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COMUNICATO STAMPA – Una nuova chiesa in costruzione nella Diocesi di Noto a Donnalucata (RG)

Il 30 giugno a Donnalucata in via Salonicco alle ore 18,30 si terrà il rito per la posa della prima pietra che darà l’avvio alla costruzione della nuova chiesa di San Giorgio in Donnalucata. Presiederà il rito il Vescovo di Noto, S.E. Rev.ma Mons. Antonio Staglianò alla presenza delle autorità ecclesiastiche, civili e militari. A conclusione del rito liturgico alle ore 21,00 verrà proiettato un video per presentare il progetto, seguirà la presentazione ufficiale del sito web dedicato alla costruzione della Chiesa; il tutto avverrà presso lo spazio dove sorgerà la nuova chiesa. Donnalucata aspetta questa nuova chiesa da più di 30 anni. Il nuovo complesso parrocchiale in progetto sorgerà in contrada Cannamara a nord di Donnalucata, il lotto è delimitato dalla via Maratona e dalla via Salonicco. Il progetto presentato ufficialmente nel 2002 è stato approvato e finanziato nel marzo 2010 per il 75% del costo totale dell’opera. Per completare la chiesa sarà necessario l’impegno della Diocesi di Noto e della comunità parrocchiale di Donnalucata che attraverso l’aiuto di tutti dovrà sensibilizzare, promuovere, far conoscere e chiedere il contributo di tutti i fedeli per raccogliere i fondi necessari a completare il complesso parrocchiale di San Giorgio. Infatti è lo stesso don Rosario Sultana, parroco di Donnalucata, ad affermare che sarà compito della comunità cristiana l’impegno sul territorio per completare l’edificio di culto a diversi livelli, anche economico, ultimando così la costruzione nell’arco temporale di tre anni. Per questo ci si sta attivando con diverse iniziative, soprattutto con un attento coinvolgimento della base sul suo territorio ed oltre il suo territorio. E’ stato allestito un sito web ufficiale raggiungibile all’indirizzo www.chiesadonnalucata.it dove è possibile informarsi in tempo reale sulle varie fasi di costruzione e sulle iniziative in atto.

A Noto il I Convegno internazionale di bioetica

Con la definizione del programma, ha preso il via la fase organizzativa del primo convegno internazionale di Bioetica che si terrà a Noto dal 10 all’11 settembre 2010.
Per due giorni oltre 15 relatori, di alto spessore scientifico, daranno vita all’evento che si aprirà con la prolusione del nostro Vescovo, Mons. Antonio Staglianò ,dal titolo “ Il senso umano: cuore della bioetica”.
La sessione scientifica di apertura si terrà in Cattedrale, mentre le altre sessioni si svolgeranno nel Palazzo Trigona di Noto. Il convegno vedrà il coinvolgimento di tutte le figure professionali (medici, giuristi, teologi, insegnanti ed altre)  interessate alla problematica.
Il Vescovo stesso, Mons. Staglianò, ideatore della prestigiosa iniziativa, ha così risposto ad una nostra intervista sull’importanza culturale e politica dell’evento.
“Gli sviluppi della tecnologia e la loro applicazione alla vita e, all’esistenza dell’uomo producono sempre nuove sfide per la coscienza della persona: queste sfide reclamano non solo una bioetica adeguata, ma anche una vera e reale organizzazione democratica delle società, nelle quali la democrazia non sia svilita a meccanismo procedurale e sia, invece, strumento per la protezione dell’uomo e condizione socio-politica in cui le persone umane possano progredire nella giustizia e nella pace.
La bioetica va sempre più assumendo una posizione rilevante nell’ambito della discussione teorica oltre che della prassi sociale contemporanea. Non si tratta solo di un dibattito tra esperti. La riflessione degli addetti ai lavori si intreccia con la cronaca quotidiana che propone, a ritmo incalzante, nuove vicende che richiamano l’attenzione pubblica su problemi inediti: problematiche che hanno a che vedere con la vita e la salute del singolo e della collettività, con particolare riferimento al rapporto medico-paziente (la cosiddetta “bioetica quotidiana”). Oggi con lo sviluppo vertiginoso della tecno-scienza in ambito biomedico (ove il polo teorico è inscindibilmente connesso al polo applicativo), tale questione si configura in modo sempre più ambivalente: da un lato, l’uomo è affascinato dai nuovi scenari che si dischiudono con le inedite possibilità di intervento nei confronti della natura; dall’altro lato, è consapevole che gli effetti di taluni interventi possono incidere sulla composizione più intima della realtà, provocando un’alterazione della stessa identità umana individuale e specifica, oltre che una modificazione irreversibile delle altre specie viventi animali e vegetali, con l’eventualità che ciò possa addirittura mettere in pericolo la sopravvivenza dell’umanità (presente e futura), della vita sulla terra e dell’ambiente in generale.”

