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La diocesi di Butembo-Beni

La diocesi di Butembo-Beni si trova nel Nord della Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire), nella regione del Kivu. Confina a Nord con la diocesi di Bunia e di Wamba; a Sud con la diocesi di Goma; a Est con l’Uganda e a Ovest con la diocesi di Kisangani. La prima evangelizzazione è avvenuta per opera dei Sacerdoti del Sacro Cuore che si trovavano a Stanleyville (Kisangani) e che vennero a Beni nel 1906. Nel 1929 i Sacerdoti del Sacro Cuore furono sostituiti dai Padri Agostiniani della Assunzione. Il 9 aprile del 1934 fu emessa la Bolla della Missione “Sui Juris” di Beni. Questa parte di territorio si separò dal Vicariato Apostolico di Stanley-Falls (Kisangani) e furono fissati i limiti di questa missione. Qualche anno dopo, con il decreto 890/38 la Missione “Sui juris” divenne Vicariato Apostolico di Beni. Nel 1959 tutti i vicariati apostolici del Congo Belga divennero diocesi. Con il decreto della S. Congregazione di Propaganda Fide n° 737/67 del 7 febbraio 1967 la sede episcopale si trasferì da Beni a Butembo e la diocesi si chiamò di Butembo-Beni. Il territorio diocesano si estende sull’equatore, su un altopiano a circa duemila metri sul livello del mare, per una superficie di 45mila chilometri quadrati e ad oggi conta 36 parrocchie. Altre otto nuove parrocchie saranno istituite a breve, sei entro la fine del 2008.

 

Microrealizzazioni sociali

Tra i frutti di questi venti anni di gemellaggio ci sono molte opere materiali nel territorio delle parrocchie gemellate e a Butembo. Soprattutto si tratta di scuole, ospedali per l’infanzia e iniziative di adozioni a distanza, segno di una attenzione particolare della Chiesa di Noto e di quella di Butembo-Beni nei confronti dei bambini e della tutela dei loro diritti.


Una classe di bambini in una scuola di Magheria. Fuori dalle finestre altri bambini che non frequentanoLA SCUOLA. Secondo i dati dell’ispettorato per l’istruzione del governo di Kinshasa, confermati da padre Omero responsabile delle scuole della parrocchia di Butembo, nel nord Kivu, come nel resto della Repubblica democratica del Congo, solo il 50 per cento della popolazione infantile va a scuola. La retta è di circa 18 dollari l’anno per la scuola primaria e 28 per quella secondaria. Una spesa eccessiva per molte famiglie che devono scegliere di mandare a scuola solo uno dei figli, o per quelle che devono rinunciarvi del tutto. Per questo motivo, nell’ambito del gemellaggio diocesano, si è incoraggiata l’iniziativa dell’adozione a distanza delle classi, e ad oggi su 280 classi che rischiavano di essere soppresse se ne sono state adottate 170. La spesa è di 21 euro per sostenere il lavoro di un’insegnante per un mese, o di 250 euro per adottare una classe per tutto l’anno.


La responsabile del Centro nutrizionale “G. Cerruto” illustra i segni della malnutrizione sul corpo di un bimbo di cinque anniLA SANITA’. Molte microrealizzazioni sono sale per la maternità, case del fanciullo e ospedali per la più basilare assistenza sanitaria. Strutture costruite in quasi tutte le parrocchie gemellate grazie al sostegno delle comunità parrocchiali della diocesi di Noto. Considerato che la principale piaga sanitaria del Paese riguarda la malnutrizione, nel 2001 è stato costruito a Butembo un Centro nutrizionale che funge da progetto pilota e funziona in collaborazione con l’Università Cattolica del Graben. Intitolato a “Giorgio Cerruto”, giovane agronomo di Modica scomparso prematuramente, il Centro è stato inaugurato nel gennaio del 2003 e da allora sono migliaia i bambini salvati. Oltre alla cura dei bambini, durante i tre mesi della loro degenza, il Centro nutrizionale si occupa della formazione delle mamme ad una corretta educazione alimentare. In particolare, le mamme vengono dotate di una zappa e vengono organizzati corsi per insegnare loro la coltivazione dei frutti della terra. Accanto al Centro nutrizionale, nel 2006, sempre l’Associazione onlus “Giorgio Cerruto” che ha costruito il Centro nutrizionale, ha inaugurato una Clinica pediatrica per quei bambini che oltre alla malnutrizione presentano patologie che necessitano di cure specifiche, soprattutto malaria, verminosi, diarrea, morbillo, polmonite, tubercolosi, hiv e varie forme di micosi agli arti inferiori. Nel 2006, inoltre, è stata posta a Butembo la prima pietra per la costruzione di una Clinica ginecologia che funzionerà, anche questa, in collegamento con la facoltà di Medicina dell’Università Cattolica del Graben. La clinica è intitolata a Grazia Minicuccio, giovane di Modica scomparsa prematuramente.


