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Progetto Policoro. Un “Centro Servizi” per condividere la fatica dei giovani in cerca di lavoro

Durante la prolusione all’assemblea dei Vescovi italiani dello scorso Maggio, il Cardinale Bagnasco, presidente della CEI, ha espresso la preoccupazione della Chiesa per il lavoro che manca o che, precario, è motivo di sofferenza per tante famiglie e giovani. Aiutare le nuove generazioni a trovare un posto nel mondo, nella società, a creare un lavoro che permetta all’uomo di essere la via della Chiesa è uno degli obiettivi del Progetto Policoro, che, dopo 15 anni di attività nella Chiesa del Sud Italia, continua a regalare alla storia gesti concreti che sono espressione della difesa della dignità della persona. “Proprio nella difesa della dignità della persona e del suo lavoro può iniziare un impegno concreto, e alla portata di tutti, perché si sviluppi una nuova cultura del lavoro che, senza opporre resistenza ai mutamenti in atto, ponga alcuni punti di riferimento capaci di orientarli nella direzione giusta.” Per realizzare concretamente un percorso che incoraggi i giovani a scoprire una nuova mentalità del lavoro, dal 20 Giugno è aperto in diocesi il Centro Servizi del Progetto Policoro, più propriamente detto Centro di Animazione Territoriale; non è uno sportello di “collocamento”, ma uno strumento di informazione e di formazione, che con uno stile accogliente, coerente e competente aiuta i giovani della nostra diocesi a incontrarsi, costruire reti, individuare i bisogni del territorio e offre un’esperienza responsabile di servizio a tutta la comunità. Per i giovani oggi è necessario fermarsi a “studiare” una realtà che disorienta e che presenta dei fenomeni che non sono facilmente gestibili ed è arrivato il momento di far comprendere ai nostri ragazzi che a questa situazione  bisogna rispondere in modo propositivo e creativo. Certamente un centro di animazione territoriale non servirà a molto se non diventa un luogo di confronto e di approfondimento sulla dignità del lavoro, di fronte alla strumentalizzazione o riduzione del medesimo ad altri obiettivi che non sono la piena realizzazione dell’uomo nelle sue diverse dimensioni. Il Vangelo passa attraverso ferite degli uomini, dei giovani scoraggiati dei nostri vicariati, ed il Vangelo oggi ci chiede la capacità di ascolto delle idee dei giovani e della scommessa sulle loro capacità, ci chiede di avviare un progresso che coinvolga anche le istituzioni in un circolo di sostegno e di accompagnamento che abbia al centro l’uomo e che all’uomo faccia comprendere che nelle sue “azioni” sta la contemplazione di Dio, come ha vissuto Giuseppe, il carpentiere della casa di Nazareth, di cui si parla nei Vangeli solo per quello che “fece”, cioè per il suo lavoro. Il Progetto Policoro ha lo scopo di “agire” contro la disoccupazione giovanile e di testimoniare che il lavoro, come sostiene la Dottrina Sociale della Chiesa, non è solo necessario alla proprietà personale, ma al bene comune; “la considerazione delle implicazioni morali che la questione del lavoro comporta nella vita sociale induce la  Chiesa ad additare la disoccupazione come una «vera calamità sociale », soprattutto in relazione alle giovani generazioni” (CDSC 287).
 
Il centro servizi è aperto nei giorni
Lunedì ore 17.00 – 20.00
Mercoledì ore 9.00 – 12.00
Giovedì ore 17.00 – 20.00
in Via Mons. Blandini n° 9 – Noto
Per informazioni o appuntamenti rivolgersi a:
Anita 3394236049 – Ada 3401440956 – email: progettopolicoro@diocesinoto.it