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Waterfest: un invito alla Missione Francescana del prossimo novembre

Comunità parrocchiali e gruppi giovanili in fermento già da parecchi mesi in preparazione della Missione Francescana che si terrà dal 7 al 21 novembre in città dopo 18 anni di attesa: l’ultima missione francescana si tenne infatti nel lontano 92 e tanti frutti generò in città anche in termini di vocazioni ecclesiali.  Primo importante appuntamento è stato nei giorni scorsi il Waterfest, la festa dell’acqua. Gli oltre 100 “Passalaparola”, i ragazzi delle comunità parrocchiali inseriti nel comitato organizzativo hanno invitato personalmente recapitando l’invito a casa tutti i ragazzi della città che vanno dai 14 ai 35 anni alla festa dell’acqua per un momento di fraternità e riflessione in preparazione della missione. E come se non bastasse hanno girato tutti i pub della città, anche quelli frequentati da ragazzi decisamente ostile ai messaggi cristiani per invitare ragazzi. La festa è riuscita, in tantissimi hanno affollato corso Garibaldi mentre dal gazebo per una sera venivano distribuite bevande non alcoliche. Tutta la festa è stata portata avanti secondo il leit motiv scleto epr la missione “Dammi da bere”. E profonde sono state le testimonianze di Davide Soli  e Francesca. Tra balli di gruppo canti e giochi di animazione a tutti è passato il messaggio di non farsi dissetare da acqua ma attingendo alla fonte della Vita più autentica. A guidare e a dare forza all’esercito dei testimoni della Fede durante la serata fra Vittorio Avveduto, fra Jimmi, tanti frati e suore e i sacerdoti Don Giuseppe Stella e don Davide Baglieri.  “Un momento emozionante” lo hanno definito i più tra gli organizzatori. “Riuscire a farsi testimoni dell’Amore e della Bellezza di Dio per persone tanto lontane dalla Chiesa è stato un compito impegnativo ma entusiasmante che segni ha lasciato anche nelle nostre vite e nel coraggio di vivere e testimoniare il Vangelo” hanno detto molti passalaparola.

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Il Vescovo affida a Maria il cammino di comunione fra parrocchie

