I POVERI PROTAGONISTI DEL CAMMINO SINODALE. LA RELAZIONE DI SINTESI

"L'esperienza dell'incontro, della condivisione della vita e del servizio ai poveri e agli emarginati". Sono le proposte emerse nella prima sessione del Sinodo dei vescovi che si è tenuto a Roma dal 4 al 29 ottobre

Investire sulla conoscenza della dottrina sociale della Chiesa e rendere presente in “tutti i percorsi formativi offerti dalle comunità cristiane” (“in particolare per i candidati al ministero ordinato e alla vita consacrata”) “l’esperienza dell’incontro, della condivisione della vita e del servizio ai poveri e agli emarginati“. Sono due delle proposte emerse nella prima sessione del Sinodo dei vescovi che si è tenuto a Roma dal 4 al 29 ottobre e di cui è stata pubblicata la relazione di sintesi.

Il testo è strutturato in tre parti (“Il volto della Chiesa sinodale”, “Tutti discepoli, tutti missionari” e “Tessere legami, costruire comunità”) a loro volta suddivise in capitoli. Il quarto è dedicato ai “Poveri, protagonisti del cammino della Chiesa”.

L’Assemblea, si sottolinea nell’introduzione, “si è svolta mentre nel mondo infuriano vecchie e nuove guerre, con il dramma assurdo di innumerevoli vittime. Il grido dei poveri, di chi è costretto a migrare, di chi subisce violenza o soffre le devastanti conseguenze dei cambiamenti climatici è risuonato tra noi, non solo attraverso i mezzi di comunicazione, ma anche dalla voce di molti, personalmente coinvolti con le loro famiglie e i loro popoli in questi tragici eventi. Abbiamo portato tutti, in ogni momento, nel cuore e nella preghiera, chiedendoci in che modo le nostre Chiese possano favorire cammini di riconciliazione, di speranza, di giustizia e di pace”.

Il capitolo 4 va letto per intero: offre alle comunità i criteri per rimodulare il proprio atteggiamento in un’ottica di autentica promozione umana.

Di seguito una sintesi dei punti di convergenza.

A. Alla Chiesa i poveri chiedono amore. Per amore si intende rispetto, accoglienza e riconoscimento, senza i quali fornire cibo, denaro o servizi sociali rappresenta una forma di assistenza certamente importante, ma che non si fa pienamente carico della dignità della persona. Rispetto e riconoscimento sono strumenti potenti di attivazione delle capacità personali, in modo che ciascuno sia soggetto del proprio percorso di crescita e non oggetto dell’azione assistenziale di altri.

B. L’opzione preferenziale per i poveri è implicita nella fede cristologica: Gesù, povero e umile, ha fatto amicizia con i poveri, ha camminato con i poveri, ha condiviso la tavola con i poveri e ha denunciato le cause della povertà. Per la Chiesa l’opzione per i poveri e gli scartati è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica. […]

C. Non c’è un solo genere di povertà. Tra i molti volti dei poveri vi sono quelli di tutti coloro che non hanno il necessario per condurre una vita dignitosa. Vi sono poi quelli di migranti e rifugiati; popoli indigeni, originari e afrodiscendenti; coloro che subiscono violenza e abuso, in particolare donne; persone con dipendenze; minoranze a cui viene sistematicamente negata una voce; anziani abbandonati; vittime del razzismo, dello sfruttamento e della tratta, in particolare minori; lavoratori sfruttati; esclusi economicamente e altri che vivono nelle periferie. I più vulnerabili tra i vulnerabili, a favore dei quali è necessaria una costante azione di advocacy, sono i bimbi nel grembo materno e le loro madri. L’Assemblea è consapevole del grido dei “nuovi poveri”, prodotti dalle guerre e dal terrorismo che martoriano molti Paesi in diversi continenti e condanna i sistemi politici ed economici corrotti che ne sono la causa.

D. A fianco delle molte forme di povertà materiale, il nostro mondo conosce anche quelle della povertà spirituale, intesa come mancanza del senso della vita. Una eccessiva preoccupazione per se stessi può condurre a vedere negli altri una minaccia e a rinchiudersi nell’individualismo. […]

E. Stare al fianco dei poveri significa impegnarsi con loro anche nella cura della nostra casa comune: il grido della terra e il grido dei poveri sono lo stesso grido. […]

F. L’impegno della Chiesa deve arrivare alle cause della povertà e dell’esclusione. Ciò comprende l’azione per tutelare i diritti di poveri ed esclusi, e può richiedere la denuncia pubblica delle ingiustizie, siano esse perpetrate da individui, governi, aziende o strutture della società. Per questo è fondamentale l’ascolto delle loro istanze e del loro punto di vista, in modo da prestare loro la voce, usando le loro parole.

G. I cristiani hanno il dovere di impegnarsi a partecipare attivamente alla costruzione del bene comune e alla difesa della dignità della vita, attingendo ispirazione alla dottrina sociale della Chiesa e operando in diverse forme (impegno nelle organizzazioni della società civile, nei sindacati, nei movimenti popolari, nell’associazionismo di base, nel campo della politica, ecc.). […]

H. Nei poveri la comunità cristiana incontra il volto e la carne di Cristo, che da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà (cfr. 2Cor 8,9). È chiamata non solo a farsi loro prossima, ma a imparare da loro. […] La somiglianza della loro vita con quella del Signore rende i poveri annunciatori di una salvezza ricevuta in dono e testimoni della gioia del Vangelo.

Il documento elenca alcune importanti “questioni da affrontare” che richiedono un ulteriore approfondimento. La prima è imparare a

essere “Chiesa povera, con i poveri e per i poveri”, evitando il rischio di considerare i poveri in termini di “loro” e “noi”, come meri “oggetti” di carità della Chiesa.

Quanto alla denuncia profetica delle situazioni di ingiustizia e all’azione di pressione nei confronti dei decisori politici è necessario ad esempio “vigilare perché l’uso di fondi pubblici o privati da parte delle strutture della Chiesa non condizioni la libertà di parlare in nome delle esigenze del Vangelo”.

Un terzo punto riguarda l’azione nei campi dell’educazione, della sanità e dell’assistenza sociale: non vi devono essere discriminazioni o esclusioni e va evitato “uno stile impersonale di vivere la carità”. La Chiesa è chiamata a dare onestamente la sua testimonianza anche rispettando “le esigenze della giustizia nei confronti di coloro che lavorano nelle istituzioni ad essa collegate”.

Infine è richiesta attenzione a come si attuano lo scambio di doni e la condivisione delle risorse tra Chiese locali di diverse regioni. Si tratta di rapporti che favoriscono l’unità della Chiesa, ma la presenza di presbiteri “che vengono in aiuto alle Chiese povere di clero” non può essere “solo un rimedio funzionale” e gli aiuti economici non devono degenerare in assistenzialismo, ma promuovere un’autentica solidarietà evangelica ed essere “gestiti in modo trasparente e affidabile”.

Ora il frutto del lavoro dei padri e delle madri sinodali torna alle Chiese locali, chiamate alla riflessione, all’approfondimento e alla traduzione in pratica, in uno stile sinodale.