Monthly Archives: Novembre 2023

DARE VOCE E CORAGGIO ALLE DONNE VITTIME DI VIOLENZA

In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, oltre cento Caritas attive contro la violenza di genere. Il progetto Ruth.

In occasione del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, Caritas Italiana ricorda le troppe donne che, anche in questo 2023, hanno subito abusi, maltrattamenti finanche la morte, a causa della scellerata violenza ingiustamente perpetrata nei loro confronti.

«Nell’esprimere vicinanza a tutte le donne», dice il direttore don Marco Pagniello: «sentiamo l’urgenza di promuovere, attraverso le nostre comunità, percorsi di educazione all’affettività, al rispetto delle altre persone. Le Caritas sono pronte a fare la loro parte insieme a tutta la comunità ecclesiale nel cercare le cause e soprattutto le soluzioni al fenomeno così grave della violenza. È un percorso da fare insieme, senza volersi sostituire ad altri, ma con la consapevolezza di dover fare la propria parte, soprattutto promovendo progetti di accompagnamento verso nuovi percorsi di dignità».

Secondo l’Istat, nei primi tre trimestri del 2023 le chiamate al 1522, il numero nazionale antiviolenza e stalking, sono state 30.581 (erano 22.553 nel 2022 e 24.699 nel 2021). La maggior parte delle donne intercettate, il 64,5%, racconta di aver subito violenza per anni. Dei 295 omicidi compiuti in Italia nel 2023 e fino al 19 novembre scorso, tra le vittime ci sono 106 donne, di cui 87 uccise in ambito familiare/affettivo, e 55, in particolare, per mano del partner/ex partner.

Il progetto Ruth contro la violenza economica

La Caritas è impegnata da anni nell’accompagnamento e nella protezione delle donne che si rivolgono ai servizi presenti sul territorio richiedendo loro ascolto, sostegno, solidarietà e protezione. In particolare, grazie all’esperienza avviata nell’ambito del progetto “Microcredito di libertà” promosso dal Ministero delle Pari Opportunità in collaborazione con ABI, ENM e Federcasse, Caritas Italiana ha promosso una rete nazionale denominata “progetto Ruth”, formata di Caritas diocesane impegnate ad assistere e accompagnare donne vittime di violenza economica nel richiedere finanziamenti di microcredito sociale. La denominazione del progetto evoca una figura biblica tra le più coinvolgenti. La condivisione del pane passa attraverso l’esperienza del lavoro che deve fare Ruth, e Noemi, nella relazione con Ruth, scopre di poter dare ancora, di non essere vuota come persona. In questa esperienza di scambio, le due donne trovano sostegno vicendevole e forza per ricominciare e nel fare memoria della loro precarietà, del loro dolore e dalla solitudine, si scoprono nuove e più forti.

La violenza economica è una forma di violenza domestica che, attraverso condizionamenti come il controllo delle spese, il divieto di utilizzare il proprio denaro, l’inconsapevole sottoscrizione di finanziamenti o garanzie, conduce la donna a un ulteriore grado di sottomissione e controllo. Ancora una volta la privazione dei mezzi di sussistenza agisce sul grado di autonomia di una persona e la condiziona, alimentandone fragilità e solitudine. In questo caso anche la violenza. Condizioni di vulnerabilità sociale come lo stato di disoccupazione, una crisi di liquidità o ancora le sopraggiunte condizioni di non autosufficienza, un aumento delle spese non derogabili per il nucleo familiare diventano così un ostacolo difficile da superare se non sono adeguatamente supportate.

Non a caso, anche dal recente rapporto di Caritas Italiana su povertà ed esclusione sociale in Italia – “Tutto da perdere” – risulta che le problematiche di tipo familiare hanno incidenza sulle condizioni di fragilità. Di tutte le persone accompagnate nel corso del 2022 dai Centri d’ascolto e servizi Caritas, dislocati in oltre duecento diocesi, una persona su cinque tra gli italiani che si rivolgono alle Caritas, per lo più donne, manifesta una problematica di tipo familiare. Ciò chiama in causa quegli aspetti e quelle dimensioni della vita umana che influenzano la condizione di benessere psicofisico della persona e che possono rievocare proprio quei contesti di violenza e solitudine in cui si trovano molte donne. Si tratta soprattutto di problemi familiari: separazioni e divorzi (28,4%), conflittualità di coppia (11,9%), maternità nubile (7,9%), maltrattamenti e trascuratezze (4,8%).