«Affido in modo particolare a te, o Maria, che sei Scala al Paradiso dell’amore infinito del nostro Dio, il progetto pastorale di comunione più viva e operante fra tutte le comunità parrocchiali ed ecclesiali, perché risplenda in esse, con la tua materna e potente intercessione, l’amore sempre nuovo e inestimabile di Cristo, che solo può risanare e salvare il mondo di oggi profondamente disorientato, disgregato e imbarbarito. Così, finalmente, potrà sorgere all’orizzonte una nuova era fortemente lievitata dalla “civiltà dell’amore” e Dio, in Cristo, sarà tutto in tutti». È questa la parte nuova e specifica, per quest’anno 2010, dell’affidamento della Chiesa di Noto a Maria, pronunciata dal nostro Vescovo,  mons. Staglianò, la sera dello scorso 31 maggio, subito dopo l’omelia della solenne Eucaristia concelebrata nell’ampia spianata soprastante il Santuario. E tutta l’assemblea orante dei fedeli con gli oltre 100 presbiteri e diaconi, nonché seminaristi e religiose, convenuti da tutti i vicariati della diocesi, assentiva a questo specifico affidamento a Maria, acclamando: “Salve Regina, Madre di Misericordia, vita, dolcezza e speranza nostra, salve! Mostraci il frutto benedetto del tuo seno, Gesù!”. Subito dopo il Vescovo deponeva ai piedi della bellissima statua  di Maria SS.Scala del Paradiso, le otto relazioni sintetiche, stilate dagli otto vicariati, con il coordinamento dei vicari foranei, per avviare un primo e graduale cammino di comunione fra le parrocchie, di cammino pastorale a rete, verso una immagine di Chiesa che rispecchi maggiormente la comunione trinitaria e pasquale, che salva l’umanità di ieri, di oggi, di sempre. Questa comunione fra le parrocchie –aveva sottolineato il Vescovo nell’omelia- è oggi più urgente che mai, per una più viva e concreta fedeltà della nostra Chiesa al progetto che Cristo ha su di lei; questa comunione pastorale in rete –ha aggiunto- richiede però una più alta e convinta “spiritualità evangelica di comunione” (cfr Novo Millennio Ineunte n.43), capace di superare le tentazioni disgregatrici dei nostri egoismi e delle nostre chiusure o antagonismi. Ecco, dunque, il gesto significativo ed ecclesialmente storico posto dal nostro Vescovo, assieme ai componenti rappresentativi dell’intera comunità diocesana, ai piedi di Maria, lo scorso 31 maggio, come già si era espresso a p.22 della terza lettera ai presbiteri “Come le corde alla cetra”. Che Maria SS. Scala del Paradiso e Madre dell’unità, aiuti la comunità diocesana a proseguire, con passo deciso e vigoroso, verso questo alto traguardo della comunione, invocata da Gesù stesso  al Padre la sera prima di morire, “perché il mondo creda” (cfr  Gv 17,21). È un traguardo che mons. Staglianò sta continuando a proporre con tappe successive sempre più concrete e che richiede il coinvolgimento di noi tutti, membri  dell’unica Chiesa di Cristo, guidati da Pietro e dagli Apostoli e dai loro successori.

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Contro la crisi, politiche sociali di qualità

«Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri e soprattutto di coloro che soffrono – ha ricordato il Concilio Vaticano II -, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e non c’è nulla di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» (Gaudium et spes, 1). Sempre, ed ancor più in un tempo di crisi come quello che stiamo attraversando, sono tante le persone che bussano alle nostre porte: cerchiamo nell’immediato di rispondere con i Centri di aiuto e di ascolto, mentre con le opere della carità antiche e nuove abbiamo offerto ed offriamo a tutto il territorio segni concreti che aiutano a capire come si possono sviluppare percorsi di solidarietà e di promozione delle persone e della comunità.  Nell’imminenza dell’avvio dei nuovi Piani socio-sanitari di zona, mi sembra opportuno  ricordare la nostra disponibilità a collaborare in «opere e parole». Quanto alle opere della carità ecclesiale, esse sono nate e vivono grazie a tanta generosità, soprattutto di volontari. Anche per questo mi sembra doveroso che da parte dei Comuni sia prontamente corrisposto quanto spetta ai vari servizi, soprattutto nel caso di inserimenti residenziali e semiresidenziali, nella consapevolezza che le spese sociali devono avere la priorità su tutte le altre. Soprattutto, però, mi pare importante consolidare un lavoro in rete tra servizi socio-sanitari pubblici e privato sociale per accompagnare famiglie e persone in difficoltà in ottica promozionale e non solo assistenziale. Ancor più mi pare indispensabile un disegno complessivo delle politiche sociali – come quello richiesto dalla legge 328/2000 – che animi tutte le altre politiche e che renda le nostre città vere comunità. Da qui l’importanza dei processi partecipativi ed educativi che necessitano anche di un’adeguata riflessione e di una verifica. In quest’orizzonte la Chiesa offre la sua parola che orienta ad una «carità nella verità» perché, come ho avuto modo di ricordare lo scorso settembre presentando l’enciclica di Benedetto XVI, restino sempre centrali in ogni intervento la dignità della persona e il bene comune. Da qui anche il servizio che i nostri organismi pastorali, ad iniziare dalla Caritas diocesana e dall’«Osservatorio diocesano delle risorse e delle povertà», hanno offerto e continueranno ad offrire nel raccordo con reti più ampie, come quella coordinata dall’EcosMed, che si è condensata in dossier regionali e in pubblicazioni diocesane tese a cogliere nelle povertà una sfida a costruire “patti educativi” che affrontino il disagio sociale alla radice. Sono sicuro che – nella collaborazione leale e costruttiva tra pubbliche istituzioni, educatori, volontari, cittadini e Chiesa – potremo, da questo nostro territorio del Mezzogiorno d’Italia, ritrovare la forza per rilanciare una “agenda per la speranza” (tema della prossima “Settimana sociale dei cattolici”) ed uscire dalla crisi rinnovati come persone e come società.
 