La Misericordia come condizione essenziale per agire secondo lo stile evangelico

Un corpo è sano se tutte le sue membra svolgono organicamente la loro funzione. Se questa immagine, cara alla predicazione dell’apostolo Paolo, è valida per definire l’essere della Chiesa, non può non diventare paradigmatica per stabilire i criteri della sua prassi. La due-giorni, tenutasi il 17 e il 18 giugno scorsi presso l’Oasi Don Bosco, sulla strada Noto-Palazzolo, è valsa a far sperimentare ai partecipanti non solo la responsabilità organizzativa, ma principalmente la loro profeticità.  immediatamente connessa all’identità battesimale. Erano presenti, in primo luogo il Vescovo, i membri del Consiglio Pastorale Diocesano, i componenti del Consiglio Presbiterale e quelli del Coordinamento Pastorale Diocesano. Invece di fare una cronaca, il sottoscritto è più propenso a mettere in evidenza i risultati cui si è pervenuti, che lungi, dal rispecchiare solo l’aspetto organizzativo, hanno avuto il merito di approdare alla “sola cosa necessaria” di cui parla Gesù nel suo dialogo con Maria, la sorella di Marta. Il momento fondamentale che ha fatto da presupposto agli incontri è stata la riflessione dettata da Mons. Francesco Guccione, da cui è emerso che la misericordia, tema centrale del prossimo anno pastorale, è la condizione per instaurare e coltivare relazioni secondo lo stile evangelico. Il suo pensiero è stato motivato e rafforzato da racconti esperienziali che hanno richiamato l’agire di Gesù con i peccatori, nei confronti dei quali non ha mai espresso un giudizio di condanna, ma solo di accoglienza, di perdono e di risanamento. I rapporti fra i cristiani si devono improntare a questo stesso atteggiamento se vogliono essere credibili, per cui non ci si può discostare da questo stile, che rivela la grandezza della misericordia di Dio. A questo momento ha fatto seguito la presentazione del metodo di lavoro fatta da Don Rosario Gisana, vicario episcopale per la Pastorale, il quale si è soffermato sulla magnanimità di Dio come tema dominante del messaggio della prima lettera di Pietro. Questo attributo divino, che non riesce a rendere adeguatamente ai nostri occhi l’infinita grandezza del “cuore” di Dio, è alla base di ogni azione pastorale e di ogni programmazione, sopratutto in quest’anno, in cui il Vescovo vuole proporre alla nostra attenzione il messaggio della misericordia divina, pubblicando prossimamente la sua prima lettera pastorale. I lettori avranno la possibilità di riscontrare alcuni spunti di riflessione, leggendo una sintesi della relazione di Don Gisana a pagina 4 di questo numero. Questi temi hanno avuto ulteriore approfondimento nelle parole del Vescovo, che, richiamando il duplice aspetto della carismaticità e della ministerialità del popolo di Dio, ha ribadito l’importanza del servizio pastorale come declinazione delle proposte del Vangelo nella vita delle nostre comunità e di ogni persona. Ecco perché l’organizzazione delle attività non deve essere fine a se stessa, ma in funzione della trasmissione della parola di Dio nell’oggi della storia, dando motivazioni valide, tutt’altro che superficiali alle donne e agli uomini che incontriamo, accostandoci a loro e proponendo una parola di vita che non proviene da noi o dalle nostre intuizioni o dalle stesse attività, ma da Dio stesso. D’altronde, che senso avrebbe il nostro fare se non fosse sostanziato da questi principi? Dove approderebbero le nostre iniziative se non facessero trasparire un certo afflato soprannaturale? Le varie iniziative cui saremo invitati in questo prossimo anno pastorale hanno, pertanto, la funzione di mediare alcuni contenuti fondamentali, utili per fare cammino: mentre ci si atterrà al tema dell’educazione, che ci vedrà interessati in questo decennio, avremo modo di approfondire il mistero della divina misericordia, come invito ad addentrarci con più fiducia e responsabilità nel mistero della Chiesa e nella rivalutazione dei rapporti fra di noi. L’anno pastorale e l’anno liturgico, con tutte le loro attività e scadenze, sono infatti scuole di spiritualità e di incontro con il Signore, scuole di vita per riscoprire il senso delle relazioni e della nostra chiamata nella Chiesa e nella storia.  
           