 

Otto punti fondamentali per lo sviluppo del gemellaggio e Nuovo Protocollo

 La Diocesi di Noto (Italia) e la Diocesi di Butembo-Beni (R.D.Congo) hanno da anni realizzato un gemellaggio che nel tempo ha dimostrato segni di fecondità nell’arricchimento reciproco, nello sviluppo di esperienze di cooperazione, di integrazione, di dialogo, di interscambio culturale e spirituale. Considerata la bontà di questa iniziativa ed attese le incessanti trasformazioni culturali delle società globalizzate, le due Diocesi gemelle intendono ripensare e rilanciare il gemellaggio.

Premesso che:

– “Lo sviluppo dei popoli, in modo particolare di quelli che lottano per liberarsi dal giogo della fame, della miseria, delle malattie endemiche, dell’ignoranza; che cercano una partecipazione più larga ai frutti della civiltà, una più attiva valorizzazione delle loro qualità umane; che si muovono con decisione verso la meta di un loro pieno rigoglio, è oggetto di attenta osservazione da parte della chiesa” (Paolo VI, – Populorum Progressio) 
– La cooperazione missionaria tra le chiese, promossa e incoraggiata dal Concilio Vaticano II,
trova alimento e sostegno nella Dottrina Sociale della Chiesa e nel magistero di Benedetto XVI,
nell’Enciclica – Caritas in Veritate.
– restano confermati, benché bisognosi di approfondimento e di ulteriori precisazioni, gli “otto punti per lo sviluppo del Gemellaggio” qui riportati e contenuti nel precedente protocollo firmato il 13 gennaio 1988, dall’allora Vescovo di Noto S.E. Mons. Salvatore Nicolosi e il Vescovo di Butembo-Beni S.E. Mons. Emanuele Kataliko. Rilanciati dai loro successori S.E. Mons. Giuseppe Malandrino, S.E. Mons. Mariano Crociata e S.E. Mons. Melchisedeck Sikuli.

1. Rapporto spirituale
Un intenso rapporto spirituale attraverso anzitutto la preghiera vicendevole, nella profonda convinzione che fonte sicura di ogni opera di bene è Dio nostro Padre, in Cristo Signore e nel suo Spirito.

2. Conoscenza reciproca
Sviluppo di iniziative che permettono alle due Chiese gemellate di conoscersi a vicenda, di conoscere cioè sempre meglio l’una la situazione pastorale e sociale dall’altra, nonché le aspirazioni e i problemi vicendevoli.

3. Scambio di presenze
Incremento dello scambio di presenza di persone dell’una e dell’altra Chiesa, allo scopo di favorire maggiormente la conoscenza, l’aiuto e l’arricchimento reciproci.

4. Scambio di persone
Offerta di ospitalità a qualche alunno del seminario maggiore della Diocesi di Butembo-Beni presso il Seminario teologico di Noto e scambio temporaneo di presbiteri e di operatori pastorali laici tra le due Diocesi gemellate.

5. Scambi di specialisti
Scambio periodico fra le due Chiese di specialisti in discipline teologiche, pastorali, e sociali,allo scopo di tenere corsi di aggiornamento nelle rispettive Chiese gemellate.