+ Antonio, Vescovo

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I giovani delle diocesi di Noto e Ragusa insieme

Lo scorso 4 giugno i giovani della diocesi di Noto hanno incontrato a Ragusa in cattedrale i giovani della diocesi di Ragusa alla presenza dei loro due vescovi, mons. Antonio Staglianò e mons. Paolo Urso.
Significativo ed importante questo evento, che rappresenta l’inizio di una bella amicizia  e collaborazione  tra i due servizi della pastorale giovanile delle due diocesi, nonché di un gemellaggio tra le diocesi e i suoi rispettivi giovani, al di là del limite territoriale.
L’essenza di questo incontro può riassumersi nel voler camminare insieme verso l’unica meta che è Gesù Cristo.
Siamo in cammino, tutti, perché pellegrini in questo mondo, e siamo tali perché “ cercatori di Dio, ma non solo, ma anche cercatori dell’uomo”, così mons. Paolo Urso ci ha accolti nella sua cattedrale di San Giovanni nel cuore di Ragusa, a braccia aperte donandoci il suo affetto di padre e aprendoci le porte della sua diocesi e città e benedicendo il nostro cammino.
Cammino che è stato scandito da 5 tappe di vocazione: il giovane, il diacono futuro sacerdote, la giovane coppia, il missionario, la giovane consacrata.
E così immersi nella notte illuminata dalle lampade della nostra fede siamo giunti alla  cupola con le vetrate blu, il duomo di san Giorgio, nel cuore di Ibla, lì mons Staglianò ha concluso il nostro pellegrinaggio consegnadoci tre parole fondamentali: Adorare, tacere e godere.
E così sì è fatto, abbiamo adorato gesù eucaristia nella chiesetta di san giacomo che si trova nei giardini iblei, abbiamo così taciuto per riempirci di Lui e poi abbiamo goduto della sua presenza.

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Conclusa la 61^ ASSEMBLEA GENERALE DELLA C.E.I.

Si è conclusa venerdì scorso l’assemblea generale della CEI ( Conferenza Episcopale italiana) che si era aperta lunedì 24 maggio con una manifestazione di affetto e di comunione dei Vescovi nei confronti del Papa per il ruolo “ costantemente propulsivo e intransigente contro ogni sporcizia” da lui svolto. Riferendosi, poi, al momento di « pesante difficoltà economica» che attraversa l’Italia,il Card. Bagnasco,ha puntato l’attenzione su due realtà, la famiglia e il lavoro, considerate «strutturalmente strategiche». Riguardo la famiglia, il Presidente della CEI ha notato che l’Italia «sta andando verso un lento suicidio demografico» e che, pertanto  «urge una politica orientata ai figli, che voglia da subito farsi carico di un equilibrato ricambio generazionale». Per questo il presidente della Cei ha auspicato che «si pongano in essere iniziative urgenti e incisive», tra le quali «il quoziente familiare” . Quanto al lavoro, rilevati i deludenti effetti prodotti dalle iniziative del governo , il Presidente dei Vescovi ha auspicato che si proceda “ senza ulteriori indugi, a riforme atte a produrre crescita, mettere in campo risorse per finanziare gli investimenti, potenziare le piccole e medie industrie, qualificare il settore della ricerca e quello turistico, potenziare l’agricoltura e l’artigianato, sveltire la distribuzione, facilitare il mondo cooperativistico». Ricordando, inoltre, il 150^ dell’unità d’Italia, Bagnasco ha ribadito che questa unità «resta una conquista e un ancoraggio irrinunciabili: ogni auspicabile riforma condivisa, a partire da quella federalista, per essere un approdo giovevole, dovrà storicizzare il vincolo unitario e coerentemente farlo evolvere per il meglio di tutti».  Affrontando, infine, il tema della sfida educativa, il Cardinale ha sottolineato che «La Chiesa italiana intende continuare a interpretare la propria missione senza complessi e senza menomazioni». Anche perché il futuro dipende anche dalla capacità di educare.
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Tre lettere di comunione presbiterale e Comunità di Parrocchie

