunità credente, come parrocchie, come Chiesa – spesso incontriamo e a cui spesso non diamo risposta».

E ancora: «A Domenico Leggio, direttore di Caritas diocesana di Ragusa e delegato regionale che, illustrando i dati del Report delle 18 Caritas diocesane di Sicilia, ci ha esortato da un lato a conoscere i numeri (fondamentali) per avere un quadro delle difficoltà in cui versano migliaia di residenti nella nostra Isola (nel 2022, sono state 35.650 le persone aiutate nei Centri di distribuzione di Caritas in Sicilia), ma dall’altro ad andare oltre le cifre, guardando “in faccia” le persone, con le loro storie, i loro volti, senza lasciare che i numeri le nascondano, proprio alla luce del tema voluto dal Papa per il 19 novembre: Non distogliere lo sguardo dal povero».

Infine: «Alle suore francescane della Carità che, nella loro testimonianza conclusiva, riportando alcuni episodi di vicinanza agli emarginati ci hanno regalato la più significativa frase della serata: “Se l’amore è grande, tutto è grande“, invitandoci a usare il cuore nel nostro intervento solidale verso chi ha bisogno. Perché solo con il cuore anche il più piccolo gesto diventa un immenso atto d’amore, di sostegno, cura, aiuto, accompagnamento».

Qui di seguito una gallery con le slide dei numeri e degli interventi di Caritas Sicilia nel 2022:


I POVERI PROTAGONISTI DEL CAMMINO SINODALE. LA RELAZIONE DI SINTESI

"L'esperienza dell'incontro, della condivisione della vita e del servizio ai poveri e agli emarginati". Sono le proposte emerse nella prima sessione del Sinodo dei vescovi che si è tenuto a Roma dal 4 al 29 ottobre

Investire sulla conoscenza della dottrina sociale della Chiesa e rendere presente in “tutti i percorsi formativi offerti dalle comunità cristiane” (“in particolare per i candidati al ministero ordinato e alla vita consacrata”) “l’esperienza dell’incontro, della condivisione della vita e del servizio ai poveri e agli emarginati“. Sono due delle proposte emerse nella prima sessione del Sinodo dei vescovi che si è tenuto a Roma dal 4 al 29 ottobre e di cui è stata pubblicata la relazione di sintesi.

Il testo è strutturato in tre parti (“Il volto della Chiesa sinodale”, “Tutti discepoli, tutti missionari” e “Tessere legami, costruire comunità”) a loro volta suddivise in capitoli. Il quarto è dedicato ai “Poveri, protagonisti del cammino della Chiesa”.

L’Assemblea, si sottolinea nell’introduzione, “si è svolta mentre nel mondo infuriano vecchie e nuove guerre, con il dramma assurdo di innumerevoli vittime. Il grido dei poveri, di chi è costretto a migrare, di chi subisce violenza o soffre le devastanti conseguenze dei cambiamenti climatici è risuonato tra noi, non solo attraverso i mezzi di comunicazione, ma anche dalla voce di molti, personalmente coinvolti con le loro famiglie e i loro popoli in questi tragici eventi. Abbiamo portato tutti, in ogni momento, nel cuore e nella preghiera, chiedendoci in che modo le nostre Chiese possano favorire cammini di riconciliazione, di speranza, di giustizia e di pace”.

Il capitolo 4 va letto per intero: offre alle comunità i criteri per rimodulare il proprio atteggiamento in un’ottica di autentica promozione umana.

Di seguito una sintesi dei punti di convergenza.

A. Alla Chiesa i poveri chiedono amore. Per amore si intende rispetto, accoglienza e riconoscimento, senza i quali fornire cibo, denaro o servizi sociali rappresenta una forma di assistenza certamente importante, ma che non si fa pienamente carico della dignità della persona. Rispetto e riconoscimento sono strumenti potenti di attivazione delle capacità personali, in modo che ciascuno sia soggetto del proprio percorso di crescita e non oggetto dell’azione assistenziale di altri.