6. Gemellaggio fra le parrocchie
Sviluppo del gemellaggio articolato fra parrocchie delle due diocesi, sotto il discernimento dei due Vescovi, di cui esiste già qualche esempio.

7. Microrealizzazioni sociali
Incremento di microrealizzazioni sociali  da parte della Chiesa di Noto nella Chiesa di Butembo-Beni, tenendo conto delle più urgenti priorità di quest’ultima.

8. Doppio comitato diocesano
Creazioni di un comitato o gruppo ristretto, composto da elementi dei rispettivi Consigli presbiterali e pastorali delle Due Diocesi che, in piena collaborazione con i due Vescovi e in profondo collegamento con le rispettive basi ecclesiali stimoli, coordini, e concretizzi sempre meglio il gemellaggio fra le due Diocesi, alla luce dei punti sopra esposti.
Tutto ciò premesso e considerato:
la Diocesi di Noto, nella persona di S.E. Mons. Antonio Staglianò e la Diocesi di Butembo-Beni nella persona di S.E. Mons. Melchisedeck Sikuli, manifestano la volontà di rinnovare il gemellaggio stabilendo nuove condizioni per una più precisa e reciproca assunzione di responsabilità, per la determinazione di più ampie modalità di mutua collaborazione.
Con il presente protocollo di cooperazione si intende:
– confermare gli 8 punti per lo sviluppo del gemellaggio concordati nel 1988 – in tutti gli aspetti che hanno attualità – e riportati integralmente nel presente protocollo;
– integrare il primo protocollo con le seguenti nuove proposte per una sua più ampia articolazione, organizzazione e sviluppo, attraverso le seguenti azioni:

1. Promozione del volontariato internazionale come risorsa specifica per lo sviluppo umano, nella società civile e nella comunità ecclesiale, italiana ed internazionale;

2. Promozione della concertazione tra gli Enti ed Organismi locali, nazionali ed internazionali stimolando azioni comuni tra i suoi membri e con altre organizzazioni che perseguono gli stessi obiettivi in un’ottica di cooperazione decentrata;

3. Raccolta fondi per il perseguimento degli obiettivi del presente protocollo, attraverso campagne istituzionali o specifiche che possano prevedere anche manifestazioni, spettacoli, vendite e iniziative varie;

4. Promozione e realizzazione di programmi e progetti di sviluppo tesi al miglioramento delle condizioni materiali e spirituali della popolazione delle due Diocesi gemelle;

5. Promozione di microimprese ed altre realtà imprenditoriali legate al territorio attraverso l’attuazione di attività finanziarie, etiche e di iniziative di microcredito;

6. Realizzazione di una struttura organizzativa idonea al perseguimento degli obiettivi del gemellaggio, attraverso la creazione di una O.N.G e l’istituzione di una segreteria operativa per singola Diocesi, con il ruolo di:
a. coordinamento, sviluppo, monitoraggio e controllo di tutte le iniziative progettuali;
b. attività di comunicazione e promozione delle iniziative del gemellaggio;
c. attività di educazione e sensibilizzazione sui temi della cooperazione internazionale e delle attività del gemellaggio all’interno dei territori delle Diocesi gemelle, con particolare attenzione ai giovani;
d. miglioramento delle sinergie;
e. realizzazione, implementazione ed organizzazione di un archivio, “memoria storica” delle attività, attuate, in itinere e di prossima realizzazione.

7. Realizzazione di progetti di carattere formativo, formativo-produttivi e formativoimprenditoriali nei seguenti ambiti:
a. Alfabetizzazione di base, educazione degli adulti, formazione dei formatori;
b. Formazione universitaria;
c. Formazione di quadri;
d. Sostegno alle associazioni locali per l’acquisizione di competenze gestionali.
e. Promozione delle minoranze etniche;
f. Formazione scolastica (qualificazione e aggiornamento degli insegnanti a tutti
i livelli);
g. Formazione professionale specifica in campo sanitario, agricolo-ambientale, economico, cooperativo e delle comunicazioni sociali;
h. Formazione e promozione della donna;
i. Sviluppo dell’artigianato locale;
j. Sistemi di risparmio e credito;
k. Attività cooperative;