Come le corde alla cetra. “Ciascuno di voi si studi di far coro” è il bel titolo della terza lettera ai presbìteri del vescovo di Noto, Antonio Staglianò, nell’Anno Sacerdotale. Un testo nato per condividere con i sacerdoti diocesani l’impegno di tutta la Chiesa locale a «pensare e immaginare forme concrete attraverso le quali vivere la comunione, per essere più credibili nella testimonianza e nella predicazione del Vangelo, più nelle opere di carità». La terza tappa di un percorso iniziato da monsignor Staglianò con il presbiterio diocesano nel giugno del 2009 con la consegna della prima lettera dal titolo Il bel pastore offre la vita. Preti innamorati di Dio al servizio della bellezza dell’umano, e continuato, nel gennaio del 2010, con la seconda lettera “Se avrete amore sapranno. La comunione soltanto ci rende cristianamente credibili”. Come spiega il presule netino anche in questo terzo scritto, infatti, «la comunione del presbiterio attorno al vescovo è elemento essenziale per l’attestazione della sinfonia dell’amore trinitario di Dio che deve essere dispiegata, proferita, dimostrata, narrata». Tanto più oggi, in un mondo dominato da individualismi e conflittualità, dentro una diffusa mentalità consumistica e mercantile nella quale le persone sono ridotte a bocche per mangiare o a tasche per spendere, e dove la seduzione ha preso il posto dell’educazione. «La comunione nella Chiesa è un prendersi carico, un aver cura», sottolinea Staglianò, che al riguardo non manca di dare indicazioni puntuali su alcune possibili iniziative pastorali capaci di valorizzare la comunione e la sinergia, in sintonia con il mandato del Sinodo diocesano. Proprio facendo memoria del Sinodo, il vescovo di Noto rilancia ancora una volta la figura pastorale della «comunità di parrocchie», ovvero più parrocchie che lavorino in rete come fossero una sola comunità, risposta concreta e indispensabile per la vitalità cristiana della Chiesa netina che si confronta con le sfide educative e culturali di un tempo che ha nella complessità
la sua cifra essenziale. Un richiamo alla missionarietà delle parrocchie, ad allargare sempre gli orizzonti – presbiteri di Noto e di Butembo Beni –, alla compassione misericordiosa, a integrare pastoralmente gli sforzi, a vivere la comunione per suscitare vocazioni. È «la forma concreta del vivere in comunione che vince gli individualismi e gli isolamenti –conclude Staglianò –, che diventa anche testimonianza capace di suscitare vocazioni. Se i giovani vedono sacerdoti isolati e tristi, non si sentono incoraggiati a seguirne l’esempio».