Oltre cento Caritas diocesane hanno progetti contro la violenza sulle donne

Il progetto Ruth va ad inserirsi e a rafforzare le tante attività che le Caritas diocesane svolgono attraverso servizi dedicati alle donne fragili e vittime di violenza, che permettono di sostenere e proteggere quante con coraggio e determinazione affrontano il difficile percorso di ricostruzione della propria vita. Si tratta di una rete di più di cento Caritas diocesane che sempre più spesso negli ultimi anni, anche grazie ai fondi 8xmille, hanno realizzato servizi e progetti rivolti alle donne fragili, vittime di violenza o sfruttamento, per l’ascolto – anche psicologico e legale – l’accoglienza – anche in forma emergenziale – e l’avviamento lavorativo, e hanno sottoscritto Protocolli territoriali con istituzioni, Enti locali, Servizi sanitari e Centri Antiviolenza.

Scopri qui le iniziative che più di 100 Caritas diocesane hanno messo in campo contro la violenza sulle donne

A ROSOLINI, IL CENTRO DELLA RELAZIONE

Parlano i parrocchiani volontari che ogni pomeriggio entrano, nel centro di primissima accoglienza del comune siracusano, a contatto e in relazione con decine di ragazzi (adolescenti e giovani) migranti, bisognosi di attenzione, affetto, parole e gesti accoglienti

Chi si occupa di gessetti, colori e cartelloni; chi ha chiesto (e ottenuto) banchi e lavagne dagli istituti scolastici del paese; chi porta la merenda; chi fa due tiri a pallone; chi semplicemente ascolta, parla, entrando in profondità e in relazione. Quando, accompagnati dal direttore della Caritas diocesana, entriamo nel centro di primissima accoglienza a Rosolini – che, qualche mese fa la Prefettura ha fatto allestire, a cura della Croce Rossa, per stranieri non accompagnati – ci vengono incontro quattro persone: Cettina, Salvatore, Maria Vittoria e suor Anna Maria.

E ci coinvolgono nel loro discorso: «Dobbiamo allargare il numero dei ragazzi del corso d’italiano. Per loro è importante: conoscere la lingua è il primo passo per sentirsi integrati. E dobbiamo insistere con il parlato: piccole frasi, semplici, utili, per tutti i giorni». «E allora dovremmo anche fare lezione di siciliano… A parte gli scherzi, io domani porto il planisfero di mio nipote, così mostriamo loro dove si trovano rispetto al loro Paese, dove sta Roma, dove si trova Milano… e quanto è lunga l’Italia». Ma quanto può essere lunga l’Italia per chi scappa dall’Africa, affronta un viaggio lungo parecchi mesi e migliaia di km, fino ad approdare sulle coste della nostra Sicilia (Lampedusa, Pozzallo, Augusta in questo caso), senza genitori, a soli 12 o 13 anni?

A dirla con le parole di chi parla inglese, Cettina, Salvatore, Maria Vittoria e suor Anna Maria stanno facendo un “briefing” di fine giornata. A farla semplice – come semplice, generoso e spontaneo è il loro intervento – si stanno confrontando su come sia andato l’ennesimo pomeriggio di volontariato alla tensostruttura di Rosolini: a contatto e in relazione con decine di ragazzi (adolescenti e giovani) migranti, bisognosi di attenzione, di animazione, di affetto, di parole e gesti accoglienti, di sguardi comprensivi.