8. Strutturazione, organizzazione e gestione di singoli accordi di programma e convenzioni su ogni singolo punto oggetto del presente protocollo d’intesa.
Sede di Bingo (R.D.Congo) lì, 16 gennaio 2010, Letto, sottoscritto e confermato S.E. Mons. Antonio Staglianò S.E. Mons. Melchisedeck Sikuli

 

Testo integrale del gemellaggio sottoscritto il 21 aprile del 1988 dai vescovi Nicolosi e Kataliko

«La Chiesa di Dio che è in Noto, in occasione della Celebrazione del 25° anniversario di ordinazione episcopale del  Suo Vescovo, Mons. Salvatore Nicolosi, prende più coscienza di quanto afferma il Concilio Ecumenico Vaticano II° nel Decreto sulla attività missionaria della Chiesa “Ad Gentes”:
 
1) “Tutti i fedeli, come membra del Cristo vivente, a cui sono stati incorporati ed assimilati mediante il Battesimo, la Cresima e l’Eucaristia, hanno lo stretto obbligo di cooperare all’espansione e alla dilatazione del Suo Corpo, sì da portarlo il più presto possibile alla sua pienezza” (AG 36).
 
2) “La grazia del rinnovamento nelle comunità non può avere sviluppo alcuno, se ciascuna di esse non allarga la vasta trama della sua carità sino ai confini della Terra, dimostrando per quelli che sono lontano la stessa sollecitudine che ha per quelli che sono i suoi propri membri” (AG 37).
 
3) “Sarà quindi utilissimo mantenere i contatti, senza tuttavia trascurare l’opera missionaria generale, … con una diocesi di missione, perché divenga visibile l’unione intima tra le comunità con il vantaggio di una reciproca edificazione” (AG 37). – Spinta da queste sollecitazioni, la Chiesa di Noto ha chiesto alla Chiesa di Butembo-Beni di costituire un gemellaggio pastorale.
 
Pertanto alla luce e in attuazione di questi principi del Concilio Ecumenico vaticano II°, la Chiesa di Dio che è in Noto e la Chiesa di Dio che è in Butembo-Beni (Zaire), rappresentata dal suo Vescovo Mons. Emanuele Kataliko, oggi, Giovedì ventuno aprile millenovecentoottantotto, nella Cattedrale di Noto, a conclusione della Solenne Liturgia celebrativa del 25° Anniversario di Ordinazione Episcopale di Mons. Salvatore Nicolosi, Vescovo di Noto, costituiscono tra di loro un gemellaggio pastorale, ai fini di uno scambio e una condivisione di beni, di persone e di esperienze per la espansione e maturazione spirituale del Corpo Mistico di Cristo.
 
A suggello di quanto sopra concordato e come primizia di una fattiva condivisione, S. E. Mons. Salvatore Nicolosi, Vescovo di Noto, offre a S. E. Mons. Emanuele Kataliko, Vescovo di Butembo-Beni, l’importo di tutte le offerte ricevute in dono dai fedeli della propria diocesi, in occasione della ricorrenza giubilare del 25° anniversario della sua Ordinazione episcopale, in ragione di 70.000.000 (settantamilioni), perché siano impiegate nella costruzione di due turbine generatrici di energia elettrica in favore dei fratelli dei quindici villaggi della Parrocchia di Lukanga nella sua diocesi di Butembo-Beni».  
 
Come emerge già dall’atto costitutivo l’apertura missionaria-comunionale con la Chiesa locale africana non si riduceva alla microrealizzazione: questa era solo un segno inserito in un cammino da maturare gradualmente. Così, infatti, si precisava: «Il collegamento caritativo e missionario-comunionale della Chiesa locale di Noto con questa Chiesa locale africana, voluto dal nostro vescovo in occasione della sua ricorrenza giubilare, non si ferma alla microrealizzazione-regalo. C’è qualcosa di più ampio e profondo che  inciderà certamente a far fare uno scatto di qualità alla nostra Chiesa verso gli orizzonti di universalità e mondialità missionaria».