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Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale

Il tema della 44a  Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali – scrive il Papa nel suo Messaggio – “Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola” -, si inserisce felicemente nel cammino dell’Anno sacerdotale, e pone in primo piano la riflessione su un ambito pastorale vasto e delicato come quello della comunicazione e del mondo digitale, nel quale vengono offerte al Sacerdote nuove possibilità di esercitare il proprio servizio alla Parola e della Parola. I moderni mezzi di comunicazione sono entrati da tempo a far parte degli strumenti ordinari, attraverso i quali le comunità ecclesiali si esprimono, entrando in contatto con il proprio territorio ed instaurando, molto spesso, forme di dialogo a più vasto raggio, ma la loro recente e pervasiva diffusione e il loro notevole influsso ne rendono sempre più importante ed utile l’uso nel ministero sacerdotale.
 Compito primario del Sacerdote è quello di annunciare Cristo, la Parola di Dio fatta carne, e comunicare la multiforme grazia divina apportatrice di salvezza mediante i Sacramenti. Convocata dalla Parola, la Chiesa si pone come segno e strumento della comunione che Dio realizza con l’uomo e che ogni Sacerdote è chiamato a edificare in Lui e con Lui. Sta qui l’altissima dignità e bellezza della missione sacerdotale, in cui viene ad attuarsi in maniera privilegiata quanto afferma l’apostolo Paolo: “Dice infatti la Scrittura: Chiunque crede in lui non sarà deluso … Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati?” (Rm 10,11.13-15).
 Per dare risposte adeguate a queste domande all’interno dei grandi cambiamenti culturali, particolarmente avvertiti nel mondo giovanile, le vie di comunicazione aperte dalle conquiste tecnologiche sono ormai uno strumento indispensabile. Infatti, il mondo digitale, ponendo a disposizione mezzi che consentono una capacità di espressione pressoché illimitata, apre notevoli prospettive ed attualizzazioni all’esortazione paolina: “Guai a me se non annuncio il Vangelo!” (1 Cor 9,16). Con la loro diffusione, pertanto, la responsabilità dell’annuncio non solo aumenta, ma si fa più impellente e reclama un impegno più motivato ed efficace. Al riguardo, il Sacerdote viene a trovarsi come all’inizio di una “storia nuova”, perché, quanto più le moderne tecnologie creeranno relazioni sempre più intense e il mondo digitale amplierà i suoi confini, tanto più egli sarà chiamato a occuparsene pastoralmente, moltiplicando il proprio impegno, per porre i media al servizio della Parola.
 Tuttavia, la diffusa multimedialità e la variegata “tastiera di funzioni” della medesima comunicazione possono comportare il rischio di un’utilizzazione dettata principalmente dalla mera esigenza di rendersi presente, e di considerare erroneamente il web solo come uno spazio da occupare. Ai Presbiteri, invece, è richiesta la capacità di essere presenti nel mondo digitale nella costante fedeltà al messaggio evangelico, per esercitare il proprio ruolo di animatori di comunità che si esprimono ormai, sempre più spesso, attraverso le tante “voci” scaturite dal mondo digitale, ed annunciare il Vangelo avvalendosi, accanto agli strumenti tradizionali, dell’apporto di quella nuova generazione di audiovisivi (foto, video, animazioni, blog, siti web), che rappresentano inedite occasioni di dialogo e utili mezzi anche per l’evangelizzazione e la catechesi.
 Attraverso i moderni mezzi di comunicazione, il Sacerdote potrà far conoscere la vita della Chiesa e aiutare gli uomini di oggi a scoprire il volto di Cristo, coniugando l’uso opportuno e competente di tali strumenti, acquisito anche nel periodo di formazione, con una solida preparazione teologica e una spiccata spiritualità sacerdotale, alimentata dal continuo colloquio con il Signore. Più che la mano dell’operatore dei media, il Presbitero nell’impatto con il mondo digitale deve far trasparire il suo cuore di consacrato, per dare un’anima non solo al proprio impegno pastorale, ma anche all’ininterrotto flusso comunicativo della “rete”.