B. L’opzione preferenziale per i poveri è implicita nella fede cristologica: Gesù, povero e umile, ha fatto amicizia con i poveri, ha camminato con i poveri, ha condiviso la tavola con i poveri e ha denunciato le cause della povertà. Per la Chiesa l’opzione per i poveri e gli scartati è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica. […]

C. Non c’è un solo genere di povertà. Tra i molti volti dei poveri vi sono quelli di tutti coloro che non hanno il necessario per condurre una vita dignitosa. Vi sono poi quelli di migranti e rifugiati; popoli indigeni, originari e afrodiscendenti; coloro che subiscono violenza e abuso, in particolare donne; persone con dipendenze; minoranze a cui viene sistematicamente negata una voce; anziani abbandonati; vittime del razzismo, dello sfruttamento e della tratta, in particolare minori; lavoratori sfruttati; esclusi economicamente e altri che vivono nelle periferie. I più vulnerabili tra i vulnerabili, a favore dei quali è necessaria una costante azione di advocacy, sono i bimbi nel grembo materno e le loro madri. L’Assemblea è consapevole del grido dei “nuovi poveri”, prodotti dalle guerre e dal terrorismo che martoriano molti Paesi in diversi continenti e condanna i sistemi politici ed economici corrotti che ne sono la causa.

D. A fianco delle molte forme di povertà materiale, il nostro mondo conosce anche quelle della povertà spirituale, intesa come mancanza del senso della vita. Una eccessiva preoccupazione per se stessi può condurre a vedere negli altri una minaccia e a rinchiudersi nell’individualismo. […]

E. Stare al fianco dei poveri significa impegnarsi con loro anche nella cura della nostra casa comune: il grido della terra e il grido dei poveri sono lo stesso grido. […]

F. L’impegno della Chiesa deve arrivare alle cause della povertà e dell’esclusione. Ciò comprende l’azione per tutelare i diritti di poveri ed esclusi, e può richiedere la denuncia pubblica delle ingiustizie, siano esse perpetrate da individui, governi, aziende o strutture della società. Per questo è fondamentale l’ascolto delle loro istanze e del loro punto di vista, in modo da prestare loro la voce, usando le loro parole.

G. I cristiani hanno il dovere di impegnarsi a partecipare attivamente alla costruzione del bene comune e alla difesa della dignità della vita, attingendo ispirazione alla dottrina sociale della Chiesa e operando in diverse forme (impegno nelle organizzazioni della società civile, nei sindacati, nei movimenti popolari, nell’associazionismo di base, nel campo della politica, ecc.). […]

H. Nei poveri la comunità cristiana incontra il volto e la carne di Cristo, che da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà (cfr. 2Cor 8,9). È chiamata non solo a farsi loro prossima, ma a imparare da loro. […] La somiglianza della loro vita con quella del Signore rende i poveri annunciatori di una salvezza ricevuta in dono e testimoni della gioia del Vangelo.

Il documento elenca alcune importanti “questioni da affrontare” che richiedono un ulteriore approfondimento. La prima è imparare a

essere “Chiesa povera, con i poveri e per i poveri”, evitando il rischio di considerare i poveri in termini di “loro” e “noi”, come meri “oggetti” di carità della Chiesa.

Quanto alla denuncia profetica delle situazioni di ingiustizia e all’azione di pressione nei confronti dei decisori politici è necessario ad esempio “vigilare perché l’uso di fondi pubblici o privati da parte delle strutture della Chiesa non condizioni la libertà di parlare in nome delle esigenze del Vangelo”.

Un terzo punto riguarda l’azione nei campi dell’educazione, della sanità e dell’assistenza sociale: non vi devono essere discriminazioni o esclusioni e va evitato “uno stile impersonale di vivere la carità”. La Chiesa è chiamata a dare onestamente la sua testimonianza anche rispettando “le esigenze della giustizia nei confronti di coloro che lavorano nelle istituzioni ad essa collegate”.