Le radici missionarie della Chiesa di Noto

Prima del Concilio Vaticano II la Chiesa di Noto aveva aderito con entusiasmo alle iniziative missionarie come le giornate missionarie mondiali, la giornata per i lebbrosi, le iscrizioni alle Pontificie Opere Missionarie (i sacerdoti specialmente alla Pontificia Unione Missionaria del Clero) ed ancora le adozioni, i battesimi, le Borse missionarie e gli abbonamenti alle varie riviste missionarie. In diocesi c’era anche l’Ufficio Missionario Diocesano presso la Curia Vescovile. Poi, nei primi anni dopo il Concilio nacquero iniziative parrocchiali di preghiera per le missioni, gruppi giovanili missionari, pesche di beneficenza, mostre missionarie ed ancora raccolte di soldi, di indumenti e arredi sacri per le missioni. Si iniziò a partecipare ai convegni missionari a livello nazionale. In un articolo sul settimanale della diocesi (“Primi echi della Giornata missionaria Mondiale”, in  Vita diocesana 44-1966-2) così si legge: «Non ci sia mese senza aver fatto qualcosa per le missioni, senza qualche mia preghiera od offerta per coloro che lavorano sugli spalti avanzati del Regno di Dio». Nell’Ottobre del 1968 si organizzarono a Noto le Giornate diocesane missionarie nella chiesa del Collegio: la prima per i sacerdoti, la seconda per le suore e la terza, coincidente con la Giornata Missionaria Mondiale, per le associazioni e per i fedeli laici. Il papa Paolo VI per l’occasione inviò questo telegramma: «Augusto Pontefice formulando voti affinché Giornate missionarie diocesane siano provvida occasione affermazione et incremento ideale missionario imparte di cuore ven. clero partecipanti tutti implorata apostolica benedizione. (Card. Cicognani)». 

Negli anni Settanta l’impegno missionario in diocesi ebbe un grosso calo. Nonostante la crisi delle iniziative missionarie e l’insufficiente contributo nei confronti delle PP. OO. MM., in questi anni tuttavia la Chiesa di Noto iniziò a maturare la coscienza di essere missionaria in prima persona. Si incrementarono quindi i rapporti con i missionari originari della diocesi di Noto. Venne più volte a Noto monsignor Giorgio Scarso, di origine modicana, vescovo della Chiesa di Pathos de Minas in Brasile. Le visite dei missionari furono benefiche. Dopo una breve permanenza a Pozzallo di monsignor Scarso, così scrissero i componenti del gruppo missionario di una parrocchia: «Ci siamo accorti che anche noi abbiamo bisogno delle missioni. Infatti le notizie di bene, di fervore catechistico, ministeriale, caritativo ci hanno elevato ed infervorato ancora di più e la nostra cooperazione deve essere vista come una contestazione al nostro modo di vivere cristiano e come uno stimolo ad entrare in comunione con le Chiese di altri popoli».