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Inaugurata la sede romana di Meter

«La Chiesa è tale perché è comunione». Monsignor Giovanni D’Ercole vescovo ausiliare dell’Aquila ha sintetizzato così il senso dell’alleanza sancita ufficialmente sabato scorso presso la Casa Tra Noi nell’ambito del convegno “Dalla profezia alla Comunione”. L’associazione onlus Meter che da dieci anni lotta a difesa dell’infanzia e Casa Tra Noi si sono gemellati firmando un protocollo d’intesa a margine del decennale della scomparsa di don Sebastiano Plutino, fondatore del movimento Tra Noi.
Presenti in qualità di relatori all’incontro, oltre al vescovo D’Ercole, don Fortunato Di Noto fondatore di Meter, Antonella Simonetta, presidente di Tra Noi, e don Marco Pozza, che si è definito «amico e collaboratore Meter». E la collaborazione tra le due realtà sarà subito fattiva. Infatti, il documento, a firma congiunta, ha ufficializzato anche la nuova sede romana di Meter di via Niccolò Machiavelli. In essa, «verranno attivati servizi legati all’infanzia, alle famiglie, alle comunità religiose e non solo», vi è scritto in un depliant di presentazione delle attività di Meter.
La nuova sede quindi sarà soprattutto «un centro di ascolto che accoglie e accompagna le vittime di abuso attraverso un percorso terapeutico, giuridico, sociale e pastorale», hanno spiegato i responsabili dell’associazione fornendo anche i recapiti a cui rivolgersi in caso di aiuto. Un numero verde: 800-455270 e il 345/0258039. «Un’alleanza – ha sottolineato monsignor D’Ercole – che può diventare collaborazione e comunione e che potrà generare una fantasia originata d’amore». Il presule ha poi ricordato la figura di don Plutino: «La sua lezione è che la nostra vita si specchia continuamente negli altri, anche perché la profezia è la coerenza di una vita di chi non pensa soltanto in termini di io ma ha lo sguardo rivolto verso gli altri», ha detto. Si è poi soffermato anche sul suo incontro con don Plutino: «Guardava sempre avanti, insegnava a sopportare tutto vedendo sempre il positivo in ogni cosa».
Don Di Noto, invece, ha riflettuto inizialmente su «i bambini santi». «Pensate – ha detto il sacerdote – quanti bambini si sono opposti con durezza all’onta della violenza nei confronti della loro purezza». E ha poi ha aggiunto con forza: «Chi accoglie i bambini, accoglie il Signore». «Sono convinto – ha precisato – che chi lo fa è già in Paradiso». Don Fortunato ha quindi espresso il suo pensiero in merito ai temi del convegno. «Ho abbinato l’esperienza di don Orione con la mia: la comunione dei santi esiste. Non è una fantasia. È un carisma che viene dal Signore Gesù», ha detto. Da qui l’apertura alla speranza: «Oggi viviamo in un mondo lacerato dalla discordia ma capace ancora di lenire la sofferenza. Non esiste, infatti, mistica che non sia vissuta». Don Di Noto in conclusione del suo intervento ha ribadito ancora una volta l’importanza dell’impegno e dell’aiuto reciproco: «Abbiamo una Chiesa povera perché spesso è gelosa dei talenti invece di esserne orgogliosa: ma essi vanno fusi avendo la capacità di dire ai giovani che si può percorrere la vita in maniera diversa».
Don Marco Pozza, invece, prima della firma del protocollo d’intesa, ha richiamato a una frase di Steve Jobs, fondatore della Apple. «Jobs, a chi gli chiedeva se fosse un genio, rispose: “Non so se lo sono, ma so che per esserlo bisogna sapere intravedere il futuro quando ancora non risulta ovvio: credo che sia una frase che può stimolare anche noi ad avere più coraggio di metterci in gioco, per amore della Chiesa, nonostante i rischi propri di ogni novità».
 