Insieme a Suor Anna Maria, a dire la verità, sono parecchi – non solo giovani, anche papà, mamme, nonni e nipoti – i parrocchiani (della Chiesa di Santa Caterina, del Crocifisso, della Chiesa Madre, del Cuore Immacolato, messe in rete, abbandonando ogni forma di protagonismo e campanilismo) che ogni pomeriggio, a turno, fanno animazione (in puro stile Caritas) presso il centro. Dando dimostrazione concreta al concetto e alla parola “accoglienza”. Un percorso non semplice, ma duraturo e vincente. Come l’amore che lo ha animato. Quando, infatti, a settembre sono arrivati i primi giovani migranti, ammette Maria Vittoria: «Qualcuno in paese ha storto il naso… E noi, persone semplici, donne e uomini delle parrocchie, che già abbiamo un rapporto di conoscenza e di attenzione con l’Africa, grazie al gemellaggio della nostra diocesi con la comunità di Butembo Beni, e che già nel 2011 eravamo intervenuti per dare ospitalità ad alcune famiglie di profughi, ci siamo dati da fare per tacitare le critiche e dimostrare che il nostro territorio, e soprattutto la comunità ecclesiale di Rosolini, è aperta, attenta agli ultimi, ai fragili, ai migranti. Senza paura e con rispetto».

E così, da ormai tre mesi, decine di parrocchiani si mettono a disposizione. O meglio: in relazione. Cioè entrano in contatto con i minori, li ascoltano, giocano e parlano con loro, fanno merenda e, appunto, organizzano corsi di italiano. «Sapete qual è stata la prima parola italiana che hanno imparato», ci chiede Cettina? «Anzi le prime due parole: hanno subito imparato a dire “casa” e “Isola”… cioè per loro, la Sicilia ora è come una nuova casa…». Anche suor Anna Maria, della Parrocchia di Santa Caterina, interviene con emozione, elogiando il servizio dei suoi giovani parrocchiani: «I ragazzi delle parrocchie si sono subito dati da fare. Il nostro intervento di animazione è un po’ improvvisato: non abbiamo molti mezzi e risorse professionali. Ma i nostri giovani ci hanno dato un grande aiuto: un po’ di inglese, una bevanda da condividere, una canzone da ascoltare e il gioco è fatto». Ed eccolo, infatti, il gioco: fuori dal tendone, mentre scende la sera, alla luce delle torce del telefonino ci sono Emma (20 anni), Rachele (16), Elena (17) che, con un foglio in mano, sembra stiano improvvisando un rap, scandendo le sillabe di alcune parole che gli ospiti si divertono prima a ripetere e poi segnano sui loro taccuini.

«All’inizio, i minori ospitati in questo centro erano circa 250», continua Suor Anna Maria: «Ora, dopo i primi trasferimenti, ne sono rimasti circa 120. Maghrebini e sub sahariani: tutti giovani, maschi, con lo sguardo spaesato ma pronto a riprendersi la vita. Sono piccoli e soli. E mi chiedo con quanto coraggio abbiano intrapreso il viaggio per arrivare qui da noi, in cerca di un’altra vita. Si vede che sono intimoriti ma anche pieni di speranza e non hanno smesso di sognare. Entrare in relazione con loro è stato un regalo, inaspettato, per noi. Noi così assuefatti dal consumo che non capiamo di aver consumato tutto, ormai. Noi che abbiamo perso la magia del sogno… Ecco, loro ci stanno insegnando proprio questo: a sognare, insieme a loro, un altro mondo possibile, più giusto e umano. Un mondo fondato sulla giustizia, sul cuore, sull’umano, sulla relazione con l’altro. Sarebbe inumano negare a questi ragazzi uno sguardo, una parola, un gesto di affetto che li faccia sentire ben accetti e ben accolti».
A guardarsi intorno, questa è una sensazione condivisa da tutti i volontari coinvolti: «Torno a casa, ogni sera, contenta», conferma Emma: «Me l’hanno insegnato i miei nuovi amici. Loro che non hanno niente, non li ho mai visti arrabbiati o disperati. Io vengo, di fatto, tutti i pomeriggi qui al centro. E non lo faccio solo per generosità, ma anche per imparare: da quando frequento questi nuovi amici, ho imparato il valore del sorriso».