 Anche nel mondo digitale deve emergere che l’attenzione amorevole di Dio in Cristo per noi non è una cosa del passato e neppure una teoria erudita, ma una realtà del tutto concreta e attuale. La pastorale nel mondo digitale, infatti, deve poter mostrare agli uomini del nostro tempo, e all’umanità smarrita di oggi, che “Dio è vicino; che in Cristo tutti ci apparteniamo a vicenda” (Benedetto XVI, Discorso alla Curia romana per la presentazione degli auguri natalizi: L’Osservatore Romano, 21-22 dicembre 2009, p. 6).
 Chi meglio di un uomo di Dio può sviluppare e mettere in pratica, attraverso le proprie competenze nell’ambito dei nuovi mezzi digitali, una pastorale che renda vivo e attuale Dio nella realtà di oggi e presenti la sapienza religiosa del passato come ricchezza cui attingere per vivere degnamente l’oggi e costruire adeguatamente il futuro? Compito di chi, da consacrato, opera nei media è quello di spianare la strada a nuovi incontri, assicurando sempre la qualità del contatto umano e l’attenzione alle persone e ai loro veri bisogni spirituali; offrendo agli uomini che vivono questo nostro tempo “digitale” i segni necessari per riconoscere il Signore; donando l’opportunità di educarsi all’attesa e alla speranza e di accostarsi alla Parola di Dio, che salva e favorisce lo sviluppo umano integrale. Questa potrà così prendere il largo tra gli innumerevoli crocevia creati dal fitto intreccio delle autostrade che solcano il cyberspazio e affermare il diritto di cittadinanza di Dio in ogni epoca, affinché, attraverso le nuove forme di comunicazione, Egli possa avanzare lungo le vie delle città e fermarsi davanti alle soglie delle case e dei cuori per dire ancora: “Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20).
 Nel Messaggio dello scorso anno ho incoraggiato i responsabili dei processi comunicativi a promuovere una cultura di rispetto per la dignità e il valore della persona umana. È questa una delle strade nelle quali la Chiesa è chiamata ad esercitare una “diaconia della cultura” nell’odierno “continente digitale”. Con il Vangelo nelle mani e nel cuore, occorre ribadire che è tempo anche di continuare a preparare cammini che conducono alla Parola di Dio, senza trascurare di dedicare un’attenzione particolare a chi si trova nella condizione di ricerca, anzi procurando di tenerla desta come primo passo dell’evangelizzazione. Una pastorale nel mondo digitale, infatti, è chiamata a tener conto anche di quanti non credono, sono sfiduciati ed hanno nel cuore desideri di assoluto e di verità non caduche, dal momento che i nuovi mezzi consentono di entrare in contatto con credenti di ogni religione, con non credenti e persone di ogni cultura. Come il profeta Isaia arrivò a immaginare una casa di preghiera per tutti i popoli (cfr Is 56,7), è forse possibile ipotizzare che il web possa fare spazio – come il “cortile dei gentili” del Tempio di Gerusalemme – anche a coloro per i quali Dio è ancora uno sconosciuto?
 Lo sviluppo delle nuove tecnologie e, nella sua dimensione complessiva, tutto il mondo digitale rappresentano una grande risorsa per l’umanità nel suo insieme e per l’uomo nella singolarità del suo essere e uno stimolo per il confronto e il dialogo. Ma essi si pongono, altresì, come una grande opportunità per i credenti. Nessuna strada, infatti, può e deve essere preclusa a chi, nel nome del Cristo risorto, si impegna a farsi sempre più prossimo all’uomo. I nuovi media, pertanto, offrono innanzitutto ai Presbiteri prospettive sempre nuove e pastoralmente sconfinate, che li sollecitano a valorizzare la dimensione universale della Chiesa, per una comunione vasta e concreta; ad essere testimoni, nel mondo d’oggi, della vita sempre nuova, generata dall’ascolto del Vangelo di Gesù, il Figlio eterno venuto fra noi per salvarci. Non bisogna dimenticare, però, che la fecondità del ministero sacerdotale deriva innanzitutto dal Cristo incontrato e ascoltato nella preghiera; annunciato con la predicazione e la testimonianza della vita; conosciuto, amato e celebrato nei Sacramenti, soprattutto della Santissima Eucaristia e della Riconciliazione.
 A voi, carissimi Sacerdoti, rinnovo l’invito a cogliere con saggezza le singolari opportunità offerte dalla moderna comunicazione. Il Signore vi renda annunciatori appassionati della buona novella anche nella nuova “agorà” posta in essere dagli attuali mezzi di comunicazione.
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Pubblicato il primo quaderno dell’Osservatorio della Caritas Diocesana