Istituiti cinque nuovi Accoliti nella chiesa Cattedrale di Noto

Sabato, 11 giugno scorso, durante la solenne Veglia di Pentecoste, in Cattedrale, Mons. Antonio Staglianò ha istituito accoliti cinque alunni del nostro Seminario: Gabriele Di Martino, Davide Lutri, Gianni Roccasalvo, Manlio Savarino, Giovanni Vizzini. Il ministero dell’accolitato è un servizio in aiuto al Vescovo, al Presbitero o al Diacono nella preparazione dell’altare e dei vasi sacri è considerato anche ministro straordinario della Comunione: ciò significa che colui che presiede la celebrazione può chiamarlo a distribuirla o a portarla agli ammalati. Il ministero dell’accolito continua ad essere anche una tappa nel percorso istituzionale verso il diaconato e il presbiterato. In una cornice tutta diocesana, con la presenza delle Comunità di parrocchie della vicaria netina, con le Comunità parrocchiali, di origine dei seminaristi, è stata celebrata la Festa dello Spirito Santo. La Chiesa ci fa ricordare il memoriale dell’invio dello Spirito Santo su Maria e gli Apostoli riuniti nel Cenacolo, essa stessa è inviata ad annunciare l’evangelo a tutte le genti, fino ai confini del mondo, nell’attesa del ritorno del Signore. La celebrazione della Pentecoste, “festa delle feste” o “grande domenica” come la chiamavano i Padri della Chiesa, ricorda questo dono dello Spirito che attualizza, ricorda e interiorizza quello che ha fatto Gesù. Il nostro Vescovo durante l’omelia ha sottolineato come lo Spirito realizza la sua presenza nell’assemblea, nella convocazione attorno al Pastore, vincolo di unione ed epifania dell’unità della Chiesa; lo Spirito permette l’osservanza dei comandamenti nella testimonianza audace del Vangelo che oggigiorno risulta scomodo e difficile da applicare alle situazioni della vita. Ai nuovi accoliti auguriamo di poter, nella vicinanza all’altare e ai cari malati, sperimentare la vicinanza di Cristo nella concretezza di un agire “umano” prossimo a quanti hanno fiducia in Dio e a quanti la cercano.

 
 
 
 

La roccia della fede, la via della “visita”

Sarà una festa particolare quella di San Pietro 2011 a Modica, perché arricchita dal ricordo di una grande figura di prete come Mons. Matteo Gambuzza (1910-2011) a cento anni dalla nascita e dieci dalla morte. Un ricordo che inizierà concretamente con la visita nei quartieri, una caratteristica dell’Arciprete di san Pietro che la gente ancora ricorda per la prontezza con cui visitava gli ammalati, accompagnata dal suo proverbiale “Coraggio!” in cui si univano fede e condivisione concreta. Si tratta di una via concreta per la testimonianza della carità oggi, messa al centro anche dal nostro Sinodo diocesano e riproposta come prima modalità per educarci alla carità evangelica. Scrive il parroco di San Pietro don Corrado Lorefice all’inizio della lettera-invito per la festa: “Vogliamo far memoria di un prete dalla significativa statura umana e pastorale, per comprendere la sua figura e il suo messaggio nel contesto storico che lo ha visto esercitare il ministero a Modica, e per recuperare i tratti della sua testimonianza di cristiano e di prete di formazione tridentina pieno di una fedeltà alla Chiesa che gli ha consentito l’apertura lungimirante al post Concilio: la fede come roccia della vita, un grande senso della paternità, la visita come rapporto con la gente consolidato nel reale vissuto del territorio. Per tale motivo abbiamo pensato di animare la festa anche nei quartieri, in particolare a Cartellone e a S. Francesco La Cava con la celebrazione eucaristica e con un momento di fraternità”. Così, ci saranno la prossima settimana due eucaristie e feste di quartiere, mercoledì 22 giugno alla 19 nello slargo di via Exaudinos, venerdì 24 sempre alle 19 in via Rosa. Domenica 26 giugno alle 19 in San Pietro vi sarà la concelebrazione cittadina del Corpus Domini, a cui seguirà la processione eucaristica. Lunedì 27 e martedì 28 giugno la messa vespertina, presieduta dal primo successore di Mons. Gambuzza don Carmelo Lorefice, sarà celebrata alle 18,30, mentre alle 19,30 vi sarà una due sere storico-teologica sulla figura di Mons. Matteo Gambuzza. Il giorno di San Pietro, mercoledì 29 giugno, presiederà la Messa delle 10,30 don Giuseppe Sortino, che celebra il sessantesimo di sacerdozio; mentre la messa vespertina alle 19,30 sarà presieduta dal vicario generale della diocesi don Angelo Giurdanella. Seguirà la processione con l’artistica statua di San Pietro e il paralitico.
 