Emozionante, per Suor Anna Maria, proprio il primo giorno di accoglienza: «Don Stefano Trombatore, 80enne di grande spirito, ha tenuto in francese un bellissimo discorso di benvenuto, dicendo che esiste un solo Dio. Che parla diverse lingue, che ci è Padre e ci ha reso fratelli, universalmente. Gli ospiti sono rimasti rapiti». E da quel giorno è uno scambio continuo: «Noi insegniamo loro un po’ di italiano, loro ricambiano insegnandoci la lingua dell’affetto, del sogno di un mondo migliore. Vedi quel ragazzo tunisino? I primi giorni non parlava. Poi abbiamo capito che era turbato per sua madre, rimasta in patria perché malata. Qualche giorno fa, purtroppo, è deceduta. E lui ha cominciato a scrivermi dei biglietti, usando le prime parole italiane che ha imparato: “Ora mia mamma sei tu. Quando vieni qui, a casa, io ti aspetto”. Mamma, casa: sono i termini di una relazione. Saremmo inumani a negargliela».

Per gli ospiti s’è fatta ora di cena. I volontari li abbracciano e li salutano, dandosi appuntamento al giorno dopo. Anche noi ce ne andiamo. Ancora un tiro di pallone con alcuni ospiti e poi, Fabio Sammito, direttore Caritas, commenta: «Al convegno Caritas dello scorso febbraio si discuteva di periferie. Di come riportarle al centro; di come ridare valore a chi le abita e le frequenta. Ecco, questo centro di primissima accoglienza ne è l’esempio più chiaro e concreto. In questo “centro” la “periferia dell’umano” è diventata centrale, dando segni di fratellanza e di speranza».
Fuori dalla tensostruttura, proprio di fronte all’entrata, un claim pubblicitario affisso su un muro recita: “I tuoi desideri ci stanno a cuore”. E allora quanto è lunga l’Italia? Forse pochi passi: quelli che separano una frase a effetto dall’affetto concreto di una relazione.

TUTTO DA PERDERE: IN ITALIA LA POVERTÀ SI FA STRUTTURALE

l dati del rapporto Caritas 2023, con un focus sui lavoratori poveri che ammontano a 2,7 milioni su 5,7 milioni di poveri in totale. Gli stranieri, l’8,7 della popolazione, costituiscono il 30% dei poveri assoluti

In Italia, la povertà sta crescendo, consolidandosi come un fenomeno ormai “strutturale”. Dal 2021 al 2022, il numero di poveri assoluti è aumentato di 357mila unità, raggiungendo la cifra di 5 milioni e 674 mila persone, pari al 9,7% della popolazione (rispetto al 9,1% del 2021). Un residente su dieci attualmente non ha accesso a un tenore di vita dignitoso. Un quarto dei poveri assoluti ha un lavoro, evidenziando la critica situazione dei “working poor”, i lavoratori poveri. E alcune nuove forme di povertà, come quella energetica derivante dai costi delle bollette, si stanno affiancando alle vecchie problematiche.

Il Rapporto 2023 su Povertà ed esclusione sociale in Italia, diffuso dalla Caritas italiana (ce n’è una sintesi, da scaricare in .pdf a fondo pagina) offre uno sguardo approfondito sulla situazione. L’Italia si distingue come il paese europeo con la trasmissione intergenerazionale più intensa delle condizioni di vita sfavorevoli, indicando che chi nasce povero ha maggiori probabilità di rimanere tale da adulto. I dati rivelano un aumento di 357 mila persone nella povertà assoluta tra il 2021 e il 2022.
«Gli stranieri», si legge sul rapporto, «pur rappresentando solo l’8,7% della popolazione, costituiscono il 30% dei poveri assoluti. I lavoratori poveri che si rivolgono alla Caritas sono il 22,8% dell’utenza, di cui il 64,9% sono stranieri. Mentre la presenza di oltre 2,1 milioni di famiglie povere può dirsi una sconfitta per chi ne è direttamente coinvolto, ma anche per l’intera società, che si trova a dover fare i conti con la perdita di capitale umano, sociale, relazionale che produce gravi e visibili impatti anche sul piano economico. Tutti
possiamo dirci vinti di fronte a 1,2 milioni di minori in condizione di indigenza, costretti a rinunciare a tante opportunità di crescita, di salute, di integrazione sociale, e il cui futuro sarà indubbiamente compromesso».