Infine è richiesta attenzione a come si attuano lo scambio di doni e la condivisione delle risorse tra Chiese locali di diverse regioni. Si tratta di rapporti che favoriscono l’unità della Chiesa, ma la presenza di presbiteri “che vengono in aiuto alle Chiese povere di clero” non può essere “solo un rimedio funzionale” e gli aiuti economici non devono degenerare in assistenzialismo, ma promuovere un’autentica solidarietà evangelica ed essere “gestiti in modo trasparente e affidabile”.

Ora il frutto del lavoro dei padri e delle madri sinodali torna alle Chiese locali, chiamate alla riflessione, all’approfondimento e alla traduzione in pratica, in uno stile sinodale.

DON PAGNIELLO: «SERVONO POLITICHE CONCRETE CHE AIUTINO A VIVERE DIGNITOSAMENTE»

Per il direttore di Caritas Italiana: «occorre pensare a proposte strutturali, dove siano centrali la relazione e l'accompagnamento di chi si trova in una condizione di fragilità sociale e che puntino, come ci chiede spesso Papa Francesco, a ridurre le disuguaglianze»

«Inflazione e lavoro povero sono i nuovi pesi che si scaricano sulle fasce più povere della popolazione, alle quali occorre proporre politiche concrete che le aiutino a vivere dignitosamente». È l’allarme che lancia don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana, alla vigilia della ripresa delle attività di Governo e Parlamento, che culmineranno con la nuova Legge finanziaria, in una situazione di rincari e di spaesamento.

«L’aumento dei prezzi, che ormai va avanti da più di un anno», ricorda don Pagniello: «anche se può dirsi un fenomeno trasversale, non pesa alla stessa maniera sulle famiglie. Gli impatti più duri si registrano proprio tra chi ha meno, i nuclei meno abbienti. Chi ha redditi più bassi infatti spende di più, in proporzione, per ciò che è indispensabile, in particolare per i beni alimentari e l’energia, gli stessi beni che di fatto hanno avuto i rincari più elevati».

«I dati che abbiamo pubblicato lo scorso giugno ci confermano inoltre come purtroppo a chiedere aiuto presso le Caritas diocesane siano non solo persone che fanno fatica a trovare un lavoro, disoccupati o inoccupati (48,0%), ma anche tanti occupati che sperimentano condizioni di indigenza (22,8%). Alcune categorie risultano poi particolarmente esposte; tra gli operai e assimilati, ad esempio, l’incidenza della povertà assoluta raggiunge il 13%; nel 2007 si attestava appena all’1,7%», aggiunge il direttore di Caritas Italiana.

«La povertà è ormai strutturale nel nostro Paese – ricorda don Pagniello – visto che tocca quasi una persona su dieci (il 9,4% della popolazione residente vive infatti in povertà assoluta, mentre quindici anni fa il fenomeno riguardava appena il 3% dei residenti). 11 milioni di persone – un quinto della popolazione – sono poi considerate dall’Istat a rischio povertà. Per questo servono politiche strutturali di contrasto alla povertà, che vadano al di là di iniziative una tantum, ma che affrontino la complessità di questo fenomeno».

La stessa proposta di un “Reddito alimentare”, la cui sperimentazione deve ancora partire, per il direttore di Caritas Italiana sembra fornire una visione “residuale” ed assistenziale della povertà, non di sistema, incentrata solo sulla collocazione dell’eccedenza invenduta. Allo stesso tempo la Social card “Dedicata a te”, pur stanziando una somma complessiva di 382,50 euro a famiglia da destinare all’acquisto di beni alimentari, risulta essere una iniziativa “una tantum” e non sovrapponibile ad altre politiche di intervento contro la povertà.