Con i ‘quaderni dell’Osservatorio’ – pubblicati dalla Casa editrice “Il Pozzo di Giacobbe” – la nostra Caritas diocesana di Noto vuole offrire ogni anno alcuni dati rilevati attraverso l’indagine sociale su singoli aspetti del vivere comune, accompagnandoli con  elementi di riflessione raccolti nel cammino della Chiesa di Noto e della comunità civile di questo lembo della Sicilia che si affaccia nel Mar Mediterraneo. Che spinge – secondo un pensiero caro a Giorgio La Pira – all’incontro del ‘concetto’ e del ‘diritto’, propri della nostra tradizione occidentale, con il primato della ‘relazione’, che resta vivo lungo le sponde e nei paesi dell’Africa ma anche in tutti i Sud del mondo. Sempre tutto autenticando con il ‘cuore puro’, generato dall’accoglienza del Vangelo. Cuore libero e trasparente,  grazie al quale è possibile «vedere Dio» e sperimentare una beatitudine che tutti abbraccia con quella predilezione – propria del Dio rivelatoci da Gesù – per i piccoli, i poveri, i maltrattati.

In questo primo quaderno dell’Osservatorio, che si intitola “Ai piedi della loro crescita”, si parte dai più piccoli, dai bambini, ma anche dai giovani. Che vengono guardati, “osservati”, cercando anzitutto di cogliere cosa il nostro territorio offre per loro, analizzando i servizi socio-educativi nel territorio della diocesi, corrispondente a due distretti che sono omogenei anche nella suddivisione dei Piani socio-sanitari di zona, con Noto e Modica come Comuni capofila. Il primo capitolo riguarda un progetto di ricerca coordinato da Salvatore Rizzo, dell’Ecos-Med di Messina: se ne delineando passaggi significativi ed alcune conclusioni che si possono condensare nell’esigenza di costruire ‘patti educativi’. Se i dati sono relativi a uno spazio e a un tempo precisi, il metodo, le intuizioni, i possibili sviluppi vanno oltre e diventano esemplari. I capitoli successivi possono essere intesi come materiali utili per quest’impegno a costruire ‘patti educativi’. Il secondo capitolo curato da Gaetano Giunta, in particolare, traccia un orizzonte di impegno sociale e politico teso a promuovere comunità liberanti, a creare infrastrutturazione sociale, a tentare vie nuove di riscatto. Nel terzo capitolo, scritto da Giovanni Salonia, si analizzano le relazioni educative nelle città, oggi diventate ‘plurali’, con densi ed intriganti interrogativi e provocazioni. Nel quarto e nel quinto capitolo, in cui si ospitano contributi di Marcella Fragapane, ritroviamo l’appassionata spinta a nutrire e ad accompagnare, con intelligenza e amore intessuti di bellezza, i bambini e gli adolescenti perché non si spengano e non si atrofizzino il loro cuore e la loro mente. Il sesto capitolo, curato dalla nostra Caritas, ricorda come il Vangelo contiene il desiderio stesso di Dio che tutti abbiano una vita piena e traccia alcuni elementi perché tutto questo si traduca in corale ricerca e in servizio educativo e pastorale. Il “quaderno” viene consegnato ai lettori, alla comunità diocesana, al territorio tutto, con l’augurio che sempre più l’attenzione alle nuove generazioni diventi impegno a mettersi «ai piedi della loro crescita». Per diventare «uomini diversi da come siamo stati» (Mario Luzi). Sperando in questo modo – come sottolinea il nostro Vescovo Mons. Staglianò nella prefazione – di contrastare lo smarrimento odierno e di contribuire alla riflessione sulla sfida educativa che nel decennio 2010-2020 impegnerà le Chiese che sono in Italia.
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