Un focus è dedicato ai “working poor”, «caratterizzati da lavori in nero, part-time forzati e salari inadeguati», sottolineando la loro lotta per sopravvivere. I “working poor” in Italia ammontano a 2,7 milioni (11,5% degli occupati, rispetto al 8,9% della media europea). Il 47% dei nuclei in povertà assoluta ha il capofamiglia occupato, mentre questa percentuale sale all’81,1% nelle famiglie povere composte solo da stranieri.

Il rapporto evidenzia anche gli “eventi svolta” che possono portare alla vulnerabilità sociale, come diventare genitori, con l’80% degli utenti con figli minori. Riguardo alla povertà energetica, nel 2022 il 45% degli oltre 86 mila sussidi economici erogati dalla Caritas è stato destinato ai “bisogni energetici”, ovvero alle bollette.

Infine, il rapporto si esprime in maniera critica sulla riforma del Reddito di cittadinanza, sottolineando che l’abbandono del principio di universalismo selettivo e l’introduzione di nuovi requisiti lascia scoperte alcune specifiche tipologie di poveri. Le stime disponibili indicano in circa il 33% i nuclei già beneficiari di RdC che non avranno diritto all’Adi, per un numero di 400mila nuclei su 1,2 milioni di famiglie: « Nel 2022, tra i
beneficiari di Caritas, il 19% era percettore di RdC (17mila famiglie) con punte del 44% al Sud e del 50% nelle Isole. Vi sono inoltre molti dubbi sulla reale possibilità di trovare un’occupazione entro i 12 mesi di copertura economica per la formazione garantiti dall’SFL. Note positive riguardano invece i circa 50mila nuclei di stranieri che potranno accedere per la prima volta alla misura e il fatto che sommando gli importi dell’Adi con quelli dell’Assegno Universale Unico per i figli a carico, la nuova impostazione è sicuramente migliore per le famiglie numerose rispetto a quella precedente».


RAPPORTO CARITAS SICILIA 22: IN ASCOLTO DEI POVERI

Un'importante e partecipata serata di condivisione, riflessione, comunione, in preparazione della  VII Giornata Mondiale dei poveri di domenica 19 novembre 2023

Il 7 novembre ’23, presso la Chiesa Maria Madre della Fiducia Oratorio Francescano Chiara Luce, a Pozzallo, c’è stata la presentazione del Report Caritas Sicilia 2022 sulla povertà. Un’importante e partecipata serata di condivisione, riflessione, comunione, in preparazione della  VII Giornata Mondiale dei poveri di domenica 19 novembre 2023.

Per la quale – ha detto il nostro direttore Fabio Sammito: «è doveroso dire, e dare, il nostro grazie di cuore a tante persone intervenute. E in particolare: al sindaco di Pozzallo Roberto Ammatuna che, nei suoi saluti iniziali, ci ha ricordato l’impegno comune a ribaltare la cultura del profitto, per rimettere al centro l’umanità e la #solidarietà. Nelle scelte politiche, come in quelle di intervento sociale».

«A don Gaetano Asta che, nella riflessione liturgica introduttiva (la si può scaricare in .pdf, in calce all’articolo), ripercorrendo l’esortazione di Papa Francesco sulla Gmp23, ci ha sfidato a considerare le diverse forme di povertà (relazionale, educativa, affettiva) che – come comunità credente, come parrocchie, come Chiesa – spesso incontriamo e a cui spesso non diamo risposta».

E ancora: «A Domenico Leggio, direttore di Caritas diocesana di Ragusa e delegato regionale che, illustrando i dati del Report delle 18 Caritas diocesane di Sicilia, ci ha esortato da un lato a conoscere i numeri (fondamentali) per avere un quadro delle difficoltà in cui versano migliaia di residenti nella nostra Isola (nel 2022, sono state 35.650 le persone aiutate nei Centri di distribuzione di Caritas in Sicilia), ma dall’altro ad andare oltre le cifre, guardando “in faccia” le persone, con le loro storie, i loro volti, senza lasciare che i numeri le nascondano, proprio alla luce del tema voluto dal Papa per il 19 novembre: Non distogliere lo sguardo dal povero».