DON DI NOTO: ” I BAMBINI DI ROMA AVRANNO DEI LORO SERVITORI E DIFENSORI”

L’Associazione Meter onlus, (www.associazionemeter.org), fondata da don Fortunato Di Noto, dal 18 giungo sarà operativa contro ogni forma di abuso e di sfruttamento promuovendo la tutela e la difesa dell’infanzia. La sede Meter di Roma attiverà una serie di servizi legati all’infanzia, alle famiglie, agli educatori, alle comunità ecclesiali, religiose e non; un operativo e concreto segno di servizio (con una storia ventennale) per la Chiesa di Roma e per tutta la città e la regione Lazio.
La sede di Roma nasce grazie all’incoraggiamento che Papa Benedetto XVI, il 25 aprile scorso ha rivolto ai responsabili di Meter per la XV Giornata bambini vittime della violenza, dello sfruttamento e dell’indifferenza: “incoraggio Meter – diceva il Papa – a proseguire l’opera di prevenzione e di sensibilizzazione delle coscienze al fianco delle varie agenzie educative: penso in particolare – continuava Benedetto XVI – alle parrocchie, agli oratori e alle altre realtà ecclesiali che si dedicano con generosità alla formazione delle nuove generazioni”.
Il carisma e l’opera di Meter è stata condivisa dall’Associazione Movimento Tra Noi (www.movimentotranoi.it) che ha offerto una sede a Roma in quella logica di “comunione e reciproca accoglienza”.
Nel corso del convegno “Dalla profezia alla Comunione” che sabato 18 giugno ricorderà la figura di don Sebastiano Plutino, sacerdote e fondatore del Movimento Tra Noi a dieci anni dalla sua scomparsa si formalizzerà ufficialmente la “sede di Meter a Roma”.
Al Convegno  presenzieranno Monsignor Giovanni D’Ercole, Vescovo Ausiliare dell’Aquila e Assistente Spirituale del Movimento Tra Noi; don Fortunato Di Noto  presidente e fondatore Meter, Antonella Simonetta, presidente del Movimento Tra Noi; don Marco Pozza, amico e collaboratore Meter.
Don Fortunato Di Noto ha dichiarato: “Auspico che Meter diventi a Roma una proposta educativa per una pastorale di prossimità contro gli abusi nella logica della prevenzione e informazione attenta, generosa ed evangelica a favore delle famiglie, dei piccoli e dei deboli per orientarsi in questa società in crisi e frammentata”.
 

“Chi è la donna?” e “Quale è la sua verità?”

Il 9 giugno è stata per il centro Italiano Femminile di Avola, una data importante per l’iniziativa che lo ha visto impegnato in un momento di riflessione sulla donna a partire dal pensiero illuminato del Beato Papa Giovanni Paolo II, che nel suo lungo pontificato ha elargito, a piene mani, all’associazione e al mondo intero, documenti, Encicliche, lettere dedicate proprio all’approfondimento del ruolo della donna nella Chiesa ed in ogni ambito della vita, sia essa civile, socio-politica che economica.