«Di fronte a una povertà sempre più “multidimensionale”», conclude don Pagniello, anche in riferimento al momento attuale: «occorre pensare a proposte di sistema e strutturali, dove siano centrali la relazione e l’accompagnamento di chi si trova in una condizione di fragilità sociale e che puntino, come ci chiede spesso Papa Francesco, a ridurre le disuguaglianze sia economiche che lavorative, che colpiscono soprattutto giovani e donne».

L’EMERGENZA COME SENTIERO DI SPERANZA

Itinerario Quaresimale 2023. La proposta della colletta nazionale del 26 marzo. I poveri come la carne viva di Cristo

In occasione della Colletta Nazionale proponiamo, come strumento di riflessione e sensibilizzazione, due testimonianze, pervenute in questi giorni dalla Caritas attiva in Turchia e Siria.

TESTIMONIANZA dalla TURCHIA

Fuggite nel 2013 da Aleppo a Gaziantep. Sono siriane rifugiatesi nella città turca con le loro famiglie, per salvarsi dalla guerra. Ma 10 anni dopo anche Gaziantep come Aleppo è stata travolta da una furia distruttiva: quella del terremoto. Queste donne sono da tempo coinvolte in un progetto di imprenditoria tessile femminile promosso dalla Caritas in Turchia, dove diverse migranti siriane hanno la possibilità di guadagnare per sostenere le proprie famiglie e di condividere insieme uno spazio sicuro. Questa è la loro testimonianza.

Siamo donne, madri, sorelle, amiche. Siamo migranti di guerra, vedove o orfane e ora anche sfollate di un terremoto che ha colpito la nostra vita, già fragile.
Caritas in Turchia ha preso in mano le nostre vulnerabilità e le ha incanalate in un progetto che non è solo la produzione di maglioni, giacche, cappelli. Ma è uno spazio di incontro tra donne e ragazze, un modo per imparare a fare delle nostre fragilità un potere di aiutare gli altri. Siamo sempre state aiutate, considerate le cosiddette vittime, ma con questo progetto abbiamo imparato che anche noi siamo capaci di aiutare gli altri. I vestiti che produciamo vengono dati ai migranti per passare l’inverno al caldo. Aiutiamo la nostra stessa gente, e intanto aiutiamo anche noi stesse. Questo terremoto però ha colpito anche questo progetto, questa rinascita. Una di noi ci ha lasciato, è rimasta schiacciata dalle macerie. Era una vicina, un’amica e una persona importante per il nostro progetto.
Siamo scappate, ci siamo perse, abbiamo dormito nelle macchine. Abbiamo perso tutto, anche la persona di Caritas che segue il nostro progetto ha perso casa.
Già durante la guerra siamo state costrette ad abbandonare le case, gli affetti, la vita di sempre; purtroppo abbiamo esperienza su come scappare, avevamo già provato il dolore di lasciare tutto.
I nostri figli no, lo avevano sentito dai nostri ricordi e racconti. Ed eccoci di nuovo sfollate, divise e lontane.
In questi giorni però parlando con Caritas in Turchia abbiamo avuto un’idea. Il materiale da noi prodotto con il finanziamento della Conferenza Episcopale Italiana tramite il progetto EDIT ci ha permesso di dare una piccola riposta a questo grande dolore che ci rimette nella condizione di vittime. Abbiamo distribuito le giacche, le sciarpe, tutto quello che avevamo prodotto negli scorsi mesi. Siamo andate per le strade e abbiamo lasciato che la gente potesse prendere ciò di cui aveva bisogno. Non siamo esperte di aiuti, o di supporto umanitario, abbiamo fatto del nostro meglio per sentirci di nuovo vive.


TESTIMONIANZA dalla SIRIA

La storia di Mouhamad, sfollato per dieci anni a causa della guerra. Quando riesce finalmente a fare ritorno ad Homs, la sua città natale, e a ricostruirsi una vita, la sua casa viene distrutta dal sisma. Per ritrovarsi sfollato, ancora una volta.