Infine: «Alle suore francescane della Carità che, nella loro testimonianza conclusiva, riportando alcuni episodi di vicinanza agli emarginati ci hanno regalato la più significativa frase della serata: “Se l’amore è grande, tutto è grande“, invitandoci a usare il cuore nel nostro intervento solidale verso chi ha bisogno. Perché solo con il cuore anche il più piccolo gesto diventa un immenso atto d’amore, di sostegno, cura, aiuto, accompagnamento».

Qui di seguito una gallery con le slide dei numeri e degli interventi di Caritas Sicilia nel 2022:


DOMENICA 19/11 LA VII GIORNATA MONDIALE DEI POVERI

Il primo appuntamento però è alle 19.00 di venerdì 17 novembre a Pozzallo, nella chiesa di Santa Maria della Fiducia, dove aarà presentato il report regionale della Caritas sulle povertà

Non distogliere lo sguardo dal povero (Tb 4,7)

Carissimi,
anche quest’anno ci prepariamo a vivere la Giornata Mondiale dei poveri e lo vogliamo fare a partire dalla lettera pastorale del nostro Vescovo Salvatore che ci chiede una fraternità ospitale. Come da Calendario pastorale, il primo appuntamento per introdurci alla Giornata dei poveri, è fissato alle 19.00 di venerdì 17 novembre a Pozzallo, presso la chiesa di Santa Maria della fiducia. Sarà presentato il Report regionale della Caritas sulle povertà da parte di Domenico Leggio, direttore Caritas di Ragusa e delegato regionale.

Riprendendo il Messaggio che Papa Francesco ha scritto in occasione di questa giornata sottolineiamo dei passaggi:
● Alla fine dell’anno liturgico la Giornata mondiale dei poveri – scrive il papa – «è un appuntamento che progressivamente la Chiesa sta radicando nella sua pastorale, per scoprire ogni volta di più il contenuto centrale del Vangelo». Il tema di quest’anno Non distogliere lo sguardo dal povero” (Tb 4,7) rimanda, attraverso la storia di Tobia, la consegna dell’amore da parte del padre Tobi come cammino della vita che si concretizza in un invito preciso: «Ogni giorno, figlio, ricordati del Signore; non peccare né trasgredire i suoi comandamenti. Compi opere buone in tutti i giorni della tua vita e non metterti per la strada dell’ingiustizia» (4,5).
● Una storia, quella di Tobia, da riprendere. Va colto in particolare un gesto concreto che Tobi consegna al figlio: “portare” a pranzo un povero. Commenta il papa: «Come sarebbe significativo se, nella Giornata dei Poveri, questa preoccupazione di Tobi fosse anche la nostra! Invitare a condividere il pranzo domenicale, dopo aver condiviso la Mensa eucaristica. L’Eucaristia celebrata diventerebbe realmente criterio di comunione. D’altronde, se intorno all’altare del Signore siamo consapevoli di essere tutti fratelli e sorelle, quanto più diventerebbe visibile questa fraternità condividendo il pasto festivo con chi è privo del necessario».
● Nella lettera del Papa si approfondiscono le motivazioni della carità che diventano più profonde attraversando la prova, che ci fa poveri noi per primi e permette di capire meglio i poveri. Dopo aver ricordato sia le belle testimonianze (spesso silenziose) di tanti sia le molteplici situazioni di povertà ed anche il discernimento che richiedono, il papa scrive: «La nostra attenzione verso i poveri sia sempre segnata da realismo evangelico. La condivisione deve corrispondere alle necessità concrete dell’altro, non a liberarmi del mio superfluo. Anche qui ci vuole discernimento, sotto la guida dello Spirito Santo, per riconoscere le vere esigenze dei fratelli e non le nostre aspirazioni. Ciò di cui hanno urgente bisogno è la nostra umanità. Non dimentichiamo: “Siamo stati chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso loro” (Evangelii gaudium, 198)».