Negli anni Ottanta ci fu un risveglio missionario in diocesi specialmente per la creazione del “mese missionario” in Africa, iniziativa proposta e guidata da don Salvatore Giordanella, allora parroco a Pachino. Don Salvatore denunciò un certo raffreddamento dello spirito missionario in diocesi e cercò di far prendere coscienza alla comunità che anche la chiesa di Noto è chiamata ad essere missionaria, è chiamata alla condivisione di ciò che possiede di più importante: il Signore Gesù Cristo. La missione, diceva, non è più un compito da delegare ad altri ma è un diritto-dovere della stessa Chiesa di Noto. «La Chiesa locale – sottolineò dalle colonne di Vita diocesana – è soggetto di missione, non riceve un compito, non fa opere di missione, non dà qualcosa per la missione, è vera Chiesa di Cristo se vive la missione. La nostra diocesi ha vissuto l’ottobre missionario 1980 con un pullulare di iniziative. Si parla bene, ci si entusiasma, si scrive benissimo sul dramma delle missioni, ma non si è coinvolti in prima persona per l’annuncio di Cristo ai popoli, e questo non è condivisione. La nostra Chiesa locale prega per le vocazioni missionarie, ma non manda nessuno. Il nostro seminario non ha maturato nessuna vocazione missionaria. Si, siamo contenti che abbiamo alcuni religiosi e religiose missionarie di origine della nostra diocesi, ma non sono figli maturati dalla Chiesa di Noto, e questo non è condivisione piena». Don Salvatore annunciò che un gruppo di cinque persone sarebbero partito nel mese di agosto per un viaggio organizzato da “Africa oggi” di Milano, ma non a titolo personale. Piuttosto in nome della comunità diocesana. Il gruppo rappresentava la Chiesa di Noto che gettava un ponte di amicizia e di solidarietà ad un’altra Chiesa giovane, quella di Iringa in Tanzania. L’allora vescovo di Noto, monsignor Salvatore Nicolosi approvò l’iniziativa. Il gruppo si recò in un villaggio dove erano presenti due sacerdoti di Agrigento. Al ritorno tutti erano entusiasti e rinnovati nella mentalità. Dissero: «Eravamo andati a dare, siamo tornati pieni perché abbiamo ricevuto». Nel 1982 partì per un mese per la diocesi di Butembo-Beni in qualità di fisioterapista Ausilia Garofalo, giovane della comunità di san Pietro in Modica, accolta da Concetta Petriliggieri, ginecologa, anche lei modicana, da tempo in missione in quell’angolo dell’equatore. Nel 1984 altri due giovani della comunità parrocchiale di san Pietro in Modica si recarono nella diocesi di Butembo-Beni, avendo come punto di riferimento Lukanga. Nello stesso anno l’esperienza si ripeté ancora nella Repubblica Democratica del Congo, ma nella diocesi di Isiro. Sempre nel 1984 nacque in diocesi il Centro Missionario per la Cooperazione tra le Chiese. Facevano parte del centro il direttore diocesano delle PP. OO. MM., alcuni membri delle comunità parrocchiali che avevano fatto l’esperienza missionaria in Africa e don Salvatore Giordanella.


Fonte: “Il gemellaggio tra la Chiesa di Noto e la Chiesa di Butembo-Beni. Esempio di cooperazione interecclesiale”. Tesi di Baccalaureato di Don Guglielmo Padua.

Fondamenti teologici della cooperazione interecclesiale

La missione non è, come spesso si crede, un aspetto della pastorale, un’attività tra le tante da fare, ma costituisce la stessa identità della Chiesa. L’identità della Chiesa, allora, oltre ad essere mistero di  comunione, è anche missione, cioè testimonianza al mondo dell’amore di Dio, manifestato in Cristo Gesù morto e risorto presente in mezzo a noi con il suo Spirito. L’attività missionaria, che si realizza con la Parola della predicazione e con la celebrazione dei sacramenti, è l’attualizzazione di questo piano di salvezza per tutti gli uomini in attesa della seconda venuta di Cristo. Dall’Eucaristia scaturisce la missione. Dopo che si è fatta, infatti, l’esperienza del sacrificio di Cristo per la salvezza del mondo, non si può non cooperare a quest’opera di salvezza  nella storia, col dono della propria vita e con l’annuncio, affinché anche altri siano in comunione con i credenti. L’Eucaristia, perciò, oltre ad essere l’anima della Chiesa e della comunione, è fonte della missione al mondo. Nel Nuovo Testamento, con il termine “Chiesa” si indica l’unico corpo di Cristo, cioè l’insieme di tutti i credenti, o la singola comunità di cristiani che è presente in un determinato luogo. La Chiesa particolare è la concretizzazione nel tempo e nello spazio della Chiesa universale e la comunione delle Chiese particolari dà vita alla Chiesa universale. Il concilio, infatti, così anche definisce la diocesi. La Chiesa universale, allora, è presente nelle Chiese particolari, è costituita da esse ed è fondamentale, nonché vitale, che ogni Chiesa particolare si apra alla Chiesa universale e si senta ad essa legata.
 