Mi chiamo Mouhamad Abou ‘Ammar e abitavo a Al Bayadah, quartiere di Homs. La mia via si chiamava Cairo Street. Ho detto non a caso “si chiamava”, perché dei palazzi, negozi, alberi che la caratterizzavano non è rimasto quasi più nulla in piedi.

Quando è arrivato il terremoto stavo dormendo con la mia famiglia. Ci siamo svegliati di soprassalto, le scosse erano violentissime, i bambini non la smettevano di piangere dalla paura. Allora siamo scesi di corsa in strada, aspettando al freddo una mezz’ora, nell’attesa che la terra smettesse di tremare. Trascorso quel tempo ci siamo guardati con le varie persone raccolte per la via e ci siamo detti “ok possiamo rientrare nelle nostre case”. Nell’appartamento siamo rimasti 5 minuti. Giusto il tempo di prendere poche cose perché una seconda scossa violentissima ha fatto letteralmente tremare come una foglia al vento il nostro palazzo. I miei figli erano terrorizzati non volevano più rientrare in casa. Allora siamo andati a dormire nell’appartamento di mio fratello che abita nella via parallela, al primo piano. Ci ha messo a disposizione una stanza per passare qualche notte. Dopo pochi giorni dal terremoto mentre mi trovavo da mio fratello mi chiama al telefono un vicino di casa e mi dice “presto vieni, il tuo palazzo è crollato, è venuto giù completamente. Ci sono solo macerie a terra!”. Sono andato e ho visto unicamente la polvere. Non era rimasto nulla.

A causa della guerra in Siria, che ancora continua, sono stato sfollato per 10 anni. Quando sono tornato qui ad Homs, la mia città natale, mi sono impegnato a ristrutturare la casa danneggiata dai bombardamenti. Ero riuscito con fatica a ripararla, a ricomprare l’arredamento per poterci finalmente abitare. Poi arriva il terremoto e ho perso di nuovo tutto. Ogni cosa è sepolta dalle macerie.

Adesso abito in una stanza che la Caritas mi ha aiutato a trovare, dove dormo con la mia famiglia. Siamo in otto. Quando ero tornato ad Homs era stata sempre la Caritas ad avermi aiutato, con un sostegno economico, a rimettere in sesto la mia casa, gli operatori hanno fatto del loro meglio.
E ora che la mia casa è distrutta, sono andato ancora una volta da loro per chiedere un aiuto.

SULLE TRACCE DI DON GIOVANNI E DON GIUSEPPE

Nella diocesi di Noto, Mons. Nervo e Mons. Pasini hanno lasciato segni importanti: ci hanno aiutato ad essere Chiesa - Il ricordo di Maurilio Assenza

don Giovanni Nervo e don Giuseppe Pasini, rispettivamente primo Presidente e Direttore di Caritas Italiana

Il 21marzo, nel giorno della scomparsa, ricordiamo nella preghiera e con gratitudine don Giovanni Nervo e don Giuseppe Pasini, rispettivamente primo Presidente e Direttore di Caritas Italiana, che ci hanno lasciato nella stessa data del 2013 e del 2015.

Come diocesi di Noto abbiamo avuto la grazia di vivere una convinta attuazione del Concilio da parte del vescovo Mons. Salvatore Nicolosi, maturando la consapevolezza della chiamata ad essere “Chiesa povera e dei poveri” già negli anni Ottanta. Per aiutarne il cammino, Mons. Nicolosi invitò Mons. Giovanni Nervo che divenne, intervenendo all’annuale convegno diocesano del 1986 “Dall’eucaristia alla missione” e ritornando più volte in diocesi, un sapiente consigliere lasciando tracce, non solo nella Caritas diocesana, ma nell’intera Chiesa di Noto.

