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AVVENTO 22 – LA RACCOLTA CARITAS

L'invito alle comunità della Diocesi è di rivolgere la propria sensibilità al Convento di Santa Maria di Gesù dei Frati Minori di Ispica

Per la raccolta dell’Avvento di fraternità la nostra sensibilità sarà rivolta  al Convento di Santa Maria di Gesù dei Frati Minori di Ispica e al loro servizio a favore dei fratelli migranti che vengono a visitare il nostro territorio in cerca di aiuto e sostegno.

Come donare

Oltre alla raccolta domenicale nelle comunità parrocchiali, sarà possibile anche donare attraverso il conto corrente bancario presso Banca Agricola Popolare di Ragusa, intestato a Caritas Diocesana di Noto. Iban: IT22A0503684480CC0180032790 – Casuale: Raccolta Avvento di fraternità 2022.

 

Ecco, a proposito, una lettera dei Frati per capire, in profondità, la loro perseverante e accogliente azione quotidiana e la fede che la ispira.

Un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: «Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?»”. (Lc 10,33-36).

  1. Con questa icona evangelica ci presentiamo come fraternità di evangelizzazione dei frati minori di Sicilia, in Ispica. Una casa per le Missioni e l’Evangelizzazione che in questi anni, guidata dallo Spirito Santo, ha saputo docilmente modellarsi e adattarsi a quella forma che il Vangelo ha ispirato giorno dopo giorno, volto dopo volto: incontrato, accolto, conosciuto e salutato. Esperienza ricca, faticosa ma sempre creativa nell’annuncio della buona notizia, unico movente che ci ha tenuti uniti alla voce di Colui che ci ha costituiti fraternità. Oggi rivolgiamo a tutti voi fratelli e sorelle della Chiesa di Noto la nostra piccola testimonianza.
  2. Sentiamo forte il passaggio epocale che la storia dell’umanità sta attraversando e che, in piccolo, sta coinvolgendo la nostra fraternità lasciandola sulla soglia di una identità che va definendosi. Due i pilastri sorreggono l’architrave della nostra fraternità segnata dal sangue del redentore, pilastri che restano saldi e chiari ad ogni fratello che qui vive: la solidità della vocazione ricevuta e la bellezza profetica della fraternità, con la porta aperta all’esterno dove il buon Pastore continua a bussare e a raggiungerci attraverso quelle pagine di vangelo che ogni fratello pellegrino nel mondo porta in sé.Frati Minori di Ispica - Incontri per l'integrazione
  3. Assistendo al continuo e tragico flusso migratorio nel nostro mare mediterraneo, avendo vissuto, anche noi, l’esperienza lunga e dolorosa della pandemia, testimoni di una storia che mostra segni di regressione, la nostra fraternità continua a porsi in ascolto per trovare la risposta all’azione dello Spirito che ci interpella attraverso il mandato che il Cristo Risorto rivolge ancora oggi nei nostri cuori. Ne troviamo attuazione nell’accoglienza degli uomini in cammino che abbiamo incontrato durante questi tre anni. Facciamo esperienza di evangelizzazione “ad extra” poiché il nostro carisma ci chiama a stare tra la gente e ad “intra” poiché gli ospiti in viaggio che vivono con noi nutrono il nostro cammino di sequela.
  4. L’icona evangelica del Buon Samaritano, come dicevo prima, è ispiratrice per la fraternità. Ci riconosciamo nella figura del malcapitato soccorso da uno straniero che “era in viaggio”. Abbiamo, concretamente, fatto esperienza dello straniero che si accosta e ci visita bussando alla nostra porta, portando con sé il Vangelo della salvezza. Davvero, ciascuno dei nostri ospiti è stato portatore di un Vangelo incarnato nelle vite dell’uomo. Ci siamo così accorti che il Vangelo ci è arrivato dentro casa, un Vangelo senza l’etichetta di “migrante”, un Vangelo che contempla l’uomo in viaggio nella sua totalità e che sempre lo riconosce come portatore di salvezza.
  5. L’armonizzazione dell’annuncio del Vangelo tra le mura del convento con l’accoglienza e l’annuncio in strada tra la gente ci ha immersi nella bellezza dell’essere minori e non detentori di un messaggio. Riconosciamo, infatti, come molto spesso questo messaggio di Salvezza ci anticipa e porta in sé quel seme della Parola di Vita che il Seminatore ha già seminato prima del nostro arrivo.  Così, Evangelizzati dai fratelli che ci hanno visitato, riscopriamo la fatica di abbandonare la logica del fare per riscoprire la modalità di un annuncio semplice ed essenziale, vissuto nella preghiera, nella minorità e nella fraternità tra la gente, e nel riscoprirci testimoni del Vangelo che ci ha inseriti nell’eccedenza della misericordia di Dio.