 
Ad aprire i lavori della serata, dedicata alla riflessione sulla donna, è stata la presidente del CIF di Avola, seguita da don Giuseppe Agosta, consulente ecclesiastico dell’associazione e dal Sindaco di Avola che ha portato al Vescovo il saluto della città.
A darci una lettura alquanto originale e moderna del tema affidatogli è stato proprio Sua Eccellenza, Mons. Antonio Staglianò, Vescovo della Diocesi, nonché poeta e scrittore, che abbiamo avuto modo di apprezzare per le sue numerose pubblicazioni.
Il nostro Vescovo, partendo da due interrogativi “Chi è la donna?” e “Quale è la sua verità?”, ci ha fatto riflettere sul fatto che conoscere ciò che ha detto Giovanni Paolo II nel suo Magistero sulla donna non può essere solo una questione dottrinale o più squisitamente culturale, ma deve significare un voler entrare nella grande verità sulla donna. Non si può allora prescindere dal chiarire “cosa è la verità” “Quid est veritas?” . Mons. Staglianò, giocando con le frasi e le parole fa l’anagramma della domanda e riferisce che la risposta sta dentro la domanda stessa “Est vir qui adest” ossia “è l’uomo che ti sta davanti”. Si capisce come allora il problema non sia semplicemente una questione femminile, come è stata considerata da più parti nel XX secolo dai movimenti e dalle associazioni femministe, ma piuttosto occorre leggere la questione in chiave antropologica. E Giovanni Paolo II riesce a leggere la donna nella sua verità, allo specchio della pienezza di umanità e di splendore della donna, Maria di Nazareth. La donna, pertanto, viene valorizzata in Maria di Nazareth, non in un mito, ma in una persona collocata nella storia e, dunque, nel tempo e nello spazio. Ed è Dio stesso che ci indica la straordinaria bellezza della verità sulla donna, concependola libera di pronunciare il suo sì o il suo no, così come fu per Maria, grazie alla quale e a partire dalla quale, possiamo comprendere la verità sulla donna e il suo corpo, fatto per accogliere, per liberare, per pacificare. A far da contro altare a questa visione della donna e della sua dignità, il Vescovo riferisce quanto la scrittrice Susanna Tamaro, sul Corriere della Sera del 17 aprile del 2010, esprime a proposito di una “mistica della promiscuità, che spinge le ragazze a credere che la seduzione e l’offerta del proprio corpo siano l’unica via per la realizzazione”, in nome di quel progetto di stampo femminista secondo il quale “il corpo è mio e me lo gestisco io”, inesorabilmente fallito.
Da qui l’esigenza di percorrere la via della questione antropologica che ci riporta a riconsiderare il concetto di relazione tra uomo e donna, che altro è rispetto alla relazione tra Adamo e le piante e gli animali del paradiso terrestre, con i quali Adamo non era in comunione. La creazione di Eva fa sperimentare ad Adamo l’unione profonda che è propria dell’unione coniugale, in cui la donna non sta accanto all’uomo, ma è tale perché gli sta di fronte, così come l’uomo può dirsi tale, quando nel vincolo con la donna, si pone di fronte a lei. A questo punto il Vescovo ritiene di doversi soffermare molto, in maniera forte, utilizzando un linguaggio diretto e a tratti fastidioso per una Chiesa che viene additata spesso come retrodatata, per le posizioni sin qui assunte, sull’amore coniugale. “E’ finita l’era del padre-padrone” dichiara Mons. Staglianò, “nell’atto amoroso c’è la fusione totale di anima e corpo e, riferendo la finezza lessicale dei Tedeschi, che utilizzano due vocaboli per indicare in modo distinto il corpo organico, il corpo-oggetto (Kӧrper) e il corpo umano, ossia il corpo-persona (Leib), accenna alla questione della comunicazione attraverso i media che portano a considerare la donna come “sospesa sul terribile crinale della sua mercificazione”, “persa nelle potenti fiumane della perversione imposta dalla nevrosi consumistica” che vede il corpo femminile, oggetto da esibire e da esporre per sedurre. Finisce il suo intervento il nostro Pastore esternando quanto gli stia a cuore che tutti noi si comprenda che occorre purificare il linguaggio dell’amore, facendo riferimento alla comunicazione dei media che utilizza in modo errato l’espressione “Fare l’amore” per sponsorizzare e pubblicizzare preservativi e alcuni passaggi di canzoni attuali, come quella di Giusy Ferreri, che sente l’esigenza invece di cantare “è da tanto tempo che non si fa più l’amore”. Il Centro Italiano femminile, assieme alle amiche ed amici intervenuti, farà tesoro delle indicazioni del suo Pastore per “puntare non tanto sulla donna o sul maschio, ma sulla persona e sulla sua dignità, custodita nel suo essere immagine di Dio”. (Ecce homo di Mons. Staglianò edito da Cantagalli, Siena 2007).
 