Il primo aiuto fu a concepire la Caritas nel suo servizio pedagogico che diventa lievito nel comune cammino. Ci corresse, rispetto al rischio di Caritas cittadine troppo tese all’operare, insistendo sulle Caritas parrocchiali per animare il tessuto ordinario della vita cristiana, e noi abbiamo mantenuto fedeltà alla consegna strutturandole con chiaro impegno pedagogico raccordato con gli altri ministeri, distinguendole dal centro di aiuto. Quanto all’impegno nel territorio abbiamo sperimentato per alcuni anni la proposta di Mons. Nervo della Scuola socio-pastorale, e continua questa consegna nell’essere attenti a fare incontrare operatori sociali, educatori ed operatori pastorali per alleanze generative di tessuti di bene comune.

E grazie a Mons. Nervo, consultato da Mons. Nicolosi, abbiamo pensato il gemellaggio con la diocesi di Butembo-Beni in Congo come gemellaggio pastorale, nello scambio di visite e di presenze e nell’apertura ai drammi della famiglia umana. E Mons. Giuseppe Pasini, in un incontro, aiutò ulteriormente a non dimenticare che la carità deve affrontare le cause dei problemi e la giustizia sociale, mentre dialogando con lui abbiamo riscritto lo statuto della Caritas diocesana che ha recepito, insieme alle consegne sinodali sulla “Chiesa povera e dei poveri”, i principi fondamentali della nostra Costituzione.

Per questo il nostro ricordo è commosso e grato: don Giovanni e don Giuseppe restano vivi come Padri della Chiesa del Concilio e parte della nostra famiglia diocesana! Il grazie diventa rinnovata attenzione alle loro grandi consegne: essere Chiesa come la Casa di Betania, capace di relazione e di coraggio; Chiesa che nella sinodalità non vuole dimenticare i poveri e dare loro, non qualcosa, ma anzitutto ascolto, voce, accoglienza fraterna, difesa!

QUALE ASCOLTO E QUALE POSTO PER I POVERI NELLE NOSTRE COMUNITÀ?

Incontro della delegazione regionale Caritas: programmazione e nomine

I direttori regionali Caritas

C’è un clima bello negli incontri regionali della Caritas, per la lunga tradizione di cercare insieme vie che aiutino una testimonianza credente e credibile del Vangelo ma anche di coltivare affetto fraterno. Giovedì 14 dicembre all’Oasi francescana di Pergusa, l’incontro della delegazione è iniziato con la preghiera comunitaria guidata dal segretario della Cesi, don Giuseppe Rabita, e quindi subito ci si è raccordati per essere insieme alla “tre giorni” di spiritualità ad Assisi promossa da Caritas italiana.

A dire l’attenzione alla “via del Vangelo”, una delle tre proposte da papa Francesco per i cinquant’anni di Caritas italiana. “Via del Vangelo” che diventa centralità della Parola nel servizio pedagogico delle nostre Caritas. E insieme la “via degli ultimi”, chiedendosi – con forti sollecitazioni del vescovo delegato, Mons. Giovanni Accolla – che posto hanno effettivamente i poveri nelle nostre comunità, quale ascolto diamo loro nel cammino sinodale, quale consapevolezza c’è della comune povertà che abbiamo sperimentato ultimamente nella pandemia e che ci aiuta ad accostarci agli ultimi restituendo, abbracciando, condividendo. E, quindi, la “via della creatività”, dei segni che interessano il territorio, dell’attenzione alla storia, della ricerca di un’economia diversa e di una comunicazione che abbia il tono della narrazione.

Su queste tre vie si lavorerà quest’anno, decidendo momenti comuni delle Caritas di Sicilia a febbraio (con la presenza del direttore nazionale), marzo, maggio, a cui si aggiunge ad aprile il convegno nazionale. Dopo la nomina da parte dei vescovi del delegato regionale nella persona di Giuseppe Paruzzo, della diocesi di Caltanissetta, si è votato per il vicedelegato ed è stato designato il direttore della nostra Caritas diocesana di Noto, Fabio Sammito.