 

MADONNA DEL CARMINE

La fondazione del convento risale al 1534. Dopo il terremoto del 1693 viene riedificato con la chiesa nel corso del secolo XVIII. Nel prospetto della chiesa, ad ordine, da notare dei bassorilievi di stile rinascimentale databili tra la seconda metà del sec. XVI e la prima metà del secolo XVII; tra i soggetti si individuano S. Alberto di Gerusalemme, S. Angelo, S. Alberto degli Abbati. E’ da notare l’inusuale ordine ionico per le lesene del portale. Un putto reggicartiglio sull’arco d’ingresso reca la data 1632. Nel 1730 fu ristrutturata la facciata (la data si legge tra lo stemma carmelitano e la base della nicchia con la statua della Madonna del Carmelo). Nell’Ottocento fu realizzata la cella campanaria. L’interno è composto da un’aula unica con otto cappelle laterali incassate. Nel nartece, dentro cornici quadrilobate, sono rappresentati in affresco S. Alberto di Gerusalemme, S. Alberto degli Abbati, S. Giovanni Battista e S. Pier Tommaso di Cipro. Gli altari sono decorati con colonne tortili e stucchi. Tra le tele del sec. XVIII segnaliamo Transito di S. Giuseppe, Madonna del Carmine tra Santi carmelitani, Maria tra i Santi Agostino e Antonio, Maria tra Santa Caterina d’Alessandria e Sant’Agnese. Da segnalare il pulpito ligneo (vi sono rappresentati i Santi Angelo, Alberto,Elia, Telesforo), il mausoleo del ven. Salvatore Statella e la scultura lignea della Madonna del Carmine, patrona civitatis, posta sull’altare maggiore (nel lembo posteriore del mantello reca la sigla PDPP e la data 1860).E’ un raro esempio della cultura figurativa prebarocca. Su un esile piedistallo sonocomposte in uno schema poligonale, intelaiato da modanature rinascimentali, gli specchi a tarsie della balaustra (vi sono rappresentati i Santi Angelo, Alberto,Elia, Telesforo). I santi sono disegnati frontalmente, con un rigore compositivo di sapore quattrocentesco. Il pulpito potrebbe essere collocato tra i secoli XVI e XVII.Interessante, sul lato destro della navata, è il monumento funebre del ven. Salvatore Statella, opera tardobarocca della seconda metà del Settecento. Padre Salvatore della SS. Trinita (al secolo Andrea Statella, 1678-1728), figlio secondogenito di Francesco IV Statella, terzo marchese di Spaccaforno, vestì l’abito carmelitano nel 1726. Viene ricordato come «promotore della Riforma carmelitana siracusana».

S. ANTONIO ABATE

La Chiesa di S. Antonio Abate fu eretta nel 1515 dal signore di Ispica Antonello Caruso e nel 1651 divenne chiesa sacramentale e gancia della chiesa madre. Dal terremoto del 1693 venne distrutta metà che fu subito ricostruita. L’attuale edificio fu completato nel 1710 Fra le opere d’arte della chiesa segnaliamo due dipinti raffiguranti i Santi Pietro e Paolo (sec. XVII), il dipinto raffigurante la Pietà (prima metà del sec. XVIII), il dipinto raffigurante i Santi Mauro Abate e Paolo Eremita (sec. XVII), il dipinto raffigurante S. Silvestro Papa e S. Isidoro (sec. XVII), la statua raffigurante S. Antonio Abate in tela-colla del 1715, la statua raffigurante S. Francesco Saverio in tela-colla del 1775, la statua lignea raffigurante S. Lucia del 1879, una cornice in legno dorato del sec. XVIII, un’acquasantiera in pietra calcarea locale del 1562, un fonte battesimale in pietra asfaltica del 1651.