MEDICINA E TEOLOGIA AL CONFINE DELLA VITA

La Fondazione CARE, l’Associazione Medici Cattolici Italiani, e l’Unione Giuristi Cattolici Italiani hanno organizzato sabato 4 Giugno, presso la prestigiosa Sala degli stemmi  al Castello Vescovile di Vittorio Veneto, un Convegno di bioetica dal titolo: MEDICINA E TEOLOGIA AL CONFINE DELLA VITA, con relatori di grosso spessore. Il Prof. Alfredo Anzani, docente di Etica clinica presso l’Università “Vita e Salute” San Raffaele di Milano, ha affrontato il tema “La medicina sul confine della vita o oltre il confine della vita?”, sottolineando il diritto di morire con tutta serenità, aborrendo l’accanimento terapeutico, ove l’inutilità dell’atto medico si unisce alla sofferenza da parte del malato, quando si attuano interventi sproporzionati alla condizione clinica del paziente. Solo in un vero rapporto col malato, attraverso un’alleanza terapeutica, si compie la scelta migliore. Ma l’accanimento terapeutico non è sinonimo di insistenza terapeutica, che significa porre in atto tutte le metodiche che la moderna medicina ci offre per prenderci realmente cura del paziente, anche quando non si può più curare, andando al di là del semplice consenso informato, pena ricadere nell’atteggiamento opposto, altrettanto riprovevole, dell’abbandono terapeutico. Il rapporto medico paziente deve essere sempre una relazione tra persone, una relazione di aiuto: c’è un lasciare morire doveroso e ve ne è uno colpevole: la differenza è nel riferimento alla persona.
Le nuove tecnologie consentono di rinviare il momento della morte, prolungandolo oltre le leggi della fisiologia, creando i cosiddetti “malati terminali”, una categoria nuova, di pazienti particolari, interrogativi nuovi, inquietanti per la nostra coscienza. Le cure palliative invece sono frutto dell’attenzione e del rispetto all’ammalato come persona. Come medico cristiano devi prenderti cura dell’anima del paziente se vuoi curare il corpo. Davanti al mistero della morte si rimane impotenti, vacillano le umane certezze. Ma è proprio di fronte tale scacco che la fede cristiana,se compresa ed ascoltata nella  sua ricchezza, si propone come sorgente di serenità e di pace. (Giovanni Paolo II)
 Mons. Antonio Staglianò, Vescovo  di Noto, ha sviluppato la questione del senso: “Il fine-vita come compimento dell’esistenza”. Ha citato i grandi autori russi, da Dostojevski a Solgenitzin, che hanno affrontato nei loro personaggi la riflessione sul vivere e sul morire: la differenza la fa la speranza. Dell’uomo descriviamo, riduttivamente, l’anatomia, la fisiologia, la biochimica, ma  questa è un’astrazione: darsi la mano per esperienza di amore è l’incontro tra due persone. Ecco allora la differenza tra corpo e corpo personalizzato, quello che nella lingua tedesca sono il Körper e il Leib, per attraversare la sofferenza, come Cristo ha fatto dono di sé nell’Eucarestia. La sofferenza da enigma diventa allora mistero: Dio soffre con te e ti dona la vita. L’amore vero non è mai “platonico”: è un amore tramite la fisicità. Un concetto molte volte ribadito da Mons. Staglianò è stato inoltre quello della visione soprannaturale, dell’Escaton, dell’oltre la morte,  declinata alla luce delle encicliche degli ultimi papi, dalla Salvifici Doloris di Giovanni Paolo II alla Spe Salvi di Benedetto XVI: il senso della vita si matura dal pensiero della fine: “Insegnaci a contare i nostri giorni ed acquisteremo un cuore saggio” (Sal 90, 12). Il nostro Vescovo, Mons. Corrado Pizziolo, ha sintetizzato nel suo intervento i lavori della giornata, sottolineando come i medici hanno antropologie diverse, come atteggiamenti diversi rispetto a tali problematiche. La nostra società interpreta come regolabili l’inizio e la fine della vita, la legge diventa allora un protocollo. La vita invece è un dono, ci ha ricordato il Vescovo Corrado, ed il compito di noi medici cattolici è di testimoniarla ed annunziarla, in un contesto di relazione. Il malato ci chiede di morire non da solo, ma in una relazione: la tentazione eutanasica nasce dalla solitudine, frutto di una tecnologia esaperata ed applicata senza discernimento.  Ha moderato la giornata ed il dibattito che ne è seguito il Dott. Gian Antonio Dei Tos,  Docente di Bioetica; la partecipazione è stata nutrita, da parte di medici, giuristi, operatori sanitari, ACOS regionale, ma anche i rappresentanti di molte associazioni di volontariato.
 
 

Chi è “oggi” la donna?