Nella lettera di Papa Francesco ci sono anche riferimenti al 60° dell’Enciclica Pacem in terris  di Papa Giovanni XXIII e al 150° anniversario della morte di S. Teresa di Gesù Bambino.

Si sottolinea che è possibile chiedere alla Caritas diocesana un supporto per eventuali riflessioni o testimonianze nell’Eucaristia di domenica 19 scrivendo a caritasdiocesanadinoto@gmail.com entro e non oltre domenica 12 novembre in maniera da consentire l’organizzazione delle presenze.

Fraterni saluti!

L’Equipe della Caritas diocesana


In allegato, da scaricare, la lettera in .pdf del direttore Sammito con suggerimenti e attività per le parrocchie, in occasione della VII Giornata mondiale dei poveri.

Qui una segnalazione delle attività predisposte, per la settimana che introduce alla Gmp, a cura del Vicariato di Avola


I POVERI PROTAGONISTI DEL CAMMINO SINODALE. LA RELAZIONE DI SINTESI

"L'esperienza dell'incontro, della condivisione della vita e del servizio ai poveri e agli emarginati". Sono le proposte emerse nella prima sessione del Sinodo dei vescovi che si è tenuto a Roma dal 4 al 29 ottobre

Investire sulla conoscenza della dottrina sociale della Chiesa e rendere presente in “tutti i percorsi formativi offerti dalle comunità cristiane” (“in particolare per i candidati al ministero ordinato e alla vita consacrata”) “l’esperienza dell’incontro, della condivisione della vita e del servizio ai poveri e agli emarginati“. Sono due delle proposte emerse nella prima sessione del Sinodo dei vescovi che si è tenuto a Roma dal 4 al 29 ottobre e di cui è stata pubblicata la relazione di sintesi.

Il testo è strutturato in tre parti (“Il volto della Chiesa sinodale”, “Tutti discepoli, tutti missionari” e “Tessere legami, costruire comunità”) a loro volta suddivise in capitoli. Il quarto è dedicato ai “Poveri, protagonisti del cammino della Chiesa”.

L’Assemblea, si sottolinea nell’introduzione, “si è svolta mentre nel mondo infuriano vecchie e nuove guerre, con il dramma assurdo di innumerevoli vittime. Il grido dei poveri, di chi è costretto a migrare, di chi subisce violenza o soffre le devastanti conseguenze dei cambiamenti climatici è risuonato tra noi, non solo attraverso i mezzi di comunicazione, ma anche dalla voce di molti, personalmente coinvolti con le loro famiglie e i loro popoli in questi tragici eventi. Abbiamo portato tutti, in ogni momento, nel cuore e nella preghiera, chiedendoci in che modo le nostre Chiese possano favorire cammini di riconciliazione, di speranza, di giustizia e di pace”.

Il capitolo 4 va letto per intero: offre alle comunità i criteri per rimodulare il proprio atteggiamento in un’ottica di autentica promozione umana.

Di seguito una sintesi dei punti di convergenza.

A. Alla Chiesa i poveri chiedono amore. Per amore si intende rispetto, accoglienza e riconoscimento, senza i quali fornire cibo, denaro o servizi sociali rappresenta una forma di assistenza certamente importante, ma che non si fa pienamente carico della dignità della persona. Rispetto e riconoscimento sono strumenti potenti di attivazione delle capacità personali, in modo che ciascuno sia soggetto del proprio percorso di crescita e non oggetto dell’azione assistenziale di altri.