SS. ANNUNZIATA

La pietra di fondazione della nuova chiesa fu posta il 21 ottobre 1703, dieci anni dopo il terremoto che distrusse il precedente tempio. Alla ricostruzione dovettero contribuire varie famiglie nobiliari (Statella, Modica-Boj, Bufardeci) e le offerte dei confrati e dei fedeli.Fu consacrata il 23-03-1720, ma sette anni dopo il terremoto del 4-6 gennaio 1727 procurò gravi danni all’arcata maggiore, mentre 1l 23 marzo 1869 cadde il prospetto della chiesa. La ricostruzione della facciata venne affidata al medicano Carlo Di Gregorio.La facciata è imponente e di notevole effetto scenografico. Ha tre ordini e misura m. 29,20 di larghezza e 30 di altezza. L’inferiore ha otto colonne in stile ionico, un elegante il portale centrale e due laterali; il secondo ordine, con colonne in stile corinzio, ha un finestrone e due grandi volute di raccordo: il terzo ordine, che sovrasta il tetto della chiesa, è decorato con grandi rose scolpite e presenta una grande finestra centrale in cui neo 1960 è stata collocata una statua in calcare dell’Annunciazione, opera dello scalpellino ispicese Giuseppe Nobile. L’attuale campanile risale alla metà del sec. XX e sostituisce il precedente costruito dal Di Gregorio. Il loggiato esterno risale ai primi dell’Ottocento.L’interno è a tre navate divise da pilastri decorato con lesene e capitelli corinzi. Di notevole pregio artistico sono i 13 grandi pannelli di stucco, che decorano la navata centrale, il transetto e il cappellone. Sono databili alla metà del 1700 e sono certamente l’opera più vasta e significativa Giuseppe Gianforma, stuccatore palermitano, trasferitosi a Ispica intorno al 1740 e del figlio Giovanni.PANNELLI IN STUCCONavata centrale: Giuditta e OloferneLa prova di gedeone, Gioele e Sisara, Annunzio ad AbramoTransetto: Davide e Golia, Sacrificio di Isacco Pennacchi angolari: EvangelistiAbside: Profezia di Isaia, Natività, Adorazione dei MagiTra le opere d’arte si segnalano il grande quadro dell’Annunciazione nell’altare maggiore, sopra la porta della sacrestia un’altra grande tela settecentesca, che rappresenta l’Adorazione dei magi, all’interno della sagrestia un quadro di S. Andrea Avellino e il dipinto su tavola dell’Annunciazione del 1544.Nell’altare destro del transetto, decorato riccamente dagli stucchi del Gianforma, è custodito il simulacro del Cristo con la croce (prima metà sec. XVII) che viene portato in processione il Venerdì Santo. Nella parete sinistra della Cappella del SS.mo Sacramento, in fondo alla navata destra, è custodita la Cassa delle Reliquie, un’arca in argento e bronzo dorato (prima metà sec. XVIII)

