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CARITAS SICILA: “DIGNITÀ NELLE POLITICHE DI MIGRAZIONE”

Nelle stesse ore in cui nel mare di Roccella Jonica e al largo di Lampedusa inizia la tragica conta dei morti dei naufragi di due imbarcazioni partite rispettivamente da Turchia e Libia, inizia l’itinerario siciliano nell’ambito del gemellaggio tra la delegazione regionale delle Caritas siciliane e una delegazione di Caritas Tunisia guidata dall’arcivescovo emerito di Tunisi, mons. Ilario Antoniazzi.

(da Modica) – Nelle stesse ore in cui nel Mare Jonio vicino Roccella Jonica (Reggio Calabria) e al largo delle coste di Lampedusa inizia la tragica conta dei morti dei naufragi di due imbarcazioni partite rispettivamente da Turchia e Libia, si è in attesa di iniziare stasera a Modica (Ragusa) l’itinerario siciliano nell’ambito del gemellaggio tra la delegazione regionale delle Caritas siciliane e una delegazione di Caritas Tunisia guidata dall’arcivescovo emerito di Tunisi, mons. Ilario Antoniazzi.

«Si tratta, purtroppo, di notizie a cui sembra che l’opinione pubblica abbia fatto l’abitudine e che le consideri quasi ineluttabili» afferma al Sir Domenico Leggio, delegato regionale di Caritas di Sicilia: «Così non è. Le Caritas di Sicilia, sulla scorta di quanto condiviso con le altre Caritas d’Italia a Grado, lo scorso aprile, continuano a chiedere tutela dei diritti umani e della dignità nelle politiche di migrazione e di asilo evitando la paura dell’invasione e la tentazione della chiusura o separazione».
«L’occasione del gemellaggio con la Tunisia – aggiunge Leggio, che è anche direttore di Caritas Ragusavuole essere un momento di ascolto da parte delle Chiese di Sicilia. Penso sia importante capire e comprendere il loro punto di vista per mettersi concretamente al loro fianco. Non possiamo non continuare a stare al fianco dei migranti che significa impegnarsi con loro anche nella cura della nostra casa comune: il grido della terra e il grido dei poveri sono lo stesso grido».

Gli fa eco Vincenzo La Monica, responsabile Immigrazione delle Caritas di Sicilia: “La presenza di alcuni delegati e delegate di Caritas Tunisia è uno dei momenti di un gemellaggio che vuole unire i due punti di vista che stanno sulle sponde opposte del mare. Noi siamo pronti a mostrare a Modica, Acate, Palermo, Mazara, Caltanissetta quello che le nostre Caritas organizzano per i migranti e segnatamente per i migranti tunisini, ma siamo anche pronti ad ascoltare l’esperienza dei colleghi tunisini e i racconti sul loro essere luogo di transito e di partenze“. “Gli eventi luttuosi di queste ore – dice La Monica al Sir – ci uniscono nel dolore e nella forza della preghiera. Già da domani, primo giorno del gemellaggio, approfitteremo della presenza dei colleghi della Caritas tunisina per fermarci in un momento di raccoglimento davanti al mare a Scoglitti, proprio nei pressi di uno dei luoghi in cui avvenne, il 22 settembre 2002, un altro tragico sbarco in cui persero la vita 12 migranti, probabilmente tunisini. Sono passati 22 anni e nulla è cambiato, ancora si piangono morti sulle nostre coste”.

Finora sono una cinquantina i migranti che risultano dispersi a causa del ribaltamento, a circa cento miglia dalla costa della Calabria, della barca a vela sulla quale viaggiavano.
In soccorso dell’imbarcazione è giunto un mercantile che ha trasferito successivamente i 11 migranti superstiti – tra cui una donna incinta – su un’unità della Guardia costiera che è poi approdata a Roccella Ionica.
Si parla invece di almeno 10 cadaveri trovati in una barca di legno al largo di Lampedusa. A bordo, spiega la ong tedesca Resqship, c’erano 61 persone: 51 sono state portate via, due delle quali privi di sensi. Il veliero Nadir di Resqship era a oltre 100 miglia dalle coste libiche, in acque internazionali a poco più di 40 miglia da Lampedusa, nei pressi dell’area Sar maltese.

[ fonte: Patrizia Caiffa, per Agensir ]

SULLE TRACCE DI DON GIOVANNI E DON GIUSEPPE

Nella diocesi di Noto, Mons. Nervo e Mons. Pasini hanno lasciato segni importanti: ci hanno aiutato ad essere Chiesa - Il ricordo di Maurilio Assenza

don Giovanni Nervo e don Giuseppe Pasini, rispettivamente primo Presidente e Direttore di Caritas Italiana

Il 21marzo, nel giorno della scomparsa, ricordiamo nella preghiera e con gratitudine don Giovanni Nervo e don Giuseppe Pasini, rispettivamente primo Presidente e Direttore di Caritas Italiana, che ci hanno lasciato nella stessa data del 2013 e del 2015.

Come diocesi di Noto abbiamo avuto la grazia di vivere una convinta attuazione del Concilio da parte del vescovo Mons. Salvatore Nicolosi, maturando la consapevolezza della chiamata ad essere “Chiesa povera e dei poveri” già negli anni Ottanta. Per aiutarne il cammino, Mons. Nicolosi invitò Mons. Giovanni Nervo che divenne, intervenendo all’annuale convegno diocesano del 1986 “Dall’eucaristia alla missione” e ritornando più volte in diocesi, un sapiente consigliere lasciando tracce, non solo nella Caritas diocesana, ma nell’intera Chiesa di Noto.

Il primo aiuto fu a concepire la Caritas nel suo servizio pedagogico che diventa lievito nel comune cammino. Ci corresse, rispetto al rischio di Caritas cittadine troppo tese all’operare, insistendo sulle Caritas parrocchiali per animare il tessuto ordinario della vita cristiana, e noi abbiamo mantenuto fedeltà alla consegna strutturandole con chiaro impegno pedagogico raccordato con gli altri ministeri, distinguendole dal centro di aiuto. Quanto all’impegno nel territorio abbiamo sperimentato per alcuni anni la proposta di Mons. Nervo della Scuola socio-pastorale, e continua questa consegna nell’essere attenti a fare incontrare operatori sociali, educatori ed operatori pastorali per alleanze generative di tessuti di bene comune.

E grazie a Mons. Nervo, consultato da Mons. Nicolosi, abbiamo pensato il gemellaggio con la diocesi di Butembo-Beni in Congo come gemellaggio pastorale, nello scambio di visite e di presenze e nell’apertura ai drammi della famiglia umana. E Mons. Giuseppe Pasini, in un incontro, aiutò ulteriormente a non dimenticare che la carità deve affrontare le cause dei problemi e la giustizia sociale, mentre dialogando con lui abbiamo riscritto lo statuto della Caritas diocesana che ha recepito, insieme alle consegne sinodali sulla “Chiesa povera e dei poveri”, i principi fondamentali della nostra Costituzione.

Per questo il nostro ricordo è commosso e grato: don Giovanni e don Giuseppe restano vivi come Padri della Chiesa del Concilio e parte della nostra famiglia diocesana! Il grazie diventa rinnovata attenzione alle loro grandi consegne: essere Chiesa come la Casa di Betania, capace di relazione e di coraggio; Chiesa che nella sinodalità non vuole dimenticare i poveri e dare loro, non qualcosa, ma anzitutto ascolto, voce, accoglienza fraterna, difesa!