Nel corso del convegno su  “Femminismo cristiano e cultura della persona. La donna nell’insegnamento di Giovanni Paolo II”, tenuto a Matera dal 2 al 4 giugno scorso, il nostro Vescovo, Mons. Staglianò, è intervenuto con una relazione su «La donna e la “sua” verità: la questione femminile come questione antropologica in Giovanni Paolo II». Il Convegno era stato organizzato dal Movimento Famiglia e Vita di Matera per celebrare il  25° anniversario della sua fondazione e in occasione della Beatificazione di Giovanni Paolo II.
Nel suo intervento, tenuto il 2 giugno, nell’ambito della prima sessione, il Vescovo ha esordito con la premessa: “Cos’è la verità? Quid est veritas? Anagrammando viene: Est vir qui adest (È l’uomo che ti sta davanti)”. Ogni verità va cercata per riferimento alla sua persona. È questa la verità centrale della fede. Vale per tutto: inesorabilmente anche per la verità della donna. La vera sfida del pensiero cristiano, sottolinea mons. Staglianò, è saper articolare questa verità “teologica” in termini razionalmente apprezzabili e perciò condivisibili anche da chi non crede come i cristiani o non crede affatto. La verità della donna è colta e approfondita da Giovanni Paolo II allo specchio della pienezza di umanità e dello splendore della donna in Maria di Nazareth. Ma “Oggi”, è tempo qualificato post-moderno, nel quale appare impossibile giungere a verità certe e condivisibili, dove l’emozione prende il sopravvento sulla ragione, il sentimentalismo e la passionalità sulla logica e la razionalità e, infine, l’educazione è smarcata dalla seduzione. Il Vescovo pone pertanto un interrogativo: «Presupponendo che sappiamo benissimo chi è “la donna” Maria di Nazareth, sappiamo però chi è “oggi” la donna? Maria di Nazareth –oltre ad essere “microstoria della salvezza”- è sintesi di valori e perciò epifania della vera umanità… ». Mons. Staglianò chiarisce come proprio “oggi” nel nostro mondo post-moderno, sia possibile e doveroso presentare Maria come modello per tutte le donne. «Alla scoperta della verità della donna, non è difficile cogliere come la questione femminile sia anzitutto questione antropologica, pertanto esiga di venir discussa sulla base di una visione dell’uomo “vera e degna” dell’umano». Il grande Papa, Giovanni Paolo II, ne ha diffusamente parlato nel suo magistero, focalizzando i punti essenziali, utilissimi e validi anche oggi. Nella Mulieris Dignitatem (Dignità della donna) al n.16 : “L’interpretazione cristiana del ruolo della donna è anzitutto basato sull’atteggiamento di rispetto e di considerazione che Gesù ha mostrato nei confronti delle donne e sulla nostra meditazione sulla figura di Maria che, per i cristiani, è il modello di verginità, maternità di fede e di attivo impegno sociale”. Per cui la figura di Maria può essere ancora oggi presentata come la “piena realizzazione possibile della donna”, e della donna cosiddetta “emancipata” se si scava nei significati profondi sia della maternità che della verginità. Maternità non solo in senso fisico, ma anche etico-personale. Verginità come modo spirituale della maternità. Si può pertanto affermare che la donna, guardando a Maria, trova in lei il segreto per vivere degnamente la sua femminilità ed attuare la sua vera promozione. Ella è specchio dei più alti sentimenti, di cui è capace il cuore umano: la totalità oblativa dell’amore; la forza che sa resistere ai più grandi dolori; la fedeltà illimitata e l’operosità infaticabile; la capacità di coniugare l’intuizione penetrante con la parola di sostegno e di incoraggiamento (cfr RM 46). Maria è prototipo di pienezza umana: la prima “persona” vera della storia. 
 
 

Un nuovo diacono nella Chiesa di Noto

A conclusione di un periodo di discernimento animato dal Vicario generale, don Angelo Giurdanella, unitamente ai formatori del Seminario di Noto, domenica 29 maggio u.s., il nostro Vescovo, mons. Antonio Staglianò, ha ordinato diacono Francesco Ingegneri. L’ordinazione è avvenuta nella Chiesa Madre di Pachino a conclusione del periodo di “itineranza vocazionale” che un gruppo di seminaristi ha svolto in questo vicariato. Alla solenne concelebrazione eucaristica hanno partecipato diversi presbiteri e diaconi  della Chiesa netina, gli alunni del nostro Seminario e un gruppo di sacerdoti e fedeli provenienti dall’Arcidiocesi di Messina, Chiesa di origine del novello diacono. Francesco, che proviene da una salda esperienza formativa presso l’Ordinariato militare di Roma, da circa un anno è stato   inserito per la sua formazione pastorale nella Parrocchia della Cattedrale di Noto. Nel corso dell’omelia il Vescovo ha sottolineato la validità del servizio diaconale posto come sacramento per gli uomini che, nonostante gli inevitabili limiti umani, deve risplendere concretamente nella vita della Chiesa come segno vivo di Cristo servo di tutti per amore. (Red.)