S. MARIA MAGGIORE

Fu costruita dopo il terremoto del 1693 per ospitare la statua del Cristo alla Colonna, miracolosamente recuperata; nel 1696 erano già presenti, oltre all’altare del Cristo alla Colonna, anche quello dedicato a S. Maria Maggiore e quelli di S. Anna e S. Corrado. Consacrata l’11 marzo 1725 subì gravi danni in seguito al terremoto del 1727, quando rimase in piedi solo la navata sinistra. Nel 1749 l’ architetto netino Vincenzo Sinatra, portò a termine, nella piazza antistante la chiesa, il loggiato di forma semiellittica che comprende tre arcate centrali e altre dieci per lato semicircolare. Nel decennio successivo furono completati gli stucchi di Giuseppe e Giovanni Gianforma, mentre dal 1762 al 1765 furono realizzate le pitture della volta della navata centrale, della cupola, del transetto e dell’abside da Olivio Sozzi il cui corpo riposa in un’urna di vetro nella “stanza della cera”. Consacrata nel 1763 col titolo di basilica, fu dichiarata monumento nazionale nel 1928. La facciata della chiesa è stata rifatta, conformemente alla precedente, nella seconda metà dell’Ottocento, mentre le statue dei due protettori, S. Gregorio e S. Rosalia e lo stemma con la frase “De Basilicis haec una est” sono originali. Negli stessi anni il capomastro Carlo di Gregorio aggiunse la recinzione esterna coi pilastri ornati da eleganti volute ed i grandi vasi riccamente decorati con foglie e rose.L’interno è a croce latina. Tra i dipinti su tela attribuibili al Sozzi, a Vito D’Anna (suo genero) e al loro collaboratori, segnaliamo nella navata destra, Santa Rita (primo altare), il Transito di S. Corrado di Noto (secondo altare), segue l’Addolorata e, nel terzo, la Sacra Famiglia con S. Elisabetta, S. Gioacchino e S. Giovanni.Nella navata sinistra S. Rosa da Lima (primo altare), S. Nicola di Bari, attribuito al D’Anna (secondo altare); nel terzo Nostra Signora della Mercede, con i santi dell’Ordine. Nel quarto c’è l’Immacolata con le anime purganti.La grande tela del D’Anna dell’altare maggiore rappresenta la Madonna della Cava, col Bambino ed i santi Lucia e Girolamo ed, in basso, il Papa Gregorio Magno e Rosalia, fu dipinta nel 1768. Nel lato sinistro del presbiterio è stato collocato il quadro grande commissionato al Sozzi nel 1761; rappresenta gli appestati che, per intercessione dei santi Rocco, Rosalia, Lucia, Gaetano da Tiene, Gregorio Papa, chiedono alla Madre di Dio la liberazione dall’epidemia; nel lato destro la grande pala cinquecentesca della Madonna del Rosario, proveniente dall’ex chiesa di S. Anna. Quello presente in Santa Maria Maggiore è senza dubbio il più organico e ricco complesso di affreschi (in tutto 26) e tele di tutta la vasta produzione sozziana ed uno dei grandi capolavori pittorici del sec. XVIII in Sicilia. AFFRESCHINavata centrale: Trionfo della Fede, Trionfo della Mensa Eucaristica, Trionfo della Fede.Transetto di destra: l’Assunta Transetto di sinistra: Cristo che vince sul peccato originaleCupola: Martiri, Vergini, Fondatori degli ordini religiosi, PatriarchiPennacchi angolari: EvangelistiAbside: Ascensione, Dio Padre, Spirito Santo, ApostoliParticolarmente interessanti le due cappelle del transetto. In quella sinistra è custodito il venerato simulacro del Cristo alla Colonna (il cristo prima del terremoto si trovava nella chiesa di S. Maria nella Cava e nel corso del sec. XVIII vennero aggiunte le due statue dei flagellatori) che viene portato in processione il Giovedì Santo, alle pareti laterali quattro tele con scene della passione; in quella di destra è custodito il simulacro dell’Assunta, recuperata dall’antica chiesa e datata 1598.Nella cappella di fondo della navata sinistra è stata sistemata la bella statua lignea di S. Maria Maggiore, titolare della chiesa, recentemente restaurata, che è anteriore al terremoto (Sec. XVII). Rappresenta la Madonna del melograno, simbolo della Chiesa dei fedeli.La cappella terminale della navata destra è dedicata all’Addolorata ed ornata coi quadretti dei sette dolori. Nella bacheca del lato sinistro, sono state sistemate le reliquie di martiri e santi già custodite in un’arca argentea. Nella volta della Sacrestia, c’è il grande affresco con Mosè che riceve le Tavole della Legge, dipinto nel 1783 assieme ai quattro piccoli quadri degli angoli, dal palermitano Giuseppe Crestadoro (1740-1708).

S. BARTOLOMEO – CHIESA MADRE

La Chiesa Madre, che domina la parte alta dell’ampia Piazza Regina Margherita, è dedicata a San Bartolomeo. Distrutta dal terremoto del 1693, fu costruita nel 1750 per opera di Don Antonio Li Favi. Il prospetto è ottocentesco.La doppia scalinata conferisce slancio alla facciata a due ordini, con elementi tardobarocchi ed elementi neoclassici, che è impreziosita da una coppia di pilastri, da una finestra incorniciata e dal simbolo della città, lo Stemma degli Statella. L’interno, a tre navate divise da pilastri, è privo di decorazioni e le conferisca un senso di gradevole semplicità; di grande contrasto è solo il quadro raffigurante San Bartolomeo durante il martirio (copia dell’originale).Da segnalare le sculture in stucco ai lati degli altari del transetto e la tela SS. Trinità con S. Francesco di Paola in preghiera,il monumento funebre di Don Giovanni Statella (1638), le tele di S. Tommaso e di S. Nicola e un Crocifisso ligneo dipinto (secc. XV-XVI) con un’interessante iconografia tardobizantina.