Alcune nomine saranno definite in seguito, tra quelle già precisate c’è il nuovo referente per la mondialità, il diacono Girolamo Errante Parrino, della diocesi di Mazara del Vallo: un ambito in cui si prevede tra l’altro un gemellaggio con la Tunisia, che coinvolge anche la nostra diocesi che ha avviato contatti già qualche anno fa attraverso la partecipazione a una visita pastorale e la colletta della quaresima di due anni fa.

IL CONTRASTO ALLA POVERTÀ È UNA PRIORITÀ

Ribadita la disponibilità di Caritas e CEI a fornire un contributo al Governo per una riforma dello strumento del Reddito di cittadinanza

Il futuro va costruito a partire dal presente, mettendo a frutto le lezioni del passato, per andare oltre le criticità attuali. Caritas Italiana e Ufficio nazionale per i problemi sociali e lavoro della CEI offrono il proprio contributo per la costruzione e l’elaborazione di proposte finalizzate a migliorare la condizione di milioni di persone in povertà.

Sostenere le famiglie e le persone in difficoltà economica deve essere una indiscutibile priorità per chiunque abbia a cuore il benessere del nostro Paese, soprattutto in un momento di crisi energetica e di galoppante inflazione. Per questo, in occasione della chiusura dei termini per la presentazione degli emendamenti alla Legge di bilancio 2023, Caritas Italiana e Ufficio nazionale per i problemi sociali e lavoro della CEI ribadiscono che, in quanto diritto di cittadinanza, occorre garantire alle persone in povertà una misura di sostegno, come accade in tutti i Paesi europei, nel rispetto della dignità di ciascuno. L’auspicio è che si possa creare uno spazio comune e partecipato di confronto e dialogo per migliorare e adeguare lo strumento del Reddito di Cittadinanza.

Caritas e Ufficio nazionale per i problemi sociali e lavoro si propongono come interlocutori per un percorso condiviso con tutti gli attori in campo

Secondo l’Istat, tale misura ha rappresentato per molte famiglie un aiuto concreto e in alcuni casi fondamentale, soprattutto nei mesi della pandemia, proteggendo dalla caduta in povertà un milione di persone (circa 450.000 nuclei). I nostri monitoraggi confermano la validità dello strumento che ha supportato numerose persone che si rivolgono ai servizi Caritas e che in alcuni casi sono riuscite a sganciarsi dal circuito dell’assistenza.

Molti sono stati i passi avanti fatti negli ultimi anni, ma non deve calare l’attenzione sulla povertà che richiede oggi più che mai di essere affrontata con lucide analisi e interventi adeguati. Rispetto alle previsioni contenute nella legge di bilancio 2023, che individuano alcune azioni transitorie per il 2023 e posticipano al 2024 la riforma complessiva del Reddito di Cittadinanza, Caritas e Ufficio nazionale per i problemi sociali e lavoro della CEI ricordano che potrebbe ripercuotersi negativamente sulle persone molto fragili la scelta di ridurre da 12 a 8 mesi il contributo per i beneficiari considerati “occupabili”. Tra di loro, infatti, ci sono coloro che non vivono in famiglie con minori, con persone con disabilità e con over 60enni, molte persone single, anche in situazioni di grave difficoltà e che, in base a questo criterio di occupabilità, potranno essere incanalate in percorsi di inserimento lavorativo, pur non essendo in grado di farlo. Sarà, dunque, necessario nei prossimi mesi monitorare l’intervento transitorio per far sì che la riforma del 2024 eviti e superi errori e criticità di questa fase.

Caritas Italiana e Ufficio nazionale per i problemi sociali e lavoro della CEI si propongono come interlocutori per avviare un percorso condiviso con tutti gli attori in campo. La sfida è formulare proposte ponderate e solidamente ancorate all’esperienza di questi anni, oltre che comprensive del punto di vista degli operatori del settore e di quello dei beneficiari.