B. L’opzione preferenziale per i poveri è implicita nella fede cristologica: Gesù, povero e umile, ha fatto amicizia con i poveri, ha camminato con i poveri, ha condiviso la tavola con i poveri e ha denunciato le cause della povertà. Per la Chiesa l’opzione per i poveri e gli scartati è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica. […]

C. Non c’è un solo genere di povertà. Tra i molti volti dei poveri vi sono quelli di tutti coloro che non hanno il necessario per condurre una vita dignitosa. Vi sono poi quelli di migranti e rifugiati; popoli indigeni, originari e afrodiscendenti; coloro che subiscono violenza e abuso, in particolare donne; persone con dipendenze; minoranze a cui viene sistematicamente negata una voce; anziani abbandonati; vittime del razzismo, dello sfruttamento e della tratta, in particolare minori; lavoratori sfruttati; esclusi economicamente e altri che vivono nelle periferie. I più vulnerabili tra i vulnerabili, a favore dei quali è necessaria una costante azione di advocacy, sono i bimbi nel grembo materno e le loro madri. L’Assemblea è consapevole del grido dei “nuovi poveri”, prodotti dalle guerre e dal terrorismo che martoriano molti Paesi in diversi continenti e condanna i sistemi politici ed economici corrotti che ne sono la causa.

D. A fianco delle molte forme di povertà materiale, il nostro mondo conosce anche quelle della povertà spirituale, intesa come mancanza del senso della vita. Una eccessiva preoccupazione per se stessi può condurre a vedere negli altri una minaccia e a rinchiudersi nell’individualismo. […]

E. Stare al fianco dei poveri significa impegnarsi con loro anche nella cura della nostra casa comune: il grido della terra e il grido dei poveri sono lo stesso grido. […]

F. L’impegno della Chiesa deve arrivare alle cause della povertà e dell’esclusione. Ciò comprende l’azione per tutelare i diritti di poveri ed esclusi, e può richiedere la denuncia pubblica delle ingiustizie, siano esse perpetrate da individui, governi, aziende o strutture della società. Per questo è fondamentale l’ascolto delle loro istanze e del loro punto di vista, in modo da prestare loro la voce, usando le loro parole.

G. I cristiani hanno il dovere di impegnarsi a partecipare attivamente alla costruzione del bene comune e alla difesa della dignità della vita, attingendo ispirazione alla dottrina sociale della Chiesa e operando in diverse forme (impegno nelle organizzazioni della società civile, nei sindacati, nei movimenti popolari, nell’associazionismo di base, nel campo della politica, ecc.). […]

H. Nei poveri la comunità cristiana incontra il volto e la carne di Cristo, che da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà (cfr. 2Cor 8,9). È chiamata non solo a farsi loro prossima, ma a imparare da loro. […] La somiglianza della loro vita con quella del Signore rende i poveri annunciatori di una salvezza ricevuta in dono e testimoni della gioia del Vangelo.

Il documento elenca alcune importanti “questioni da affrontare” che richiedono un ulteriore approfondimento. La prima è imparare a

essere “Chiesa povera, con i poveri e per i poveri”, evitando il rischio di considerare i poveri in termini di “loro” e “noi”, come meri “oggetti” di carità della Chiesa.

Quanto alla denuncia profetica delle situazioni di ingiustizia e all’azione di pressione nei confronti dei decisori politici è necessario ad esempio “vigilare perché l’uso di fondi pubblici o privati da parte delle strutture della Chiesa non condizioni la libertà di parlare in nome delle esigenze del Vangelo”.

Un terzo punto riguarda l’azione nei campi dell’educazione, della sanità e dell’assistenza sociale: non vi devono essere discriminazioni o esclusioni e va evitato “uno stile impersonale di vivere la carità”. La Chiesa è chiamata a dare onestamente la sua testimonianza anche rispettando “le esigenze della giustizia nei confronti di coloro che lavorano nelle istituzioni ad essa collegate”.

Infine è richiesta attenzione a come si attuano lo scambio di doni e la condivisione delle risorse tra Chiese locali di diverse regioni. Si tratta di rapporti che favoriscono l’unità della Chiesa, ma la presenza di presbiteri “che vengono in aiuto alle Chiese povere di clero” non può essere “solo un rimedio funzionale” e gli aiuti economici non devono degenerare in assistenzialismo, ma promuovere un’autentica solidarietà evangelica ed essere “gestiti in modo trasparente e affidabile”.

Ora il frutto del lavoro dei padri e delle madri sinodali torna alle Chiese locali, chiamate alla riflessione, all’approfondimento e alla traduzione in pratica, in uno stile sinodale.