Un tempo, quando l’occidente era in buona parte cristianizzato, la Chiesa  mirava ad evangelizzare i popoli delle nuove terre conquistate, ma l’attività missionaria era considerata compito del papa che mandava istituzioni e ordini religiosi in missione ad gentes. Anche all’inizio del nostro secolo i vescovi erano responsabili soltanto delle proprie diocesi, mentre il papa, per mezzo delle Pontificie Opere Missionarie, curava le missioni. Nel 1957 Pio XII nell’enciclica Fidei donum introdusse l’idea della responsabilità collegiale dei vescovi. Di conseguenza primi responsabili della missione ad gentes, sono tutti i vescovi in quanto successori degli apostoli: non più soltanto il Santo Padre. Il Concilio, in particolare, sottolinea che è compito del vescovo far crescere lo spirito missionario nella sua diocesi, istruire i fedeli a sentirsi parte di una Chiesa in missione, far in modo che abbiano un autentico senso cattolico e uno spirito universale, educandoli all’amore specialmente delle membra povere e perseguitate del Corpo mistico di Cristo; invitare i malati e i sofferenti ad offrire a Dio preghiere e penitenze per l’evangelizzazione del mondo; incoraggiare le vocazioni dei giovani e dei chierici per gli istituti missionari. Inoltre vuole che i vescovi, collaborando fra di loro e col successore di Pietro, promuovano ogni attività comune a tutta la Chiesa affinché la fede cresca in tutti gli uomini. Nella nuova prospettiva ecclesiologica del Vaticano II ogni Chiesa particolare è missionaria e ogni battezzato in quanto inserito in Cristo e nella Chiesa, è inviato. Non più solo i sacerdoti e i relgiosi-missionari, ma anche i laici. Questi non partono, però, a titolo personale, ma come rappresentanti di una Chiesa particolare, la quale impegna tutta se stessa nell’invio.

La cooperazione tra le Chiese al fine dell’aiuto reciproco e dell’evangelizzazione prende il nome di “cooperazione missionaria”. Già nel Nuovo Testamento si trovano forme di “cooperazione missionaria”. Paolo stesso dice che il suo assillo quotidiano è la preoccupazione per tutte le Chiese e sprona i Corinzi ad organizzare una colletta e quindi ad essere generosi nei confronti di quelle che si trovano in ristrettezze economiche. C’è anche scambio di persone: apostoli, profeti e diaconi.  Il capitolo undicesimo degli Atti ci narra della comunità di Gerusalemme che manda Barnaba ad Antiochia e questi, a sua volta, chiede alla Chiesa di Cilicia Saulo per condurlo ad Antiochia. Nello stesso capitolo si racconta anche di un gruppo di profeti che da Antiochia si recano a Gerusalemme e di una colletta in favore dei fratelli della Giudea. Sull’esempio delle prime comunità cristiane le Chiese locali, oggi, sono chiamate a collaborare, a scambiarsi beni e persone. Soprattutto fu Giovanni Paolo II a esortare la Chiesa alla cooperazione specialmente alla luce dei moderni mezzi di comunicazione che fanno crollare le distanze. Le Chiese ricche dell’occidente devono, così, aiutare le Chiese povere del terzo mondo, le Chiese antiche comunicare l’esperienza a quelle giovani e queste comunicare a quelle antiche, che spesso si trovano in stato di regresso, la freschezza e l’entusiasmo per avere scoperto il Vangelo. C’è “cooperazione missionaria”, infatti, solo quando ci si mette nell’orizzonte dello scambio. Scambiandosi energie spirituali e materiali,  le Chiese possono impegnarsi meglio nell’unica e comune missione di annunziare il Cristo. Il fine ultimo della “cooperazione missionaria”, infatti, è sempre l’evangelizzazione. Il termine “missione” assume, così, un significato più ampio. Non più solo missio ad gentes, un andare alle genti, presso i popoli che ancora non conoscono Cristo, ma anche cooperare con una Chiesa particolare aiutandola a diffondere il Vangelo, senza fermarsi alla cooperazione perché l’orizzonte dello scambio è sempre in funzione della missione al mondo.

Fonte: “Il gemellaggio tra la Chiesa di Noto e la Chiesa di Butembo-Beni. Esempio di cooperazione interecclesiale”. Tesi di Baccalaureato di Don Guglielmo Padua.